* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – PROCESSO AMMINISTRATIVO – Accesso – Rito accelerato – Richiesta di misure cautelari monocratiche e ante causam – Compatibilità – Accesso generalizzato agli atti amministrativi – Esplicitazione della motivazione – Non è richiesta – Bisogni conoscitivi privati, egoistici o emulativi – Preclusione – Opposizione del controinteressato – Valutazione della P.A – Trattamento dei dati – G.D.P.R. – Nozione di dato personale – Riferimento a persone giuridiche – Esclusione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Sicilia
Città: Palermo
Data di pubblicazione: 1 Ottobre 2018
Numero: 2020
Data di udienza: 25 Settembre 2018
Presidente: Quiligotti
Estensore: Quiligotti
Premassima
* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – PROCESSO AMMINISTRATIVO – Accesso – Rito accelerato – Richiesta di misure cautelari monocratiche e ante causam – Compatibilità – Accesso generalizzato agli atti amministrativi – Esplicitazione della motivazione – Non è richiesta – Bisogni conoscitivi privati, egoistici o emulativi – Preclusione – Opposizione del controinteressato – Valutazione della P.A – Trattamento dei dati – G.D.P.R. – Nozione di dato personale – Riferimento a persone giuridiche – Esclusione.
Massima
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ – 1 ottobre 2018, n. 2020
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – PROCESSO AMMINISTRATIVO – Accesso – Rito accelerato – Richiesta di misure cautelari monocratiche e ante causam – Compatibilità
Il rito accelerato dell’accesso non preclude di per sé la richiesta di misure cautelari monocratiche e di quelle “ante causam”, nonostante si svolga già di per sé in tempi contratti, in quanto nei riti di cui al Capo IV del c.p.a., per quanto non espressamente disciplinato, trova applicazione la disciplina del giudizio ordinario e , peraltro, non si potrebbe privare il ricorrente di un rimedio cautelare se ciò non fosse espressamente previsto dal legislatore, anche perché è in gioco il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale che permea tutto il codice del processo amministrativo e si porrebbe, pertanto, un problema di compatibilità costituzionale con gli artt. 24 e 133 della Costituzione.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso generalizzato agli atti amministrativi – Esplicitazione della motivazione – Non è richiesta – Bisogni conoscitivi privati, egoistici o emulativi – Preclusione.
Sebbene la legge non richieda l’esplicitazione della motivazione nel caso di accesso generalizzato agli atti amministrativi, lo stesso deve rispondere al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell’introduzione dell’istituto (T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 02-07-2018, n. 7326).
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso – Opposizione del controinteressato – Valutazione della P.A.
Il diritto a conoscere dei cittadini deve essere assicurato dall’Amministrazione e non può essere lasciato alla decisione del controinteressato il quale, nell’ambito della partecipazione procedimentale allo stesso riservata, può far emergere esigenze di tutela che ben possono orientare e rendere edotta l’autorità decidente sulle ragioni della invocata riservatezza nell’assumere la determinazione, che spetta comunque sempre e solo alla p.a.. In caso di opposizione, l’amministrazione non può, pertanto, assumere come unico fondamento del rifiuto di accesso il mancato consenso del controinteressato, atteso che l’art. 5, co. 6, del d.lgs. n. 33/2013 espressamente prevede l’ipotesi di “accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato”; dunque, la normativa rimette sempre all’amministrazione destinataria della richiesta il potere di decidere sull’accesso e questa deve valutare, da un lato, la probabilità e serietà del danno agli interessi dei soggetti terzi che abbiano fatto opposizione e, dall’altro, la rilevanza dell’interesse conoscitivo della collettività (e, se esplicitato, del richiedente) che la richiesta mira a soddisfare.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso – Trattamento dei dati – G.D.P.R. – Nozione di dato personale – Riferimento a persone giuridiche – Esclusione.
