Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 446 | Data di udienza: 18 Aprile 2012

* RIFIUTI – Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Proprietario del fondo – Omessa recinzione – Responsabilità per colpa – Inconfigurabilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sardegna
Città: Cagliari
Data di pubblicazione: 9 Maggio 2012
Numero: 446
Data di udienza: 18 Aprile 2012
Presidente: Ravalli
Estensore: Flaim


Premassima

* RIFIUTI – Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Proprietario del fondo – Omessa recinzione – Responsabilità per colpa – Inconfigurabilità.



Massima

 

TAR SARDEGNA, Sez. 1^ – 9 maggio 2012, n. 446


RIFIUTI – Abbandono – Art. 192 d.lgs. n. 152/2006 – Proprietario del fondo – Omessa recinzione – Responsabilità per colpa – Inconfigurabilità.

Ai sensi dell’art. 192 D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, la responsabilità solidale dei proprietari di un fondo oggetto di abbandono abusivo di rifiuti operati da ignoti presuppone l’imputabilità almeno a titolo di colpa; ancorché la colpa possa configurarsi nell’ipotesi in cui il titolare del diritto dominicale ometta di adottare cautele idonee a evitare o ostacolare l’indebito abbandono, non può essergli addebitato il mancato allestimento di mezzi preclusivi dell’accesso, atteso che la chiusura del fondo costituisce una mera facoltà del titolare del bene. (C.S. Sez. V n. 1384 4 marzo 2011; Sez. II n. 2518 14 luglio 2010; T.A.R. Lazio Sez. II ter n. 2388 del 18 marzo 2011; Tar Emilia Romagna, Parma, n. 281 8 giugno 2010; T.A.R. Lazio Sez. II 3582 del 10 maggio 2005)


Pres. Ravalli, Est. Flaim – C.P. (avv. Salone) c. Comune di Olbia (avv. Traina)


Allegato


Titolo Completo

TAR SARDEGNA, Sez. 1^ - 9 maggio 2012, n. 446

SENTENZA

 

TAR SARDEGNA, Sez. 1^ – 9 maggio 2012, n. 446

N. 00446/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01116/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1116 del 2011, proposto da:
Carlo PIANA, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Salone, con domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via Maddalena N.40;

contro

COMUNE DI OLBIA, rappresentato e difeso dall’avv. Emanuela Traina, con domicilio eletto presso avv. Luisa Armandi in Cagliari, via Cugia N.14;

per l’annullamento

– dell’ordinanza sindacale n. 28 del 26.7.2011 con la quale il comune di Olbia ha ordinato al ricorrente di RIMUOVERE , a proprie cure e spese, I RIFIUTI depositati nell’area medesima e di conferire i predetti rifiuti presso il centro di recupero e/o smaltimento autorizzati e di presentare i formulari di avvenuto smaltimento e/o recupero;

– dell’art. 53 del vigente Regolamento di Igiene Urbana e Ambientale del comune di Olbia, approvato con delibera n. 98 del 28.11.2008;

nonchè di ogni altro atto procedimentale, connesso e/o presupposto.

Visto il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Olbia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 aprile 2012 il Consigliere dott. Grazia Flaim e uditi per le parti i difensori avv. Salone e, in sostituzione per il Comune, avv. Armandi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 11.11.2011 e depositato il 6.12 il ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe indicati, formulando le seguenti censure:

1)violazione dell’art. 7 della L. 241/1990- omessa previa trasmissione di avviso di avvio del procedimento;

2)violazione e falsa applicazione dell’art. 192 comma 3 del D. Lgs. 152 del 3.4.2006 e art. 3 della L. 241/1990 – eccesso di potere per difetto di motivazione; difetto di istruttoria; insussistenza dei presupposti; manifesta ingiustizia e arbitrarietà; illogicità e contraddittorietà;

3)illegittimità dell’art. 53 del vigente Regolamento comunale di Igiene Urbana del Comune di Olbia per violazione dell’art. 192 comma 3 del D. Lgs. 152/2006; eccesso di potere per contraddittorietà manifesta.

In sintesi il ricorrente sostiene:

-l’area è di uso pubblico (strada vicinale),

-la propria totale assenza di colpa nella creazione della discarica abusiva,

-la recinzione dei terreni è presente, ma in parte sfondata dallo scarico dei rifiuti.

