* APPALTI – Avvalimento – Impresa ausiliaria attinta da sanzione interdittiva – Sostituzione – Possibilità – Art. 63 direttiva appalti (dir. 24/2014/UE), in corso di recepimento.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Sicilia
Città: Palermo
Data di pubblicazione: 12 Aprile 2016
Numero: 955
Data di udienza: 27 Gennaio 2016
Presidente: Maisano
Estensore: Tulumello
Premassima
* APPALTI – Avvalimento – Impresa ausiliaria attinta da sanzione interdittiva – Sostituzione – Possibilità – Art. 63 direttiva appalti (dir. 24/2014/UE), in corso di recepimento.
Massima
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ – 12 aprile 2016, n. 955
APPALTI – Avvalimento – Impresa ausiliaria attinta da sanzione interdittiva – Sostituzione – Possibilità – Art. 63 direttiva appalti (dir. 24/2014/UE), in corso di recepimento.
Deve ritenersi possibile la sostituzione dell’impresa ausiliaria attinta, successivamente al termine di scadenza della presentazione delle domande di partecipazione, da una sanzione interdittiva irrogata dall’ANAC: tale soluzione, non menzionata (e dunque non vietata) dalla vigente normativa, è invece espressamente prospettata dalla Direttiva 24/2014/UE, in corso di recepimento (art. 63). Le norme comunitarie non ancora recepite sono infatti “comunque applicabili, quanto meno sotto il profilo dell’obbligo, in capo ai giudici nazionali, di selezionare e di prediligere, tra tutte le possibili interpretazioni del diritto interno, soltanto le esegesi conformi alle norme eurounitarie da recepire” (ordinanza n. 1/2015 del CGA per la Regione Siciliana).E’ peraltro innegabile la presenza nel sistema, sul versante pubblicistico, del principio di proporzionalità nell’azione dei pubblici poteri e, sul versante civilistico, del principio di conservazione degli effetti del contratto e di tutela della libertà contrattuale, che devono comunque orientare la scelta interpretativa e decisoria dell’amministrazione. La sostituibilità dell’ausiliaria elide in radice, attraverso l’estromissione dal contratto dell’impresa priva di requisiti, il profilo critico consistente nel rischio che l’amministrazione contratti con soggetto anche temporanemente a ciò inabile.
Pres. f.f. Maisano, Est. Tulumello –V. s.r.l. (avv.ti Caudullo e Caruso) c. Comune di Gibellina (avv. Lentini)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ - 12 aprile 2016, n. 955SENTENZA
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 3^ – 12 aprile 2016, n. 955
N. 00955/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00707/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 707 del 2015, proposto da:
Impresa Vertical Projet s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gabriella Caudullo e Benedetta Caruso, con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, Via G. Pacini N.5;
contro
Comune di Gibellina in Persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Lentini, con domicilio eletto presso l’avv. Rosalba Genna in Palermo, via Siracusa n. 30;
nei confronti di
ISOR Cotruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Buscaglia, ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Sferracavallo n. 89/a, presso lo studio dell’avv. Daniela Salerno
per l’annullamento
– della nota prot. n. 1162 del 29 gennaio 2015 con la quale stata disposta la revoca dell’aggiudicazione provvisoria nei confronti della Vertical Projet;
– Della nota prot. n. 1426 del 5 febbraio 2015
– Della determina n. 12 del 6 febbraio 2015 di aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI Isor Costruzioni s.r.l. – R.I.A.M. s.r.l.
Per la dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con l’ATI lsor Costruzioni s.r.l. – R.I.A.M. s.r.l.
– Per il conseguimento dell’aggiudicazione e del contratto, dichiarando sin d’ora la disponibilità a subentrare nel contratto eventualmente stipulato;
– Per il risarcimento di tutti i danni subiti a causa della mancata aggiudicazione, sia in termini di danno emergente che di lucro cessante.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Gibellina in Persona del Sindaco P.T.;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di ed il ricorso incidentale proposto dal ricorrente incidentale Ati Isor Costruzioni S.r.l. – R.I.A.M S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Buscaglia, con domicilio eletto presso Daniela Salerno in Palermo, Via Sferacavallo, 89/A;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2016 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 20 febbraio 2015, e depositato il successivo 27 febbraio, la s.r.l. Impresa Vertical Projet ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità.
Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Gibellina e la a.t.i. Isor Costruzioni s.r.l. – RIAM s.r.l., quest’ultima proponendo altresì ricorso incidentale.
