Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1988 | Data di udienza: 12 Novembre 2014

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Fondo urbanisticamente unitario – Principio della libera allocazione dell’intervento edilizio  – Asservimento o accorpamento – Applicabilità del principio –  Area da asservire e area destinata all’edificazione – Omogeneità – Requisito necessario –  Area edificatoria già utilizzata a fini edilizi – Ulteriore edificazione – Volumetria consentita.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 18 Dicembre 2014
Numero: 1988
Data di udienza: 12 Novembre 2014
Presidente: Conti
Estensore: Colagrande


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Fondo urbanisticamente unitario – Principio della libera allocazione dell’intervento edilizio  – Asservimento o accorpamento – Applicabilità del principio –  Area da asservire e area destinata all’edificazione – Omogeneità – Requisito necessario –  Area edificatoria già utilizzata a fini edilizi – Ulteriore edificazione – Volumetria consentita.



Massima

 

TAR PUGLIA,  Bari, Sez.3^  – 18 dicembre 2014, n. 1588


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Fondo urbanisticamente unitario – Principio della libera allocazione dell’intervento edilizio  – Asservimento o accorpamento – Applicabilità del principio.

Il proprietario di un fondo urbanisticamente unitario, fatti salvi i limiti in materia di distanze dai confini e altezze massime degli edifici, può localizzare l’intervento edilizio ove ritiene più opportuno poiché il carico urbanistico rappresentato dalla volumetria realizzabile su un determinato fondo nel rispetto degli indici di piano, non altera la densità territoriale della zona, o comparto, ovunque sia collocata l’opera all’interno del fondo considerato. Lo stesso principio trova applicazione nel caso di asservimento o accorpamento della capacità edificatoria di un fondo a favore di un altro che ne assorbe la volumetria, accrescendo così la propria potenzialità edilizia; quindi, ai fini della verifica del rapporto fra superficie fondiaria e volumetria realizzata (indice di fabbricabilità fondiaria), si dovrà tener conto anche della superficie del fondo asservito che avrà, per questo, esaurito al sua potenzialità edificatoria. Vale pertanto anche per l’asservimento il principio della libera allocazione dei volumi poiché la materiale collocazione dei fabbricati, se avviene nel rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria quale rapporto fra la cubatura realizzata e la superficie impiegata, non incide per definizione sulla densità edilizia territoriale che esprime la sommatoria dei volumi attribuiti ai lotti edificabili di una zona o comparto comprensiva degli spazi pubblici e di servizio comuni.

Pres. Conti, Est. Colagrande  – A.D.  e altri (avv. Savasta) c. Comune  di Barletta (avv.ti Caruso e Cuocci Martorano)

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Asservimento  – Area da asservire e area destinata all’edificazione – Omogeneità – Requisito necessario.

L’accorpamento o asservimento di un’area, per lo sfruttamento della volumetria che essa esprime sul suolo di un’altra con aumento della capacità edificatoria propria di quest’ultima, trova un limite insuperabile nell’omogeneità dell’area da asservire rispetto a quella destinata all’edificazione, onde prevenire l’elusione dei limiti di densità territoriale posti dallo strumento urbanistico. (Consiglio di Stato sez. IV, 4 maggio 1979, n. 302, sez. V, 3 marzo 2003, n. 1172; 10 giugno 2005, n. 3052; 22 ottobre 2007, n. 5496; sez. IV, 30 settembre 2008, n. 4708)

Pres. Conti, Est. Colagrande  – A.D.  e altri (avv. Savasta) c. Comune  di Barletta (avv.ti Caruso e Cuocci Martorano)


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –  Area edificatoria già utilizzata a fini edilizi – Ulteriore edificazione – Volumetria consentita.

Un’area edificatoria, già utilizzata a fini edilizi, è suscettibile di ulteriore edificazione, solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera ed il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente, al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione, a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto catastalmente divisa (Consiglio di Stato, sez. V, 28/5/2012, n. 3120).

