* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Acque pubbliche – Fascia di rispetto del fiume – Art. 96 R.D. 523/1904 – Regime di inedificabilità – Ordine di demolizione di parte di fabbricato ricadente in fascia di rispetto – Impugnazione – Giurisdizione del T.S.A.P..
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 30 Dicembre 2011
Numero: 3233
Data di udienza: 17 Novembre 2011
Presidente: Campanella
Estensore: Bruno
Premassima
* ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Acque pubbliche – Fascia di rispetto del fiume – Art. 96 R.D. 523/1904 – Regime di inedificabilità – Ordine di demolizione di parte di fabbricato ricadente in fascia di rispetto – Impugnazione – Giurisdizione del T.S.A.P..
Massima
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 30 dicembre 2011, n. 3233
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO – Acque pubbliche – Fascia di rispetto del fiume – Art. 96 R.D. 523/1904 – Regime di inedificabilità – Ordine di demolizione di parte di fabbricato ricadente in fascia di rispetto – Impugnazione – Giurisdizione del T.S.A.P..
Alla luce dell’art. 143 del R.D. 1775/1933, in combinato disposto con l’art. 221 e con l’art. 2 del R.D. 523/1904, rientra nella giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche la controversia originata dall’impugnazione, per vizi tipici di legittimità, dell’atto adottato dall’amministrazione (Nella specie, Ufficio del Genio Civile) a tutela delle acque pubbliche, e segnatamente al fine di garantire l’intangibilità della fascia di rispetto del fiume, normativamente (cfr. art. 96 del R.D. 523/1904) individuata, connotata da un regime di inedificabilità (Cass., sez. un. 9149/2009 e 10845/2009, Tar Liguria 406/2006, Tar Basilicata 993/2005; Tar Piemonte 2420/2005).
Pres. Campanella, Est. Bruno – G.I. (avv. Raudino) c. Assessorato Regionale delle Infrastrutture e Mobilità (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 30 dicembre 2011, n. 3233SENTENZA
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 30 dicembre 2011, n. 3233
N. 03233/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00394/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 394 del 2011, proposto da:
Giuseppe Inglisa, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Raudino, con domicilio eletto presso avv.Vincenzo Farina, in Catania, via Ventimiglia, 219;
contro
Assessorato Regionale delle Infrastrutture e Mobilità, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
per l’annullamento
dell’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 25798, notificata il 13.11.2010, con la quale l’Assessorato Regionale Infrastrutture e Mobilità-Ufficio del Genio civile di Siracusa ha disposto la rimozione di una porzione del fabbricato edificato in parte entro la fascia di rispetto del fiume Gioi;
di ogni altro atto interlocutorio e non definitivo, ivi inclusa la comunicazione del 7.11.2006 a firma dell’Ing. Capo dell’Ufficio del Genio civile;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale delle Infrastrutture e Mobilità;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 novembre 2011 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente Inglisa Giuseppe premette di essere proprietario di un fabbricato sito in territorio di Noto, censito al N.C.E.U., foglio 317, particella 606, regolarizzato con concessione edilizia in sanatoria rilasciata in data 31.08.1991 dal Comune di Noto ai sensi della L. 47/1985 e della L.R. 37/1985.
Nei confronti di tale immobile, l’Ufficio del Genio civile di Siracusa ha disposto con l’ordinanza n. 25798, notificata il 13.11.2010, la demolizione di una parte del fabbricato, in quanto ricadente entro la fascia di rispetto di dieci metri dall’argine del fiume Gioi, come stabilita dagli artt. 93 e 96, lett. f, del T.U. approvato con R.D. 523/1904.