Con ordinanza del 14 aprile 2015 è stata accolta la domanda cautelare ai fini della fissazione dell’udienza di merito.
Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 27 gennaio 2016.
2. Il presente giudizio verte in merito alla legittimità della revoca dell’aggiudicazione provvisoria, disposta nei confronti della Vertical Projet, dell’appalto dei lavori di “adeguamento-ampliamento e ristrutturazione del contenitore museale”; nonché in merito alla successiva aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI Isor Costruzioni s.r.l. – R.I.A.M. s.r.l., ed al contratto con quest’ultima stipulato.
La revoca è stata disposta in quanto in data 14 ottobre 2014 il Consorzio Pantheon, impresa ausiliaria dell’odierna ricorrente (tale in forza di contratto di avvalimento stipulato in epoca evidentemente anteriore al 12 giugno 2014, termine di scadenza della presentazione delle domande di partecipazione), veniva attinta da una sanzione interdittiva irrogata dall’ANAC.
Il Comune di Gibellina, non accogliendo l’istanza di sostituzione della ridetta impresa ausiliaria, ha emanato i provvedimento contro cui l’odierna ricorrente ha proposto ricorso (in sede di discussione il Comune ha negato che ciò sia avvenuto: si sarebbe trattato di un rigetto implicito).
3. Preliminarmente, nell’ordine logico delle questioni, dev’essere esaminato il ricorso incidentale proposto dal raggruppamento controinteressato.
Con tale gravame si chiede l’annullamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale, “nella loro parte in cui omettono di ritenere e dichiarare l’illegittimità dell’offerta della Vertical Projet s.r.l.”, in quanto il consorzio ausiliario avrebbe illegittimamente subordinato l’assunzione delle obbligazioni derivanti dal contratto di avvalimento ad una serie di condizioni (che la parte ricorrente in via incidentale ritiene essere potestative) quali la possibilità di verifica dell’avanzamento dei lavori e della regolare esecuzione degli stessi, di visione degli atti relativi e di accesso ai luoghi di svolgimento dei lavori.
La censura è infondata.
In primo luogo, va rilevato che tale censura ha ad oggetto il contratto concluso fra il Consorzio Pantheon e l’odierna ricorrente: dal che discende che può dubitarsi dell’attuale interesse della controinteressata ad utilizzare quale parametro di legittimità dell’ammissione alla gara della ricorrente tale contratto, e pertanto a coltivare la censura, posto che ormai l’unico profilo che non appare in discussione fra le parti è che il Consorzio Pantheon è pacificamente estraneo alla fattispecie per cui è causa (o perché, in accoglimento della tesi sostenuta nel ricorso principale, avrebbe dovuto essere sostituito da altra impresa; oppure, al contrario, per la più assorbente ragione della esclusione anche della ricorrente principale dalla gara, in forza della regola, applicata dall’amministrazione resistente, simul stabunt, simul cadent).
Appare tuttavia dirimente il rilievo dell’infondatezza nel merito del ricorso incidentale.
Lungi dal potersi qualificare come condizioni potestative, le indicate previsioni negoziali – per il loro obiettivo tenore – si configurano quali poteri strumentali all’efficace esecuzione del contratto, necessari all’assolvimento delle prestazioni afferenti il sinallagma contrattuale.
Il richiamo alla sentenza n. 413 del 2014 del Consiglio di Stato non appare calzante, trattandosi di decisione resa in materia di condizione sospensiva meramente potestativa inserita in un contratto di avvalimento, tale da “ricondurre all’esclusiva volontà dell’ausiliaria il presupposto di operatività di un sinallagma ontologicamente destinato a produrre effetti anche nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice”.
Il che non è dato riscontrare nella fattispecie in esame, posto che:
a) il tenore letterale del contratto non consente di qualificare come meramente potestativa alcuna delle condizioni oggetto di controversia (è infatti oltremodo chiara la precisazione che la decorrenza degli effetti negoziali è immediata, e che l’ausiliaria assume le proprie obbligazioni in modo “pieno ed incondizionato”);
b) l’impresa ausiliaria si è riservata di esercitare, nei confronti della sua controparte negoziale, non già condizioni meramente potestative, ma poteri strettamente funzionali ad una efficace esecuzione contrattuale.
Ne è ulteriore prova la circostanza che le clausole in contestazione subordinano all’esercizio di detti poteri – con previsione avente efficacia inter partes, secondo la regola generale per cui res inter alios acta tertio neque nocet, neque prodest – il regime di responsabilità solidale, che è evidentemente, sul piano logico, un posterius rispetto all’esecuzione del contratto.
