Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo Numero: 1312 | Data di udienza: 23 Febbraio 2012

* DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Azione di esecuzione del giudicato proposta contro un soggetto privato – Ammissibilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 24 Maggio 2012
Numero: 1312
Data di udienza: 23 Febbraio 2012
Presidente: Campanella
Estensore: Bruno


Premassima

* DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Azione di esecuzione del giudicato proposta contro un soggetto privato – Ammissibilità.



Massima

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 24 maggio 2012, n. 1312


DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Azione di esecuzione del giudicato proposta contro un soggetto privato – Ammissibilità.

E’ ammissibile l’azione di esecuzione del giudicato proposta nei confronti di un soggetto privato. La disposizione di apertura del Titolo I del libro IV dedicato al Giudizio di ottemperanza nel Codice del processo amministrativo: l’art. 112 del c.p.a., infatti, esordisce affermando che “I provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti”. (in ipotesi, anche private) che hanno partecipato al processo nel quale il giudicato si è formato. A ciò si aggiunga il fatto che, se inteso con questa connotazione “allargata”, il giudizio di ottemperanza va a realizzare quel principio di effettività della tutela (art. 1 c.p.a.), che per espressa disposizione di legge “(…) è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materia indicate dalla legge, dei diritti soggettivi” (art. 7, co. 7, c.p.a.). E’ evidente che non vi sarebbe tutela giurisdizionale effettiva se il giudice amministrativo – una volta emessa la sentenza, con statuizione definitiva e vincolante per tutte le parti – vedesse paralizzati i propri poteri di intervento esecutivo per il fatto che la mancata esecuzione del giudicato sia imputabile alla parte privata.


Pres. Campanella, Est. Bruno – L.A. e altri (avv. La Ganga) c. Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità (Avv. Stato) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ - 24 maggio 2012, n. 1312

SENTENZA

 

TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 24 maggio 2012, n. 1312


N. 01312/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02982/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2982 del 2011, proposto da:
Luigi Angilello, Silvana Consoli, Maria Angilello, Umberto Catena, rappresentati e difesi dall’avv. Paola La Ganga, con domicilio eletto presso avv. Gea Basile, in Catania, via Canfora 135;

contro

Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilita’, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Catania, Via Vecchia Ognina n. 149;
Comune di Caltagirone, non costituito in giudizio;
Enel Distribuzione Spa, Enel Distribuzione Spa – Unita’ Territoriale Sicilia, non costituito in giudizio;

per l’esecuzione

del giudicato formatosi sulla sentenza n. 1748/2000 del TAR Catania, sez. 1^, confermata dalla sentenza n. 686/09 del C.G.A.;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2012 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con sentenza n. 1748/2000 emessa da questa Sezione del Tar Catania in data 22.09.2000, successivamente confermata in appello con decisione C.G.A. n. 686/09 del 28.08.2009, è stato annullato il decreto dell’Assessorato Regionale LL.PP. n. 408/5 del 5.05.1994 che autorizzava l’ENEL s.p.a. ad occupare i terreni di proprietà degli odierni ricorrenti, al fine di realizzare una linea per il trasporto di energia elettrica a 20 KW in uscita dalla C.P. di San Cono alla cabina nodo Balatazze del Comune di Caltagirone.

Sulle predette decisioni si è formato il giudicato, come attestato dalla Segreteria del C.G.A.R.S. in data 14.10.2011.

Con atto di diffida notificato nei gg. 25, 24 e 30 Maggio 2011 i ricorrenti hanno chiesto all’Enel Distribuzione s.p.a., all’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e Mobilità (già Assessorato ai LL.PP.) ed al Comune di Caltagirone l’esecuzione del giudicato, da realizzare attraverso la rimozione dei tralicci tuttora presenti sul terreno in questione.

Stante il silenzio serbato dai soggetti intimati, i ricorrenti hanno proposto ai sensi dell’art. 112 c.p.a. il ricorso in epigrafe, trattato all’odierna udienza del 23 febbraio 2102.

L’Assessorato regionale intimato si è costituito in udienza col patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, ed ha rilevato l’insussistenza di alcun obbligo di facere discendente a proprio carico dal giudicato.

L’Enel Distribuzione s.p.a., pur ritualmente evocata, non si è costituita in giudizio.