Avverso tale provvedimento viene proposto rituale ricorso, col quale si denunciano i seguenti vizi:
1.- Perplessità e violazione dell’art. 3 della L. 241/90 – sviamento dell’interesse pubblico e della causa tipica – violazione dei precetti di logica e di imparzialità;
2.- Violazione dell’art. 26 della L. 1034/1971;
In sintesi, il ricorrente lamenta: a) che l’immobile sia stato oggetto di sanatoria ex L. 47/1985, e che in quella occasione né il Comune, né l’ufficio del Genio civile hanno sollevato obiezioni in ordine alla localizzazione dell’edificio; anzi, il Genio civile avrebbe vistato il certificato di idoneità sismica del fabbricato; b) che non sarebbe stata indicata con esattezza la parte dell’immobile da demolire, né accertata la presunta violazione della distanza; c) che non è stata dichiarato l’interesse pubblico in nome del quale il provvedimento è stato adottato e che risulterebbe prevalente rispetto alla consolidata aspettativa del ricorrente.
Si è costituito in giudizio, col patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, l’Assessorato Regionale delle Infrastrutture e della Mobilità – Ufficio del Genio civile di Siracusa, che ha chiesto il rigetto del ricorso eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione dell’A.G. adìta, sul presupposto che nella materia in esame sussisterebbe quella del Tribunale delle Acque Pubbliche ai sensi del R.D. 1775/1933.
Alla pubblica udienza del 17 Novembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Viene in esame l’impugnativa giurisdizionale di un provvedimento con il quale l’Ufficio del Genio civile di Siracusa ha ordinato la parziale demolizione di un immobile, già oggetto di sanatoria edilizia concessa nel 1991, in quanto ricadente all’interno della fascia di rispetto di dieci metri dall’argine del fiume Gioi, come stabilita dagli artt. 93 e 96, lett. f, del T.U. approvato con R.D. 523/1904.
In via preliminare il Collegio deve esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione del G.A. sollevata dalla resistente amministrazione regionale, che ritiene sussistente in materia la giurisdizione del Tribunale delle Acque Pubbliche ai sensi del R.D. 1775/1933.
L’eccezione risulta fondata nei termini che seguono.
Il R.D. 1775/1933, recante Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, stabilisce le competenze giurisdizionali del Tribunale delle Acque Pubbliche. In particolare, per l’art. 140 del suddetto T.U. “Appartengono in primo grado alla cognizione dei Tribunali delle acque pubbliche: a) le controversie intorno alla demanialità delle acque; b) le controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alvei e sponde; c) le controversie, aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica; d) le controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le indennità previste dall’art. 46 della L. 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione utilizzazione delle acque. Per quanto riguarda la determinazione peritale dell’indennità prima dell’emissione del decreto della espropriazione resta fermo il disposto dell’art. 33 della presente legge; e) le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall’autorità amministrativa a termini dell’art. 2 del T.U. 25 luglio 1904, n. 523 , modificato con l’art. 22 della L. 13 luglio 1911, n. 774; f) i ricorsi previsti dagli artt. 25 e 29 del testo unico delle leggi sulla pesca approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604;”, mentre per il successivo art. 143 “Appartengono alla cognizione diretta del Tribunale Superiore delle acque pubbliche: a) i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall’amministrazione in materia di acque pubbliche; b) i ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti definitivi dell’autorità amministrativa adottata ai sensi degli artt. 217 e 221 della presente legge; nonché contro i provvedimenti definitivi adottati dall’autorità amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche ai sensi dell’art. 2 del testo unico delle leggi sulle opere idrauliche approvato con R.D. 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l’art. 22 della L. 13 luglio 1911, n. 774, del R.D. 19 novembre 1921, n. 1688, e degli artt. 378 e 379 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F; c) i ricorsi la cui cognizione è attribuita al Tribunale superiore delle acque dalla presente legge e dagli artt. 23, 24, 26 e 28 del testo unico delle leggi sulla pesca, approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604 .(…)”.
