Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 389 | Data di udienza: 20 Luglio 2016

* APPALTI – Project financing – Procedura avviata anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, in cui la proposta selezionata non sia stata approvata e posta a base della procedura selettiva – Art. 216, c. 23, d.lgs. n. 50/2016 – Valutazione di sostenibilità finanziaria – Applicabilità – Amministrazione – Esercizio del potere di ritiro – Decorso di un lungo lasso di tempo – Sintomo di negligenza e cattiva amministrazione – Principi di concentrazione e speditezza delle procedure ad evidenza pubblica.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Molise
Città: Campobasso
Data di pubblicazione: 3 Ottobre 2016
Numero: 389
Data di udienza: 20 Luglio 2016
Presidente: Ciliberti
Estensore: De Falco


Premassima

* APPALTI – Project financing – Procedura avviata anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, in cui la proposta selezionata non sia stata approvata e posta a base della procedura selettiva – Art. 216, c. 23, d.lgs. n. 50/2016 – Valutazione di sostenibilità finanziaria – Applicabilità – Amministrazione – Esercizio del potere di ritiro – Decorso di un lungo lasso di tempo – Sintomo di negligenza e cattiva amministrazione – Principi di concentrazione e speditezza delle procedure ad evidenza pubblica.



Massima

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 3 ottobre 2016, n.  389


APPALTI – Project financing – Procedura avviata anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, in cui la proposta selezionata non sia stata approvata e posta a base della procedura selettiva – Art. 216, c. 23, d.lgs. n. 50/2016 – Valutazione di sostenibilità finanziaria – Applicabilità.

La previsione di cui all’art. 216, co. 23, del d.lgs. n. 50/2016, che impone la valutazione di sostenibilità finanziaria della proposta, è applicabile ad una procedura di finanza di progetto avviata precedentemente l’entrata in vigore del predetto decreto legislativo, in cui la proposta selezionata non sia stata ancora approvata e posta a base della procedura selettiva successiva.
 

APPALTI – Amministrazione – Esercizio del potere di ritiro – Decorso di un lungo lasso di tempo – Sintomo di negligenza e cattiva amministrazione – Principi di concentrazione e speditezza delle procedure ad evidenza pubblica.

Il decorso di un lungo lasso di tempo per l’esercizio del potere di ritiro costituisce di per sé sintomo di negligenza e cattiva amministrazione poiché le gare per l’affidamento dei contratti pubblici (ivi compreso il project financing) debbono svolgersi celermente, nel rispetto dei principi di concentrazione e speditezza delle procedure di evidenza pubblica, e ciò anche al fine di scongiurare le sopravvenienze legate al passare del tempo, che spesso fanno sì che le condizioni tecnico-economiche fissate nei bandi e capitolati di gara non rispondano più alle effettive esigenze dall’Amministrazione aggiudicatrice (cfr.: TAR Umbria, sez. I, 21 luglio 2015, n. 339).


Pres. Ciliberti, Est. De Falco – M. s.p.a. e altri (avv.ti Coromano e Giuffrè) c. Autostrade del Molise s.p.a. (avv. Rivellino) e Regione Molise e altri (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

TAR MOLISE, Sez. 1^ - 3 ottobre 2016, n. 389

SENTENZA

 

TAR MOLISE, Sez. 1^ – 3 ottobre 2016, n.  389

Pubblicato il 03/10/2016

N. 00389/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00409/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 409 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Management Engineering Consulting s.p.a. in p.l.r.p.t., Egis Projects s.a. in p.l.r.p.t., Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro s.p.a. in p.l.r.p.t., Silec s.p.a. in p.l.r.p.t., Costruzioni Falcione Luigi s.r.l in concordato preventivo, in p.l.r.p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Michele Coromano (C.F. CRMMHL67H14H273Z) e Giuseppe Giuffrè (C.F. GFFGPP50B06H224E), con domicilio eletto presso il primo avvocato in Campobasso, via XXIV Maggio, n. 137;

contro

Autostrade del Molise s.p.a. in p.l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Demetrio Rivellino (C.F. RVLDTR60C21B519V), con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via D’Amato, n. 13/D;
Regione Molise in persona del Presidente p.t., ANAS s.p.a. in p.l.r.p.t., Ministero Infrastrutture e Trasporti – Struttura Tecnica di Missione per l’Indirizzo Strategico, lo Sviluppo delle Infrastrutture e l’Alta Sorveglianza, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica – DIPE e la Presidenza del Consiglio dei Ministri Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – CIPE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Codacons, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Romano C.F. RMNMSM81S27A930W, con domicilio eletto presso il suo studio in Campobasso, via Crispi, n. 4;

per l’annullamento

della Disposizione di revoca prot. ADM-0000093-P del 23 settembre 2015, assunta dal Presidente e dall’Amministratore Delegato di Autostrada del Molise S.p.A. e comunicata alle odierne ricorrenti con nota di Autostrada del Molise S.p.A. prot. ADM-0000094-P in pari data, avente ad oggetto: la revoca della procedura di “Affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e successiva gestione del collegamento viario tra lo svincolo di San Vittore sull’autostrada A1) e la citta di Campobasso dell’itinerario Termoli – San Vittore, mediante ricorso alla finanza di progetto ai sensi degli articoli 152 e seguenti e dell’art. 175 del D.Lgs. n. 163/2006”;

