* CAVE E MINIERE – Autorizzazione all’esercizio di cave o allo svolgimento di attività estrattiva – Competenza consiliare – Difetto.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Piemonte
Città: Torino
Data di pubblicazione: 24 Maggio 2013
Numero: 694
Data di udienza: 10 Aprile 2013
Presidente: Salamone
Estensore: Fratamico
Premassima
* CAVE E MINIERE – Autorizzazione all’esercizio di cave o allo svolgimento di attività estrattiva – Competenza consiliare – Difetto.
Massima
TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 24 maggio 2013, n. 694
CAVE E MINIERE – Autorizzazione all’esercizio di cave o allo svolgimento di attività estrattiva – Competenza consiliare – Difetto.
Nel sistema delle competenze attribuite agli organi di governo degli enti locali, inizialmente introdotto con la legge n. 142 del 1990 e attualmente trasfuso nel testo unico enti locali (T.U.E.L.) di cui d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, al Consiglio comunale sono tendenzialmente assegnate competenze esclusive di indirizzo politico-amministrativo e di controllo, secondo un elenco tassativo delle stesse previsto dall’art. 32 della legge n. 142/90 e, oggi, dall’art. 42 del T.U.E.L.. Nell’ambito di queste attribuzioni non figura la materia relativa all’autorizzazione all’esercizio di cave o allo svolgimento di attività estrattiva. Il rilascio dell’autorizzazione in oggetto esorbita dalle competenze consiliari anche in ragione della natura dell’atto. Si tratta, infatti, di provvedimento amministrativo che non costituisce esercizio di poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, presupposto per l’attribuzione della competenza agli organi di governo del comune. Ne deriva, data la sua natura di atto di gestione, che la sua adozione rientra tra le competenze dei dirigenti (ai sensi dell’art. 107, comma 3, lett. f), del T.U.E.L.).
Pres. Salamone, Est. Fratamico- E.s.p.a. (avv.ti Sertorio e Lovisetto) c. Comune di Santhià (avv.ti Scaparone e Picco)
Allegato
Titolo Completo
TAR PIEMONTE, Sez. 2^ - 24 maggio 2013, n. 694SENTENZA
TAR PIEMONTE, Sez. 2^ – 24 maggio 2013, n. 694
N. 00694/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00266/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 266 del 2012, proposto da:
Edilcave S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Sertorio e Valentina Lovisetto, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via G.B. Vico, 10;
contro
Comune di Santhià, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Scaparone e Cinzia Picco, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via S. Francesco d’Assisi, 14;
Provincia di Vercelli;
per l’annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale della Città di Santhià del 29 novembre 2011 n. 82 di cui EDILCAVE S.p.A. è venuta a conoscenza il 2 gennaio 2012
in punto
diniego dell’autorizzazione a proseguire la coltivazione di cava della EDILCAVE S.p.A. in Comune di Santhià.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Santhià;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 aprile 2013 la dott.ssa Ofelia Fratamico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato la Edilcave s.p.a. ha chiesto al Tribunale di annullare, previa sospensione dell’efficacia, la deliberazione n. 82/2011 con la quale, il 29.11.2011, il Consiglio Comunale di Santhià le aveva negato l’autorizzazione a proseguire la coltivazione della cava sita nel territorio del Comune stesso.
Avverso l’atto impugnato la ricorrente ha dedotto 1) incompetenza dell’organo deliberante, violazione di legge, con particolare riferimento all’organo competente a provvedere sull’autorizzazione alla coltivazione di cava ex d.lgs. n. 267/2000, incompetenza del Consiglio Comunale; 2) violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità, irragionevolezza dell’azione amministrativa, violazione degli articoli 7 e 31 della l. Reg.Piem. n. 69/1978 e 3 della l.n. 241/1990, dell’art. 8 del DPAE della Regione Piemonte, nonché vizio di eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria; 3) violazione di legge per erronea interpretazione e falsa applicazione dell’art. 40 del Piano Territoriale di Vercelli; 4) violazione di legge per contraddizione con le valutazioni di VIA, omessa motivazione (art. 3 l.n. 241/1990), eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Il 15.03.2012 il Comune di Santhià si è costituito in giudizio eccependo l’inammissibilità, l’improcedibilità e, in ogni caso, l’infondatezza del ricorso avversario.
Alla camera di consiglio del 18.04.2012 la ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare, chiedendo che tutte le questioni fossero affrontate congiuntamente al merito del ricorso.
