* INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Telefonia mobile – Rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 87, d.lgs. n. 259/2003 – Parere igienico sanitario, parere ARPA e titolo di proprietà – Non sono richiesti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Catania
Data di pubblicazione: 7 Ottobre 2016
Numero: 2463
Data di udienza: 6 Ottobre 2016
Presidente: Vinciguerra
Estensore: Monica
Premassima
* INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Telefonia mobile – Rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 87, d.lgs. n. 259/2003 – Parere igienico sanitario, parere ARPA e titolo di proprietà – Non sono richiesti.
Massima
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 7 ottobre 2016, n. 2463
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Telefonia mobile – Rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 87, d.lgs. n. 259/2003 – Parere igienico sanitario, parere ARPA e titolo di proprietà – Non sono richiesti.
Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 87 del d.lgs. 259/2003 (codice delle comunicazioni elettroniche) non è necessario che l’istante produca né il parere igienico sanitario, non esistendo equivalenza in termini edilizi tra il concetto di costruzione e quello d’impianto tecnologico, che non richiede di essere sottoposto alle stesse valutazioni igieniche che si richiedono per le costruzioni fruibili in termini di abitazione delle persone (in tal senso, C.G.A.R.S., n. 220/2015), né il parere A.R.P.A., richiesto, ai sensi del comma 4 del citato art. 87, solo ed esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto e non per la formazione del titolo edilizio ovvero per l’inizio dei lavori, né, ancora, il titolo di proprietà, non essendo esso prescritto né dalla norma né dal modello di domanda di cui dell’ allegato n.13 al citato d.lgs. n. 259/2003 (in tal senso, T.A.R. Sicilia, Palermo, n.1007/2007).
Pres. Vinciguerra, Est. Monica – V. b.v. (avv.ti Figuera e Mario Libertini) c. Comune di Casalvecchio Siculo (avv. Saitta)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 7 ottobre 2016, n. 2463SENTENZA
TAR SICILIA, Catania, Sez. 1^ – 7 ottobre 2016, n. 2463
Pubblicato il 07/10/2016
N. 02463/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02810/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2810 del 2014, proposto da:
Vodafone Omnitel B.V., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Figuera e Mario Libertini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Catania, via Francesco Crispi, n. 225;
contro
Comune di Casalvecchio Siculo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Carmelo Saitta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Carmelo Toscano in Catania, via della Scogliera, n. 1;
per l’annullamento
– del provvedimento del Sindaco del Comune di Casalvecchio Siculo, prot. n. 4491 del 18 settembre 2014, di rigetto dell’istanza autorizzatoria di Vodafone inerente la realizzazione di una stazione radio base in contrada Rocche;
– ove occorra, del presupposto regolamento comunale per “l’installazione degli impianti fissi di telecomunicazione per telefonia cellulare e radiotelevisivi, quale integrazione alle norme del P.D.F. approvato con D.A. del 10.9.1975”, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 22 del 26 agosto 2014;
– della nota endoprocedimentale prot. n. 2774 del 10 giugno 2014;
– di ogni altro atto presupposto e/o conseguenziale comunque lesivo per la ricorrente, ancorché dalla medesima non conosciuto;
nonché per il risarcimento del danno conseguentemente subito.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Casalvecchio Siculo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2016 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe, la società ricorrente, licenziataria del servizio pubblico radiomobile di comunicazione, impugna il provvedimento del 10 giugno 2014, con cui – con riferimento all’istanza, avanzata da tale società il 23 maggio 2014 (prot. n. 2512), volta ad ottenere l’autorizzazione per l’installazione di infrastrutture per impianti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. n. 259/2003, da realizzarsi in Casalvecchio Siculo, contrada Rocche, sull’area censita in catasto al foglio n. 32, particelle 122 – 124 – il Comune resistente chiedeva alla medesima società di integrare la pratica con “1) parere ARPA; 2) parere igienico sanitario; 3) parere paesaggistico; 4) titolo di proprietà; 5) relazione di conformità ai valori di cui all’art. 4, comma 2, lettera a) delle legge 22 febbraio 2001 n. 36 e successivi decreti attuativi: campo elettromagnetico, densità della potenza ecc.”, nonché il successivo provvedimento del Sindaco con cui si comunicava che l’istanza “non può essere approvata” in relazione all’intervenuto regolamento comunale per l’installazione degli impianti fissi di telecomunicazione per telefonia cellulare e radiotelevisivi, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 22 del 26 agosto 2014.
