* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Oneri di urbanizzazione – Determinazione dell’an e del quantum – Controversie – Posizioni di diritto soggettivo – Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – Acquiescenza rispetto alla liquidazione del contributo – Inconfigurabilità.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 2 Maggio 2018
Numero: 497
Data di udienza: 14 Marzo 2018
Presidente: Picone
Estensore: Picone
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Oneri di urbanizzazione – Determinazione dell’an e del quantum – Controversie – Posizioni di diritto soggettivo – Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – Acquiescenza rispetto alla liquidazione del contributo – Inconfigurabilità.
Massima
TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 2 maggio 2018, n. 497
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Oneri di urbanizzazione – Determinazione dell’an e del quantum – Controversie – Posizioni di diritto soggettivo – Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – Acquiescenza rispetto alla liquidazione del contributo – Inconfigurabilità.
Le controversie inerenti alla contestazione degli oneri di urbanizzazione, nel corso delle quali non vengano dedotte censure derivanti da atti generali autoritativi relativi alla determinazione degli oneri presupposti di quello impugnato, attengono a posizioni di diritto soggettivo, azionabili nel termine di prescrizione, innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. Detti oneri non hanno, infatti, natura tributaria, bensì costituiscono un corrispettivo di diritto pubblico avente la funzione di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione, atteso che le controversie che hanno ad oggetto la legittimità o meno del contributo relativo a concessione edilizia vertono sull’esistenza o sulla misura di un’obbligazione direttamente stabilita dalla legge. La determinazione dell’an e del quantum dell’oblazione e del contributo per oneri di urbanizzazione e per costo di costruzione ha natura paritetica, giacché si tratta di un mero accertamento dell’obbligazione contributiva, effettuato dalla P.A. in base a rigidi parametri prefissati dalla legge e dai regolamenti in tema di criteri impositivi, nei cui riguardi essa è sfornita di potestà autoritativa. L’accertamento di un rapporto di credito prescinde dall’esistenza di atti della P.A. e non è soggetta alle regole delle impugnazioni e dei termini di decadenza propri degli atti amministrativi; in applicazione di tale principio, va quindi esclusa la configurabilità dell’istituto dell’acquiescenza rispetto alla liquidazione del contributo (Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2013 n. 4208; Id., sez. V, 28 maggio 2012 n. 3122; id., sez. IV, 10 marzo 2011 n. 1565).
Pres. f.f. ed Est. Picone – M. s.r.l. (avv. Torchia) c. Comune di Carmagnola (avv. Gallo)
Allegato
Titolo Completo
TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 2 maggio 2018, n. 497SENTENZA
TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 2 maggio 2018, n. 497
Pubblicato il 02/05/2018
N. 00497/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00868/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 868 del 2012, proposto da
Monopoli s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Torchia, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Re Umberto I, 37;
contro
Comune di Carmagnola, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Emanuele Gallo, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Pietro Palmieri, 40;
per l’accertamento
– che la domanda di condono edilizio n. 346 presentata dalla ricorrente in data 10.12.2004 va inquadrata nella tipologia 5 prevista dall’allegato 1 all’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, con conseguente declaratoria del diritto della ricorrente ad ottenere la restituzione delle somme corrisposte a titolo di oblazione in eccedenza all’importo di euro 1.700,00;
– che la ricorrente ha diritto di rinunciare alla domanda di condono edilizio n. 345 presentata in data 10.12.2004, con conseguente declaratoria del diritto ad ottenere la restituzione delle somme corrisposte a titolo di oblazione ed acconto oneri concessori;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Carmagnola;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2018 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società ricorrente espone di aver acquistato un capannone ubicato nel Comune di Carmagnola, originariamente licenziato quale “centro di raccolta e prima lavorazione prodotti agricoli”, e di aver presentato nel 2004 due distinte domande di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003:
la n. 346 avente ad oggetto la “modifica di destinazione d’uso dell’immobile da agricolo ad artigianale con trasformazione delle materie prime” (doc. 4);
la n. 345 avente ad oggetto la “costruzione di celle frigo per la conservazione di materie prime” (doc. 5).