Il G.D.P.R. – “General Data Protection Regulation” – il quale è entrato in vigore il 24 maggio 2016 ed è diventato direttamente applicabile e vincolante in tutti gli Stati membri a partire dal 25 maggio 2018 – non disciplina in alcun modo il trattamento dei dati che riguardano la persona giuridica (salvo con poche eccezioni), atteso che dalla definizione di “dato personale” e di “interessato” di cui agli artt. 1 e 4 rimane escluso qualsiasi riferimento a persone giuridiche, enti o associazioni.
Pres. ed Est. Quiligotti – C. (avv. Rossi) c. Regione Siciliana – Assessorato Regionale Istruzione e Formazione Professionale (Avv. Stato) e altro (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ - 1 ottobre 2018, n. 2020SENTENZA
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ – 1 ottobre 2018, n. 2020
Pubblicato il 01/10/2018
N. 02020/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01542/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1542 del 2018, proposto da
Centro Studi e Ricerche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marcello Rossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Nicolò Turrisi n. 59;
contro
Regione Siciliana – Assessorato Regionale Istruzione e Formazione Professionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale, domiciliata ex lege in Palermo, via Villareale n. 6;
Dipartimento dell’Istruzione e della Formazione Professionale – Servizio Gestione, in persona Dirigente pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
Unione Sindacale di Base – Lavoro Privato Sede Territoriale di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, Costantino Guzzo, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento del Dipartimento dell’istruzione e della formazione professionale – Assessorato dell’Istruzione e della Formazione Professionale, di cui al prot. n. 53115 del 26 luglio 2018, notificato in data 31/07/2018, a mezzo PEC, con cui si autorizza l’accesso agli atti generalizzato relativo alla richiesta di cui al prot. n. 40239 del 28 giugno 2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Siciliana – Assessorato Regionale Istruzione e Formazione Professionale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2018 la dott.ssa Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
La parte ricorrente Centro Studi e Ricerche ha impugnato il provvedimento del Dipartimento dell’istruzione e della formazione professionale – Assessorato dell’Istruzione e della Formazione Professionale, di cui al prot. n. 53115 del 26 luglio 2018, notificato in data 31.7.2018, a mezzo PEC, con cui si autorizza l’accesso agli atti generalizzato relativo alla richiesta dell’Unione Sindacale di Base – Lavoro Privato Sede Territoriale di Palermo di cui al prot. n. 40239 del 28 giugno 2018, “per l’ottenimento delle informazioni relative: “numero del
cc/cc, Agenzie di Credito ed importi verso i quali sono stati canalizzati i bonifici
trasmessi dall’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione
Professionale a seguito della rendicontazione a qualsiasi titolo indirizzati al Centro
Studi e Ricerche dal 2009 ad oggi. Si chiede altresì di conoscere se Codesto Assessorato abbia erogato al Centro Studi e Ricerche finanziamenti pubblici a mezzo assegno circolare e/o altri mezzi di pagamento.”.
La ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’atto impugnato per i seguenti motivi di censura:
1 – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013; violazione dell’art. 1 e ss. del D.lgs. n. 33/13. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica; carenza di potere, in quanto:
– l’ambito di applicabilità delle disposizioni del decreto richiamato è limitato ai documenti, informazioni o dati che la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo giuridico di pubblicare, qualora ne sia stata omessa la pubblicazione;
– nessun obbligo del genere si rinviene in merito ai dati oggetto della richiesta di accesso agli atti presentata dalla USB Formazione Sicilia;
– l’ammissibilità della richiesta della USB Formazione Sicilia non può esser valutata con riferimento a quanto previsto dall’ art. 5, commi 1, 2 e 3, del d.lgs. n. 33/2013, ma sulla base della disciplina ordinaria dell’accesso agli atti, contenuta nella L. n. 241/1990 di cui agli artt. 22, 23, 24 e 25;
– l’Assessorato ha utilizzato la Legge sulla Trasparenza degli atti amministrativi da pubblicarsi obbligatoriamente sul sito dell’ente pubblico per un fine diverso, che è quello della comunicazione di atti riservati, neppure oggetto di procedimento amministrativo, per un interesse esclusivamente di natura privata né esplicitato in concreto nell’istanza di accesso;