La riportata normativa deve essere evidenziata nella parte in cui (art. 143, lett. a e b) conferisce giurisdizione al Tribunale Superiore delle acque pubbliche con riguardo ai provvedimenti definitivi presi dall’amministrazione in materia di acque pubbliche, ai provvedimenti definitivi dell’autorità amministrativa adottati ai sensi degli artt. 217 e 221 della legge; nonché ai provvedimenti definitivi adottati dall’autorità amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche ai sensi dell’art. 2 del testo unico delle leggi sulle opere idrauliche approvato con R.D. 25 luglio 1904, n. 523.
Anche le ultime due richiamate normative devono essere allora esaminate, nelle parti rilevanti ai fini della questione posta:
A) l’art. 217 del T.U. 1775/1933 recita che “Salvo quanto dispone l’art. 49 della presente legge, sono opere ed atti che non si possono eseguire senza speciale autorizzazione del competente ufficio del Genio civile e sotto l’osservanza delle condizioni dal medesimo imposte: (…omissis…) h) le opere alle sponde dei pubblici corsi di acqua che possono alterare o modificare le condizioni delle derivazioni o della restituzione delle acque derivate”;
B) l’art. 221 del T.U. 1775/1933 prevede che “Per le contravvenzioni alle norme della presente legge, che alterano lo stato delle cose, è riservato all’ingegnere capo dell’ufficio dei Genio civile la facoltà di ordinare la riduzione al primitivo stato, dopo di aver riconosciuta la regolarità della denuncia. Nei casi di urgenza, l’ingegnere capo fa eseguire immediatamente di ufficio i lavori per il ripristino”;
C) il R.D. 523/1904, Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie, all’art. 2 stabilisce che “Spetta esclusivamente alla autorità amministrativa lo statuire e provvedere, anche in caso di contestazione, sulle opere di qualunque natura, e in generale sugli usi, atti o fatti, anche consuetudinari, che possono aver relazione col buon regime delle acque pubbliche, con la difesa e conservazione, con quello delle derivazioni legalmente stabilite, e con l’animazione dei molini ed opifici sovra le dette acque esistenti; e così pure sulle condizioni di regolarità dei ripari ed argini od altra opera qualunque fatta entro gli alvei e contro le sponde.”.
Alla luce dei richiamati referenti legislativi, allora, è possibile trarre le prime conclusioni.
Non sussiste, nel caso in esame, giurisdizione del Tribunale delle acque pubbliche, inteso quale organo specializzato della giurisdizione ordinaria (Cass., I, 8239/2002), giacchè il suddetto giudice – ai sensi dell’art. 140 del R.D. 1775/1933 – è competente a conoscere le questioni di diritti soggettivi inerenti la materia delle acque pubbliche (ad esempio, controversie sulla demanialità; sui limiti ed alvei dei corsi d’acqua; su diritti di uso e derivazione delle acque; sul risarcimento dei danni conseguenti alla esecuzione pubblica di opere idrauliche; ecc.). Nel caso a mani, invece, il ricorrente vanta una posizione di interesse legittimo teso a contestare l’esercizio del potere pubblicistico di repressione dell’attività edilizia svolta in prossimità, o in maniera potenzialmente pregiudizievole, rispetto alle acque pubbliche.
Astrattamente – in assenza di una norma specifica – si dovrebbe predicare in materia la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, quale giudice degli interessi legittimi, in base al normale criterio di riparto della giurisdizione fissato nell’art. 2 della L. 2248/1865 all. E.
Ma, come detto, è stato istituito un giudice speciale in materia, da individuare per mezzo dell’art. 143 del R.D. 1775/1933, in combinato disposto con l’art. 221 e con l’art. 2 del R.D. 523/1904.