La ricorrente afferma di aver erroneamente qualificato, nelle suindicate domande, le tipologie di abuso. La tipologia n. 3 per il cambio di destinazione d’uso del capannone, che invece sarebbe stato eseguito con minime opere che non configurano ristrutturazione edilizia, bensì mera manutenzione straordinaria o, al più, risanamento conservativo. La tipologia n. 1 per le celle frigo, che invece sarebbero assimilabili ad opere non valutabili in termini di superficie o di volume.
Con note prot. n. 0036924 e n. 0036925 del 27.9.2007 (doc. 8 e 9), il Comune di Carmagnola ha determinato in via definitiva l’oblazione e gli oneri concessori come segue:
– per la domanda n. 346 relativa al cambio di destinazione d’uso del capannone: euro 224.328,80 a titolo di oblazione, euro 34.658,80 a titolo di oneri concessori, euro 8.412,30 a titolo di monetizzazione aree a servizi;
– per la domanda n. 345 relativa alla realizzazione delle celle frigorifere: euro 37.260,00 a titolo di oblazione, euro 5.117,04 a titolo di oneri concessori, euro 1.242,00 a titolo di monetizzazione aree a servizi.
La ricorrente ha allora richiesto al Comune la rettifica della domanda relativa al cambio di destinazione d’uso del capannone, dalla tipologia 3 alla tipologia 5, allegando fotografie e la planimetria dell’intervenuto accatastamento da cui si desumeva che, al di sopra dei locali ad uso bagno e vani tecnici, non vi era alcun soppalco e che gli ulteriori locali rappresentati nella planimetria allegata alla istanza di condono edilizio erano in realtà delle pareti mobili che erano state rimosse (doc. 10, 11, 12).
Inoltre, la ricorrente ha chiesto di qualificare le celle frigo come mero volume tecnico, da inquadrarsi in tipologia 6.
Il Comune di Carmagnola, con nota prot. n. 6202 del 23.2.2012 (doc. 13), ha respinto l’istanza di rettifica.
Con istanza in data 21.05.2012 sottoscritta dal legale rappresentante (doc. 17), la Monopoli s.r.l. ha comunicato la rinuncia alla domanda di condono edilizio n. 345 relativa alle celle frigo, documentandone con fotografie e con denuncia di variazione catastale la intervenuta rimozione (doc. 18 e 19) ed ha chiesto di compensare parte degli importi occorrenti a definire la domanda di cambio di destinazione d’uso del capannone con quelli versati per la domanda oggetto di rinuncia.
Tuttavia, il Comune ha ritenuto non accoglibile la rinuncia alla domanda di condono edilizio n. 345.
La società ricorrente ha quindi versato l’intero importo richiesto dal Comune, per il permesso in sanatoria avente ad oggetto il cambio di destinazione d’uso del capannone agricolo, senza operare compensazioni, ed in data 11.7.2012 ha ritirato il titolo edilizio, con espressa riserva di agire per la parziale restituzione del contributo.
Con il ricorso in esame, la Monopoli s.r.l. chiede:
A) di accertare che le opere oggetto della domanda di condono n. 346 debbano essere inquadrate nella tipologia 5 prevista dall’allegato 1 all’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, con conseguente restituzione delle somme corrisposte in eccedenza;
B) di accertare il diritto di rinunciare alla domanda di condono edilizio n. 345, con conseguente restituzione delle somme corrisposte a titolo di oblazione ed acconto oneri concessori.
Si è costituito il Comune di Carmagnola, eccependo l’inammissibilità del ricorso e chiedendone, in ogni caso, il rigetto nel merito.
Alla pubblica udienza del 14 marzo 2018 la causa è passata in decisione.
Preliminarmente, devono respingersi le eccezioni di inammissibilità avanzate dalla difesa del Comune.