Pres. Conti, Est. Colagrande  – A.D.  e altri (avv. Savasta) c. Comune  di Barletta (avv.ti Caruso e Cuocci Martorano)


Allegato


Titolo Completo

TAR PUGLIA, Bari, Sez.3^ – 18 dicembre 2014, n. 1588

SENTENZA

 

TAR PUGLIA,  Bari, Sez.3^  – 18 dicembre 2014, n. 1588


N. 01588/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01816/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1816 del 2012, proposto da:
Antonietta Dimastromatteo, Michele Arcangelo Dimastromatteo, Michele Petrillo, Nicola Dambra, Ruggiero Spadaro, Giuseppe Giannella, Arcangelo Dibenedetto, Luigi Francesco Defazio, Immacolata Fortuna Arbues, rappresentati e difesi dall’avv. Maurizio Savasta, con domicilio eletto presso Giuseppe Romito, in Bari, Via Crispi, n. 6;

contro

Comune di Barletta, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Caruso, Domenico Cuocci Martorano, con domicilio eletto presso Raffaele de’ Robertis, in Bari, Via Davanzati, n. 33;

nei confronti di

Gaetano Vincenzo Borgia, Claudia Guastamacchia, Francesca Romana Borgia; Valeria Giuseppina Borgia, Gianpiero Alighiero Borgia, rappresentati e difesi dall’avv. Francesco Paolo Bello, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Bello, in Bari, Via P. Amedeo, 82/A; Emi Edilizia Meridionale Industriale di Irene Filannino & Co. S.a.s., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco. M. Mazzola, con domicilio eletto presso Francesco Volpe, in Bari, Via Imbriani n. 67;

per l’annullamento

del permesso di costruire n. 623 del 18.09.2012, pubblicato il 25.09.2012, in forza del quale è stata

autorizzata la costruzione di un edificio per civili abitazioni e box auto, previa demolizione di manufatti esistenti, da realizzarsi nel Comune di Barletta in Via N. Piccinni, su suolo distinto in catasto al fg. 18, p.lle 148, 2149, 2151, 2152 e 2153 (già part.lle 152,153 e 241) composto da piano interrato e cinque piani fuori terra, oltre vani tecnici, e tettoia, il tutto per una cubatura residenziale di mc. 3.234,71, di mc 742,95 a commerciale ed una superficie a parcheggio di mq 587,85 a piano interrato;

nonché per l’annullamento previa sospensiva

della SCIA prot. 35597 del 20.05.2012 finalizzata alla realizzazione di un varco di accesso dalla Via Piccinni alla proprietà Borgia, mediante squarcio della recinzione esistente, nonché di ogni altro atto presupposto e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e di Valeria Giuseppina Borgia, di Gianpiero Alighiero Borgia e di Emi Edilizia Meridionale Industriale di Irene Filannino & Co. S.a.s.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 la dott.ssa Maria Colagrande;

Uditi per le parti i difensori Maurizio Savasta, Giuseppe Caruso, Antonio Arzano e Francesco Paolo Bello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti, proprietari di unità immobiliari – site in un Condominio in via Piccinni a Barletta – lamentano l’illegittimità del permesso rilasciato dal Comune di Barletta per costruire un fabbricato su un’area antistante formata da tre particelle, delle quali, due e parte della terza ( n. 152, 153, 241), sono comprese nel comparto V di un piano di lottizzazione, cosi detto piano Chiaia, (approvato il 28.12.1993 e recepito, ancora vigente, nel PRG approvato il 17.4.2003), che ha un indice di densità territoriale pari a 1,5 mc/mq, mentre, alla parte residua della p.lla 241 – destinata a zona di rispetto stradale – è stata riconosciuta una capacità edificatoria corrispondente all’indice di densità previsto per le zone B5 del PRG pari a 6mc/mq.

Il progetto assentito dal Comune prevede la possibilità di cumulare la maggiore volumetria della zona di rispetto stradale a quella delle particelle comprese nel piano di lottizzazione calcolata sul più basso indice di 1,5 mc/mq previsto dal piano.

Gli stessi ricorrenti riferiscono che sulla particella 241 insiste la villa dei controinteressati, che ha ottenuto nel 2009, cioè prima dell’approvazione del piano e del PRG, due sanatorie per abusi pari a 100 mq circa.