All’udienza pubblica del 10.04.2013 la causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso la Edilcave s.p.a. ha lamentato l’incompetenza del Consiglio Comunale a decidere sull’istanza di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio della cava.
Tale censura è fondata e deve essere accolta.
Come già statuito da questo Tribunale in un caso analogo (cfr. TAR Piemonte, Sez. II, 5.11.2007 n. 3363), “nel sistema delle competenze attribuite agli organi di governo degli enti locali, inizialmente introdotto con la legge n. 142 del 1990 e attualmente trasfuso nel testo unico enti locali (T.U.E.L.) di cui d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, al Consiglio comunale sono tendenzialmente assegnate competenze esclusive di indirizzo politico-amministrativo e di controllo, secondo un elenco tassativo delle stesse previsto dall’art. 32 della legge n. 142/90 e, oggi, dall’art. 42 del T.U.E.L.. Nell’ambito di queste attribuzioni non figura la materia relativa all’autorizzazione all’esercizio di cave o allo svolgimento di attività estrattiva.
Il rilascio dell’autorizzazione in oggetto esorbita dalle competenze consiliari anche in ragione della natura dell’atto. Si tratta, infatti, di provvedimento amministrativo che non costituisce esercizio di poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, presupposto per l’attribuzione della competenza agli organi di governo del comune. Ne deriva, data la sua natura di atto di gestione, che la sua adozione rientra tra le competenze dei dirigenti (ai sensi dell’art. 107, comma 3, lett. f), del T.U.E.L.). Sulla soluzione così raggiunta non influisce la disposizione dell’art. 4 della legge regionale 22 novembre 1978, n. 69, in cui si prevede che nell’esercizio delle funzioni in materia di cave e torbiere i Comuni “provvedono con deliberazione dei rispettivi consigli”. Disposizione che deve considerarsi abrogata, per effetto dell’art. 10 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (“Le leggi della Repubblica che modificano i princìpi fondamentali di cui al primo comma dell’articolo precedente abrogano le norme regionali che siano in contrasto con esse”) e della qualificazione come principio fondamentale dell’ordinamento degli enti locali del principio secondo cui la distinzione delle competenze tra gli organi di governo degli enti locali è regolata nel senso che al Consiglio Comunale sono assegnate una serie tassativa di materie. Principio indubbiamente ricavabile – come già rilevato – dal sistema delineato dagli articoli 42 e 48 del T.U.E.L. (e precedentemente dagli articoli 32 e 35 della legge n. 142/90).
Né la competenza del Consiglio può giustificarsi, come sostenuto dalla difesa del Comune ai sensi dell’art. 3 c. 2 l. Reg. n. 69/1978 in base alla “possibile incidenza urbanistica dell’attività di cava”.
Tale incidenza non risulta, in verità, insieme all’art. 53 delle NTA citato dal Comune a sostegno della sua tesi, essere stata presa in alcuna considerazione nella delibera impugnata, nella quale il Consiglio Comunale, nonostante gli esiti positivi della VIA e degli accertamenti svolti dalla Regione, senza ulteriore istruttoria o più approfondita motivazione (necessaria per superare gli esiti positivi di tutte le verifiche svolte), preso atto della presenza di “terreni a ridosso di snodi autostradali ad alta possibilità di sviluppo”, del fatto che sarebbe stato “quindi … sbagliato sfruttarli con cave” e del “pericoloso degrado a monte delle falde acquifere del Comune di Santhià”, ha deliberato di negare “ il rilascio della richiesta autorizzazione e comunque in generale per tutti gli ampliamenti e per nuove cave sul territorio di Santhià…”, limitandosi a richiamare il “fine di preminenti interessi generali, di non svendere e distruggere il territorio comunale e tutelare gli interessi e la salute dei Santhianesi di oggi e di domani”.
Alla luce delle argomentazioni che precedono il ricorso deve essere, dunque, come detto, accolto, con annullamento dell’atto impugnato, rimessione dell’affare all’organo competente ed assorbimento di ogni altra doglianza.
Per la natura della controversia sussistono, comunque, giusti motivi per compensare le spese di lite nella misura della metà.
La restante metà delle spese, liquidata come in dispositivo, è posta, invece, per il principio della soccombenza a carico del Comune di Santhià.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando,
– accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, rimettendo l’affare all’organo competente;
– condanna il Comune alla rifusione in favore della ricorrente della metà delle spese di lite, liquidata in complessivi € 3000,00 oltre accessori di legge.
– compensa tra le parti la restante metà delle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Ofelia Fratamico, Primo Referendario, Estensore
Antonino Masaracchia, Primo Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)