2 – Violazione dell’art. 25, comma 2, della L. n. 241/1990, in quanto:
— l’istanza di accesso difetta radicalmente di motivazione, laddove l’art. 25, co. 2, della L. n. 241/1990 espressamente prescrive che la richiesta di accesso agli atti sia motivata;
— la richiesta di conoscenza di dati bancari non può essere oggetto di accesso generalizzato;
— non esiste un procedimento amministrativo in cui abbia rilievo la conoscenza dei conti correnti della ricorrente e delle somme ivi versate a qualsiasi titolo dall’Ente pubblico;
3 – Violazione dell’art. 24, comma 6, lettera d), e comma 7, della L. n. 241/1990 ed eccesso di
potere nell’autorizzazione all’accesso agli atti, in quanto:
— si tratta di dati sensibili che riguardano interessi esplicitamente economico – finanziari della persona giuridica odierna ricorrente;
— la richiesta appare deficitaria degli elementi essenziali ivi previsti tali da dimostrare la derogabilità al divieto di accesso agli atti;
4 – Violazione dell’art. 5 bis, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, in quanto l’accesso ai predetti dati sarebbe certamente idoneo a cagionare un irrimediabile nocumento nonché un inammissibile pregiudizio per la protezione dei dati personali dell’odierno ricorrente.
Con il decreto presidenziale del 7.8.2018 è stata respinta l’istanza di adozione di misure cautelari monocratiche ai sensi dell’art. 56 c.p.a..
La regione siciliana si è costituita in giudizio con atto di mera forma in data 16.8.2018 mentre, invece, la USB Formazione Sicilia, controinteressata, seppure regolarmente evocata in giudizio, non si è costituita.
In sede di trattazione orale del ricorso, il difensore di parte ricorrente ha dato atto che l’interesse alla definizione del giudizio persiste ancora atteso che l’accesso non è stato ancora concretamente espletato.
Si premette, quanto al rito, quanto segue.
Ai sensi dei commi 7 e 9 dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, nei casi di accoglimento della richiesta, il controinteressato può presentare richiesta di riesame al Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) e, per i soli atti di Regioni ed enti locali, ricorso al difensore civico e, avverso la decisione dell’ente o dell’amministrazione ovvero a quella del RPCT dell’amministrazione o dell’ente o a quella del difensore civico, il controinteressato può proporre ricorso al T.A.R. ai sensi dell’art. 116 del d.lgs. n. 104/2010 sul codice del processo amministrativo ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 – e infatti il predetto rito si applica sia in caso di diniego che in caso di accoglimento dell’istanza di accesso civico generalizzato, atteso il generico riferimento alle “determinazioni” relative alla “tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza” – e l’art. 116, comma 4, del c.p.a. dispone che, nel rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, il giudice decide con sentenza in forma semplificata.
E però, avuto riguardo ai termini di cui al rito dell’accesso ex art. 116 c.p.a., sebbene dimezzati ai sensi dell’art. 87 c.p.a., e a cui si applica comunque la sospensione feriale dei termini giudiziali, i predetti termini non risultano rispettati rispetto alla fissata c.c. del 25.9.2018.
Correlata al carattere acceleratorio del rito sull’accesso è, tuttavia, la questione relativa all’ammissibilità della tutela cautelare che, nella fattispecie, è stata concretamente azionata contestualmente al ricorso e su cui è intervenuto il decreto monocratico di rigetto che ha fissato l’odierna cc. del 25.9.2018, ai fini della trattazione collegiale della predetta istanza.
Sul punto deve ritenersi che il rito accelerato (dell’accesso) non preclude di per sé la richiesta di misure cautelari monocratiche e di quelle “ante causam”, nonostante si svolga già di per sé in tempi contratti, in quanto nei riti di cui al Capo IV del c.p.a., per quanto non espressamente disciplinato, trova applicazione la disciplina del giudizio ordinario e , peraltro, non si potrebbe privare il ricorrente di un rimedio cautelare se ciò non fosse espressamente previsto dal legislatore, anche perché è in gioco il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale che permea tutto il codice del processo amministrativo e si porrebbe, pertanto, un problema di compatibilità costituzionale con gli artt. 24 e 133 della Costituzione.