Nell’impugnare il permesso per costruire deducono i seguenti motivi di ricorso:

1) illegittimità violazione art. 17 e 41 quinquies l.u. – violazione dell’art. 3.01 e 2.23 delle NTA del piano urbanistico generale del Comune di Barletta – inesistenza dei presupposti di fatto e normativi – contraddittorietà – illogicità – travisamento poiché:

– il PRG, nel recepire il piano Chiaia, ne lascerebbe fermi gli indici di fabbricabilità anche per la porzione della 241 ad esso esterna, il cui vincolo a zona di rispetto stradale avrebbe titolo proprio nel piano di lottizzazione;

– le norme del piano Chiaia prevedono la sostituzione edilizia previa demolizione dell’esistente, mentre il progetto aggiunge volumi a quelli già presenti sulla porzione della 241 compresa nel piano Chiaia;

– non sarebbe comunque consentito spostare i volumi previsti per la zona B di PRG all’interno del perimetro del piano Chiaia – recepito dal PRG e comunque ultrattivo per la parte non ancora attuata – che prevede indici di densità territoriale più bassi, senza neppure aver verificato gli effetti del maggior carico urbanistico che ne deriva, con conseguente violazione del principio di autosufficienza del comparto, che detto piano disciplina, rispetto al quale le aree a standard, individuate ab origine dal piano di lottizzazione, sulla base della volumetria di comparto, non possono che rivelarsi sottodimensionate;

Pertanto la trasposizione dell’indice di densità fondiaria della zona B del PRG all’interno del perimetro del piano di lottizzazione ne comporterebbe, per derivazione, un aumento dell’indice di densità territoriale e dovrebbe essere approvata con lo stesso strumento – delibera consiliare -che ha approvato il piano.

Non potrebbe comunque trasferirsi su un suolo compreso nel Piano Chiaia, che ha un indice territoriale di 1,5 mc/mq, una volumetria di 6 mc/mq prevista dal PRG per le zone B, ove ricade una porzione della particella n. 241 cedente, perché l’operazione coinvolge aree urbanisticamente non omogenee, dovendosi intendere per tali quelle soggette agli stessi parametri urbanistici ed edilizi ex art. 2 D.M. 1444/1968.

2) violazione delle norme in materia di distanze di legge – violazione dell’art. 2.03 NTA e art. 8 D.M. 1444/68, perché il fronte esterno dell’erigendo fabbricato, risultante dalle tavole progettuali, non consentirebbe il rispetto di 14 metri di larghezza della via Piccinni né della distanza fra fabbricati, pari alla semisomma delle altezze, con un minimo di 10 metri; – inoltre, nulla risultando dalla documentazione di progetto sul fabbricato preesistente che occupa una parte della particella 241, mancherebbero i presupposti in base ai quali avrebbe dovuto essere calcolata la volumetria residua assentibile per l’area interessata dall’intervento, non sarebbe cioè desumibile se e come siano state calcolate l’area coperta dal fabbricato e quella scoperta asservita al fabbricato, dato imprescindibile per calcolare l’area disponibile per il nuovo intervento edilizio e la relativa volumetria;

– non risulta la documentazione relativa al mantenimento delle piante secolari prescritto dall’art. 3.04 delle NTA del piano Chiaia;

– il cantinato del fabbricato occupa un’area pubblica;

– i volumi tecnici nel piano copertura hanno una superficie che supera quella consentita, pari a 40 mq;

I ricorrenti impugnano inoltre la SCIA con la quale è stato aperto un varco nella recinzione del suolo dei resistenti per avere un accesso sulla via Piccinni antistante il Condominio frontista.

I controinteressati Borgia eccepiscono l’inammissibilità dell’impugnazione della SCIA, potendo i terzi agire solo avverso il silenzio della p.a., se invano sollecitata a verificarne la legittimità; contestano i fatti allegati dai ricorrenti, asserendo che le particelle coinvolte nell’intervento apparterrebbero alla stessa zona B di PRG, sottozona B5, che il vincolo di rispetto stradale gravante sulla particella 241 risale al PRG/71, che quindi il piano Chiaia si limita solo a recepirlo; comunque detto vincolo sarebbe venuto meno per effetto della variante generale del PRG, approvata con delibera della Giunta regionale n. 564/03 che ha ritipizzato la zona. Sostengono inoltre che il trasferimento dei diritti edificatori dalla particella 241 esterna al piano di lottizzazione alle altre interessate dall’intervento edilizio assentito non costituisce una cessione di cubatura, ma un atto di asservimento unilaterale poiché le particelle, che ritengono essere omogenee ai sensi del D.M. 1444/68, appartengono allo stesso proprietario.

Pertanto la cubatura della porzione della part. 241, esterna al perimetro del piano Chiaia, sarebbe pienamente utilizzabile sulle particelle comprese nel piano, a nulla rilevando che su di essa insista un fabbricato, in quanto esso risulta realizzato in epoca precedente alla l. 1150/1942 e alla legge- ponte quando ancora non erano previsti i limiti di densità edilizia.

