* FAUNA E FLORA – Randagismo – Regione Puglia – Canili rifugio – Artt. 9 e 14 l.r. n. 12/1995 – Gestione – Espressa riserva in favore del Comune – Affidamento in concessione a società private con fini di lucro – Possibilità – Esclusione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Lecce
Data di pubblicazione: 14 Novembre 2012
Numero: 1887
Data di udienza: 11 Ottobre 2012
Presidente: Trizzino
Estensore: De Gennaro
Premassima
* FAUNA E FLORA – Randagismo – Regione Puglia – Canili rifugio – Artt. 9 e 14 l.r. n. 12/1995 – Gestione – Espressa riserva in favore del Comune – Affidamento in concessione a società private con fini di lucro – Possibilità – Esclusione.
Massima
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 14 novembre 2012, n. 1887
FAUNA E FLORA – Randagismo – Regione Puglia – Canili rifugio – Artt. 9 e 14 l.r. n. 12/1995 – Gestione – Espressa riserva in favore del Comune – Affidamento in concessione a società private con fini di lucro – Possibilità – Esclusione.
In tema di gestione dei cd. “canili rifiugio” (strutture destinate ad accogliere i cani provenienti dai canili sanitari che non hanno trovato adozione o altra prevista sistemazione), il combinato disposto degli artt. 9 e 14 della L.R. Puglia n. 12/1995, come integrati dalla LR 4/2010, stabilisce un’ espressa riserva in favore del Comune, ente a cui sono attribuite le prerogative nel campo della prevenzione del randagismo; lo stesso Comune può investire della medesima funzione, tramite l’istituto della concessione, solo una determinata categoria di soggetti, individuati esclusivamente nelle associazioni animaliste iscritte nell’elenco regionale, unici soggetti che, nell’intenzione del legislatore, con una valutazione compiuta a priori, garantiscono la tutela degli interessi pubblici e collettivi in gioco in materia di prevenzione del randagismo, di tutela della salute pubblica e di protezione degli animali. A differenza dunque della normativa nazionale, che non prevede una riserva espressa, la legislazione pugliese ha escluso che il servizio pubblico di prevenzione del randagismo possa essere affidato in concessione a società private con fini di lucro.
Pres. Trizzino, Est. De Gennaro – G.M. e altri (avv.ti Lino, Mazzella e Panzuti) c. Comune di Carovigno (avv. Magli)
Allegato
Titolo Completo
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 14 novembre 2012, n. 1887SENTENZA
TAR PUGLIA, Lecce, Sez. 3^ – 14 novembre 2012, n. 1887
N. 01887/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00195/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce – Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 195 del 2012, proposto da:
Giovanna Maione, Antonio Colucci, Vincenzo Marinò, Lega Protezione Animali Lepa, Isabella Rainoldi, Università Popolare della Terza Età Guglielmo Cesaria, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Stefano Lino, Federico Mazzella, Carlo Panzuti, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Nichil in Lecce, viale Leopardi, 151;
contro
Comune di Carovigno, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Magli, con domicilio presso la Segreteria del Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;
Azienda Sanitaria Locale di Brindisi;
nei confronti di
Dog Service Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Pierpaolo Pezzuto, Luca Bruni, con domicilio eletto presso l’avv. Pezzuto in Lecce, via G. D’Annunzio, 73;
per l’annullamento
– del provvedimento 4 novembre 2011, prot. n.13298, a firma del sindaco del comune di Carovigno in qualità di autorità sanitaria locale, con cui la società Dog service è stata autorizzata “all’esercizio di un canile per un numero massimo di 200 (duecento) unità, in Carovigno alla contrada Raimondi”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi, per quanto occorrer possa, la nota del 30 agosto 2011, prot. n. 15248 con la quale il sindaco del comune di Carovigno ha sollecitato il direttore del dipartimento di prevenzione della ASL di Brindisi a “predisporre l’atto autorizzativo e sottoporlo alla firma dello scrivente, nonchè le risultanze del sopralluogo effettuato in data 13 settembre 2011 dal dirigente medico veterinario responsabile di cui alla nota prot. n. 394/2011/s.a. ed il parere del 26 ottobre 2011, prot. n. 64636, reso dal dipartimento di prevenzione della ASL di Brindisi in favore del rilascio della predetta autorizzazione sanitaria da parte del comune di Carovigno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Carovigno e della Dog Service Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2012 il dott. Luca De Gennaro e uditi gli avv.ti Mazzella, Lino e Panzuti per i ricorrenti, l’avv. Viva, in sostituzione dell’avv. Magli per il Comune e l’avv. Pezzuto, anche in sostituzione dell’avv. Bruni, per la controinteressata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con istanza del 20 luglio 2011 la Dog service srl, proprietaria di un canile posto nel territorio comunale di Carovigno alla contrada Raimondi, ha richiesto al Comune l’autorizzazione sanitaria “per l’esercizio dell’attività di ricovero, custodia e mantenimento di cani randagi e non”.
