* RIFIUTI – Abbandono – Mancata recinzione del fondo – Prova della colpevolezza del proprietario – Esclusione – Fattispecie: obbligo di diligenza del gestore del servizio idrico integrato.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 3 Ottobre 2016
Numero: 1159
Data di udienza: 21 Settembre 2016
Presidente: Scafuri
Estensore: Cocomile
Premassima
* RIFIUTI – Abbandono – Mancata recinzione del fondo – Prova della colpevolezza del proprietario – Esclusione – Fattispecie: obbligo di diligenza del gestore del servizio idrico integrato.
Massima
TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ – 3 ottobre 2016, n. 1159
RIFIUTI – Abbandono – Mancata recinzione del fondo – Prova della colpevolezza del proprietario – Esclusione – Fattispecie: obbligo di diligenza del gestore del servizio idrico integrato.
In tema di abbandono di rifiuti, la mancata recinzione del fondo (con effetto contenitivo dubitabile, atteso che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti), non può costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando la recinzione una facoltà e non un obbligo. Oltre tutto, l’obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato (nella specie, l’ordine di rimozione è stato rivolto al gestore del servizio idrico integrato, il cui obbligo di diligenza non può però essere allargato fino ad includere la “custodia e vigilanza” dei beni in oggetto da atti di natura patologica e derivanti da fenomeni di vandalismo tramite l’illecito abbandono e l’occultamento di rifiuti: gli obblighi gravanti sul gestore delle condotte di acqua potabile attengono esclusivamente alla manutenzione ordinaria e straordinaria sotto l’aspetto tecnico delle condotte al fine di assicurare il corretto esercizio e la funzionalità delle opere).
Pres. Scafuri, Est. Cocomile – Acquedotto Pugliese s.p.a. (avv. Mola) c. Comune di Andria (avv.ti De Candia e Travi) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ - 3 ottobre 2016, n. 1159SENTENZA
TAR PUGLIA, Bari, Sez. 1^ – 3 ottobre 2016, n. 1159
Pubblicato il 29/09/2016
N. 01159/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01550/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1550 del 2015, proposto da Acquedotto Pugliese s.p.a., rappresentato e difeso dall’avv. Maria Rosaria Mola, con domicilio eletto presso la sede della società in Bari, via Cognetti, 36;
contro
Comune di Andria, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe De Candia e Raffaella Travi, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto Bagnoli in Bari, via Dante, 25;
Ente di Gestione d’Ambito (Ex Autorità Idrica Pugliese);
Consorzio ATO Rifiuti Ba/1 Raccolta Rifiuti;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
dell’ordinanza sindacale adottata dal Comune di Andria con atto n. 665 del 15 ottobre 2015, notificata il 30 ottobre 2015, con cui, a seguito del rinvenimento di rifiuti abbandonati, è stato imposto alla società ricorrente, ritenuta proprietaria del terreno sito nel territorio comunale, in località Montegrosso, di provvedere alla rimozione di “n. 2 cumuli di rifiuti con lastre frantumate presumibilimente in cemento amianto”;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 21 settembre 2016 per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con ordinanza n. 665 del 15 ottobre 2015 il Sindaco del Comune di Andria, a seguito del rinvenimento di rifiuti abbandonati, imponeva alla società Acquedotto Pugliese s.p.a., ritenuta proprietaria del terreno sito nel territorio comunale, in località Montegrosso, al fg. 126, p.lla 535 di provvedere alla bonifica di “n. 2 cumuli di rifiuti con lastre frantumate in cemento amianto”.