nonché per il risarcimento del danno;

e per quanto riguarda i motivi aggiunti del 22.02.16:

della disposizione prot. ADM-0000010-P del 18 gennaio 2016 adottata dal Presidente e dall’Amministratore Delegato di Autostrade del Molise s.p.a. recante la sospensione della revoca del 23 settembre 2015 (impugnata con il ricorso introduttivo) della procedura di affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e successiva gestione del collegamento viario tra lo svincolo di San Vittore sull’Autostrada A1 e la citta di Campobasso sull’itinerario Termoli – San Vittore;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autostrade del Molise s.p.a., della Regione Molise, di ANAS s.p.a., del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti – Struttura Tecnica di Missione – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2016 il dott. Domenico De Falco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Parte ricorrente espone che con “Avviso indicativo per la selezione del promotore” pubblicato nella GUCE S/126 del 4 luglio 2007 e nella GURI del 9 luglio 2007, indiceva la procedura per l’affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e successiva gestione del collegamento stradale San Vittore – Bojano – Campobasso, mediante ricorso alla finanza di progetto ai sensi degli artt. 152 e 175 del d.lgs. n. 163/2006.

Le imprese ricorrenti prendevano parte alla procedura, impegnandosi a costituire tra loro un Raggruppamento Temporaneo di Imprese a richiesta dell’Amministrazione, designando come referente unica la Management Engineering Consulting che presentava una proposta comprendente un progetto preliminare recante diverse varianti rispetto a quello predisposto dall’ANAS e messo a base della procedura, al fine di tener conto delle osservazioni formulate dalle Amministrazioni competenti nel corso del procedimento di VIA.

Con nota del 4 aprile 2008 (n. 49716), l’ANAS comunicava alle imprese ricorrenti di aver selezionato la proposta da esse presentata, precisando con successiva missiva del 9 maggio 2008 di aver trasferito tutti i poteri di ente concedente alla Società Autostrada del Molise s.p.a. (ADM) con la quale parte ricorrente avviava una fitta interlocuzione, nell’ambito della quale il soggetto concedente richiedeva, nel tempo, alla parte ricorrente, in qualità di soggetto promotore, la produzione di una serie di elaborati tecnici relativi alla proposta selezionata; sennonché, dopo questa prima fase, per due anni la procedura non registrava alcuno sviluppo fino a che con nota del 3 settembre 2010 la ADM chiedeva alle ricorrenti di predisporre un programma operativo dettagliato, tenendo conto dei pareri già espressi nell’ambito del procedimento oltre che degli eventuali aggiornamenti trasportistici e territoriali.

Fornite le integrazioni, ADM avviava la procedura per ottenere dagli enti competenti l’approvazione della proposta, con l’assistenza tecnica delle ricorrenti che fornivano i chiarimenti e le ripetute integrazioni richieste dalle Amministrazioni coinvolte nel procedimento.

Al soggetto promotore veniva, altresì, richiesto di fornire l’adeguamento economico della proposta, per tenere conto delle variazioni dei prezzi intervenute nelle more del procedimento, ma tale attività, secondo parte ricorrente, richiedeva per essere espletata la previa pubblicazione delle linee guida del CIPE.

Consegnate le ulteriori integrazioni richieste, nel termine previsto per l’approvazione da parte del CIPE, le ricorrenti non ricevevano comunicazioni e chiedevano di conoscere gli sviluppi del procedimento; sennonché con nota del 9 settembre 2015 (prot. n. 85) il soggetto aggiudicatore informava dell’avvio del procedimento di revoca della procedura a causa del “definanziamento” del progetto da parte della Regione Molise.

Infine, con nota del 23 settembre 2015 (prot. 94), comunicava alla parte ricorrente l’adozione del provvedimento di revoca della procedura avviata nel 2007.

Avverso tale provvedimento, il soggetto promotore ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, chiedendone l’annullamento e domandando il risarcimento dei danni asseritamente subiti e, in via subordinata, la corresponsione dell’indennità di cui all’art. 21-quinquies della l. n. 241/1990, sulla base dei motivi così di seguito rubricati.

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-quinquies l. n. 241/1990;

II) eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, illogicità e contraddittorietà. Difetto di istruttoria e difetto di motivazione;

III) violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 443/2001 e degli artt. 175 e 165 nonché dell’art. 2 del d.lgs. n. 163/2006 (nel testo vigente al momento dell’indizione della procedura);

IV) violazione o falsa applicazione dell’art. 10 e dell’art. 2 della l. n. 241/1990; difetto assoluto di istruttoria e motivazione;

Con riferimento alla domanda risarcitoria, parte ricorrente ha chiesto in via principale la corresponsione integrale di tutti i danni subiti in dipendenza della disposta revoca e, in via subordinata, del solo danno precontrattuale; infine in via ulteriormente subordinata, le ricorrenti hanno domandato la corresponsione dell’indennità di cui all’art. 21-quinquies l. n. 241/1990.

Con separati atti di costituzione depositati in data 24 novembre 2015, si sono costituite in giudizio Autostrade del Molise s.p.a. e le Amministrazioni intimate per il tramite dell’Avvocatura dello Stato.