Ancor meno decisivo appare il richiamo a T.a.r. Lombardia – Milano, sentenza n. 1046/2012: tale decisione – avente ad oggetto “alcune condizioni (quali la possibilità di poter monitorare la regolarità degli atti tecnici ed amministrativi relativi allo svolgimento della fornitura, nonché la stipula da parte dell’impresa avvalente di idonea polizza assicurativa in favore dell’impresa ausiliaria”) molto simili a quelle oggetto della censura in esame, conclude infatti nel senso che “il contratto e le dichiarazioni, prodotte ai fini dell’avvalimento, rispondano ai requisiti prescritti dall’art. 49 del codice dei contratti pubblici”.
La sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale, che il collegio condivide e al quale si riporta, cui afferisce anche la sentenza 212/2014 di questo T.A.R., che ha esaminato la censura secondo la quale “il contratto sarebbe stato illegittimamente sottoposto ad una condizione potestativa rappresentata dal potere del legale rappresentante della ausiliaria di verificare le condizioni di gara ed eventualmente negare l’avvalimento ovvero di monitorare costantemente l’avanzamento dei lavori e la regolarità di esecuzione”.
La decisione da ultimo richiamata ha in proposito affermato che “Le parti non hanno, infatti, subordinato il perfezionamento del contratto ad ulteriore manifestazione di volontà della ausiliaria, ma hanno più semplicemente riservato al legale rappresentante di tale impresa il potere di verificare e monitorare costantemente la regolarità della esecuzione dell’appalto. Trattasi di condizione, che non fa venir meno la serietà dell’impegno e che è ragionevolmente giustificata dalla responsabilità solidale per la esecuzione gravante sulla impresa ausiliaria”.
Il ricorso incidentale è pertanto infondato.
4. Venendo all’esame del ricorso principale, il Collegio non può che confermare l’esegesi già posta a fondamento del provvedimento cautelare.
La soluzione prospettata già in sede di gara dalla ricorrente principale, non menzionata (e dunque non vietata) dalla vigente normativa, è espressamente prospettata dalla direttiva europea in corso di recepimento all’epoca dell’emanazione del provvedimento che si sta scrutinando (art. 63 Direttiva 24/2014/UE).
Osserva il Collegio che la questione esegetica intorno alla quale ruota tale scrutinio è stata affrontata e risolta con esisti opposti da due recenti arresti giurisprudenziali: l’ordinanza n. 1/2015 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, e la sentenza n. 5359/2015 della III Sezione del Consiglio di Stato.
Il Collegio condivide l’impianto argomentativo posto a fondamento della prima delle richiamate decisioni, che afferma che le norme comunitarie non ancora recepite sono “comunque applicabili, quanto meno sotto il profilo dell’obbligo, in capo ai giudici nazionali, di selezionare e di prediligere, tra tutte le possibili interpretazioni del diritto interno, soltanto le esegesi conformi alle norme eurounitarie da recepire”.
Ritiene infatti questo Collegio che al di là del profilo dell’efficacia, sul piano formale, della disciplina portata dalla direttiva europea – non ancora trasposta e il cui termine per la trasposizione non sia ancora scaduto – è innegabile la presenza nel sistema, sul versante pubblicistico, del principio di proporzionalità nell’azione dei pubblici poteri e, sul versante civilistico, del principio di conservazione degli effetti del contratto e di tutela della libertà contrattuale, che avrebbero dovuto comunque orientare la scelta interpretativa e decisoria dell’amministrazione.
Sotto quest’ultimo profilo si rammenti che, per affermazione incontestata, l’odierna ricorrente ha stipulato il contratto di avvalimento ben prima dell’irrogazione della misura interdittiva per cui è causa, ma soprattutto (pag. 2 del ricorso principale) “il Consorzio Pantheon non ha mai informato la Vertical Project né della pendenza del procedimento sanzionatorio dinnanzi all’ANAC né della sanzione interdittiva successivamente irrogata e che, pertanto, l’odierna ricorrente non potendo in altro modo acquisire tali informazioni, ha fatto, del tutto in buona fede, affidamento sul possesso dei requisiti di ordine morale da parte dell’impresa di cui si era avvalsa”.
I richiamati princìpi, unitamente ad una valorizzazione sul piano anche meramente ermeneutico della sopravveniente normativa europea, avrebbero dovuto imporre, nel silenzio (non impeditivo) della normativa vigente, una interpretazione della stessa nel senso della sostituzione dell’impresa ausiliaria e non della radicale esclusione della ricorrente: tenuto conto che tale soluzione avrebbe garantito l’interesse contrattuale dell’amministrazione in modo non meno intenso della diversa – e sproporzionata – soluzione.