Peraltro, avuto specifico riguardo alla posizione del controinteressato, la cui riservatezza potrebbe essere pregiudicata dall’ostensione dei documenti, atti e dati richiesti, come nella fattispecie in esame, non si pongono in alcun modo i problemi astrattamente sollevabili relativamente alla richiesta di una misura cautelare richiesta da parte dell’istanze ai fini dell’accesso (che ove accolta gli consentirebbe sostanzialmente di conseguire, in via interinale, l’intero risultato utile cui è preordinato il giudizio di merito, anticipandone, pertanto, l’esito alla fase cautelare e, in tal modo, rendendo effettivamente inutile l’esperimento del predetto giudizio di merito).
A ciò consegue che trova applicazione nella fattispecie, conseguentemente, anche la disciplina di cui all’art. 60 c.p.a. e, al riguardo, si dà atto che è stato dato preavviso, in sede di trattazione orale dell’istanza cautelare, che il ricorso sarebbe stato definito con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. nella ritenuta sussistenza dei relativi presupposti di legge.
Nel merito del ricorso valgono le considerazioni che seguono.
Con la sua istanza la USB Formazione Sicilia ha chiesto “ai sensi e per gli effetti del FOIA (accesso agli atti generalizzati) del 28.12.2016” l’accesso al “numero del cc/cc, Agenzie di Credito ed importi verso i quali sono stati canalizzati i bonifici trasmessi dall’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale a seguito della rendicontazione a qualsiasi titolo indirizzati al Centro Studi e Ricerche dal 2009 ad oggi. Si chiede altresì di conoscere se Codesto Assessorato abbia erogato al Centro Studi e Ricerche finanziamenti pubblici a mezzo assegno circolare e/o altri mezzi di pagamento.”.
Con il provvedimento impugnato, l’amministrazione regionale, quanto alla seconda richiesta di informazioni, ha dato atto che il pagamento in favore di soggetti privati interviene esclusivamente con bonifico bancario, soddisfacendo in tal modo la richiesta di informazioni dell’istante e, in relazione alla predetta parte, non vi sono contestazioni di alcun tipo da parte della odierna ricorrente.
Ne consegue che il merito ha a oggetto esclusivamente la prima richiesta che attiene, da un lato, agli estremi dei conti correnti bancari in cui sono stati effettuati i bonifici da parte dell’amministrazione regionale nell’arco temporale indicato e, dall’altro, ai singoli importi effettivamente bonificati nei predetti conti e relativi essenzialmente ai finanziamenti pubblici ricevuti ma non esclusivamente a questi.
Quanto alla predetta richiesta si osserva quanto segue.
L’art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013, “Accesso civico a dati e documenti”, dispone testualmente che “2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis. … 3. L’esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. … 6. … Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’articolo 5-bis. … 9. Nei casi di accoglimento della richiesta di accesso, il controinteressato può presentare richiesta di riesame ai sensi del comma 7 e presentare ricorso al difensore civico ai sensi del comma 8. … ”; il successivo art. 5 bis dispone poi che “2. L’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;
c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.”;
Accanto all’accesso tradizionale, collegato alle specifiche esigenze del richiedente e caratterizzato dalla connotazione strumentale agli interessi individuali dell’istante, posto in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini che legittima il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo, si è, pertanto, dapprima introdotto l’accesso civico c.d. "semplice", imperniato su obblighi di pubblicazione gravanti sulla pubblica amministrazione e sulla legittimazione di ogni cittadino a richiederne l’adempimento e, poi, l’accesso civico cd. “generalizzato”, azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione circa la sussistenza di un interesse concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza alcun onere di motivazione della richiesta, al precipuo scopo di consentire una pubblicità diffusa e integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’ art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 33 del 2013.