In particolare, con memoria depositata il 4 gennaio 2016, quest’ultima ha richiamato la clausola della Sezione V del bando a mente della quale la presentazione della proposta non fa sorgere alcun diritto in capo al promotore, non vincolando l’Amministrazione nemmeno sotto il profilo della responsabilità precontrattuale, riservando così alla parte pubblica la possibilità di non indire la gara, qualora, a quel momento, non fosse più disponibile la quota di finanziamenti necessaria.

In ogni caso, la revoca della procedura è stata disposta prima ancora che fosse indetta la procedura con la quale si sarebbe dovuta mettere a gara la proposta selezionata, con la conseguenza che parte ricorrente non avrebbe maturato alcuna aspettativa al conseguimento dell’indennizzo ex art. 21-quinquies l. n. 241/1990 né al risarcimento del danno.

Con memoria depositata in data 8 gennaio 2016, parte ricorrente ha rettificato in diminuzione alcune voci dei danni lamentati, insistendo per la corresponsione di quelli derivanti dall’asserita lesione precontrattuale subita, adducendo che la revoca sarebbe intervenuta a causa del ritardo con cui la Struttura Tecnica di Missione avrebbe esaminato la proposta formulata dalla ricorrente.

Dal proprio canto, Autostrade del Molise ha insistito sull’assenza in capo alla ricorrente di una posizione giuridicamente tutelabile, con la conseguente impossibilità di riconoscere una tutela risarcitoria e/o anche indennitaria.

Con provvedimento del 18 gennaio 2016, preso atto della proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio, ADM ha disposto la sospensione del provvedimento di revoca impugnato con il ricorso introduttivo ai sensi degli artt. 7, comma 2 e 21 quater l. n. 241/1990, in attesa che il CIPE completasse la valutazione tecnica e finanziaria del progetto.

Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 16 febbraio 2016 e depositato il successivo 22 febbraio, parte ricorrente ha impugnato anche il provvedimento di sospensione, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

1) eccesso di potere per sviamento.

La sospensione sarebbe unicamente motivata con la volontà di incidere sul procedimento giudiziario in corso, con evidente sviamento di potere.

2) Violazione o falsa applicazione dell’art. 21-quater, co. 2, l. n. 241/1990, n. 241

Il provvedimento di sospensione sarebbe illegittimo in quanto privo del termine di durata della stessa sospensione, prescritto invece dalla predetta norma di legge, con la conseguenza che la sospensione si sarebbe trasformata in una forma di surrettizia revoca extra ordinem.

3) Eccesso di potere per sviamento e difetto assoluto di motivazione.

Con atto depositato in data 10 maggio 2016, è intervenuto il Coordinamento di Associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori (CODACONS), senza dispiegare domande.

Con nota del 18 aprile 2016 (prot. n. 4394), depositata agli atti del giudizio, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sulla scorta di una relazione della società Autostrade del Molise, ha comunicato al Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri l’insostenibilità economico-finanziaria e trasportistica della proposta presentata dall’ATI ricorrente, “oltre che per la mancanza di copertura finanziaria dei contributi pubblici richiesti, anche per le seguenti motivazioni: i) l’ammontare del contributo pubblico richiesto in entrambi i casi (progetto intero e progetto stralcio) risulta superiore al 50% del valore dell’investimento al netto degli oneri finanziari capitalizzati; ii) i flussi di traffico a sostegno del piano economico-finanziario si sono ulteriormente ridotti fino ad un massimo del 20,5% per i rilievi invernali e fino ad un massimo del 64,4% per i periodi estivi; iii) le tariffe chilometriche medie previste nel 2019, data di entrata in esercizio dell’infrastruttura (0,145 €/km per i veicoli leggeri ed € 0,284 €/km per i veicoli pesanti) e che si raddoppieranno nel 2023, risultano decisamente insostenibili con conseguente impossibilità di incremento dei ricavi, utilizzando la leva tariffaria, per compensare le suindicate riduzioni di traffico”.

Le Amministrazioni intimate hanno eccepito l’improcedibilità del ricorso rilevando che ai sensi del dell’art. 216, co. 23, del d.lgs. n. 50/2016, occorre la valutazione di sostenibilità finanziaria delle proposte di finanza di progetto non ancora messe a gara che nella fattispecie non è ancora intervenuta essendo essa rimessa al CIPE che non si è ancora pronunciato.

In prossimità dell’udienza pubblica del 22 giugno 2016, parte ricorrente ha insistito nelle conclusioni proposte con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, mentre le Amministrazioni resistenti e ADM hanno eccepito l’improcedibilità, inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 22 giugno 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Riveste carattere preliminare lo scrutinio del ricorso per motivi aggiunti, in quanto proposto avverso il provvedimento di sospensione degli effetti della revoca del bando, avente ad oggetto la procedura di “Affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione e successiva gestione del collegamento viario tra lo svincolo di San Vittore sull’autostrada e la città di Campobasso”.

E infatti, l’eventuale legittimità di tale provvedimento di sospensione, inibendo la produzione degli effetti della revoca, non consentirebbe di ravvisare quell’attualità dell’interesse a ricorrere che costituisce invece la condizione necessaria dell’azione ai sensi dell’art. 100 c.p.c. (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 02/03/2015 n° 994), applicabile anche nel giudizio amministrativo ai sensi dell’art. 39 c.p.a..