Il Comune di Carovigno, competente quale autorità sanitaria ex art. 4 LR 13/1989, ha chiesto il rilascio di un parere tecnico all’Asl di Brindisi; la stessa Asl, previo sopralluogo del servizio veterinario, ha espresso parere favorevole all’autorizzazione a condizione che “vengano rispettate le norme di cui alla LR n. 12/1995 come integrata dalla legge regionale 4/2010”.
La Dog service srl ha ottenuto l’autorizzazione richiesta dal Comune di Carovigno con il provvedimento impugnato del 4 novembre 2011.
Avverso l’autorizzazione insorgono gli odierni ricorrenti i quali denunciano i seguenti motivi di illegittimità:
– violazione dell’art. 3 L. 241/1990, difetto assoluto di motivazione e carenza istruttoria, eccesso di potere per travisamento;
– violazione dell’art. 4 L. 281/1991, degli artt. 8, 9, 13 e 14 LR Puglia 12/1995, violazione dei principi di evidenza pubblica;
– difetto assoluto di motivazione e carenza istruttoria, eccesso di potere per travisamento.
2. – Si sono costituiti il Comune di Carovigno e la Dog service srl resistendo all’accoglimento del ricorso.
3. – All’udienza dell’11 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
4. – Il ricorso è fondato.
4.1 – Preliminarmente si deve esaminare l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione e di interesse avanzata dalla controinteressata Dog Service nei confronti di tutti i ricorrenti.
Osserva al riguardo il Collegio che occorre valutare la fondatezza dell’eccezione per ciascun ricorrente.
Quanto ai sigg.ri Maione, Colucci e Marino, la loro legittimazione proviene dalla condizione di proprietari di terreni limitrofi, interessati quindi alle condizioni di igienico-sanitarie del canile in oggetto; la qualità di proprietario di un’area confinante con quella oggetto di autorizzazione è di per sé idonea a dimostrare la sussistenza di una situazione soggettiva ed oggettiva di stabile collegamento con la zona coinvolta dall’attività autorizzata (c.d. vicinitas) ed a radicare la legittimazione e l’interesse all’impugnazione del titolo relativo all’immobile limitrofo, senza bisogno di dare dimostrazione di un pregiudizio specifico e ulteriore, in quanto l’eventuale illegittimità dell’autorizzazione sanitaria è idonea, di per sé, ad arrecare pregiudizio al godimento del proprio fondo (cfr. in termini analoghi relativamente al titolo edilizio, Cons. Stato 3750/2012).
Quanto all’associazione Lega protezione animali, la legittimazione discende direttamente dalla sua iscrizione all’albo regionale delle associazioni di tutela degli animali; la stessa quindi è per finalità statutaria interessata alla protezione degli animali e quindi alla legittimità delle condizioni igienico-sanitarie in cui gli stessi sono mantenuti.
Quanto alla sig.ra Rainoldi e all’associazione Università Popolare “Guglielmo Cesaria”, non risulta agli atti del presente giudizio, un posizione qualificante che li legittimi alla proposizione del presente ricorso e, conseguentemente, con riferimento ai predetti soggetti l’eccezione di inammissibilità risulta fondata e deve essere accolta.
4.2 – Con il primo e secondo motivo i ricorrenti si dolgono che, anche in contraddizione con il parere rilasciato dalla Asl di Brindisi, la Dog service srl sia stata autorizzata all’esercizio di un canile con facoltà di accoglimento di cani randagi.
La censura è fondata.
La legge regionale, art. 9 LR 12/1995, ha individuato nei cd. “canili rifugio” le strutture destinate ad accogliere “i cani provenienti dai canili sanitari che non hanno trovato adozione o altra prevista sistemazione”. I “canili sanitari” sono quelle strutture ove vengono temporaneamente custoditi, per un periodo massimo di sessanta giorni, i cani randagi ovvero “i cani recuperati in quanto vaganti” e la cui gestione “è affidata ai Comuni” (art. 8 LR 12/1995).
La stessa legge regionale prevede che i rifugi “oltre che dai Comuni in cui ricadono territorialmente, possono essere gestiti da enti e associazioni riconosciute e iscritte all’ albo di cui all’ art. 13 della presente legge” (art. 9); viene inoltrato precisato che il ricovero e la custodia dei cani sono assicurati dai comuni mediante “apposite strutture” (art. 14), la responsabilità delle quali è esercitata “in proprio o affidata in concessione, previa formale convenzione, alle associazioni protezionistiche o animaliste iscritte all’albo regionale depositato presso l’Assessorato alle politiche della salute” (art. 14, comma 2 bis, come integrato dalla LR 4/2010).