Alla luce di tali norme di legge – il cui testo è stato riportato sopra – si può affermare che la questione in esame rientri nella giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche ove si consideri che è stato impugnato per vizi tipici di legittimità dell’atto amministrativo un provvedimento definitivo adottato dall’amministrazione a tutela delle acque pubbliche, ed in particolare al fine di garantire l’intangibilità della fascia di rispetto del fiume normativamente individuata (cfr. art. 143, lett. a). La soluzione non cambia – ma, anzi, ne esce confermata – ove si voglia inquadrare il provvedimento impugnato fra quelli adottati dal Genio civile ai sensi dell’art. 221 del R.D. 1775/1993 per ordinare la riduzione in pristino a seguito di contravvenzione alle norme del T.U. che abbia determinato l’alterazione dello stato delle cose. Ed infine, la giurisdizione del T.S.A.P. emerge anche sulla base di quanto prevede l’art. 2 del R.D. 523/1904 con riguardo al potere della PA di “(…) statuire e provvedere, anche in caso di contestazione, sulle opere di qualunque natura, (…), che possono aver relazione col buon regime delle acque pubbliche”.
E’ evidente che, nel caso trattato, la PA resistente abbia inteso adottare un provvedimento direttamente funzionale alla tutela del corso d’acqua pubblico, garantendo l’inedificabilità nella fascia di rispetto di dieci metri normativamente fissata dall’art. 96 del R.D. 523/1904.
La giurisprudenza più recente avalla la sussistenza della giurisdizione del T.S.A.P. in casi come quello in esame, allorquando fa leva sui provvedimenti amministrativi che, sebbene non costituiscano esercizio di un potere propriamente attinente alla materia delle acque pubbliche, pure riguardino l’utilizzazione del demanio idrico, incidendo in maniera diretta e immediata sul regime delle acque (Cass., sez. un. 9149/2009, relativa a fattispecie in cui era stato impugnato il diniego di rilascio della concessione per la costruzione di un fabbricato sito nelle adiacenze del fiume Piave, in area da considerare esondabile). Analogamente, in una vicenda ancora più simile a quella in esame, è stata ritenuta sussistente la giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche sulla “(…) controversia relativa al diniego di rilascio di concessione in sanatoria, opposto dall’autorità comunale in ragione dell’edificazione dell’immobile da condonare in violazione della fascia di rispetto di dieci metri dal piede dell’argine, ai sensi dell’art. 96, lett. f), del r.d. 25 luglio 1904, n. 523; detto provvedimento, infatti, ancorché emanato da un’autorità diversa da quelle specificamente preposte alla tutela delle acque, incide direttamente sul regolare regime delle acque pubbliche, la cui tutela ha carattere inderogabile in quanto informata alla ragione pubblicistica di assicurare la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali e il libero deflusso delle acque scorrenti dei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici” (Cass., sez. un., 10845/2009).
D’altra parte, anche la giurisprudenza elaborata dal giudice amministrativo finisce col rafforzare la tesi qui propugnata, nel momento in cui ritiene sussistere la giurisdizione dei TT.AA.RR. nelle controversie che incidono solo in via “indiretta” e “mediata” sul regime delle acque pubbliche (si vedano, al riguardo le decisioni di Tar Liguria 406/2006; Tar Basilicata 993/2005; Tar Piemonte 2420/2005, riguardanti: a) le procedure pubbliche di selezione del concessionario per la gestione agricola di un’area di demanio fluviale; b) la demolizione di un impianto idroelettrico; c) l’occupazione per la realizzazione di un’opera pubblica che non incide sul regime delle acque).
E’ il caso di sottolineare il fatto che, per contro, la vicenda in esame – come già detto – investe in via diretta ed immediata la tutela delle acque pubbliche, sotto lo specifico aspetto della garanzia riservata a quel settore di territorio protetto definito “fascia di rispetto” e connotato da un regime di inedificabilità.
In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, sussistendo nella materia la giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche.
Ai sensi dell’art. 11, co. 1 e 2, del c.p.a. restano salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda qui proposta se il processo sarà riassunto dinnanzi al giudice munito di giurisdizione entro il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente decisione.
La complessità della questione di giurisdizione trattata induce a compensare le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, secondo quanto chiarito in motivazione e con le conseguenze ivi illustrate.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Biagio Campanella, Presidente
Salvatore Schillaci, Consigliere
Francesco Bruno, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
iL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/12/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)