Il Comune di Barletta pone l’accento sul fatto che le aree appartengono allo stesso proprietario, sostiene quindi che neppure si potrebbe configurare una diversa zonizzazione impeditiva del cumulo di volumetria.

Pertanto alla porzione della part. 241, si applicherebbero, in quanto non compresa, nel piano di lottizzazione, ma ricadente in zona B5, i parametri della zona B1, come previsto dall’art 2.23 delle NTA del PRG/03.

La controinteressata EMI – avente causa durante il procedimento di rilascio del permesso di costruire dagli altri controinteressati della proprietà di parte dell’area interessata dall’intervento – eccepita l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, non avendo i ricorrenti dimostrato di essere proprietari di appartamenti siti nel condominio frontista, sostiene che il vincolo a zona di rispetto della part. 241 deriva dal PRG, che la include nella zona B5 e non dal piano Chiaia, al quale è esterna; detta porzione pertanto, in astratto, esprime una cubatura pari a 6mc/mq, che ben può essere recuperata altrove, cosicché la questione sulla permanenza del vincolo di rispetto stradale sarebbe irrilevante a fini della decisione.

Entrambi i controinteressati contestano puntualmente i fatti costitutivi dei motivi di ricorso e in particolare la circostanza che il progetto non rispetti le distanze, asserendo di aver prodotto una variante progettuale che prevede l’arretramento del fabbricato a distanza regolamentare ( tavola 1/B ter doc 17 del fascicolo Borgia) e che al calcolo della potenzialità edificatoria delle particelle interessate dall’intervento edilizio non sarebbe d’ostacolo il preesistente edificio perché, essendo stato realizzato prima della realizzazione del piano di lottizzazione, a detto piano non si deve conformare.

In via preliminare deve essere respinta l’eccezione sollevata dalla EMI di Irene Filaninno & Co. s.a.s. di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse perché i ricorrenti non avrebbero allegato il titolo di proprietà degli appartamenti siti nel condominio antistante il suolo oggetto dell’intervento edilizio contestato.

Risultano, al contrario, allegati al ricorso l’atto di acquisto e la nota di trascrizione in favore di Mastromatteo Arcangelo di due unità immobiliari del condominio di Via Piccinni, n. 5 che fronteggia l’area interessata dall’intervento edilizio che, secondo progetto, si troverebbe, a detta dei ricorrenti, a distanza inferiore da quella prevista dalle norme urbanistiche.

Tanto impone al Collegio di decidere la causa nel merito, non essendo revocabile in dubbio l’interesse dei frontisti al rispetto delle distanze e dei distacchi dalla sede stradale.

Le parti costituite concordano sulla localizzazione nel comparto V del Piano Chiaia – per il quale è prevista la demolizione e ricostruzione ( relazione di progetto – all. 1 fascicolo dell’ EMI s.a.s.) e sulla destinazione d’uso delle particelle coinvolte nell’intervento edilizio e sullo stato attuale dei luoghi.

Ciò detto, occorre preliminarmente richiamare il principio secondo il quale il proprietario di un fondo urbanisticamente unitario, fatti salvi i limiti in materia di distanze dai confini e altezze massime degli edifici, può localizzare l’intervento edilizio ove ritiene più opportuno poiché il carico urbanistico rappresentato dalla volumetria realizzabile su un determinato fondo nel rispetto degli indici di piano, non altera la densità territoriale della zona, o comparto, ovunque sia collocata l’opera all’interno del fondo considerato.

Lo stesso principio trova applicazione nel caso di asservimento o accorpamento della capacità edificatoria di un fondo a favore di un altro che ne assorbe la volumetria, accrescendo così la propria potenzialità edilizia; quindi, ai fini della verifica del rapporto fra superficie fondiaria e volumetria realizzata (indice di fabbricabilità fondiaria), si dovrà tener conto anche della superficie del fondo asservito che avrà, per questo, esaurito al sua potenzialità edificatoria.

Vale pertanto anche per l’asservimento il principio della libera allocazione dei volumi poiché la materiale collocazione dei fabbricati, se avviene nel rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria quale rapporto fra la cubatura realizzata e la superficie impiegata, non incide per definizione sulla densità edilizia territoriale che esprime la sommatoria dei volumi attribuiti ai lotti edificabili di una zona o comparto comprensiva degli spazi pubblici e di servizio comuni.

