* APPALTI – Determinazione della soglia di anomalia – Calcolo delle medie – Taglio delle ali – Abrogazione dell’art. 121 del d.P.R. n. 207/201 – Offerte di identico ammontare – Non vanno accorpate, ma singolarmente considerate.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 2 Maggio 2018
Numero: 893
Data di udienza: 22 Marzo 2018
Presidente: Savasta
Estensore: Monica
Premassima
* APPALTI – Determinazione della soglia di anomalia – Calcolo delle medie – Taglio delle ali – Abrogazione dell’art. 121 del d.P.R. n. 207/201 – Offerte di identico ammontare – Non vanno accorpate, ma singolarmente considerate.
Massima
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 2 maggio 2018, n. 893
APPALTI – Determinazione della soglia di anomalia – Calcolo delle medie – Taglio delle ali – Abrogazione dell’art. 121 del d.P.R. n. 207/201 – Offerte di identico ammontare – Non vanno accorpate, ma singolarmente considerate.
Essendo venuta meno la disciplina contenuta nell’art. 121 del d.P.R. n. 207/2010 – che prevedeva l’accorpamento delle offerte identiche – , il nuovo quadro normativo determinato dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 depone unicamente nel senso di ritenere che, ai fini del vigente art. 97, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, nell’effettuare il c.d. “taglio delle ali”, propedeutico al calcolo delle medie e alla determinazione della soglia di anomalia, le offerte di identico ammontare, che si collochino all’interno delle ali, non debbano essere accantonate bensì singolarmente considerate.
Pres. Savasta, Est. Monica – O. s.r.l. (avv.ti Comandè, Caradonna e Morici) c. Comune di Catania (avv. Liuzzo)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 2 maggio 2018, n. 893SENTENZA
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 2 maggio 2018, n. 893
Pubblicato il 02/05/2018
N. 00893/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01120/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1120 del 2017, proposto da:
Omnia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Comandè, Serena Caradonna e Filippo Morici, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Liliana D’Amico in Catania, via Vincenzo Giuffrida, n. 37;
contro
Comune di Catania, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Liuzzo, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Umberto, n.151;
nei confronti
FER.CAL Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fabrizio Laudani, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Vincenzo Giuffrida, n. 2b;
per l’annullamento
– del provvedimento n. 08/497 del 18 maggio 2017, non conosciuto dalla ricorrente ed il cui dispositivo è stato alla stessa comunicato con nota prot. n. 187025 del 22 maggio 2017, con cui la Direzione Manutenzioni e SS.TT. – Servizi Cimiteriali del Comune di Catania ha disposto l’aggiudicazione definitiva dei “lavori di manutenzione straordinaria da eseguirsi nell’edificio di via T. Tasso 1, sede dell’I.C. Giovanni XXIII” in favore della FER.CAL Costruzioni s.r.l.;
– ove occorra e per quanto di ragione della stessa nota prot. n. 187025 del 22 maggio 2017;
– del verbale di gara n. 18/2017 del 21 febbraio 2017;
– ove occorra di ogni altro atto consequenziale, connesso, preordinato e presupposto;
per l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione dell’appalto e la stipula del conseguente contratto o, nell’ipotesi in cui nelle more del giudizio venisse stipulato il contratto, per la declaratoria di inefficacia del contratto stesso, ai sensi e per gli effetti degli artt. 121, comma 1, lett. c) e d), e 122 del d.lgs. n. 104/2010 e l’accoglimento della conseguente domanda di subentro;
per l’eventuale applicazione di sanzioni alternative ex art. 123 del d.lgs. n. 104/2010;
nonché, ancora, per le subordinate ipotesi in cui non venissero conseguiti l’aggiudicazione ed il contratto, ovvero in cui (in caso di parziale esecuzione dei lavori da parte della controinteressata o per qualunque altra causa) venisse affidato solo una parte dei lavori oggetto di gara, per l’accoglimento della domanda di condanna della stazione appaltante al risarcimento per equivalente monetario per la refusione dei danni subiti e subendi a causa dei provvedimenti impugnati, nella misura che, si indica già nel 13 % dell’importo a base d’asta del contratto (10% per lucro cessante e 3% per perdita di qualificazione e di chances), ovvero nella maggiore o minore somma che risulterà in corso di giudizio, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valore.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Catania e della FER.CAL Costruzioni s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2018 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, la società ricorrente, con riferimento alla gara indetta dal Comune di Catania per l’affidamento dei “lavori di manutenzione straordinaria da eseguirsi nell’edificio di via T. Tasso 1, sede dell’I.C. Giovanni XXIII”, impugna l’aggiudicazione definitiva in favore della controinteressata FER.CAL Costruzioni s.r.l., assumendone l’illegittimità per “un evidente errore” nel calcolo della soglia di anomalia che ne avrebbe falsato gli esiti, avendo la relativa commissione di gara, nell’effettuare il calcolo del 10% delle offerte da accantonare per il c.d. “taglio delle ali”, computato una sola volta – invece che considerarle individualmente – due offerte recanti identico valore percentuale di ribasso e ricadenti all’interno della c.d. “ala di maggior ribasso”.