Pur condividendo lo stesso tipo di tutela processuale, come già in precedenza rilevato, si comprende la significativa differenza tra accesso ai documenti e accesso civico, semplice e generalizzato, consentendo il primo un’ostensione più approfondita e il secondo, ove le esigenze di controllo diffuso del cittadino devono consentire una conoscenza più estesa ma meno approfondita, l’accesso a una larga diffusione di dati, documenti e informazioni, fermi i limiti posti a salvaguardia di interessi pubblici e privati suscettibili di vulnerazione.
Avendo specificatamente richiesto la controinteressata un accesso generalizzato ai sensi del Foia del 28.12.2016, con chiaro riferimento alle Linee Guida recanti indicazioni operative adottate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.AC) con la delibera n. 1309/2016, il riferimento normativo è proprio al richiamato art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 e, avendo a oggetto l’istanza di accesso dati e informazioni non soggette a pubblicazione obbligatoria, punto sul quale le parti concordano, la conseguenza è che le censure articolate in ricorso, nella parte in cui si deduce l’applicabilità, nella fattispecie, dell’accesso procedimentale e si rileva la violazione della relativa normativa contenuta nella l. n. 241 del 1990, non sono fondate proprio per l’erroneità del presupposto dal quale prende le mosse la prospettazione della medesima parte ricorrente.
E’, pertanto, irrilevanti ai fini della legittimità dell’atto impugnato la mancata connessione con un procedimento in corso, la mancata esplicazione dell’interesse sotteso alla richiesta e comunque la mancanza di una idonea motivazione.
Quanto alla motivazione, poi, il tenore testuale della norma è chiara nell’escluderne la necessaria esplicazione in seno alla relativa istanza.
Deve, tuttavia, al riguardo, rilevarsi che, sebbene la legge non richieda l’esplicitazione della motivazione nel caso di accesso generalizzato agli atti amministrativi, la stessa deve rispondere al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, rischierebbe di compromettere le stesse istanze alla base dell’introduzione dell’istituto (T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 02-07-2018, n. 7326).
L’accesso generalizzato è specificatamente finalizzato ad assicurare forme diffuse di controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche e, nella fattispecie, l’oggetto dell’accesso attiene proprio all’utilizzo delle predette risorse (nello specifico risorse di tipo economico e con particolare riferimento ai finanziamenti pubblici), venendo richiesto di avere i dati relativi ai pagamenti effettuati da parte dell’amministrazione regionale in favore dell’odierna ricorrente, di tal che, sotto il predetto profilo, sussistono indubbiamente i relativi presupposti.
Si premette, al riguardo, che il diritto a conoscere dei cittadini deve essere assicurato dall’Amministrazione e non può essere lasciato alla decisione del controinteressato il quale, nell’ambito della partecipazione procedimentale allo stesso riservata, può far emergere esigenze di tutela che ben possono orientare e rendere edotta l’autorità decidente sulle ragioni della invocata riservatezza nell’assumere la determinazione, che spetta comunque sempre e solo alla p.a..
In caso di opposizione, l’amministrazione non può, pertanto, assumere come unico fondamento del rifiuto di accesso il mancato consenso del controinteressato, atteso che l’art. 5, co. 6, del d.lgs. n. 33/2013 espressamente prevede l’ipotesi di “accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato”; dunque, la normativa rimette sempre all’amministrazione destinataria della richiesta il potere di decidere sull’accesso e questa deve valutare, da un lato, la probabilità e serietà del danno agli interessi dei soggetti terzi che abbiano fatto opposizione e, dall’altro, la rilevanza dell’interesse conoscitivo della collettività (e, se esplicitato, del richiedente) che la richiesta mira a soddisfare.
Si ribadisce, ancora, che – atteso che deve intendersi implicita la rispondenza dell’istanza di accesso generalizzato alla soddisfazione di un interesse che presenti valenza pubblica e che non resti confinato a un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale o, addirittura, utilitaristico –
ne consegue che devono intendersi precluse istanze di accesso meramente strumentali, egoistiche o, peggio, emulative, in quanto si risolvono nell’abuso di uno strumento concepito per favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico e non invece per ostacolare l’attività amministrativa o, addirittura, per arricchire il solo patrimonio di conoscenze del richiedente.