Da quanto detto si ricava, come stabilito da costante giurisprudenza (Consiglio di Stato sez. IV, 4 maggio 1979, n. 302, sez. V, 3 marzo 2003, n. 1172; 10 giugno 2005, n. 3052; 22 ottobre 2007, n. 5496; sez. IV, 30 settembre 2008, n. 4708), che l’accorpamento o asservimento di un’area, per lo sfruttamento della volumetria che essa esprime sul suolo di un’altra con aumento della capacità edificatoria propria di quest’ultima, trova un limite insuperabile nell’omogeneità dell’area da asservire rispetto a quella destinata all’edificazione, onde prevenire l’elusione dei limiti di densità territoriale posti dallo strumento urbanistico.

Premesso dunque che la rilevanza, ai fini del decidere, dei principi appena visti risiede nel fatto che il Piano di lottizzazione, così detto Chiaia, approvato con delibera consiliare del 28.12.1993 spiega tuttora i suoi effetti relativamente alle parti rimaste inattuate, essendo stato recepito dalla variante generale del PRG del 17.4.2003 prima dello scadere del termine decennale di validità, i punti controversi e decisivi all’esame del Collegio, in ordine di pregiudizialità logica sono:

1) se l’intervento edilizio, che prevede una nuova costruzione oltre quella esistente sulla porzione della particella 241 interna al perimetro del Piano Chiaia ( vedasi all. 2 stralcio catastale fg. 18 all. A e all. 12 fascicolo EMI s.a.s.) , doveva essere invece limitato alla demolizione e ricostruzione dell’esistente, come stabilito dall’art. 1 delle NTA del Piano Chiaia, e solo in caso di risposta negativa,

2) se, ai fini della nuova edificazione, l’indice di densità edilizia applicabile alla porzione della particella 241, asservita a zona di rispetto stradale ed esterna al piano di lottizzazione, sia quello di 1.5 mc/mq previsto dal piano Chiaia, come sostenuto dai ricorrenti, o quello di 6mc/mq stabilito per le aree della zona B5 del PRG, ove il suolo ricade e, nel caso si propenda per la seconda soluzione,

3) se sia possibile concentrare la cubatura espressa dalle particelle coinvolte nel progetto assentito sulla parte di queste interne al perimetro del Piano Chiaia – che ha un indice di densità territoriale pari a 1.5 mc/mq – tenendo presente che l’indice di densità territoriale applicabile della particella 241, esterna al piano, è pari a 6mc/mq , ossia – in termini astratti di quesito di diritto – se sia possibile trasferire la maggior cubatura di un’area disciplinata dal PRG ad un’altra area, facente parte di un comparto disciplinato da un piano di lottizzazione, che prevede diversi indici edilizi, sul presupposto che entrambe le aree ( e dunque anche il comparto) sono comprese nella più vasta zona B di PRG.

Sul primo quesito.

Ritiene il Collegio che sull’area interessata dall’intervento ricadente nel Comparto V del piano Chiaia sia possibile realizzare nuovi edifici, ove la volumetria disponibile lo consenta secondo l’indice di 1,5 mc/mq, poiché l’art. 5 delle NTA stabilisce che detto Comparto è caratterizzato dalla prevalenza di edilizia esistente della quale è ammessa la demolizione e ricostruzione ( cioè sostituzione), ma non per questo esclude ogni residua vocazione edificatoria dei lotti.

Ritiene infatti il Collegio che detta disposizione debba essere intesa come salvaguardia dell’esistente nel caso superi gli indici di densità fondiaria ammessi dal piano, non come limite alla residua capacità edificatoria, ove, diversamente, i fabbricati esistenti non esauriscano la volumetria ammissibile; ogni diversa interpretazione, non risultando dalla disposizione le ragioni di un diverso regime edilizio, sarebbe irrazionale perché impedirebbe di sfruttare dei lotti dotati di una certa potenzialità edificatoria residenziale, solo perché occupati da manufatti che esprimono una cubatura minima che comunque non esaurisce detta potenzialità.

Sul secondo quesito.

Il fatto che il Piano di lottizzazione menzioni la zona di rispetto stradale ad esso esterna non implica senz’altro che essa possa considerarsi zona di rispetto del piano e, come tale, soggetta agli stessi parametri edilizi.