In particolare, parte ricorrente – nell’evidenziare come essa sarebbe risultata aggiudicataria dell’appalto, qualora la commissione, in ottemperanza all’art. 97, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, avesse singolarmente considerato tali offerte aventi un uguale valore di ribasso – chiede l’annullamento di tale provvedimento di aggiudicazione nonché la condanna del Comune resistente al risarcimento (in forma specifica, mediante l’aggiudicazione della gara, o, in subordine, per equivalente) del danno conseguentemente subito, richiamando a sostegno della pretesa illegittimità, sostanzialmente, l’intervenuta abrogazione dell’art. 121 del d.P.R. 207/2010, che prima prevedeva l’accorpamento delle offerte con ugual ribasso considerandole come “un’unica entità economica”, nonché il conseguente comunicato del Presidente dell’A.N.A.C. del 5 ottobre 2016 di invito delle stazioni appaltanti a non applicare più tale articolo.
Si costituiva in giudizio la controinteressata, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in relazione all’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016, nonché, in ogni caso, la sua infondatezza in ragione di quell’orientamento giurisprudenziale, che, già anteriormente all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti, con riferimento al previgente art. 86, comma 1 (che l’art. 97 comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 oggi riproduce integralmente), aveva chiarito come “… nella ipotesi in cui, all’interno dell’ala, si collochi una offerta con un determinato ribasso … appare evidente che tutte le eventuali offerte di identico ribasso – sia collocate individualmente nell’ambito del 10% del numero delle offerte complessivamente presentate, sia collocate al di fuori di un 10% così “individualmente” calcolato – debbano essere “accantonate” e dunque rese ininfluenti ai fini della soglia, considerandole come una unica offerta” (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 818/2016).
Si costituiva in giudizio anche l’amministrazione comunale resistente, anch’essa evidenziando la legittimità del proprio operato, in ragione di quell’orientamento giurisprudenziale favorevole alla contestata considerazione unitaria.
La Sezione con ordinanza n. 533/2017 respingeva l’istanza cautelare, “ritenuto che, impregiudicata ogni più approfondita valutazione nel merito della questione relativa al calcolo del 10% delle offerte da accantonare per il c.d. “taglio delle ali”, con riferimento al pregiudizio, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, appare prevalente l’interesse pubblico alla sollecita esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria dell’Istituto Comprensivo “Giovanni XIII”, necessari per lo stato di pericolo e di degrado dell’edificio medesimo”.
All’udienza pubblica del 22 marzo 2018, la causa veniva trattata e, quindi, trattenuta in decisione.
Per quanto concerne la pretesa caducazione dell’aggiudicazione in favore della FER.CAL Costruzioni s.r.l., deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso (formalmente sollevata da tale controinteressata nella memoria del 17 luglio 2017), in ragione di quanto stabilito all’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016, che – nel riprodurre quanto già statuito dal previgente art. 38, comma 2 bis, ultimo periodo, del d.lgs. n. 163/2006 – prevede come “ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte” (in tal senso, ex multis, questa Sezione interna, n. 477/2018).