Principiando quindi lo scrutinio dai motivi aggiunti, con le tre censure proposte parte ricorrente: contesta l’eccesso di potere in quanto il provvedimento di sospensione sarebbe in realtà rivolto a precludere l’esame del ricorso introduttivo; adduce che la sospensione impugnata sarebbe illegittima, in quanto priva del termine, in violazione di quanto prescritto dall’art. 21-quater, co. 2, della l. n. 241/1990; rileva che il provvedimento sospensivo sarebbe sprovvisto di motivazione.

Tutti le censure prospettate sono infondate.

Con riguardo al contestato eccesso di potere, la pendenza di un procedimento giurisdizionale non inibisce l’esercizio dei poteri di autotutela da parte dell’Amministrazione, la quale rimane pur sempre titolare del potere di provvedere, nei limiti in cui la rivalutazione delle proprie precedenti determinazioni non sia esclusivamente volta a prevalere nel procedimento giudiziario pendente.

Nel caso di specie la sospensione dell’efficacia della revoca è stata subordinata ad una circostanza, il pronunciamento del CIPE in ordine alla sostenibilità finanziaria della proposta presentata, che pare effettivamente in grado di incidere sulle concrete possibilità realizzative, tenuto conto che l’opera in questione avrebbe dovuto essere finanziata con fondi gestiti proprio dal predetto Comitato.

Ne consegue che la previa pronuncia del CIPE, attenendo alla concreta fattibilità dell’opera, riveste effettivamente carattere logicamente pregiudiziale rispetto all’indizione della gara e, il richiamo all’esigenza della valutazione del CIPE, consente di ravvisare una motivazione, seppure stringata, del provvedimento gravato.

Peraltro, come segnalato dalle Amministrazioni resistenti, tale valutazione di sostenibilità finanziaria è ora anche imposta dall’art. 216, co. 23, del d.lgs. n. 50/2016 a mente del quale: “I progetti preliminari relativi alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità riguardanti proposte di concessione ai sensi dell’articolo 153 ovvero dell’articolo 175 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, per le quali sia già intervenuta la dichiarazione di pubblico interesse, non ancora approvati alla data di entrata in vigore del presente codice, sono oggetto di valutazione di fattibilità economica e finanziaria e di approvazione da parte dell’amministrazione ai sensi delle norme del presente codice. La mancata approvazione determina la revoca delle procedure avviate e degli eventuali soggetti promotori, ai quali è riconosciuto il rimborso dei costi sostenuti e documentati per l’integrazione del progetto a base di gara, qualora dovuti, relativi allo studio di impatto ambientale ed alla localizzazione urbanistica”.

Ritiene il Collegio che tale previsione si applichi alla fattispecie oggetto di causa, venendo in rilievo anche in questo caso una procedura di finanza di progetto avviata precedentemente l’entrata in vigore del predetto decreto legislativo, in cui la proposta selezionata non è stata ancora approvata e posta a base della procedura selettiva successiva.

Vero è, poi, che il provvedimento di sospensione manca di una specifica indicazione del termine finale, ma tale circostanza non ne determina l’illegittimità, in quanto nella motivazione del medesimo atto gravato, ADM richiama l’esigenza di attendere il pronunciamento del CIPE, con ciò introducendo un parametro oggettivo, esterno alla propria mera volontà, che consente di ritenere il termine di sospensione determinabile per relationem rispetto a quello di conclusione del procedimento di valutazione.

Del resto, pur volendo, ADM non avrebbe potuto individuare ex ante in modo preciso il termine di efficacia della sospensione, non potendo fissare la data entro la quale avrebbe dovuto essere completata la procedura di valutazione sulla sostenibilità finanziaria della proposta, trattandosi di procedimento rimesso alla competenza di altra Amministrazione.

Né, in tal modo, parte ricorrente rimane esposta ad una sospensione sine die che renderebbe il provvedimento impugnato analogo ad un annullamento o ad una revoca (cfr. in tal senso Cons. Stato, Parere, sez. II, 12 aprile 2016, n. 912), dovendosi in contrario rilevare che il termine deve ritenersi fissato per relationem ad un procedimento di valutazione che per sua natura ha un termine finale che rende quindi la sospensione necessariamente provvisoria, restando ovviamente ferma la possibilità per la parte interessata, in caso di perdurante inerzia del CIPE, di proporre i rimedi previsti dall’ordinamento avverso il silenzio e stimolare, così, la valutazione rimessa a tale Amministrazione.

In definitiva il provvedimento di sospensione impugnato con i motivi aggiunti risulta privo dei vizi censurati, con la conseguenza, sopra anticipata, che il ricorso principale avverso il provvedimento di revoca sospeso deve essere dichiarato improcedibile, atteso che l’efficacia dello stesso risulta allo stato sospesa e non può quindi essere ravvisata quell’attualità necessaria a radicare l’interesse a ricorrere di cui all’art. 100 c.p.c..

Dalla rilevata validità della disposta sospensione dell’efficacia della gravata revoca deriva l’infondatezza della domanda di corresponsione dell’indennità ex art. 21-quinquies della l. n. 241/1990, mancando il presupposto di un atto di ritiro attualmente produttivo di effetti e dipendendo la perduranza o definitiva cessazione dell’efficacia della revoca dalla deliberazione che il CIPE dovrà assumere sulla sostenibilità finanziaria della proposta.

La sospensione dell’efficacia della revoca impugnata fa venire meno anche il presupposto dell’invocata tutela risarcitoria, non potendosi ravvisare l’attualità della lamentata lesione al bene della vita stante l’inefficacia del provvedimento che avrebbe dovuto in ipotesi arrecare il danno e venendo meno così il presupposto dello stesso illecito denunciato.