In particolare, lamenta la ricorrente l’illegittimità di tali provvedimenti, sostanzialmente, per contrarietà all’art. 87 del d.lgs. n. 259/2000, attesa la formazione del silenzio assenso ai sensi del comma 9 di tale articolo, per decorso del termine di novanta giorni ivi previsto, in ragione della tardività della richiesta di integrazione documentale, avanzata oltre il termine perentorio di quindici giorni di cui al comma 5 del medesimo articolo, altresì evidenziando come essa sia, comunque, relativa ad atti o già prodotti in allegato all’istanza (relazioni di conformità) o non necessari ai fini del rilascio dell’autorizzazione(parere A.R.P.A., parere igienico sanitario, titolo di proprietà e parere paesaggistico, non ricadendo l’impianto in zona soggetta a vincolo).
Il Comune si costituiva in giudizio, sostenendo la legittimità dei propri atti sotto i profili dedotti in ricorso.
La Sezione, con ordinanza cautelare n. 964/2014, “considerato che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, il ricorso appare fondato, e va ritenuta anche la sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile”, accoglieva l’istanza cautelare.
La ricorrente il 15 luglio 2016 depositava copia delle proprie note di comunicazione al Comune di inizio dei lavori di realizzazione della stazione radio base il 27 aprile 2015 e di completamento degli stessi l’8 luglio 2015.
All’udienza pubblica del 6 ottobre 2016 la causa veniva trattata e, dunque, passata in decisione.
Il ricorso è fondato e, dunque, meritevole di accoglimento.
E’, innanzi tutto, meritevole di accoglimento il motivo di doglianza fondato sull’avvenuto rilascio per silentium del relativo titolo abilitativo, con conseguente illegittimità dell’impugnato provvedimento di diniego, andando esso ad interferire su un titolo regolarmente conseguito dalla società ricorrente per effetto del silentium serbato dal Comune sull’istanza avanzata dalla società ricorrente il 23 maggio 2014 (in tal senso, il protocollo del Comune in pari data, apposto sulla copia dell’istanza in atti nonché richiamato nell’impugnato provvedimento di integrazione documentale).
L’art. 87, comma 9 del citato art. 87 del d.lgs. 259/2003, concernente l’approvazione del “codice delle comunicazioni elettroniche”, dispone, infatti, che “le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda … non sia stato comunicato un provvedimento di diniego”.
Orbene, nel caso di specie, tale termine di novanta giorni, al cui decorso la legge riconnette la formazione del titolo abilitativo per silentium è scaduto, come sostenuto in ricorso, anteriormente all’impugnato provvedimento di diniego, emesso solo il successivo 18 settembre 2014.
Sul punto, la giurisprudenza, anche di questo T.A.R., (tra le altre, questa Sezione, n. 1168/2013), ha già avuto modo di chiarire come, in base alla procedura delineata da tale comma 9, il decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione dell’istanza di installazione di un impianto di telefonia mobile e la mancanza di un provvedimento di diniego comunicato entro detto termine comportino la formazione del silenzio assenso sulla relativa istanza, che costituisce titolo abilitativo per la realizzazione dell’impianto stesso (su cui l’ufficio preposto non può intervenire se non previo annullamento in sede di autotutela del provvedimento di assenso in precedenza perfezionatosi e sempre ove sussista un effettivo interesse pubblico al ripristino della legalità), con conseguente illegittimità dell’ordinanza di demolizione successivamente pervenuta (in tal senso, ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sezione VII, n. 2407/2015).
Alcun rilievo assumono al riguardo le argomentazioni del Comune circa la pretesa interruzione del termine per effetto dell’impugnata richiesta di integrazione documentale del 10 giugno 2014, attesa la fondatezza dei motivi formulati da parte ricorrente relativamente a tale provvedimento e, dunque, l’inidoneità di tale atto, in quanto illegittimo, ad incidere sulla formazione tacita del titolo.
Deve, infatti essere condivisa la censura di tardività mossa nei confronti di tale pretesa integrazione documentale, risultando in atti che la stata sia stata effettivamente avanzata solo il 10 giugno 2014 e, dunque, oltre il termine perentorio di quindici giorni dalla presentazione della domanda, prescritto al comma 5 del citato art. 87.