Per meglio comprendere il quadro normativo di riferimento, non possono allora non considerarsi in questa sede anche le menzionate Linee Guida dell’A.n.a.c. n. 1309/2016 contenenti indicazioni operative per i soggetti destinatari di richieste di accesso generalizzato, con particolare riguardo all’attività di valutazione delle istanze da decidere tenendo conto dello spirito della norma, della necessità di motivare adeguatamente gli eventuali dinieghi e della protezione da assicurare in caso di coinvolgimento di dati personali.
E, infatti, la regola della generale accessibilità è temperata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni e le eccezioni previste dall’art. 5 bis sono state classificate in assolute e in relative, al ricorrere delle quali le amministrazioni devono o possono rifiutare l’accesso.
Il ricorrente invoca, ai predetti fini, sostanzialmente le fattispecie di cui alle lett. a) e c) del comma 2 dell’art. 5 bis e specificatamente: a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia e c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.
Quanto ai dati personali, anche sulla base delle definizioni di cui al nuovo Codice europeo per la Privacy, di cui si dirà di seguito, i dati personali sono qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile, quali nome, cognome, data di nascita, numero di telefono, codice fiscale, il numero di conto corrente; e quelle informazioni che permettono di sapere quando, con chi e per quanto tempo ci si è collegati in rete: indirizzo mail, i c.d. file di log, mentre i dati sensibili, sono, invece, quelli che rivelano origine raziale o etnica, opinioni politiche, convinzioni religiose/filosofiche, appartenenza sindacale, dati relativi alla salute, dati relativi alla vita sessuale e all’orientamento sessuale.
Da quanto esposto consegue che il richiamo alla fattispecie di cui alla lett. a) può essere validamente effettuato limitatamente alla sola prima parte della richiesta, concernente gli estremi dei conti correnti bancari in cui sono stati effettuati i bonifici da parte dell’amministrazione regionale nell’arco temporale di riferimento.
Il numero di conto corrente rientra, infatti, nell’ambito dei dati personali – ma non invece di per sè in quelli sensibili – e, pertanto, la valutazione in ordine alla sua ostensibilità sulla base della normativa invocata deve essere effettuata – avuto riguardo al richiamato disposto di cui alla lett. a) del comma 2 del richiamato art. 5 bis – sulla base dei parametri interpretativi della predetta normativa.
La “disciplina legislativa in materia” è, infatti, evidentemente individuabile nella normativa sulla tutela della privacy vigente nel nostro ordinamento, la quale ha a oggetto proprio la disciplina relativa al trattamento dei dati personali e dei dati sensibili.
In particolare, il trattamento dei dati bancari è stato oggetto di una disciplina specifica da parte del Garante della Privacy attraverso l’adozione delle “Prescrizioni in materia di circolazione delle informazioni in ambito bancario e di tracciamento delle operazioni bancarie – 12 maggio 2011”
(atto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 127 del 3 giugno 2011), a ulteriore riprova della delicatezza della tematica che interessa.
E, tuttavia, l’art. 4 del d.lgs. n. 196 del 2003 – nel testo in vigore a seguito delle modifiche apportate dall’art. 40 del d.l. n. 201 del 2001, laddove ha specificato che “Per la riduzione degli oneri in materia di privacy … sono apportate le seguenti modifiche al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196: a) all’articolo 4, comma 1, alla lettera b), le parole "persona giuridica, ente od associazione" sono soppresse e le parole "identificati o identificabili" sono sostituite dalle parole "identificata o identificabile" “ – disponeva, appunto, che il “b) "dato personale"” è “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;” e, pertanto, erano già escluse dall’ambito dei dati personali rilevanti ai fini della normativa sulla privacy, come richiamata nell’art. 5, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33 del 2013 – laddove prevede appunto che l’accesso generalizzato deve essere rifiutato laddove possa recare un pregiudizio concreto «alla protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» – le informazioni riferite a persone giuridiche, enti e associazioni (come peraltro specificato nelle Linee guida A.N.A.C. di cui alla deliberazione n. 1309 del 2016).