Ed infatti la contestata revoca è stata sospesa proprio in attesa di una valutazione decisiva dell’Amministrazione che, in ipotesi, potrebbe anche ritenere che, diversamente da quanto opinato nel provvedimento sospeso, la proposta sia sostenibile, facendo, così, venire meno il provvedimento gravato e con esso il fatto generatore in ipotesi del lamentato danno.

Diverso è il discorso con riguardo alla configurabilità della responsabilità precontrattuale, per il cui riconoscimento parte ricorrente ha spiegato domanda subordinata.

Al riguardo deve preliminarmente disconoscersi ogni carattere esimente alla clausola del bando con la quale l’Amministrazione esclude preventivamente la propria responsabilità, anche di tipo precontrattuale, nell’ipotesi in cui fosse diventata indisponibile la quota di finanziamento pubblico. Ed infatti, tale previsione non può certo legittimare comportamenti contrari a correttezza e buona fede, atteso che se così fosse intesa essa concreterebbe un patto di esonero preventivo da responsabilità in violazione dell’art. 1229 c.c. che commina la nullità a tali clausole nel caso in cui esse violino, come quello di specie, norme di ordine pubblico quali devono ritenersi quelle in materia di responsabilità precontrattuale (cfr. cfr. TAR Campania, sez. VIII, 8 novembre 2012, n. 4500; TAR Campania Napoli sez. VIII 1° luglio 2010 n. 16543; Cons. Stato, 30 settembre 1997 n. 1418; sez. V 7 settembre 2009 n.5245, TAR Lazio, Roma, sez. III, 14 ottobre 2004, n.10825; TAR Sicilia Catania sez. I 6 giugno 2002 n. 980; TAR Calabria Catanzaro sez. I 1° settembre 2008 n.1176; TAR Toscana Firenze, sez. I, 25 novembre 2009, n.2012).

Esclusa l’efficacia esimente della clausola di esonero dalla responsabilità precontrattuale inserita nella lex specialis, il Collegio rileva in via generale che tale forma di responsabilità è pacificamente ravvisabile anche nei rapporti con la pubblica Amministrazione e origina dalla condotta contraria a buona fede e correttezza che pregiudica la libertà negoziale di un contraente, bloccandolo in trattative inutili e ledendone l’affidamento nella positiva conclusione della fase prenegoziale.

L’applicabilità anche in tale campo delle disposizioni civilistiche deriva dall’equiparazione dell’Amministrazione a un contraente privato nella procedura volta alla conclusione di un negozio: poiché tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica si pongono quale strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale, è sempre dovuto il rispetto dei principi di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. (Cons. Stato, ad. Plen., 5 settembre 2005 n. 6; idem sez. IV, 6 marzo 2015 n. 1143; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 17 agosto 2015 n. 1092).

Ciò posto sul piano dei principi, è bene subito precisare, con riguardo ai provvedimenti di secondo grado, che la configurabilità di tale forma di responsabilità prescinde dalla valutazione sulla legittimità della revoca e può configurarsi anche nel caso in cui, cessata la sospensione, si accertasse la legittimità del provvedimento di autotutela.

Al riguardo, la giurisprudenza ha precisato che l’avvenuto riconoscimento della legittimità della revoca non contraddice l’eventualità di un risarcimento per responsabilità precontrattuale <<ben potendo tale responsabilità prescindere dalle caratteristiche dell’atto e concentrarsi sul complessivo comportamento tenuto dal soggetto pubblico>> (cfr. Consiglio di Stato, III, 24 maggio 2013, n. 2838; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 31 maggio 2016, n. 908), dovendo l’Amministrazione contraente evitare di ingenerare nella controparte privata affidamenti ingiustificati; ovvero qualora disattenda, senza giusta causa, aspettative legittimamente suscitate (cfr ex multis Cons. Stato, sez. IV, 790/2014).

La buona fede e la correttezza negoziale, a cui l’Amministrazione è tenuta, si specificano, poi, in una serie di regole di condotta, tra le quali l’obbligo di valutare diligentemente le concrete possibilità di positiva conclusione della trattativa e di informare tempestivamente la controparte dell’eventuale esistenza di cause ostative rispetto a detto esito.

La violazione di tali precetti determina, quindi, la lesione della libertà negoziale della parte privata, e comporta obblighi risarcitori, che vanno valutati e quantificati – prendendo a riferimento la libertà negoziale tutelata con l’istituto in parola – nella misura, peraltro, del c.d. interesse negativo.

Con riguardo al caso in esame, la condotta contraria a correttezza e buona fede imputata all’Amministrazione resistente consiste nell’aver l’ente pubblico portato avanti una procedura di project financing, valutando con abnorme ritardo la sostenibilità finanziaria della proposta.