Non appare neppure decisivo, in contrario, il richiamo al principio di continuità del possesso dei requisiti, come declinato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 8/2015 (in tal senso l’ultima memoria della ricorrente incidentale): la peculiarità della fattispecie in esame consiste infatti, come sopra richiamato in fatto, nella circostanza della fungibilità – giuridica e materiale – dell’apporto dell’impresa ausiliaria, immutata ogni altra condizione.
Tale fungibilità, non impedita dalle norme vigenti ed anzi espressamente prevista da quelle in itinere, determina l’estraneità della fattispecie alla ratio di tutela cui si ispira il ridetto principio (e la sua rigorosa applicazione, altrimenti sproporzionata), posto che la sostituibilità dell’ausiliaria elide in radice, attraverso l’estromissione dal contratto dell’impresa priva di requisiti, il profilo critico consistente nel rischio che l’amministrazione contratti con soggetto anche temporanemente a ciò inabile.
Il ricorso è pertanto fondato e va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
5. Quanto alle ulteriori statuizioni, e alle connesse richieste delle parti, va osservato quanto segue.
5.1. Come già affermato dalla Sezione in sede di ordinanza cautelare, all’esito della cognizione sommaria propria di quella fase, “i lavori sono stati consegnati alla controinteressata nelle more dell’adozione della presente pronunzia cautelare”.
Ciò impedisce che all’effetto caducatorio possa far seguito la reintegrazione in forma specifica dell’impresa ricorrente in via principale.
Va però osservato, in merito alla richiesta di sanzioni alternative, che già nella richiamata ordinanza cautelare si precisava che “in considerazione delle peculiarità fattuali della fattispecie concreta, della durata dei lavori e del finanziamento degli stessi, la misura cautelare più idonea a contemperare tutti gli interessi coinvolti appare quella della fissazione dell’udienza di merito, ferma restando la possibilità per la ricorrente di soddisfare le proprie ragioni sul piano risarcitorio”.
La dialettica processuale successiva ha consentito di accertare che “l’appalto di cui si tratta doveva essere eseguito e rendicontato entro il 31/12/2015 pena la perdita del finanziamento” (memoria della ricorrente incidentale depositata il 21 gennaio 2016: l’affermazione è rimasta sul punto incontestata).
Ne consegue che la consegna dei lavori, avvenuta il 20 marzo 2015, è stata plausibilmente funzionale ad evitare la perdita del relativo finanziamento.
La fattispecie rientra pertanto a pieno titolo nella previsione dell’art. 11, comma 9, del d. lgs. 163/2006: “l’esecuzione di urgenza di cui al presente comma non è consentita durante il termine dilatorio di cui al comma 10 e durante il periodo di sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto previsto dal comma 10-ter, salvo che nelle procedure in cui la normativa vigente non prevede la pubblicazione del bando di gara, ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”.
Difetta pertanto il presupposto per l’accoglimento della domanda di sanzioni alternative ex art. 123 cod. proc. amm.
5.2. Quanto alla domanda volta sentir dichiarare l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato fra l’amministrazione e la ricorrente incidentale, osserva il Collegio che nella memoria depositata l’8 gennaio 2016 la difesa di parte ricorrente in via principale ha precisato e ridotto le originarie domande, chiarendo sul punto che qui rileva che “Con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio l’odierna ricorrente ha rilevato come il proprio interesse prioritario fosse quello di ottenere il risarcimento del danno in forma specifica, mediante l’affidamento dell’appalto, e solo in via subordinata quello in forma generica, per equivalente. Tuttavia, atteso che i lavori sono stati consegnati in via d’urgenza il 20 marzo 2015, residua in capo all’odierno ricorrente solo l’interesse al risarcimento del danno per equivalente, quale conseguenza dell’annullamento dei provvedimenti impugnati”.
Ne deriva che non è luogo a provvedere sulla originaria domanda di declaratoria dell’inefficacia del contratto, e di subentro nello stesso, implicitamente ed inequivocamente rinunciata, avendo la parte nel frattempo espressamente concentrato le proprie pretese sulla (sola) domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario.
5.3. Quanto a quest’ultima domanda, osserva il Collegio che la parte ricorrente in via principale non ha dimostrato, e neppure allegato, sia nel ricorso introduttivo che nella memoria finale, un concreto pregiudizio derivante dai provvedimenti impugnati, limitandosi a richiamare massime giurisprudenziali relative alla liquidazione forfetaria del danno.