Si è costituita l’Amministrazione sostenendo, con ampie memorie, la legittimità dell’azione intrapresa dall’Amministrazione e dell’ordinanza sindacale impugnata .

Alla Camera di consiglio dell’ 11.1.2012 la domanda di sospensione è stata accolta con ordinanza n. 3, con la seguente motivazione:

“Considerato che:

*la questione controversa è stata ampiamente affrontata dalla sentenza del Consiglio di Stato V sez. n. 1612 del 19.3.2009, che ha riformato Tar Puglia – Lecce, Sez. I, 19 marzo 2008, n. 793 (il C.S. in fase cautelare, aveva accolto l’istanza disattesa in prime cure; con ordinanza n. 4271 del 22 luglio 2008 è stata anche accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata) e ancor prima con la sentenza del Tar Sardegna n. 3.6.2002 n. 669, le cui motivazioni interamente si richiamano;

*il presupposto sostanziale del “necessario previo accertamento in contraddittorio della responsabilità/corresponsabilità del proprietario del terreno” (quanto meno a titolo di <colpa>) è condizione-presupposto essenziale per procedere all’emanazione dell’ordinanza sindacale di rimozione, non potendo ipotizzarsi una forma di responsabilità oggettiva “propter rem”;

*la previsione (a livello regolamentare comunale, art. 53) di obbligo di opere di sbarramento e di recinzione non può rappresentare elemento idoneo a privare di efficacia e di applicazione la disposizione di legge prevalente (art. 192 del D. Lgs. 152/2006); ed in ogni caso lo stesso regolamento (all’art. 41 4° comma) richiede il medesimo presupposto per le aree private gravate da passaggio pubblico;

* né è ipotizzabile ravvisare colpa nel fatto che il proprietario non abbia recintato il fondo in quanto, per principio generale del diritto (cfr. art. 841 cod. civ.), la “chiusura del fondo” costituisce una mera facoltà del proprietario e non un suo obbligo (cfr CS . 1612/2009); peraltro nel caso di specie l’area risulta recintata e la discarica si colloca nella fascia confinante con la strada vicinale.”

Con memorie sono state ribadite le rispettive posizioni.

All’udienza del 18 aprile 2012 il ricorso è stato spedito in decisione.

DIRITTO

1)VIZIO PROCEDIMENTALE.

Sotto il profilo procedimentale il ricorrente era edotto della problematica, in considerazione della precedente ordinanza dirigenziale 50 del 20.10.2010, con la quale era stata contestata la medesima imposizione.

In riferimento alla precedente ordinanza dirigenziale (n. 50 del 20.10.2010, avente il medesimo contenuto), il Tar si espresse sulla fondatezza del vizio di incompetenza (ricorso n. 179/2011), con ordinanza cautelare n. 125 del 9/03/2011, e la questione si definì poi a seguito dell’autotutela assunta dal Comune (con ordinanza dirigenziale 17 del 26.7.2011 di autoannullamento dell’ordinanza dirigenziale impugnata in quel ricorso).

Nel precedente procedimento (avente lo stesso oggetto) il privato venne coinvolto, in applicazione dell’art. 7 L 241/1990.

Con nuova ordinanza, questa volta sindacale (e non più dirigenziale) n. 28 del 26.7.2011 il Sindaco (organo competente) recepito il precedente procedimento –ed in particolare tutta la parte istruttoria- ha disposto la (medesima) rimozione dei rifiuti al ricorrente.

Sempre “in qualità di proprietario dell’area” ove è stata rilevata la discarica abusiva.

Il contraddittorio intraprocedimentale risulta quindi sostanzialmente instaurato, in considerazione delle “osservazioni” che l’interessato ha potuto offrire alla PA nel precedente analogo procedimento (nota Piana del 14.7.2010, ove si segnalava, tra l’altro, che l’area fosse ancora di uso pubblico).

In sintesi il procedimento istruttorio è rimasto valido e salvo ed è mutata solo la competenza dell’organo emanante l’ordinanza.

**

2)VIZIO DI PROVVEDIMENTO.

La questione essenziale e sostanziale si concentra, invece, nell’imposizione della rimozione dei rifiuti :

-al soggetto quale mero “proprietario dell’area” , in assenza cioè di un rilevato e reale coinvolgimento del proprietario in merito all’abbandono dei rifiuti, quanto meno in termini di “colpa”, da accertarsi in contraddittorio;

-oltretutto in area di dubbia proprietà privata.