Questo Tribunale non ignora, anzi aderisce all’orientamento secondo cui la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 1337 c.c. presuppone che tra le parti siano intercorse trattative per la conclusione del contratto (cfr. da ultimo TAR Calabria, Reggio Calabria, 19 maggio 2016, n. 516 che richiama Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2015 n. 3748 e Cass. Civ. sez I, 18 giugno 2005, n. 13164), facendo coincidere questo momento con l’aggiudicazione definitiva. L’orientamento in parola esclude che tale forma di responsabilità si configuri nella fase anteriore alla scelta del contraente, in cui, cioè, gli interessati non hanno ancora la qualità di future parti, ma soltanto quella di partecipanti alla gara e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione, mentre non sussiste una relazione specifica di svolgimento delle trattative (Cass. Civ. Sez. I, 18 giugno 2005, n. 13164; Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005 n. 6; sez. IV, 11 novembre 2008 n. 5633; Cass. S.U. 26 maggio 1997 n. 4673).

Cionondimeno, nel caso di project financing la situazione è più complessa, in quanto il procedimento si articola in due distinte fasi: la prima che culmina nella scelta della proposta di pubblico interesse, la seconda che consiste nella selezione dei candidati che si offrono di realizzarla. Ora, se è vero che la dichiarazione di pubblico interesse del progetto di finanza pubblica non costituisce un atto attributivo di vantaggi economici per il proponente, attesa la mera astratta possibilità di dar luogo all’esito dell’apposito procedimento all’affidamento della concessione, la giurisprudenza ha chiarito che, comunque, la dichiarazione di pubblico interesse della proposta di progetto di finanza pubblica differenzia la posizione giuridica del proponente (cfr. Ad. plen. n. 1 del 2012), riconoscendogli un’aspettativa e una posizione tutelata nei confronti di altri operatori o di proposte concorrenti (cfr. Cons. Stato, sez. sez. V, 26 giugno 2015, n. 3237 in linea con Cons. Stato, Ad. Plen. n. 1 del 2012).

Sul piano concreto, poi, tale differenziazione si traduce nell’istaurazione, dopo la dichiarazione di interesse pubblico della proposta, di un rapporto individualizzato tra soggetto promotore e Amministrazione aggiudicatrice, secondo il paradigma normativo disegnato dall’art. 153 del d.lgs. n. 163/2006 che, nella versione applicabile ratione temporis, al comma 3 lett. a) prevedeva che: “l’amministrazione aggiudicatrice ha la possibilità di richiedere al promotore prescelto, di cui al comma 10, lettera b), di apportare al progetto preliminare, da questi presentato, le modifiche eventualmente intervenute in fase di approvazione del progetto, anche al fine del rilascio delle concessioni demaniali marittime, ove necessarie, e che in tal caso la concessione è aggiudicata al promotore solo successivamente all’accettazione, da parte di quest’ultimo, delle modifiche progettuali nonché del conseguente eventuale adeguamento del piano economico-finanziario”.

Ritiene il Collegio che l’interlocuzione – quale prevista dalla disposizione appena riportata – determina l’insorgenza di un rapporto specifico e determinato tra Amministrazione e soggetto promotore che rende risarcibili le lesioni alla liberta negoziale arrecate in violazione dei generali canoni di correttezza e buona fede (ex art. 1337 c.c.), alla stregua di quanto avviene nelle ordinarie procedure di evidenza pubblica per effetto dell’aggiudicazione; ne consegue che nel lasso temporale, anche lungo, che intercorre tra la prima e la seconda fase, l’Amministrazione è tenuta a preservare la posizione del promotore, ponendo in essere tutte le attività necessarie a condurre il procedimento, se non ad un esito positivo, quanto meno a una rapida conclusione e a non aggravare la posizione del promotore.

A tale ultimo riguardo, quando tale procedimento, come nella specie, si prolunghi in modo rilevante, l’Amministrazione, prima di richiedere al promotore il compimento di ulteriori onerose attività e adeguamenti della sua proposta, è tenuta a verificare la sussistenza della copertura finanziaria e della persistenza dell’interesse pubblico alla realizzazione della proposta presentata.

Infatti, come correttamente notato da parte ricorrente, la giurisprudenza (ex multiis, T.A.R. Puglia – Bari sez. I, 19 ottobre 2011, n.1552) ritiene che il decorso di un lungo lasso di tempo per l’esercizio del potere di ritiro costituisce di per sé sintomo di negligenza e cattiva amministrazione poiché le gare per l’affidamento dei contratti pubblici debbono svolgersi celermente, nel rispetto dei principi di concentrazione e speditezza delle procedure di evidenza pubblica, e ciò anche al fine di scongiurare le sopravvenienze legate al passare del tempo, che spesso fanno sì che le condizioni tecnico-economiche fissate nei bandi e capitolati di gara non rispondano più alle effettive esigenze dall’Amministrazione aggiudicatrice (cfr.: TAR Umbria, sez. I, 21 luglio 2015, n. 339).

Ritiene il Collegio che tali principi, enucleati con riguardo alle ordinarie procedure di evidenza pubblica debbano trovare applicazione anche con riferimento al project financing, dovendosi ritenere espressioni dei generali principi di efficienza e celerità.

Nel caso di specie, effettivamente la procedura, peraltro tutt’ora in corso, si è protratta per oltre sette anni a causa di inerzie procedimentali imputabili alla parte pubblica nel suo complesso e che hanno poi indotto la Regione, nel dicembre 2014, a dirottare i finanziamenti dell’opera oggetto di causa su altre iniziative per le quali erano già presenti i presupposti per il finanziamento essendo state assunte le relative obbligazioni giuridicamente vincolanti.