Ed invero, secondo la consolidata giurisprudenza in materia di realizzazione di impianti per la telefonia mobile, il Comune che ravvisi la divergenza del titolo in formazione rispetto a disposizioni di rango nazionale o locale ben può intervenire, a mezzo del responsabile del procedimento, “con richieste istruttorie … ma pur sempre nel rispetto dei termini procedimentali fissati nella disposizione nazionale, integrante un principio fondamentale di semplificazione della materia”, altrimenti, ammettendosi “un’ingiustificabile anomalia, sul piano dell’aggravamento procedimentale, al … principio fondamentale di semplificazione, apparendo invece coerente con il quadro normativo delineato che l’Amministrazione locale possa esercitare ogni proficuo controllo sulla formazione del titolo soltanto nel rispetto delle scansioni temporali imposte dalla normativa procedimentale più volte citata” (in termini, T.A.R. Campania, Napoli, sezione VII, n. 923/2015; in senso conforme, ex multis, Consiglio di Stato, sezione VI, n. 355/2009.
A ciò si aggiunga come, in ogni caso, tale domanda di integrazione fosse – oltre che intempestiva – comunque, del tutto infondata nel merito, non potendo l’amministrazione esigere documenti diversi da quelli di cui all’allegato 13, del d.lgs. n. 259/2003 (in tal senso, ex multis, T.A.R. Calabria Catanzaro, sezione I, n. 286/2014) ed atteso che, nel caso di specie, tale domanda si riferiva a documentazione o già annessa all’istanza (relazione di conformità) ovvero non riferibile al contenuto del citato allegato 13.
Il Collegio ritiene, in particolare, opportuno evidenziare al riguardo come la giurisprudenza amministrativa sia pressoché consolidata nel ritenere come ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 87 non sia necessario che l’istante produca né il preteso parere igienico sanitario “non esistendo equivalenza in termini edilizi tra il concetto di costruzione e quello d’impianto tecnologico, che non richiede di essere sottoposto alle stesse valutazioni igieniche che si richiedono per le costruzioni fruibili in termini di abitazione delle persone”(in tal senso, C.G.A.R.S., n. 220/2015), né – tanto meno – il parere A.R.P.A., richiesto, ai sensi del comma 4 del citato art. 87, solo ed esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto e non per la formazione del titolo edilizio ovvero per l’inizio dei lavori (ex multis, questa Sezione interna, n. 1740/2015), né, ancora, il titolo di proprietà, non essendo esso prescritto né dalla norma né dal modello di domanda di cui al citato allegato n.13 (in tal senso, T.A.R. Sicilia, Palermo, n.1007/2007).
Non può nemmeno ritenersi che ai fini della decorrenza del citato termine di cui al comma 9 dell’art. 87 fosse necessario il parere preventivo favorevole della Soprintendenza (anch’esso indebitamente richiesto dal Comune) non risultando che l’area destinata sia soggetta a vincolo paesaggistico, atteso che – come già chiarito da questa Sezione con sentenza n. 1293/2015 (alle cui precisazioni si rinvia) – tale parere è idoneo a “configurarsi come un presupposto di validità dell’autorizzazione” soltanto ove l’area sia sottoposta ad un tale vincolo.
Il ricorso è, altresì, meritevole di accoglimento, sotto il profilo del difetto di motivazione, assumendo rilievo a tal proposito che l’amministrazione non abbia espresso i motivi di pretesa incompatibilità con il regolamento comunale per “l’installazione degli impianti fissi di telecomunicazione per telefonia cellulare e radiotelevisivi, quale integrazione alle norme del P.D.F. approvato con D.A. del 10.9.1975”, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 22 del 26 agosto 2014.
Appare, infine, fondata anche la censura fondata sull’omesso preavviso di rigetto, in violazione dei diritti di partecipazione procedimentale del destinatario, trovando l’art. 10 bis della legge n. 241/1990 applicazione anche nei procedimenti diretti alla realizzazione degli impianti di telefonia mobile disciplinati dall’art. 87, ferma restando l’interruzione del termine per la formazione del silenzio assenso fino alla presentazione delle osservazioni da parte degli interessati o, in mancanza, fino alla scadenza dei dieci giorni per l’esercizio del diritto di partecipazione al contraddittorio (in tal senso, ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sezione VII, n. 5886/2014).
In conclusione, per tutte le suesposte ragioni, il ricorso deve essere accolto, con assorbimento dei profili di gravame che non sono stati oggetto di specifica disamina, e, per l’effetto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, restando comunque salvo ed impregiudicato ogni ulteriore provvedimento che l’amministrazione resistente intenderà assumere, pur sempre tenendo conto dell’effetto conformativo che consegue alla presente pronuncia.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune resistente alla rifusione, in favore di parte ricorrente, delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 2.000,00, ivi comprese quelle già riconosciute in sede cautelare, oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Vinciguerra, Presidente
Dauno Trebastoni, Consigliere
Eleonora Monica, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Eleonora Monica
IL PRESIDENTE
Antonio Vinciguerra
IL SEGRETARIO