ELEMENTO SOGGETTIVO COLPEVOLEZZA

L’art. 192 del D. Lgs. 152/2006 richiede che:

“ L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.

È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.

Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione <sia imputabile a titolo di dolo o colpa>, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.”

La norma prefigura un’ordinanza di sgombero a carattere sanzionatorio. Per la sua applicazione a carico dei soggetti obbligati “in solido” è necessaria l’imputazione agli stessi a titolo di dolo o colpa del comportamento tenuto in violazione dei divieti di legge.

La giurisprudenza che si è formata in materia (già richiamata nell’ordinanza cautelare) è assolutamente omogenea nel richiedere che ai fini dell’ordine alla rimozione il destinatario debba essere non solo “proprietario”, ma quanto meno “proprietario colpevole”.

Si richiamano, tra le recenti, C.S. Sez. V n. 1384 4 marzo 2011; Sez. II n. 2518 14 luglio 2010; T.A.R. Lazio Sez. II ter n. 2388 del 18 marzo 2011; Tar Emilia Romagna, Parma, n. 281 8 giugno 2010; T.A.R. Lazio Sez. II 3582 del 10 maggio 2005; che affermano il principio secondo il quale

“Ai sensi dell’art. 192 D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, la responsabilità solidale dei proprietari di un fondo oggetto di abbandono abusivo di rifiuti operati da ignoti presuppone l’imputabilità almeno a titolo di colpa”;

inoltre , ad ulteriore specificazione, si è precisato che:

“ancorché la colpa possa configurarsi nell’ipotesi in cui il titolare del diritto dominicale ometta di adottare cautele idonee a evitare o ostacolare l’indebito abbandono, non può essergli addebitato il mancato allestimento di mezzi preclusivi dell’accesso, atteso che la chiusura del fondo costituisce una mera facoltà del titolare del bene.”

***

Nel caso di specie risulta (dalla documentazione prodotta dallo stesso Comune, doc. 8 –dep. 4.1.2012- foto con didascalie del sopralluogo del 9.12.2009) che:

-“la recinzione risulta in alcune parti danneggiata” (cfr. pag. 3 di 8);

-“è sprovvista di opere di sbarramento degli accessi”.

In particolare il mappale 2801 sul fronte della strada vicinale è completamente recintato (paletti in ferro, filo spinato, rete metallica); il mappale 2780 (stretta striscia di terreno) costeggia la strada vicinale Bagarina e ne costituisce fascia di rispetto.

La percorrenza (e l’accesso per coloro che hanno creato la discarica abusiva) è stata garantita dall’esistenza di una vecchia strada sterrata “strada vicinale”, che termina sotto il viadotto della strada provinciale.

In sostanza il deposito di rifiuti è avvenuto lungo la strada vicinale ed in particolare nel corridoio di terreno che si trova fra lo stradello e la recinzione privata (che in parte è stata abbattuta proprio a causa dello scarico dei rifiuti pesanti) –cfr. sul punto anche foto prodotte dalla difesa del ricorrente , doc. 9 del deposito del 6.12.2011-.

Ciò che si può affermare è che non vi è stata colpa e/o concorso del proprietario nello scarico dei rifiuti ingombranti e nella creazione della discarica.

E ciò basterebbe per escludere la possibilità di essere individuato come destinatario obbligato dell’ordinanza sindacale, che è stata emessa senza alcun previo accertamento dell’elemento soggettivo del proprietario.

Ma nel caso di specie vi è anche un ulteriore elemento di incertezza:

la titolarità/utilizzo dell’area della strada vicinale.

In ordine alla sua utilizzazione la situazione non è chiara.

E’ sorto in giudizio il problema della “classificazione/sclassificazione” dell’ancor esistente strada vicinale.

Parrebbe che solo un tratto di essa sia stato effettivamente sdemanializzato, con la delibera del CC. n. 53 del 28.6.2005; nella specie parte ricorrente sostiene che ciò sarebbe avvenuto solo per il tratto “a monte” rispetto ai terreni del ricorrente, e non anche per il tratto che attraversa i suoi terreni. Con impossibilità di accorpare nella recinzione anche il tratto di strada vicinale e/o sbarrarne l’accesso.