Il Collegio evidenzia sin da subito una peculiarità che caratterizza il contenzioso oggi in esame, rappresentata dal fatto che viene chiesta l’esecuzione del giudicato non nei confronti di una PA, bensì di un soggetto privato – l’ENEL s.p.a. – che ha preso parte quale controinteressato ad entrambi i gradi del precedente giudizio di cognizione. A fronte di tale richiesta – che implicherebbe l’adozione dell’ordine di esecuzione del dictum giudiziale e l’eventuale successiva attività commissariale nei confronti, non della PA, ma di un privato – si deve valutare ex officio l’ammissibilità della pretesa dedotta nell’odierno giudizio, dato che questa parrebbe esclusa sulla scorta delle seguenti affermazioni giurisprudenziali:

“ (…) consistendo l’oggetto specifico del giudizio di ottemperanza nella verifica se l’Amministrazione abbia o meno adempiuto all’obbligo nascente dal giudicato, e cioè se abbia o meno attribuito all’interessato quella utilità che la sentenza ha riconosciuto come dovuta – la verifica stessa è possibile solo quando il soggetto obbligato sia una pubblica Amministrazione, cui sia imputabile il debito nei confronti del privato, il cui inadempimento comporta l’onere di imporre in via sostitutiva, direttamente o a mezzo di un commissario ad acta, i comportamenti necessari per assicurare il concreto soddisfacimento del ricorrente” (Cons. St., IV, 263/1999);

“Ritiene, pertanto, il Collegio che il proposto giudizio d’esecuzione sia estraneo alla cognizione del giudice amministrativo, la quale si riferisce, invero, a tutte le controversie, anche nella fase di ottemperanza, che insorgono tra privati e pubbliche amministrazioni e che, inoltre, il rimedio previsto dall’ art.37 della legge n. 1034/1971, tendente ad ottenere “l’adempimento dell’obbligo della Autorità amministrativa” di conformarsi al giudicato, non sia praticabile nel caso in cui, come nella specie, la parte intimata e inadempiente sia privata atteso che la legittimazione passiva nel giudizio di ottemperanza deve essere sempre di un’Autorità amministrativa.” (Cons. St., VI, 5729/04).

Preliminarmente, si deve subito affermare che non depone per una pronuncia di inammissibilità del gravame in esame il fatto – indiscutibile – che i ricorrenti potrebbero ottenere adeguata tutela delle proprie ragioni attraverso un’azione possessoria o petitoria da esperire in sede civile allo scopo di far cessare l’occupazione del terreno, la cui illegittimità ormai è definitivamente accertata col giudicato.

E’, infatti, pacificamente riconosciuto che il giudizio di ottemperanza possa atteggiarsi a strumento di tutela concorrente (alternativa o complementare) con altri rimedi offerti dall’ordinamento: v. A.P. n. 1/1973, e tra le più recenti C. di S., VI, 6773/2011; Tar Trento 305/2011; Tar Lazio Roma 8005/2011; C. di S., IV, 7389/2005. Si consideri, ad esempio, il caso – tutt’altro che infrequente – in cui il giudizio di ottemperanza venga proposto per ottenere l’esecuzione della sentenza passata in giudicato, emessa dall’autorità giudiziaria ordinaria e contenente condanna della PA al pagamento di somme di denaro, quale alternativa allo strumento del processo civile di esecuzione forzata.

Ciò premesso, esiste un primo elemento di carattere testuale che indurrebbe a considerare percorribile la via processuale oggi intrapresa dai ricorrenti, e quindi a considerare ammissibile l’azione proposta (anche) nei confronti della società privata. Ci si riferisce in particolare alla disposizione di apertura del Titolo I del libro IV dedicato al Giudizio di ottemperanza nel Codice del processo amministrativo: l’art. 112 del c.p.a., infatti, esordisce affermando che “I provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti”.

La disposizione si caratterizza per tre aspetti:

a) in primo luogo, perché codifica l’obbligo di esecuzione delle sentenze amministrative, facendo da pendant (per il giudicato amministrativo) con la antica disposizione contenuta nell’art. 4 della L. 2248/1865, all. E, nella parte in cui pone l’obbligo per le amministrazioni di conformarsi al giudicato dei Tribunali (ordinari);

b) in secondo luogo, perché estende la declaratoria dell’obbligo di esecuzione delle decisioni anche alle “altre parti” (in ipotesi, anche private) che hanno partecipato al processo nel quale il giudicato si è formato;

c) infine, perché – relazionandola con il comma immediatamente successivo, che individua l’oggetto dell’azione di ottemperanza – autorizza ad operare un collegamento fra le due norme (ed in questo sta forse la novità principale), ed a ritenere proponibile il giudizio di ottemperanza anche nei confronti di quei soggetti diversi dalla PA, che sono comunque tenuti – proprio in base al primo comma – ad eseguire i “provvedimenti del giudice amministrativo”. Si noti, sul punto, che mentre le norme previgenti che si occupavano del giudizio di ottemperanza innanzi al giudice amministrativo (segnatamente, l’art. 27, n. 4, del T.U. Consiglio di Stato, e l’art. 37 della L. Tar) si limitavano a disciplinare, sotto il profilo della competenza, l’azione volta “ad ottenere l’adempimento dell’obbligo dell’autorità amministrativa” di conformarsi al giudicato, la nuova norma del Codice del processo amministrativo agisce su due fronti: stabilisce chi deve eseguire il giudicato – includendovi (oltre che l’autorità amministrativa) anche le parti private -, e successivamente fissa le caratteristiche e le condizioni per l’esercizio dell’actio iudicati.