Dirimente al tal fine è la circostanza che detta fascia di rispetto non sia compresa nel perimetro del piano e ne costituisca pertanto nulla più che un confine esterno.

Ne consegue che l’indice di densità territoriale previsto per la zona di rispetto è quello che lo strumento urbanistico generale attribuisce ai suoli della zona territoriale nella quale ricade, ossia 6mc/mq prevista dal PRG per le zone B 5 cui si applicano parametri urbanistici della zona B 1, come previsto dall’art 2.23 delle NTA.

Sul terzo quesito.

Posto dunque che l’asservimento o accorpamento di volumetria non altera gli equilibri urbanistici di zona o di comparto, a condizione che vengano rispettati gli indici di densità territoriale, ciò essendo possibile solo quando l’operazione avvenga fa aree ricadenti in zone omogenee, deve stabilirsi se sia ammissibile che sul suolo interessato dall’intervento edilizio per cui è causa, convergano volumi calcolati sulla base di diversi indici di densità territoriale stabiliti, rispettivamente, dal PRG e dal piano di lottizzazione.

Facendo applicazione dei principi esposti nella premessa della presente motivazione è agevole dedurre che il diverso indice di fabbricabilità delle particelle coinvolte nell’intervento edilizio, ancorché contigue e appartenenti allo stesso proprietario, dimostra che si tratta di aree non omogenee, dovendosi intendere come omogenee le aree che ricadono nella stessa zona territoriale e quindi sono soggette alla stessa disciplina.

Parimenti se si considera che l’asservimento o accorpamento della capacità volumetrica di un’area è consentita nel rispetto dei limiti di densità fondiaria e quindi di densità territoriale della zona ove questa si colloca, deve dedursi che una tale operazione non sia consentita quando, come nel caso in esame, l’accorpamento comporti uno spostamento di volumetria corrispondente ad un indice di densità territoriale che è pari al quadruplo di quello stabilito per il comparto ove ricade l’area ricevente.

Non merita dunque adesione la tesi delle parti resistenti secondo la quale le due aree interessate dallo spostamento di cubatura sarebbero da considerarsi omogenee perché comprese nella stessa zona B.

Sul dato meramente formale deve infatti prevalere un’analisi sostanziale che tenga conto del principio di inderogabilità dei parametri urbanistici ed edilizi dettati dal piano.

E’ del tutto evidente che, nonostante le particelle 152, 153 e parte della 241, già comprese nel piano Chiaia, ricadano con la restante parte della 241 nella zona B, l’applicazione nel Comparto V disciplinato dal piano di lottizzazione, di un indice di densità territoriale quattro volte superiore a quello previsto, costituisce una deroga ai parametri del piano Chiaia, incompatibile con lo stesso PRG che lo ha recepito, in tal guisa elevandolo al rango di strumento urbanistico speciale rispetto alla previsioni generali di zona, ove fisicamente l’area di comparto ricade.

La stessa prassi della suddivisione delle zone previste dall’art. 2 del D.M. 1444/68 in sottozone con diversi standard edilizi, implica che la zona comprende sottosistemi eterogenei fra loro che non tollerano, in quanto tali, alterazioni nell’assetto urbanistico mediante l’applicazione di indici diversi da quelli loro attribuiti dallo strumento urbanistico generale.

Non possono quindi ritenersi omogenee fra loro aree ricadenti in sottozone aventi indici di edificabilità diversi.

Pertanto l’accumulo di cubatura dell’una sul suolo dell’altra costituisce elusione dei limiti posti dallo strumento urbanistico, con alterazione delle caratteristiche tipologiche da questo tutelate. (Consiglio di Stato, sez. V 19/04/2013 n. 2220).

Quanto detto dimostra l’erroneità della tesi del Comune secondo il quale essendo l’edificazione prevista “su parte del medesimo suolo di proprietà dello stesso soggettonon appare possibile ritenere che un fondo unitario sconti una diversa zonizzazione” ( pag. 12 memoria di costituzione).

In realtà la potenzialità edificatoria di un fondo ha natura reale e deriva dalla disciplina ad esso impressa dallo strumento urbanistico.

Ne consegue che la grandezza giuridica cui deve farsi riferimento è la particella così come conformata, non la titolarità.

Pertanto la migrazione della cubatura da una particella all’altra costituisce sempre, sotto il profilo della conformazione urbanistica, una modifica – consentita o no in ragione della omogeneità della area – della consistenza reale della particella cedente, anche se appartenente allo stesso proprietario della particella cessionaria.