Il D.L. n. 201/2011, in un’ottica di semplificazione, intervenendo sull’articolo 5 del Codice della Privacy, ha escluso l’applicazione delle disposizioni relative al trattamento dei dati personali qualora riferiti a soggetti nell’esercizio dell’attività di impresa, limitandone la portata alle sole persone fisiche, prevedendo testualmente che “In corretta applicazione della normativa europea le comunicazioni relative alla riservatezza dei dati personali sono limitate alla tutela dei cittadini, conseguentemente non trovano applicazione nei rapporti tra imprese”.
Anche con il “Provvedimento in ordine all´applicabilità alle persone giuridiche del Codice in materia di protezione dei dati personali a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 201/2011 – 20 settembre 2012” (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 268 del 16 novembre 2012) – è stato dato atto che “la portata applicativa di tutte le disposizioni del Codice che riguardano gli interessati ovvero il trattamento di dati personali è stata limitata in via esclusiva alle persone fisiche ed ai trattamenti di informazioni personali che vi si riferiscono.”.
Inoltre il G.D.P.R. – “General Data Protection Regulation” – il quale è entrato in vigore il 24 maggio 2016 ed è diventato direttamente applicabile e vincolante in tutti gli Stati membri a partire dal 25 maggio 2018, abrogando la Direttiva 95/46/CE, come previsto dall’art. 94 – e quindi già in vigore alla data di presentazione da parte del controinteressato dell’istanza di accesso generalizzato di cui trattasi – non disciplina in alcun modo il trattamento dei dati che riguardano la persona giuridica (salvo con poche eccezioni che, tuttavia, non interessano in questa sede), atteso che dalla definizione di “dato personale” e di “interessato” di cui agli artt. 1 e 4 rimane escluso qualsiasi riferimento a persone giuridiche, enti o associazioni.
Da ciò consegue che la limitazione di cui all’invocata lett. a) e attinente nello specifico ai dati personali non può essere legittimamente invocata nella fattispecie laddove si tratta appunto della richiesta di informazioni riguardanti non una persona fisica ma una persona giuridica, quale deve essere qualificato il Centro Studi ricorrente in questa sede.
Si tratta, quindi, di verificare se e i quali limiti eventualmente la richiesta di accesso generalizzato avanzata da parte della controinteressata incontri il limite di cui alla successiva lett. c) degli “interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali”.
Si premette, al riguardo, che il legislatore ha individuato tre specifici ambiti tutelati dall’ordinamento e tutti collegati con l’interesse generale di garantire il buon funzionamento delle regole del mercato e della libera concorrenza, ma, tuttavia, deve correttamente ritenersi che i predetti ambiti non esauriscono l’ambito di operatività della disposizione alla luce dell’espressione “ivi compresi”, utilizzata proprio al fine di fugare eventuali dubbi al riguardo, e che, pertanto, l’espressione “interessi economici e commerciali” debba essere intesa nel senso più ampio; e, al riguardo, atteso il chiaro tenore testuale della norma è evidente che il riferimento è in tal caso anche alla tutela delle persone giuridiche.
Quanto alla riconducibilità dei dati di cui trattasi, con specifico riferimento agli importi bonificati, nell’ambito della predetta ultima fattispecie, deve ritenersi che la prospettazione di parte ricorrente non coglie nel segno atteso che, ove la si dovesse veramente interpretare nell’indicata direzione, verrebbe sostanzialmente posta nel nulla una delle principali finalità dell’accesso generalizzato, ossia proprio l’assicurare a chiunque la possibilità di espletare un controllo generalizzato sull’utilizzo delle risorse pubbliche (che il legislatore ha ritenuto di dovere puntualmente specificare quale precipua finalità dell’indicata forma di accesso, accanto alla più generale finalità di promozione della partecipazione del cittadino al dibattito pubblico), essendosi, appunto, limitata, al riguardo, la parte controinteressata a richiedere i singoli importi bonificati alla ricorrente da parte dell’amministrazione regionale, importi che, all’evidenza, rappresentano risorse pubbliche per antonomasia.