Quelli evidenziati sono, dunque, chiari segnali presenti nel Codice che inducono a ritenere ammissibile l’azione oggi in esame. A ciò si aggiunga il fatto che, se inteso con questa connotazione “allargata”, il giudizio di ottemperanza va a realizzare quel principio di effettività della tutela (art. 1 c.p.a.), che per espressa disposizione di legge “(…) è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materia indicate dalla legge, dei diritti soggettivi” (art. 7, co. 7, c.p.a.). E’ evidente che non vi sarebbe tutela giurisdizionale effettiva se il giudice amministrativo – una volta emessa la sentenza, con statuizione definitiva e vincolante per tutte le parti – vedesse paralizzati i propri poteri di intervento esecutivo per il fatto che la mancata esecuzione del giudicato sia imputabile alla parte privata.

Le considerazioni precedenti, in punto di effettività della tutela, valgono ancor di più con riferimento ai casi in cui il g.a. esercita giurisdizione esclusiva: se il rapporto originario, conosciuto e vagliato nell’ambito del giudizio di cognizione, è affidato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (come avviene nel caso oggi in esame, nel quale si discuteva di espropriazione per pubblica utilità, sotto forma di imposizione di una servitù di elettrodotto), è logico, coerente e consequenziale affermare che tale giurisdizione permanga in via “esclusiva” in capo allo stesso giudice anche quando si profili la necessità di avviare rimedi esecutivi per ottenere l’ottemperanza alla sentenza passata in giudicato, e ciò nei confronti di tutte le parti (nessuna esclusa) che parteciparono al giudizio di cognizione.

Né – sotto altro profilo – può dirsi che derivi dai principi costituzionali, e dal ruolo ivi assegnato al giudice amministrativo, alcun ostacolo a concepire nella descritta maniera “allargata” il giudizio di ottemperanza. Infatti, in base alle disposizioni costituzionali (art. 103 Cost.) il g.a. non è il giudice esclusivo dell’amministrazione, ma il giudice dell’interesse legittimo – ed in particolari materie, anche dei diritti soggettivi – sicchè, appare costituzionalmente legittima l’attribuzione del compito di garantire l’attuazione del giudicato (anche nei casi in cui l’obbligo di esecuzione gravi su una parte privata), venendo in rilievo la tutela di un vero e proprio diritto soggettivo, affidata dal legislatore ordinario al giudice amministrativo (che sulla materia esercita addirittura una giurisdizione estesa al merito: art. 134 c.p.a.).

Si deve poi aggiungere che l’idea di un’azione di ottemperanza da proporre nei confronti di un privato non è comunque del tutto nuova, ed ha dei precedenti in giurisprudenza. Infatti, superando un precedente orientamento restrittivo (C. di S., IV, 5624/01 e VI, 5729/04), il Consiglio di Stato ha più di recente ammesso l’avvio del giudizio di ottemperanza nei confronti del soggetto privato medio tempore subentrato nelle competenze originariamente spettanti alla pubblica amministrazione che era stata parte resistente nel processo di cognizione (C. di S., VI, 1776/06 e 6818/06: ipotesi di giudizio di ottemperanza esperito nei confronti della società privata che era subentrata nella gestione di una ferrovia originariamente governativa). Non si disconosce che l’ipotesi appena descritta riguarda il caso in cui si sia verificata una successione fra enti (da pubblico a privato) nella titolarità di un determinato rapporto, sicchè il subentrante non potrebbe non essere tenuto – ai sensi dell’art. 2909 c.c. – alla esecuzione del giudicato formatosi nei confronti del dante causa; ma è anche vero che – se è stata ammessa l’azione di esecuzione del giudicato da esperire nei confronti di un soggetto privato succeduto alla PA resistente – non vi sarebbero ostacoli logici ad ammettere un analogo intervento in funzione esecutiva del giudice amministrativo, da disporre nei confronti di un soggetto (sempre privato) che è stato già parte (in veste di controinteressato) nel processo di cognizione sul quale si è formato il giudicato.