Il Consiglio di Stato ha, infatti, avuto modo di chiarire come tale previsione, nel prescrivere il “principio di stabilità della soglia di anomalia, una volta terminata in sede amministrativa la fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte”, valga a disconoscere “in radice qualunque forma di protezione giuridica per l’interesse sostanziale dell’impresa che prospetti la necessità della rinnovazione di una fase del procedimento, in quanto il legislatore ha posto la regola della irrilevanza di alcune sopravvenienze, per rendere più stabili gli esiti finali del procedimento ed evitare che – anche ipoteticamente – possano esservi iniziative distorsive della leale concorrenza tra le imprese” (in termini, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 2609/2015).
Orbene, osserva il Collegio come – contestando la società ricorrente l’aggiudicazione in favore della controinteressata al solo scopo di ottenere, per effetto di una rideterminazione della soglia di anomalia, l’aggiudicazione in proprio favore – il caso in esame ricada nell’ambito di applicazione di tale disposizione, anche alla luce dell’orientamento al riguardo espresso dal C.G.A.R.S. con la sentenza n. 740/2015 del 22 dicembre 2015, in cui si afferma come detto principio vada “interpretato nel senso di non permettere qualsiasi successiva variazione della media e della soglia di anomalia o per effetto di una pronuncia giurisdizionale o in ragione di provvedimenti adottati dall’amministrazione in sede di autotutela”, con la conseguenza che – in considerazione della prioritaria finalità perseguita dal legislatore, consistente nel “giungere alla rapida stipulazione ed esecuzione del contratto” – essendo ormai intervenuta nel caso di specie l’aggiudicazione definitiva dell’appalto, la modifica della soglia di anomalia non sarebbe consentita nemmeno in caso di calcolo errato di quest’ultima, attesa la preclusione di ogni operazione di rideterminazione della stessa anche attraverso il semplice ricalcolo della relativa media.
Ne discende, pertanto, come lo scrutinio della domanda di annullamento formulata da parte ricorrente sia in radice impedito dalla norma in esame, di per sé idonea a precludere che la “variazione” perseguita dalla ricorrente possa, comunque, condurre ad una aggiudicazione in suo favore, attesa l’intangibilità del calcolo delle medie ai fini dell’individuazione della soglia di anomalia, con conseguente – parziale – inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, solo relativamente a tale istanza.
Tale interpretazione della norma, lascia, infatti, impregiudicata, anche al fine di evitare qualunque dubbio di legittimità costituzionale della stessa, la possibilità per l’interessato – ostacolato nell’acquisire il bene della vita cui aspirava (ossia l’aggiudicazione, la stipulazione e l’esecuzione) – di esperire il rimedio risarcitorio per equivalente.
Ne consegue, pertanto, come nel caso di specie, la valutazione delle deduzioni di illegittimità articolate da parte ricorrente debba, comunque, essere eseguita in relazione all’aver la società ricorrente avanzato specifica richiesta risarcitoria per equivalente del danno economico patito per effetto della mancata aggiudicazione nella (sola) componente del lucro cessante, ivi compreso il c.d. “danno curriculare”.
Ciò premesso, la società fonda la richiesta di condanna del Comune di Catania al risarcimento per equivalente monetario del danno ingiusto dalla stessa conseguentemente subito sulla pretesa illegittimità della scelta della commissione di gara di computare, ai fini del calcolo del 10% delle offerte da accantonare per il c.d. “taglio delle ali”, una sola volta due offerte ricadenti all’interno della c.d. “ala di maggior ribasso” e recanti identico valore percentuale.
Orbene, ritiene il Collegio che tale pretesa risarcitoria sia fondata, condividendo il Collegio quell’orientamento giurisprudenziale che, con riferimento alle previsioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, “il quale – come è noto – detta una disciplina in tema di determinazione delle soglie di anomalia diversa rispetto a quella del previgente ‘Codice’ e non reca una disposizione analoga a quella del comma 1 dell’articolo 121 del previgente ‘Regolamento’” (in tal senso, l’Adunanza Plenaria n. 5/2017), sostiene che l’accorpamento delle offerte identiche posizionate all’interno dell’ala dei massimi o minimi ribassi non sia conforme alla vigente normativa di cui al c.d. “nuovo Codice dei contratti pubblici” (applicabile alla procedura per cui è causa), con conseguente illegittimità del metodo di calcolo posto in essere dalla commissione di gara per l’individuazione, nel caso di specie, della soglia di anomalia.