Ora, se entro certi limiti il protrarsi della durata del procedimento può ritenersi connaturato a iniziative, come quella di specie, di rilevante entità e complessità tecnica, la fisiologia cede il passo alla patologia allorché, come avvenuto in questo caso, a distanza di oltre cinque anni dalla pubblicazione dell’avviso, si è continuato a chiedere attività di integrazione e aggiornamento della proposta formulata, ingenerando così nel soggetto promotore un legittimo affidamento sull’espletamento della seconda fase di affidamento dei lavori; affidamento rafforzato anche dal tempo trascorso e dalla costante interlocuzione con la parte committente che, nel caso di specie, ha continuato a compulsare il promotore con richieste di integrazione e aggiornamento della documentazione tecnica, da soddisfare anche entro termini brevi.

Un tale comportamento deve ritenersi contrario ai principi di correttezza e buona fede, in quanto prima di procedere a tali onerose richieste e, a fronte di un procedimento di siffatta abnorme durata, l’Amministrazione avrebbe dovuto preventivamente assicurarsi che la proposta fosse concretamente ancora praticabile e porre in essere uno sforzo coordinato in tutte le sue componenti per fare in modo che il procedimento si concludesse in tempi compatibili con l’utilizzo dei finanziamenti previsti.

Quanto al danno risarcibile, va rammentato che nel caso di responsabilità precontrattuale esso coincide con il c.d. interesse negativo, cioè alle spese inutilmente sostenute (danno emergente) e alle perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali (lucro cessante).

Ne consegue che debbano essere rimborsate le attività di aggiornamento e integrazione della proposta richieste alle imprese ricorrenti dalla Struttura Tecnica di Missione per il tramite di ADM, quanto meno a partire dal 17 gennaio 2013 (nota prot. n. 4), al momento, cioè, in cui è stata richiesta al soggetto promotore una rilevante attività di integrazione e aggiornamento, mentre erano già decorsi oltre cinque anni dall’avvio della procedura.

Con la predetta nota, l’Amministrazione ha manifestato la necessità anche ragionevole di un aggiornamento completo della proposta (sia sotto il profilo tecnico che economico), ma dando per scontato che il procedimento sarebbe progredito, laddove avrebbe dovuto far precedere questa richiesta dalla preliminare verifica sia della perdurante disponibilità, quanto meno di massima (anche se non nella esatta misura), delle risorse necessarie sia della praticabilità procedimentale in termini di tempi e adempimenti necessari a concludere positivamente la procedura.

Tale verifica preliminare sarebbe stata viepiù necessaria, tenuto conto dell’ampio lasso di tempo trascorso e della rilevanza in termini di impegno ed onerosità dell’attività richiesta alle imprese ricorrenti; in tal modo si sarebbe verosimilmente accertato che non sarebbe stato possibile raggiungere quel grado di sviluppo procedimentale necessario ad evitare che la Regione dirottasse, pochi mesi dopo (dicembre 2014), la propria quota di risorse rivelatasi, poi, determinante ai fini della valutazione della sostenibilità finanziaria della proposta nel suo complesso.

La relativa vicinanza temporale tra la richiesta di integrazione e di aggiornamento della proposta (gennaio 2013) e la decisione della Regione di far confluire le risorse originariamente destinate alla proposta su altri progetti, rende quindi verosimile l’affermazione che già dalla prima data (17 gennaio 2013) fosse possibile accertare che non si sarebbe riusciti a beneficiare della quota regionale di finanziamento, in quanto i termini per l’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti non erano compatibili con l’arretrato stadio dello sviluppo procedimentale.

Diverso è il discorso per le spese sostenute dal soggetto promotore precedentemente a tale data, incluse quelle relative alla predisposizione della proposta, dovendosi ritenere che le stesse rientrassero nella ordinaria alea che presenta la partecipazione a iniziative di project financing secondo la disciplina ratione temporis vigente e in linea con l’orientamento della giurisprudenza sopra menzionata, che esclude la configurabilità di posizioni soggettive tutelate in capo al proponente prima dell’indizione della seconda fase del progetto che culmina nell’affidamento dei lavori oggetto della proposta selezionata.

Ai fini della concreta quantificazione del danno, il Collegio ritiene di poter fare applicazione della previsione di cui al comma 4 dell’art. 34, c.p.a., secondo cui, in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4196).

Al riguardo il Collegio ritiene che il risarcimento del danno precontrattuale debba essere riconosciuto a prescindere dalla circostanza che in concreto, poi, la proposta del promotore venga positivamente valutata all’esito del procedimento in corso, dovendosi riconoscere che un danno ingiusto sia stato comunque arrecato alla parte ricorrente anche indipendentemente dal conseguimento del bene della vita ambito consistente nel finanziamento e nella realizzazione della proposta formulata.

Invero, pare applicabile al caso de quo il paradigma della responsabilità precontrattuale, quale enucleato dalla Corte di Cassazione, secondo cui la regola posta dall’art. 1337 c.c. , non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti sciatti, maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. Pertanto, la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell’altrui comportamento scorretto (cfr. Cass. civ. Sez. I, Sent., 23/03/2016, n. 5762; Cass. civ. Sez. III, 08/10/2008, n. 24795).

Ne consegue che l’azione di risarcimento per la lesione della libertà negoziale sia esperibile allorché ricorra una violazione della regola di buona fede nelle trattative che abbia dato luogo a un assetto d’interessi più svantaggioso per la parte che abbia subito le conseguenze della condotta contraria a buona fede, e ciò pur in presenza di un contratto valido ovvero, nell’ipotesi di invalidità dello stesso, in assenza di una sua impugnativa basata sugli ordinari rimedi contrattuali (cfr. Cass. civ. Sez. III, Sent., 17/09/2013, n. 21255).