In argomento vanno qui richiamati gli esiti della complessiva ricostruzione giurisprudenziale in materia (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 3605/2015):
“a) la prova della esistenza e della quantificazione del danno da mancata aggiudicazione della procedura di gara deve essere data nel corso del giudizio di primo grado, in quanto è in tale ambito che si definisce il thema decidendum vel probandum attraverso la rituale notificazione delle correlate domande;
b) ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., il danneggiato deve offrire la prova dell’an e del quantum del danno che assume di aver sofferto, mentre il giudice amministrativo è chiamato a valutare (ex art. 30, co. 3, c.p.a.), senza necessità di eccezione di parte e acquisendo anche d’ufficio gli elementi di prova all’uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento dell’atto illegittimo e dell’utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe evitato in tutto o in parte il danno, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente;
c) spetta all’impresa danneggiata offrire la prova dell’utile che in concreto avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, co. 1 e 3, c.p.a.); quest’ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l’asimmetria informativa tra amministrazione e privato la quale contraddistingue l’esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell’azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del predetto principio dispositivo sancito in generale dall’art. 2697, primo comma, c.c. ;
d) la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. , è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno;
e) le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente tecnico d’ufficio neppure nel caso di consulenza cosiddetta “percipiente”, che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l’accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti;
f) la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni; per la configurazione di una presunzione giuridicamente rilevante non occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla base della regola della “inferenza necessaria”), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'”id quod plerumque accidit” (in virtù della regola della “inferenza probabilistica”), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall’apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre non può attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici;
g) va esclusa la pretesa di ottenere l’equivalente del 10% dell’importo a base d’asta, sia perché detto criterio esula storicamente dalla materia risarcitoria, sia perché non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata (non potendo formularsi un giudizio di probabilità fondato sull’id quod plerumque accidit secondo il quale, allegato l’importo a base d’asta, può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo);
h) il mancato utile spetta nella misura integrale solo se l’impresa concorrente dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a disposizione in vista dell’aggiudicazione; in mancanza di tale dimostrazione, è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente decurtazione del risarcimento di una misura equitativamente determinata a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum;
i) anche per il cd. danno curricolare il creditore deve offrire una prova puntuale del nocumento che asserisce di aver subito (il mancato arricchimento del proprio curriculum professionale), quantificandolo in una misura percentuale specifica applicata sulla somme liquidata a titolo di lucro cessante (evenienza questa che non si è verificata nel caso di specie, perché la ditta ricorrente non ha fornito la prova dell’entità della sorte capitale dovuta a titolo di mancato utile effettivo)”.
Applicando i suesposti princìpi al caso in esame risulta che la ricorrente principale era risultata aggiudicataria a seguito di sorteggio con l’odierna ricorrente incidentale, che aveva presentato il medesimo ribasso.
Tale elemento fattuale non esaurisce tuttavia l’onere probatorio gravante sulla parte che si assume danneggiata.
Questo implica una pur sommaria dimostrazione degli esborsi e delle mancate occasioni di guadagno: del che non vi è traccia nel presente giudizio (si tenga presente che il provvedimento illegittimo, che si assume essere veicolo di lesione, è la revoca dell’aggiudicazione provvisoria).
E’ appena il caso di osservare che la prova per presunzioni, e la liquidazione equitativa, sopra richiamati – con i limiti indicati – dalla giurisprudenza, attengono alla fase di individuazione del quantum risarcibile, che presuppone la propedeutica dimostrazione dell’esistenza del pregiudizio.
Diversamente opinando la tutela risarcitoria si configurerebbe come un’automatica conseguenza della tutela caducatoria: il che, se era già escluso dalla giurisprudenza prima dell’antrata in vigore dell’attuale disciplina normativa, lo è ancor di più in un sistema che configura il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione come extrema ratio, con una netta inversione di tendenza rispetto al passato, operata in sede comunitaria a seguito dell’osservazione dell’abuso del rimedio risarcitorio, in passato spesso utilizzato quale forma di finanziamento dell’impresa più lucrativa dell’esecuzione del contratto.
Ne consegue che la domanda risarcitoria dev’essere rigettata per difetto di dimostrazione dell’elemento oggettivo.
6. Sussistono le condizioni di legge, anche in considerazione della soccombenza reciproca, per disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
rigetta il ricorso incidentale;
accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso principale, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Nicola Maisano, Presidente FF
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
Aurora Lento, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/04/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)