Occorre dunque prioritariamente indagare se la normativa regionale ora riportata escluda dall’espletamento del servizio pubblico di ricovero dei cani randagi società private con finalità di lucro.
La risposta deve essere positiva.
Il Collegio ritiene che le disposizioni citate, in particolare il combinato disposto dell’art. 9 e dell’art. 14, stabiliscano espressamente una riserva in favore dell’ente pubblico a cui sono attribuite le prerogative nel campo della prevenzione del randagismo, ovvero il Comune; lo stesso Comune può investire della medesima funzione, tramite l’istituto della concessione, solo una determinata categoria di soggetti, individuati esclusivamente nelle associazioni animaliste iscritte nell’elenco regionale, unici soggetti che, evidentemente, nell’intenzione del legislatore, con una valutazione compiuta a priori, garantiscono la tutela degli interessi pubblici e collettivi in gioco in materia di prevenzione del randagismo, di tutela della salute pubblica e di protezione degli animali.
Non può essere condivisa l’osservazione per cui la previsione dell’art. 14, comma 2 bis (“la gestione è esercitata in proprio o affidata in concessione, previa formale convenzione, alle associazioni protezionistiche o animaliste”), non escluderebbe espressamente altri soggetti dal novero degli affidatari o sarebbe caratterizzata da una natura programmatica e non immediatamente precettiva.
Non avrebbe infatti nessun ragione di esistere la disposizione ove si limitasse a descrivere semplicemente alcune tra le possibili e diverse modalità di svolgimento del servizio, dirette o tramite concessionario, individuando solo determinati affidatari (Comune e associazioni) e trascurandone altri, riconoscibili essenzialmente in società e imprenditori privati.
Il tenore letterale della previsione normativa è peraltro diverso da quello adottato dalla L. 281/1991 ove la gestione di enti associativi è elemento eventuale nell’espletamento del servizio (cfr. art. 2, comma 11 “gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire le strutture”).
Si deve ritenere quindi che la locuzione “la gestione è esercitata” abbia una valore prescrittivo distinto e opponibile a quello in base al quale alcuni soggetti “possono” gestire il canile destinato a ricevere gli animali vaganti.
A differenza dunque della normativa nazionale, che non prevede un riserva espressa, e di altre discipline regionali (a cui fanno riferimento i precedenti giurisprudenziali richiamati dalla Dog service), il Collegio ritiene, visto il tenore letterale delle norme, che la legislazione pugliese abbia escluso che il servizio pubblico di prevenzione del randagismo possa essere affidato in concessione a privati.
Del resto, in un’ottica sistematica, il legislatore nazionale con la legge quadro 281/1991 ha delineato il servizio come funzione originariamente comunale, seppure delegabile a soggetti esterni. In questa prospettiva non è indifferente che a livello nazionale una formulazione analoga a quella della Regione Puglia preveda espressamente (“ubi voluit, dixit”) i privati tra i soggetti affidatari, confermando così che la legge pugliese ha inteso estromettere, indirettamente ma in maniera limpida, i privati dalla gestione del servizio dei canili rifugi (cfr. art. 4 L. 281/1991 “i comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani .. i comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono a gestire i canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati”).
Sull’interpretazione della norma la considerazione che molti Comuni sono tuttora sprovvisti di canile non può avere inoltre valore decisivo:
– anzitutto perché si tratta di considerazione di natura essenzialmente fattuale che legittimerebbe un inerzia amministrativa tenuta in spregio alle previsioni della stessa legge regionale (art. 9 LR 12/1995) che prevedono specifiche iniziative, spettanti in primis all’apparato pubblico regionale, per la costruzione e la ristrutturazione di canili rifugio.
– inoltre, l’assenza di strutture pubbliche non impedirebbe al Comune di avvalersi di canili appartenenti a soggetti privati, essendo indifferente la natura pubblica o privata della proprietà delle strutture edilizie, a condizione che il soggetto gestore appartenga alle categorie richiamate dal citato comma 2 bis dell’art. 14 LR 12/1995.
– infine, l’esigua rilevanza economica del servizio pubblico di ricovero di cani randagi – trattandosi di un settore di mercato essenzialmente privo di utenti privati e sostenuto economicamente esclusivamente dalla mano pubblica – e la stretta correlazione con la specifica missione comunale, nell’accezione stabilita dal diritto comunitario, di tutela della salute e dell’igiene pubblica portano ad escludere che la suddetta riserva contrasti con i principi di libera concorrenza e di libera prestazione di servizi riconosciuti dai Trattati europei.