Ciò premesso, rileva il Collegio che, nel caso di specie, le reiterate richieste del soggetto aggiudicatore al promotore di fornire integrazioni e aggiornamenti della proposta abbiano di per sé stesse comportato un pregiudizio economico che prescinde dalla concreta realizzazione del progetto e che quindi può essere ammesso a riparazione indipendentemente dall’esito finale della valutazione in corso e del complessivo procedimento.

A tal uopo, il Collegio ordina ad Autostrade del Molise e alle altre Amministrazioni convenute in solido tra loro, di proporre alla parte ricorrente – entro novanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza – un importo del risarcimento del danno precontrattuale ravvisato da determinarsi sulla base dei seguenti criteri:

– in primo luogo, vanno risarcite le spese effettivamente sostenute e dimostrate per la predisposizione degli aggiornamenti dal 17 gennaio 2013, allorché è stato inopinatamente richiesto l’ulteriore computo metrico estimativo del Quadro Economico;

– viceversa, devono essere escluse dal risarcimento le spese sostenute da parte ricorrente per la formulazione della proposta e per i successivi aggiornamenti fino alla predetta data del 17 gennaio 2013, rientranti nella normale alea precontrattuale, nonché il preteso mancato utile discendente dalla gestione dell’opera, trattandosi di voce che esula dall’interesse negativo;

– nulla è dovuto a titolo di occasioni perse, atteso che la ricorrente non ha fornito alcun elemento di concreta prova relativo ad ulteriori, possibili occasioni di stipulazione di contratti (altrettanto o maggiormente vantaggiosi rispetto a quello non concluso);

– sul quantum risarcitorio in tal modo determinato, da intendersi quale debito di valore, dovrà essere computata la rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla data del fatto dannoso (17.01.2013) e sino al soddisfo; dovranno, inoltre, essere computati gli interessi nella misura legale dalla data di deposito della presente decisione sino all’effettivo soddisfo.

Il Collegio ritiene di dare applicazione all’art. 34, comma 1, lettera e), del codice del processo amministrativo, per il quale il giudice amministrativo, nel caso di accoglimento del ricorso, “anche in sede di cognizione” può disporre la nomina di un commissario ad acta, “con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l’ottemperanza”.

A tal fine, il Collegio fin da ora nomina, nella qualità di commissario ad acta, il Ragioniere Generale dello Stato (con facoltà di delega in capo ad altro qualificato funzionario dal medesimo designato), e dispone che, a cura della Segreteria del Tribunale, copia della presente sentenza sia trasmessa al predetto Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso, affinché il nominato organo commissariale verifichi se, entro il sopra fissato termine di novanta giorni, le Amministrazioni resistenti abbiano – o meno – formulato la proposta di risarcimento del danno.

In conclusione, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso per motivi aggiunti deve essere respinto e per conseguenza il ricorso introduttivo deve dichiararsi improcedibile nella parte relativa all’impugnazione della revoca (prot. ADM-0000093-P del 23 settembre 2015, assunta dal Presidente e dall’Amministratore Delegato di Autostrada del Molise S.p.A.), nei sensi e limiti di cui sopra.

Deve essere accolta invece la domanda di risarcimento limitatamente al danno precontrattuale, secondo quanto osservato in precedenza, e per l’effetto deve essere disposta la condanna di ADM e delle Amministrazioni convenute in solido tra loro al risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, proponendo in favore della parte ricorrente, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, una somma di denaro determinata in base ai criteri appena indicati.

Tenuto conto dei profili di danno erariale potenzialmente connessi alla vicenda in esame, il Collegio manda alla Segreteria ai fini della trasmissione del fascicolo di causa alle Procura regionali della Corte dei conti per il Lazio ed il Molise per gli accertamenti di competenza.

La complessità delle questioni sottese alla presente decisione e la parziale soccombenza reciproca giustificano la compensazione delle spese di lite fra le parti, eccezion fatta per il contributo unificato, che va posto a carico delle Amministrazioni convenute in solido tra loro.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) respinge il ricorso per motivi aggiunti;

2) dichiara improcedibile la domanda di annullamento del provvedimento di revoca impugnato con il ricorso introduttivo ed adottato da Autostrade del Molise (prot. ADM-0000093-P del 23 settembre 2015);

3) accoglie la domanda di risarcimento del danno precontrattuale, nei sensi e limiti di cui in motivazione;

4) nomina fin da ora commissario ad acta il Ragioniere Generale dello Stato (con facoltà di delega) affinché, in caso di mancata formulazione della proposta risarcitoria di cui in motivazione o di mancato accordo, su istanza della parte ricorrente, provveda in via sostitutiva.

Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Manda alla Segreteria di dare comunicazione della presente sentenza alle Procure Generali delle Sezioni regionali della Corte dei Conti del Lazio e del Molise.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nelle camere di consiglio dei giorni 22 giugno 2016 e 20 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Orazio Ciliberti, Presidente
Luca Monteferrante, Consigliere
Domenico De Falco, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Domenico De Falco
 

IL PRESIDENTE
Orazio Ciliberti

IL SEGRETARIO
 

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