Ed infatti:
non vi è stata acquiescenza al pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori nella misura pretesa dal Comune, avendo la società ricorrente formulato esplicita riserva di ricorso giurisdizionale (doc. 23);
non è maturata alcuna decadenza o preclusione, per effetto della mancata impugnazione delle note inviate dal Comune e del condono rilasciato in data 9 luglio 2012, poiché le prime non avevano carattere provvedimentale e poiché, in giurisdizione esclusiva, l’interessato ben può proporre domanda di accertamento e di condanna alla restituzione di indebito, quando contesti la quantificazione del contributo concessorio;
sul punto, è sufficiente richiamare la più recente giurisprudenza, che ha affermato: “(…) Le controversie inerenti alla contestazione degli oneri di urbanizzazione, nel corso delle quali non vengano dedotte censure derivanti da atti generali autoritativi relativi alla determinazione degli oneri presupposti di quello impugnato, attengono, infatti, a posizioni di diritto soggettivo, azionabili nel termine di prescrizione, innanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. Detti oneri non hanno, infatti, natura tributaria, bensì costituiscono un corrispettivo di diritto pubblico avente la funzione di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione, atteso che le controversie che hanno ad oggetto la legittimità o meno del contributo relativo a concessione edilizia vertono sull’esistenza o sulla misura di un’obbligazione direttamente stabilita dalla legge. La determinazione dell’an e del quantum dell’oblazione e del contributo per oneri di urbanizzazione e per costo di costruzione ha natura paritetica, giacché si tratta di un mero accertamento dell’obbligazione contributiva, effettuato dalla P.A. in base a rigidi parametri prefissati dalla legge e dai regolamenti in tema di criteri impositivi, nei cui riguardi essa è sfornita di potestà autoritativa. Per questo le relative controversie, proprio in quanto concernono i diritti soggettivi delle parti di detta obbligazione, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a. di cui all’art. 133, primo co. lett. f). L’accertamento di un rapporto di credito prescinde dall’esistenza di atti della P.A. e non è soggetta alle regole delle impugnazioni e dei termini di decadenza propri degli atti amministrativi; in applicazione di tale principio, va quindi esclusa la configurabilità dell’istituto dell’acquiescenza rispetto alla liquidazione del contributo” (così Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2013 n. 4208; nello stesso senso, Id., sez. V, 28 maggio 2012 n. 3122; id., sez. IV, 10 marzo 2011 n. 1565).
Nel merito, il ricorso è fondato.
A) Quanto all’accertamento che le opere oggetto della domanda di condono n. 346 debbano essere inquadrate nella tipologia 5 prevista dall’allegato 1 all’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003.
La tabella C dell’allegato all’art. 32 del decreto sul terzo condono edilizio, per la definizione della tipologia dell’abuso, fa riferimento alle definizioni delle categorie di intervento di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001.
La ricorrente ha dimostrato, mediante planimetrie rettificate prima del rilascio del condono, che il cambio di destinazione dell’immobile (da agricolo ad artigianale) è stato accompagnato dalle seguenti opere: creazione, nella porzione dell’immobile ricavata dalla licenziata chiusura della precedente tettoia, di ulteriori locali interni destinati a magazzino, con formazione di un nuovo soppalco; diversa distribuzione interna, a parità di superficie, del corpo interno alla porzione di immobile già in precedenza destinata a capannone, costituito dai bagni e dagli uffici, senza formazione di alcun soppalco.
Le opere interne così descritte, di minima consistenza, non sono da inquadrarsi nella categoria della ristrutturazione edilizia, bensì in quella del risanamento conservativo.
Pertanto, l’intervento abusivo sulla porzione dell’immobile già in precedenza destinata a capannone agricolo, ubicato all’esterno delle zone omogenee A, risulta inquadrabile nella tipologia 5 dell’allegato 1 all’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003.