Pertanto, facendo salva l’unica lettura che conservi il valore normativo e quindi precettivo della disposizione richiamata, si deve ritenere che il legislatore regionale con la LR 12/1995, come integrata dalla LR 4/2010, abbia stabilito una riserva per lo svolgimento del servizio di canile rifugio, con conseguente divieto per i privati di svolgere le funzioni di concessionario del servizio.
Posto dunque che nel canile gestito dalla Dog Service non possono trovare accoglienza cani randagi ma solo cani privati, corrette sono le osservazioni contenute nel parere della ASL del 26 ottobre 2011, ove si condiziona il giudizio favorevole al rispetto della norma introdotta con la LR 4/2010, sopra riportata ed esaminata, in base alla quale è escluso che società lucrative possano gestire canili-rifugio.
Tale nota conferma peraltro il parere rilasciato dalla stessa ASL il 17 novembre 2010, in occasione del rilascio del permesso di costruire relativo al canile, con cui espressamente si condiziona l’assenso al progetto edilizio al ricovero nella struttura dei soli “cani di privati cittadini”.
La difesa delle parti resistenti osserva infine che oggetto del procedimento contestato è esclusivamente la valutazione da parte della ASL e dell’autorità comunale della compatibilità igienico-sanitaria della struttura. In questo senso la questione dell’effettivo accoglimento di cani randagi o privati nel canile sarebbe estranea all’oggetto del provvedimento amministrativo impugnato e come tale ininfluente ai fini di vagliarne l’illegittimità.
L’osservazione non può essere condivisa.
Le problematiche igieniche possono evidentemente essere diverse per animali randagi o animali domestici, essendo i primi verosimilmente, per carenza di controlli veterinari o comunque per condizioni di minore cura, maggiormente esposti alla diffusione di patologie veterinarie.
Tale considerazione di natura fattuale assume anche rilievo giuridico in quanto recepita dal legislatore che prescrive per i cani randagi il ricovero temporaneo in specifiche strutture (i canili sanitari ex art. 8 LR 12/1995) e specifici trattamenti sanitari di natura profilattica (cfr. art. 2, comma 5, L. 281/1991 e art. 8, comma 2 LR 12/1995).
Il rilascio pertanto dell’autorizzazione sanitaria per un canile destinato a ricevere sia animali randagi che animali di privati risulta illegittimo alla luce della disciplina vigente e immotivato alla luce del parere rilasciato dall’Asl di Brindisi, che limitava l’attività di ricovero ai soli cani di privati.
4.3 – Con il terzo motivo di ricorso si contesta invece che l’autorizzazione sanitaria valga per un numero di 200 animali, corrispondente al numero previsto dal permesso edilizio per la struttura progettata; a fronte della realizzazione solo parziale dell’intervento, i ricorrenti deducono che la struttura non sarebbe idonea a ricevere un tetto massimo di 200 cani.
Il motivo è infondato.
L’autorizzazione richiama le condizioni contenute nel titolo edilizio, ovvero che l’immobile sia utilizzato per un numero non superiore a 200 animali.
Tale numero è espressamente stabilito dalla legge regionale, e rappresenta il limite massimo che una struttura adibita a canile, a prescindere dalle sue effettive dimensioni, può ricevere.
L’applicazione di tale norma, posta evidentemente al fine di evitare il sovraffollamento animale e i conseguenti problemi igienici e sanitari, è indipendente dall’effettiva ampiezza dell’impianto, che nel caso di specie ne potrebbe ospitare, in assenza del suddetto limite, un numero maggiore pur nel rispetto dei criteri tecnici minimi per il ricovero dei cani, criteri stabiliti dalla normativa regolamentare (Delibera GR n. 6082/1995).
L’atto impugnato è dunque esente da censure nella parte in cui, mantenendo fermo il suddetto limite massimo, non opera nessuna riduzione proporzionale della capacità ricettiva a fronte di una riduzione della superficie edificata posto che in base ai criteri tecnici fissati dalle norme regolamentari non risulta agli atti l’incapienza della struttura, seppure non edificata per intero come da progetto,.
5. – In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei termini prospettati e per l’effetto il provvedimento di autorizzazione all’esercizio del canile è annullato.
Inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso proposto dalla sig.ra Rainoldi e dall’associazione Università Popolare “Guglielmo Cesaria”.
Sussistono giusti motivi, data anche la novità della questione trattata, per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza definitivamente pronunciando accoglie il ricorso nei termini indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Gabriella Caprini, Referendario
Luca De Gennaro, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)