Depone, infatti, in tal senso la litera legis dell’art. 97, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, che – nel riprodurre quanto già statuito dal previgente art. 86, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006 – prevede esplicitamente che si prenda in considerazione la media dei ribassi “di tutte le offerte ammesse”, nonché – soprattutto – la circostanza che né tale articolo né alcun’altra disposizione del nuovo codice degli appalti riproponga quanto previsto dall’art. 121 del d.P.R. 207/2010 (che, pertanto, oggi risulta abrogato), secondo cui “1. Ai fini della individuazione della soglia di anomalia di cui all’articolo 86, comma 1, del codice, le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese distintamente nei loro singoli valori in considerazione sia per il calcolo della media aritmetica, sia per il calcolo dello scarto medio aritmetico. 2. Qualora nell’effettuare il calcolo del dieci per cento di cui all’articolo 86, comma 1, del codice siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare ai fini del successivo calcolo della soglia di anomalia”.
Come noto, infatti, sotto la vigenza della precedente normativa, fino all’introduzione di tale norma, la giurisprudenza era pressoché unanime nel ritenere che ogni offerta che presentasse il medesimo ribasso dovesse essere comunque considerata individualmente, con la sola eccezione di quelle che nella c.d. “fase del taglio delle ali” venivano a trovarsi a cavallo della percentuale del 10% (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, sezione V, n. 4429/2014).
Solo con la successiva emanazione del citato art. 121, parte della giurisprudenza, anche del Consiglio di Stato, iniziò a teorizzare che l’accorpamento sarebbe potuto avvenire anche tra offerte identiche che si trovavano all’interno delle ali, sostanzialmente ritenendo che con tale norma il legislatore avesse deciso di prevedere l’accorpamento di tutte le offerte identiche senza alcuna distinzione tra ribassi a cavallo o all’interno delle ali, aderendo ad una interpretazione teleologica della stessa norma
basata sull’assunto che una distinta considerazione delle offerte contenenti uguali ribassi avrebbe favorito possibili condotte collusive fra i partecipanti in sede di determinazione delle percentuali di ribasso (in tal senso, Consiglio di Stato, sezione V, n. 2813/2015).
Ben si comprende, quindi, come, essendo venuta meno la norma contenuta in tale articolo – il cui disposto letterale costituiva il fondamentale argomento a favore di una tale ricostruzione – il nuovo quadro normativo determinato dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 sembri univocamente deporre nel senso (opposto a quanto deliberato dal Comune di Catania nella procedura per cui è causa) di ritenere che, ai fini del vigente art. 97, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, nell’effettuare il c.d. “taglio delle ali”, propedeutico al calcolo delle medie e alla determinazione della soglia di anomalia, le offerte di identico ammontare, che si collochino all’interno delle ali, non debbano essere accantonate bensì singolarmente considerate, con la conseguenza che, nel caso di specie, la stazione appaltante non avrebbe dovuto considerare come offerta unica le due offerte all’interno delle ali recanti un eguale ribasso.
Né alcun rilievo assume ai fini della questione su cui il Collegio è chiamato a pronunciarsi, la citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 5/2017 (invece richiamata in atti dalla controinteressata a sostegno della pretesa legittimità dell’aggiudicazione in suo favore), in cui i Giudici di Palazzo Spada, – nell’affermare come “prevalenti ragioni testuali e sistematiche depongono nel senso dell’adesione al prevalente orientamento secondo il quale, ai fini del comma 1, dell’articolo 86 del previgente ‘Codice’ e del comma 1 dell’articolo 121 del relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione, le offerte di identico ammontare debbono essere accantonate sia nel caso in cui si collochino al margine delle ali, sia nel caso in cui si collochino all’interno di esse – chiariscono la non riferibilità di tale principio alle previsioni del nuovo Codice dei contratti pubblici, “corpus normativo del tutto irrilevante ai fini della presente decisione … il quale – come è noto – detta una disciplina in tema di determinazione delle soglie di anomalia diversa rispetto a quella del previgente ‘Codice’ e non reca una disposizione analoga a quella del comma 1 dell’articolo 121 del previgente ‘Regolamento’”.