La giurisprudenza, come è noto, ammette il cambio di destinazione d’uso nell’ambito degli interventi di risanamento conservativo (si veda, per tutte: Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 2013 n. 3127; TAR Toscana, sez. III, 28 luglio 2017 n. 1009; TAR Piemonte, sez. II, 9 luglio 2011 n. 750, quest’ultima riferita alla modifica della destinazione d’uso da stalla a falegnameria, con conservazione della sagoma, della superficie e del volume del fabbricato, ossia ad un intervento del tutto assimilabile a quello qui controverso).
Deve condividersi il rilievo svolto dalla difesa di parte ricorrente. Si tratta, in concreto, di una nuova destinazione solo dallo stretto punto di vista delle categorie urbanistiche previste dall’art. 8 della legge regionale n. 19 del 1999, che tuttavia altera in modo contenuto l’utilizzo precedente (quale “centro di raccolta e prima lavorazione prodotti agricoli”), destinando il capannone ad uso certamente compatibile con le sue caratteristiche originarie, mediante modeste opere edilizie interne.
B) Quanto all’accertamento del diritto della ricorrente a rinunciare alla domanda di condono edilizio n. 345, con conseguente restituzione delle somme corrisposte a titolo di oblazione ed acconto oneri concessori.
Anche per tale profilo, il ricorso merita accoglimento.
La giurisprudenza prevalente, alla quale il Collegio ritiene di aderire, ha affermato: “(…) Con il profilo di carenza di interesse menzionato in narrativa si eccepisce in primo luogo che la legge sul condono edilizio non contempla la rinuncia (parziale o totale) alla domanda di condono. L’assunto non appare condivisibile, oltre che in applicazione del principio generale in base al quale gli atti propulsivi posti in essere dal soggetto privato nella fase preparatoria del procedimento amministrativo possono essere modificati e ritirati dall’interessato fino al momento in cui non sia intervenuto il provvedimento terminale della fattispecie provvedimentale, alla stregua della giurisprudenza in materia secondo cui, fino a quando l’Amministrazione non si è pronunciata sulla domanda di condono, il richiedente può legittimamente modificare, sostituire o anche rinunciare alla domanda di sanatoria, non ostandovi nell’ordinamento una norma impeditiva di tale potere (…) Ed invero, l’espressa previsione – nelle suddette pronunce – della facoltà da parte dell’interessato di modificare (o sostituire) l’istanza originariamente presentata, in assenza di decisione amministrativa sulla prima, rende palese la legittimità anche di una rinuncia parziale” (così TAR Toscana, sez. III, 21 dicembre 2004 n. 6520; nello stesso senso, TAR Lombardia , Brescia, sez. II, 26 febbraio 2010 n. 998; TAR Lazio, sez. II, 16 aprile 2010 n. 7273; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 17 aprile 2014 n. 433; TAR Campania, Napoli, sez. II, 20 aprile 2016 n. 1955).
Nella specie, è comprovato che la rinuncia della Monopoli s.r.l. è stata dichiarata e comunicata all’Amministrazione quando il procedimento di rilascio del titolo in sanatoria non si era ancora concluso. D’altronde, la stessa società aveva rimosso le celle frigo abusivamente realizzate all’esterno del capannone agricolo.
In conclusione, il ricorso è fondato.
La ricorrente Monopoli s.r.l. ha diritto alla restituzione delle somme indebitamente incamerate dal Comune di Carmagnola:
A) quanto alla domanda di condono n. 346, per effetto dell’erroneo inquadramento dell’abuso nella tipologia 3 (ristrutturazione edilizia) anziché nella tipologia 5 (risanamento conservativo) di cui all’allegato 1 all’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003;
B) quanto alla domanda di condono n. 345, per la totalità dell’importo versato al Comune, nonostante la dichiarata rinuncia alla sanatoria edilizia.
La pronuncia di accoglimento non si estende agli importi versati all’Erario a titolo di oblazione, che restano irripetibili, non avendo peraltro la ricorrente evocato in giudizio l’Amministrazione statale.
Le spese processuali sono compensate, per la complessità e peculiarità della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Savio Picone, Presidente FF, Estensore
Paola Malanetto, Consigliere
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Savio Picone
IL SEGRETARIO