L’odierna ricorrente Acquedotto Pugliese s.p.a. contestava il citato provvedimento, deducendo censure così sinteticamente riassumibili:
1) illegittimità dell’ordine di bonifica per violazione e falsa applicazione della normativa in tema di siti inquinati ex artt. 242, 244 e 250 dlgs n. 152/2006 per assenza dei presupposti oggettivi necessari ad ordinare la bonifica e comunque per incompetenza del Comune ad emettere tale ordinanza: in forza degli artt. 244 e 250 dlgs n. 152/2006 ente competente all’adozione dell’ordine di bonifica sarebbe unicamente la Provincia (ora Città metropolitana di Bari) e solo previo accertamento dello stato di contaminazione (cosa che nel caso di specie non sarebbe avvenuta);
2) illegittimità dell’ordine di rimozione dei rifiuti rinvenuti per violazione dell’art. 192, comma 3 dlgs n. 152/2006 e della corrispondente normativa comunitaria, per assenza dei presupposti fattuali necessari a consentire l’adozione di un ordine di tal genere; violazione del principio “chi inquina paga”: il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso in assenza dei presupposti di cui all’art. 192, comma 3 dlgs n. 152/2006 per imputare al proprietario o al titolare di diritto reale sull’area una responsabilità a titolo di dolo o colpa, non potendo la proprietà della particella inquinata di per sé costituire fonte dell’obbligo di rimozione dei rifiuti in assenza di un accertamento dell’elemento soggettivo richiesto dalla citata disposizione;
3) illegittimità dell’ordinanza per errata applicazione dell’art. 192, comma 3 dlgs n. 152/2006 in relazione a soggetto diverso dal proprietario; difetto d’istruttoria: l’ordinanza impugnata sarebbe, altresì, errata poiché da un’istruttoria diligente svolta dal Comune sarebbe emerso che proprietaria delle infrastrutture strumentali alla gestione del servizio idrico integrato e delle relative pertinenze (aree di sedime delle condotte e delle annesse piste di servizio) è il Comune stesso come emerge dall’art. 143 dlgs n. 152/2006; inoltre, l’intestazione catastale delle particelle ad AQP sarebbe l’effetto di una errata iscrizione;
4) illegittimità dell’ordinanza per eccesso di potere: attribuzione a terzi di responsabilità proprie del Comune: il provvedimento censurato sarebbe illegittimo per violazione degli artt. 244 e 250 dlgs n. 152/2006 in forza dei quali in caso di non individuazione dei soggetti responsabili della contaminazione le procedure e gli interventi di bonifica sono realizzati d’ufficio dal Comune; nella fattispecie in esame, non essendo stato individuato il responsabile della contaminazione, gli interventi di bonifica non potevano essere posti a carico della società ricorrente, ma sarebbero dovuti essere realizzati d’ufficio dal Comune in virtù delle citate disposizioni.
Si costituiva il Comune di Andria, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere accolto in quanto fondato.
In particolare merita positivo apprezzamento la doglianza sub 2.
Invero, in forza del comma 3 dell’art. 192 dlgs n. 152/2006 “Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.”.
La disposizione in commento delinea una ipotesi di responsabilità soggettiva del proprietario dell’area o titolare di altro diritto reale.
Si deve ritenere che AQP sia il mero gestore delle condotte di acqua potabile e pertanto si trovi nella disponibilità dell’area interessata dalle infrastrutture idriche.
Secondo il principio di diritto di cui alla sentenza del Cons. Stato n. 705/2016, relativa a fattispecie analoga a quella oggetto del presente giudizio (precedente richiamato dalla ordinanza n. 1602/2016 del Consiglio di Stato di accoglimento della istanza cautelare formulata da AQP in primo grado), gli obblighi gravanti sul gestore attengono esclusivamente alla manutenzione ordinaria e straordinaria sotto l’aspetto tecnico delle condotte al fine di assicurare il corretto esercizio e la funzionalità delle opere; spetta ad altri soggetti la tutela del territorio e delle infrastrutture e prevenire fatti vandalici tra cui l’abbandono dei rifiuti.
Inoltre, come evidenziato dalla citata decisione del Consiglio di Stato n. 705/2016 “… Oltre tutto, l’obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato. …”.
Ed ancora sottolinea il Consiglio di Stato che:
“… In tale ottica la mancata recinzione del fondo, con effetto contenitivo dubitabile, atteso che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti, non può comunque costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando la recinzione una facoltà e non un obbligo.
Insomma è ben diverso il mantenere in stato di corretta manutenzione e di pulizia le opere gestite dal rimuovere gli effetti prodotti sulle opere gestite da atti illeciti commessi da terzi ignoti.
Invero, il concetto di custodia e vigilanza va esaminato in relazione agli obblighi che fisiologicamente possono essere imposti ad AQP in quanto gestore del servizio idrico integrato e non può essere allargato fino ad includere la “custodia e vigilanza” dei beni in oggetto da atti di natura patologica e derivanti da fenomeni di vandalismo tramite l’illecito abbandono e l’occultamento di rifiuti. …”.
Dal tenore del gravato provvedimento si evince che l’Amministrazione comunale resistente fa discendere dall’accertamento della mera titolarità del terreno per cui è causa gli obblighi di rimozione e bonifica in capo alla società ricorrente in violazione del disposto dell’art. 192, comma 3 dlgs n. 152/2006 secondo l’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato con la menzionata sentenza, in quanto è mancato un qualsiasi accertamento in contraddittorio con AQP della responsabilità di quest’ultimo.
In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento dell’atto impugnato.
Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.
In considerazione della peculiarità e complessità della controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Prima, sede di Bari, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore
Maria Grazia D’Alterio, Referendario
L’ESTENSORE
Francesco Cocomile
IL PRESIDENTE
Angelo Scafuri
IL SEGRETARIO