Ne consegue che, nella predetta parte, il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
Quanto, invece, alla richiesta di ostensione degli estremi dei conti correnti bancari della ricorrente, deve ritenersi diversamente.
Si ritiene, infatti, che, da una parte, il predetto dato attenga agli interessi economici della persona giuridica e che, dall’altro, vi sia, altresì, il rischio concreto di un effettivo pregiudizio ai predetti interessi in conseguenza dell’ostensione del relativo dato.
Per quanto attiene all’attinenza, il conto corrente bancario è indubbiamente uno degli strumenti principali con il quale il soggetto gestisce il proprio patrimonio economico ed esercita la propria attività economica e commerciale e che ne garantisce, altresì, la solvibilità nei rapporti commerciali con i terzi di tal che l’individuazione dei suoi estremi interessa in modo diretto e immediato gli interessi economici del soggetto titolare del medesimo.
Ai fini, poi, della valutazione del pregiudizio concreto, vanno prese in considerazione le conseguenze che potrebbero derivare dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato o del documento richiesto, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all’art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013 – laddove dispone che “1. Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico, ivi compresi quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7.” – e in base alla quale, pertanto, i dati e i documenti forniti al richiedente tramite l’accesso generalizzato sono considerati come «pubblici»; e, infatti, la pubblicità del dato di cui trattasi espone indubbiamente il suo titolare a possibili azioni giudiziarie in particolare di tipo espropriativo – e con specifico riferimento al pignoramento presso terzi e, quindi, nella fattispecie, presso l’istituto bancario in cui il predetto conto è stato acceso e permane – interessanti i propri conti bancari, una volta concretamente individuati. Né, in senso contrario, depone la circostanza che, da un lato, il creditore può venire a conoscenza dell’esistenza di questi crediti vantati dal proprio debitore tramite l’assunzione di informazioni o mediante un’attività investigativa (in quanto esistono, in particolare, apposite agenzie specializzate in tale attività di ricerca) e, dall’altro, il creditore può, comunque, accedere alla cosiddetta ricerca telematica dei beni del debitore, atteso che trattasi di strumenti operanti su distinti e autonomi piani e che, nel primo caso, devono essere sostenuti dei costi per il servizio di cd. rintraccio del conto corrente e, nel secondo caso, in particolare, è necessario che il creditore sia munito di un titolo esecutivo e che, per il tramite del proprio avvocato, presenti una richiesta di autorizzazione al Presidente del Tribunale al fine di potersi affacciare, tramite connessione telematica, alle banche dati dell’amministrazione finanziaria (anagrafe tributaria, anagrafe dei conti correnti e banche dati degli istituti previdenziali) e che, tuttavia, attendere le tempistiche del Tribunale per poter ottenere le informazioni richieste ed effettuare il pignoramento di un conto corrente diventa un rischio per il creditore procedente.
Da quanto esposto consegue, pertanto, che l’accesso generalizzato agli estremi dei conti correnti bancari di una persona giuridica può essere uno strumento alternativo per raggiungere, in modo economico e veloce, la medesima finalità, utilizzando, tuttavia, lo strumento di cui trattasi per uno scopo prettamente egoistico che si è già detto nelle premesse non essere ammesso proprio per il predetto motivo.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto limitatamente alla sola richiesta della controinteressata di avere l’accesso agli estremi dei conti correnti bancari della ricorrente in cui sono stati effettuati eventualmente i bonifici di cui trattasi.
Attesa la novità della questione nonché la parziale soccombenza, si ritiene di potere compensare tra le parti costituite le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Maria Cristina Quiligotti, Presidente, Estensore
Maria Cappellano, Consigliere
Calogero Commandatore, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Maria Cristina Quiligotti
IL SEGRETARIO