Viceversa ritiene il Collegio di poter desumere elementi di convincimento a favore della tesi propugnata da parte ricorrente dalla relativa ordinanza di rimessione n. 1151/2017 della Sezione III del Consiglio di Stato, che incidentalmente chiamava l’Adunanza Plenaria a fornire qualche indicazione – invece non resa – sulla nuova normativa.
In tale provvedimento, il Consiglio di Stato contesta, infatti, il preteso argomento teleologico a sostegno della tesi dell’accorpamento di tutte le offerte identiche, secondo cui, in caso contrario “si consentirebbe ad operatori non seri, attraverso la presentazione di una pluralità di offerte di sezione identico ed inaffidabile ribasso (ma contenute nel 10% del totale), di frustrare la ricerca, voluta dall’art. 86 del Codice, di un indicatore ragionevole della soglia di anomalia, così frustrando, in definitiva, la ricerca del miglior contraente per la pubblica amministrazione”, evidenziando come “ad operatori non seri basterebbe, per frustrare la ricerca del miglior contraente, presentare anche offerte aventi ribassi differenti per pochissimi decimali e, dunque, formalmente differenti, in modo da alterare il meccanismo del calcolo della soglia, così aggirando anche la soluzione interpretativa dell’accorpamento delle offerte aventi identico ribasso all’interno dell’ala, mentre invece il legislatore ha ritenuto di dover codificare la regola del taglio delle ali, secondo la regola del 10%, proprio per assicurare un criterio certo, netto, oggettivo, matematico, teso ad escludere, seccamente, le offerte di maggiore e minore ribasso, senza alcun margine di incertezza” (in tal senso, i paragrafi 11.1, 11.2 e 11.3).
A ciò si aggiunga il carattere innovativo della previsione contenuta all’art. 197, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, ritenuto idoneo ad elidere – in radice – “il rischio di un precedente accordo collusivo tra tutti gli operatori partecipanti alla gara circa l’entità di eventuali ribassi al fine di influenzare il calcolo della soglia allorché la gara venga aggiudicata con il criterio del prezzo più basso”, ivistabilendosi come il metodo per determinare la soglia di anomalia sia scelto, tra i cinque previsti dallo stesso comma 2, mediante il sorteggio in sede di gara – e non preventivamente – “proprio al fine di non rendere predeterminabile dai candidati i parametri di riferimento per il calcolo della soglia” (in tal senso, la citata ordinanza di rimessione nonché, sul punto, anche il richiamato parere n. 855 del 1° aprile 2016 dello stesso Consiglio di Stato).
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, la domanda, formulata in giudizio da parte ricorrente, di risarcimento per equivalente del danno economico patito per effetto della mancata aggiudicazione è, dunque, meritevole di accoglimento.
Il Collegio è, infatti, dell’avviso che non vi siano dubbi in ordine alla sussistenza, nel caso di specie, di un danno ingiusto meritevole di ristoro, risultando in atti:
– l’evento dannoso, individuabile nella mancata aggiudicazione in favore della società ricorrente dell’appalto per cui è causa;
– l’ingiustizia del danno conseguentemente patito dalla Omnia s.r.l., in relazione ad una aggiudicazione viziata dall’illegittimità del metodo di calcolo posto in essere dalla commissione di gara per l’individuazione della soglia di anomalia;
– la riferibilità dell’evento dannoso alla condotta dell’amministrazione resistente, atteso che ove la commissione avesse correttamente considerato, nella fase di taglio delle ali, singolarmente anche le due le offerte recanti identico ribasso, la soglia di anomalia individuata sarebbe stata pari al 21,0672% (e non, come avvenuto, al 21,0583%) e l’aggiudicazione sarebbe, dunque, avvenuta in favore della Omnia s.r.l., avendo quest’ultima offerto un ribasso percentuale rispetto al prezzo posto a base di gara pari al 21,0613%, migliore, quindi, di quello offerto dalla controinteressata (pari al 21,0170%).