E’ dunque escluso che la concentrazione in un’unica titolarità della proprietà di suoli diversamente tipizzati, possa consentire di accumulare su uno di essi la diversa, per indici e parametri urbanistici, capacità edificatoria di un altro.

Tanto equivarrebbe ad ammettere che il privato acquisendosi la proprietà dei due fondi diversamente tipizzati – allocando la volumetria esprimibile da un suolo sull’altro – possa ottenere un risultato – derogare ai limiti volumetrici imposti dagli indici di zona, di sottozona o di comparto – che per la p.a. è possibile determinare solo con una variante o un permesso per costruire in deroga allo strumento urbanistico.

Deve pertanto accogliersi il primo motivo di ricorso nella parte in cui lamenta l’illegittimo trasferimento della volumetria 6mc/mq esprimibile dalla zona di rispetto all’interno del perimetro del piano di lottizzazione.

Rilevante è poi la questione relativa all’edificio preesistente sito sulla particella 241 che rientra nel piano Chiaia che i ricorrenti lamentano non sia stato considerato ai fini del calcolo della volumetria residua assentibile.

E’ pacifico che si tratta di un’opera realizzata prima del 1967, come si evince dalla certificazione in atti (all. 11 infra, fascicolo Borgia), ampliata successivamente con interventi ammessi a sanatoria (all. 1 relazione di progetto fascicolo EMI s.a.s.).

Nondimeno è iusreceptum che un’aerea non è idonea ad esprimere una cubatura maggiore di quella consentita dalla legge e dallo strumento urbanistico, di modo che qualsiasi costruzione, anche se eseguita senza il prescritto titolo o condonata, impegna la superficie che, in base allo specifico indice di fabbricabilità applicabile, è necessaria per realizzare la volumetria sviluppata.

(T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 25/11/2011, n. 1629).

E ancora, un’area edificatoria, già utilizzata a fini edilizi, è suscettibile di ulteriore edificazione, solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera ed il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente, al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione, a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto catastalmente divisa. (Consiglio di Stato, sez. V, 28/5/2012, n. 3120).

Risulta invece (all. 1 relazione di progetto fascicolo EMI s.a.s.) che il progetto assentito si sia limitato a decurtare la volumetria esistente da quella esprimibile dai suoli contigui calcolata secondo i diversi indici dei densità territoriale, laddove, a mente dei principi sopra richiamati, sarebbe stato prioritario calcolare la superficie asservita alla volumetria espressa dalla costruzione preesistente, applicando l’indice di densità di 1,5 mc/mq vigente alla data di rilascio del permesso per costruire per le aree comprese nel perimetro del comparto V e, solo dopo, calcolare la volumetria esprimibile dalla residua superficie.

Sotto questo profilo si rivelano fondati entrambi i motivi di ricorso nella parte in cui lamentano che la superficie scoperta già asservita alla costruzione preesistente sia stata considerata libera e in grado di esprimere l’ulteriore capacità edificatoria autorizzata con il permesso impugnato.

E’ invece inammissibile l’impugnazione della SCIA in quanto la disposizione di cui all’art. 19 comma 6 ter , l. 7 agosto 1990 n. 241, aggiunto dall’art. 6 comma 1 lett. c) d.l. 13 agosto 2011 n. 138 ( convertito con l. 14 settembre 2011 n. 148) ammette che i terzi interessati possano esperire esclusivamente l’azione avverso il silenzio ai sensi dell’art. 31 commi 1, 2 e 3 c.p.a.

Pertanto, assorbite le altre questioni, il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra specificati.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il permesso di costruire n. 623 del 18.09.2012 rilasciato dal Comune di Barletta.

Condanna la parte resistente e i controinteressati al pagamento delle spese di giudizio per complessivi € 3.000,00, in ragione di € 1000,00 a carico del Comune di Barletta, di € 1000,00 a carico di Giampiero Alighiero Borgia e Valeria Giuseppina Borgia in solido fra loro, e di € 1000,00 a carico dell’EMI – Edilizia Meridionale Industrializzata di Filaninno Irene & C. s.a.s., oltre accessori di legge.

Contributo unificato rifuso, ai sensi dell’art. 13 comma 6 bis.1 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Conti, Presidente
Desirèe Zonno, Primo Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
      

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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