Infine, non appare inutile rilevare anche che il soggetto privato nei cui confronti è chiesto oggi lo svolgimento di un attività adempitiva del giudicato è un ente formalmente privato (l’Enel s.p.a.), ma sostanzialmente pubblico (C. di S., VI, 4711/2002), in quanto organismo di diritto pubblico incaricato della gestione del servizio di distribuzione dell’energia elettrica. Sotto quest’ultimo aspetto, allora, la sua attività – anche quella adempitiva del giudicato – ben può rientrare nella sfera di conoscenza del Giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, co. 2, del c.p.a, laddove nell’individuare l’oggetto della giurisdizione amministrativa stabilisce che “Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”.

Ciò detto – e superato quindi il possibile dubbio di inammissibilità del ricorso – si passa ad esaminare nel merito la domanda di esecuzione del giudicato, che risulta fondata in base alle considerazioni che seguono.

Il giudicato in esame ha come effetto primario l’annullamento del provvedimento amministrativo con il quale era stata disposta dall’Amministrazione regionale l’occupazione di un fondo privato. Ma è noto che – oltre all’effetto “demolitivo” – la sentenza amministrativa di annullamento produce ulteriori effetti: quello cd. “conformativo”, e quello “ripristinatorio”. Infatti, non sempre l’interesse del ricorrente vittorioso risulta appagato con la semplice eliminazione dal modo giuridico del provvedimento impugnato, occorrendo anche rimuovere gli ostacoli di ordine fattuale e giuridico che si frappongono tra l’interesse dedotto in giudizio e la sua compiuta realizzazione. Come è stato efficacemente affermato dal Consiglio di Stato “Nel giudizio amministrativo, l’effetto caducatorio del provvedimento impugnato non sempre esaurisce le implicazioni della statuizione giudiziale di annullamento, per cui, in sede di ottemperanza al giudicato, devono essere considerati tutti gli effetti legalmente dovuti e potenzialmente inclusi nella pronuncia del giudice, necessari per ricondurre a legittimità l’azione amministrativa e per il ripristino dell’integrità della posizione giuridica del ricorrente, conculcata o limitata dall’atto annullato. In definitiva, non avrebbe certamente senso annullare un atto amministrativo se alla pronuncia caducatoria ove necessario, non facesse seguito l’obbligo dell’Amministrazione di ripristinare la situazione di fatto o di diritto preesistente al provvedimento impugnato, essendo il privato interessato non tanto alla caducazione del provvedimento stesso quanto, e soprattutto, ad ottenere il bene della vita sottrattogli illegittimamente dall’ esercizio non corretto del potere amministrativo e trovando ragione l’obbligo di ripristino nell’esigenza di riequilibrare gli effetti prodotti dal provvedimento prima del suo annullamento; effetti questi che non possono mantenersi, perché sarebbe contraddetta, altrimenti, l’efficacia ex tunc dell’eliminazione del provvedimento annullato. È, dunque, l’effetto ripristinatorio una diretta conseguenza della caducazione del provvedimento, conseguenza che rientra pienamente nei doveri di esecuzione che gravano sull’Amministrazione in conseguenza della sentenza di annullamento.” (C. di S., VI, 6524/2008).

Applicando i richiamati principi al caso oggi in esame si deve affermare che la tutela effettiva delle ragioni dei ricorrenti – come riconosciute nelle sentenze delle quali si chiede l’esecuzione – postula un’attività ripristinatoria che finora è mancata, da eseguirsi a cura della società che a suo tempo occupò i terreni impiantandovi i tralicci per il trasposto di energia elettrica.

Di tale attività ripristinatoria, dunque, l’ENEL Distribuzione s.p.a. deve farsi carico, rimuovendo le strutture impiantate sul fondo dei ricorrenti e restituendo a costoro il pieno possesso dell’immobile, entro il termine di giorni cento dalla comunicazione o notifica della presente sentenza, al fine di dare esecuzione al giudicato che l’ha vista soccombente.

Alla nomina di un eventuale Commissario ad acta si provvederà successivamente – previa richiesta dei ricorrenti – ove il termine supra assegnato per l’esecuzione dovesse inutilmente decorrere.

Le spese processuali vengono poste a carico dell’Enel Distribuzione s.p.a. e compensate nei confronti dell’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e Mobilità e dell’amministrazione comunale intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina all’ENEL Distribuzione s.p.a. di provvedere entro il termine di giorni cento dalla comunicazione o notifica della presente sentenza, alla esecuzione del giudicato nei modi indicati in motivazione.

Condanna l’ENEL Distribuzione s.p.a. al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese processuali, liquidate in Euro 1.000 oltre IVA, CPA, spese generali e contributo unificato.

Compensa le spese nei confronti dell’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e Mobilità e dell’amministrazione comunale intimata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Biagio Campanella, Presidente
Salvatore Schillaci, Consigliere
Francesco Bruno, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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