Effettivamente dalla consultazione dell’elaborato tecnico allegato (doc. 7 ricorrente e doc. 7 Comune) alla delibera del C.C. 53/2005 (delibera del resto assunta a seguito di espressa richiesta del solo Consorzio CINES) risulta che il provvedimento di “insussistenza di servitù di pubblico transito” (per la strada vicinale Bagarina) si riferisce solo al tratto a monte della strada 2774 (parte grigio/azzurro in legenda). Non è stata coinvolta dal provvedimento invece la parte di strada “a valle”, che attraversa le proprietà del ricorrente e che qui rileva.

L’esistenza di tale elemento (tratto ancora pubblico dello stradello) sostiene la posizione del ricorrente che (fin dalle osservazioni) affermava che la strada era gravata da servitù di uso pubblico (cfr. note, prodotte in corso di procedimento, del 18.3.2010 e 22.6.2010, docc. 10 e 11 produzione del Comune), con obbligo di rimozione dei rifiuti da parte del Comune e impegno proprio a “rimettere in pristino al recinzione danneggiata in occasione dello scarico illegittimo dei rifiuti” (così nota 22.6.2010).

La difesa del Comune sostiene che la sdemanializzazione, avendo solo effetti accertativi e non costituitivi, andrebbe estesa anche al tratto in questione.

Il Collegio rileva che, per quanto inerisce il tratto in questione, lo stato dei luoghi non risulta mutato e l’accesso da parte di terzi è stato di fatto reso possibile proprio per l’esistenza (e permanenza) della strada gravata da servitù di pubblico transito.

In questo peculiare caso il presupposto (area privata della zona di scarico) non risulta sussistente, essendo rimasto il tratto di “strada vicinale” accessibile e aperto al transito. Né può imputarsi al proprietario di aver omesso attività concrete di chiusura della strada, che non era stata formalmente sclassificata dal Comune nel tratto in questione.

3)ART. 53 REGOLAMENTO COMUNALE

Il Comune ritiene identificabile la colpa nel mancato rispetto del Regolamento comunale di Igiene urbana che all’art. 53 dedicato alla “pulizia dei terreni non edificati”, al comma 2°, prevede che:

“Ogni area dovrà essere obbligatoriamente provvista di opere di sbarramento degli accessi e di recinzione, così da evitare l’immissione di rifiuti da parte di terzi.

Tali opere dovranno essere mantenute in perfetta efficienza a cura dei proprietari .

In caso di scarico abusivo di rifiuti su dette aree, anche ad opera di terzi e/o ignoti, il proprietario in solido sarà obbligato con ordinanza, previa diffida, alla riduzione in pristino e all’asporto e allontanamento dei rifiuti abusivamente immessi.

In caso di inerzia l’Amministrazione interviene, con potere di rivalsa nei confronti dei destinatari delle ordinanze”.

Ritiene il Collegio che nel caso in esame, in considerazione della peculiarità della situazione dei luoghi, non fosse applicabile l’art. 53 (sostanzialmente rivolto alle aree private), ma semmai l’art. 41 del regolamento, che si riferisce alle “aree private soggette a pubblico passaggio o comunque di uso pubblico”, il cui comma 4° prevede (con disposizione analoga all’art. 192 D.Lgs. 152/2006, ma non contemplata invece nell’art. 53 Reg.), che “in caso non sia possibile individuare il responsabile dell’abbandono, risponderà in solido il proprietario dell’area al quale tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa”.

Dunque, analogamente e coerentemente alla norma nazionale l’art. 41 comma 4° del Regolamento comunale richiede la necessità di rinvenire il medesimo elemento soggettivo (proprietario colpevole e non mero proprietario) per poter imporre la rimozione dei rifiuti abbandonati da terzi.

In conclusione il ricorso va accolto, con annullamento dell’ordinanza sindacale impugnata, che è stata emanata senza il previo accertamento di elemento soggettivo colposo del proprietario.

Le spese seguono la soccombenza e vengono quantificate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, con annullamento dell’ordinanza sindacale impugnata.

Condanna il Comune al pagamento di euro 2.500, oltre contributo unificato, IVA e CPA, per spese di giudizio , in favore del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:

Aldo Ravalli, Presidente
Marco Lensi, Consigliere
Grazia Flaim, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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