Quanto, invece, al requisito soggettivo, il Collegio condivide quel consolidato orientamento giurisprudenziale di matrice comunitaria (in tal senso, Corte di giustizia UE sentenza del 30 settembre 2010, C-314/09 Stadt – Graz), che, nell’affermare l’irrilevanza, in caso di danno da illegittima aggiudicazione, di ogni questione relativa all’elemento soggettivo, accoglie un modello di responsabilità dell’amministrazione di tipo oggettivo, coerente con l’esigenza di assicurare l’effettività del rimedio risarcitorio (in tal senso, Consiglio di Stato, sezione V, n. 966/2013 nonché, più recentemente, ex pluribus, Consiglio di Stato, sezione V, n. 772/2016, secondo cui “il rimedio risarcitorio contemplato dalla direttiva 89/665/CEE può effettivamente rivelarsi un efficace mezzo di ristoro soltanto a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata alla constatazione dell’esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall’Amministrazione aggiudicatrice”).
Il Comune resistente deve, dunque, essere condannato al risarcimento del danno per equivalente a ristoro dell’interesse positivo di parte ricorrente al conseguimento delle utilità economiche che avrebbe ricavato dall’esecuzione dei lavori in questione.
Quanto alla determinazione di tale risarcimento, il Collegio è dell’avviso che non debba farsi applicazione del criterio – invocato in ricorso – del 10% dell’offerta di parte ricorrente, non avendo quest’ultima fornito una prova rigorosa della percentuale di utile effettivo che l’impresa avrebbe potuto conseguire in relazione all’esecuzione del contratto (in tal senso, T.A.R. Sicilia, Catania, sezione III, n. 1050/2010).
Tale impostazione, aderente alla norma civilistica che onera il danneggiato della prova del danno patito (art. 2697 c.c.), risulta, vieppiù, avvalorata anche dal dettato dell’art. 124 del codice del processo amministrativo, che, infatti, ammette il risarcimento per equivalente a condizione che il danno sia “subito e provato”, con conseguente eliminazione dall’ordinamento di ogni criterio di determinazione dello stesso in via automatica e forfettaria.
La richiesta risarcitoria avanzata da parte ricorrente in relazione al mancato conseguimento dell’utile deve, dunque, essere ridotta ad una percentuale inferiore, non avendo parte ricorrente né specificamente dimostrato quale utile essa avrebbe potuto in concreto conseguire al netto del relativo investimento.
Ciò detto, il Collegio ritiene equo riconoscere alla società ricorrente un risarcimento in misura pari al 5% dell’importo dell’offerta economica dalla stessa formulata (in tal senso, T.A.R. Sicilia. Catania, sezione I, n. 1296/2011).
Va, altresì, accolta anche la richiesta del relativo danno curriculare, in relazione al quale appare congruo riconoscere in via equitativa un ulteriore 1% dell’importo della medesima offerta, come sopra parametrata.
Trattandosi di debito di valore, le somme liquidate a titolo di risarcimento andranno naturalmente rivalutate nonché maggiorate degli interessi legali.
In conclusione, dunque, il ricorso deve essere – in parte – dichiarato inammissibile per difetto di interesse, relativamente alla domanda di annullamento dell’aggiudicazione in favore della FER.CAL Costruzioni s.r.l. ed – in parte – accolto, relativamente alla domanda di condanna dell’amministrazione comunale resistente al risarcimento del danno conseguentemente subito.
Sussistono, comunque, giusti motivi, atteso il carattere relativamente recente della normativa applicabile alla procedura in questione nonché l’esistenza, sotto la vigenza del vecchio Codice dei contratti pubblici, di un ampio dibattito giurisprudenziale sull’argomento, per compensare integralmente fra tutte le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile per difetto di interesse ed in parte lo accoglie, per l’effetto, condannando il Comune di Catania al risarcimento del danno in favore della società ricorrente nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Francesco Mulieri, Referendario
Eleonora Monica, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Eleonora Monica
IL PRESIDENTE
Pancrazio Maria Savasta
IL SEGRETARIO