* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Interesse archeologico e storico-artistico – Apposizione del vincolo – Discrezionalità tecnica – Discrezionalità amministrativa – Sindacato giurisdizionale – Limiti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Sicilia
Città: Palermo
Data di pubblicazione: 2 Febbraio 2012
Numero: 273
Data di udienza: 18 Gennaio 2012
Presidente: D'Agostino
Estensore: Maisano
Premassima
* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Interesse archeologico e storico-artistico – Apposizione del vincolo – Discrezionalità tecnica – Discrezionalità amministrativa – Sindacato giurisdizionale – Limiti.
Massima
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 1^ – 2 febbraio 2012, n. 273
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Interesse archeologico e storico-artistico – Apposizione del vincolo – Discrezionalità tecnica – Discrezionalità amministrativa – Sindacato giurisdizionale – Limiti.
Le valutazioni in ordine all’esistenza di un interesse sia archeologico che storico-artistico, tali da giustificare l’apposizione dei relativi vincoli, è espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità “tecnica”, sia momenti di propria discrezionalità amministrativa. Tale valutazione è prerogativa esclusiva dell’Amministrazione e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta. (Consiglio di Stato , sez. VI, 06 marzo 2009 , n. 1332).
Pres. D’Agostino, Est. Maisano – P.P. (avv.ti Rubino e Alfieri) c. Soprintendenza Beni Culturali di Agrigento (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 1^ – 2 febbraio 2012, n. 273SENTENZA
TAR SICILIA, Palermo, Sez. 1^ – 2 febbraio 2012, n. 273
N. 00273/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01961/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1961 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Pasquale Policardi, rappresentato e difeso dagli avv. Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Girolamo Rubino sito in Palermo, via G. Oberdan, 5;
contro
Soprintendenza Beni Culturali di Agrigento, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo presso i cui uffici di via A. De Gasperi 81 è domiciliato; Comune di Lampedusa e Linosa;
per l’annullamento
del provvedimento prot. n. 11722 del 16.08.2010 con cui il Comune di Lampedusa e Linosa ha diffidato il ricorrente ad avviare le opere oggetto di denuncia di inizio di attività assumendo insussistenti i presupposti di legge, nonché per quanto possa occorrere del provvedimento prot. n. 6944 del 26.08.2010 con cui la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali in riscontro alla richiesta di autorizzazione paesaggistica inoltrata dal ricorrente a far data dal 23.04.2009, ha preannunciato il rigetto dell’autorizzazione richiesta, nonché del parere prot. n. 2628 del 21.06.2010 reso dal servizio Archeologico della prefata Soprintendenza;
con ricorso per motivi aggiunti:
del provvedimento prot. n.1657 del 9.02.2011 con cui il Comune di Lampedusa e Linosa ha diffidato il ricorrente medesimo ad avviare le opere oggetto di denuncia di inizio di attività, nonché del Decreto n. 2939 del 12.11.2010 e della successiva modifica intervenuta con decreto n.l del 4.01.2011, aventi ad oggetto l’imposizione di un vincolo archeologico sull’area ove insiste il terreno di proprietà del ricorrente.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Soprintendenza Beni Culturali di Agrigento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2012 il dott. Nicola Maisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 5.11.2010 e depositato il successivo 10.11, il ricorrente ha impugnato: il provvedimento prot. n. 11722 del 16.08.2010 con cui il Comune di Lampedusa e Linosa ha diffidato il ricorrente ad avviare le opere oggetto di denuncia di inizio di attività assumendo insussistenti i presupposti di legge, nonché il provvedimento prot. n. 6944 del 26.08.2010 con cui la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali in riscontro alla richiesta di autorizzazione paesaggistica inoltrata dal ricorrente a far data dal 23.04.2009, ha preannunciato il rigetto dell’autorizzazione richiesta, ed il parere prot. n. 2628 del 21.06.2010 reso dal servizio Archeologico della prefata Soprintendenza.
In tale ricorso vengono articolate le censure di. I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380/2001 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 46 della L.R. n. 17/2004 – Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e motivazione; II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del D.P.R. n. 380/2001 – Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e motivazione – Arbitrio – Travisamento.
All’esito della domanda cautelare proposta in seno a detto ricorso, questa sezione, con ordinanza n. 1083 del 3.12.2010 , ha sospeso gli effetti del provvedimento della Soprintendenza e disposto che il comune di Lampedusa e Linosa adottasse un nuovo provvedimento nel quale venisse riesaminato il provvedimento impugnato avendo cura di esternare con congrue motivazioni l’esito di tale riesame.
Intanto con decreto n. 2939 del 12.11.2010 era stato disposto un vincolo archeologico di inedificabilità assoluta sulle aree in cui insiste l’immobile oggetto della presente controversia mentre, in data 9 febbraio 2011, il Comune di Lampedusa e Linosa ha adottato un nuovo provvedimento, con riguardo alla DIA presentata da parte ricorrente, precisando che la stessa non poteva considerarsi conforme a legge in quanto l’immobile oggetto della demolizione e ricostruzione in realtà era già stato demolito, ed inoltre l’area di sedime in cui era collocato risulta di proprietà dello stesso comune di Lampedusa e Limosa; in tale atto viene inoltre richiamato l’intervenuto vincolo archeologico di inedificabilità assoluta.
Avverso quest’ultimo provvedimento del comune, nonché avverso il decreto che ha previsto il vincolo archeologico, parte ricorrente ha proposto motivi aggiunti nei quali vengono articolate le censure di: I) Elusione dell’ordinanza cautelare n. 1083/2010 resa dal T.A.R. Sicilia sez. I – Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, arbitrio, ingiustizia manifesta, difetto di presupposto – Travisamento e sviamento; II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380/2001 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 46 della L.R. n. 17/2004 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e segg. D.Lgs. n. 42/2004 – Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e motivazione – Disparità di trattamento.
Si è costituita l’Avvocatura dello Stato, per conto dell’amministrazione regionale intimata, che, con memoria, ha replicato alle argomentazioni contenute nel ricorso e concluso per il suo rigetto.
Alla pubblica udienza di discussione il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
In via preliminare deve essere precisato che l’impugnazione, contenuta nell’originario ricorso, dell’atto del comune di Lampedusa e Linosa n. 11722 del 16.8.2010 è divenuta improcedibile, in considerazione della riedizione del potere esercitato con il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti.
Risulta superata anche l’impugnazione del provvedimento della Soprintendenza n. 6944 del 26.8.2010, sia in quanto sull’immobile in questione è poi intervenuto un vincolo archeologico, sia in quanto, trattandosi di preavviso di provvedimento negativo, è invero più che discutibile la sua autonoma impugnabilità.
Mantiene invece la sua attuale rilevanza l’impugnazione degli atti gravati con i motivi aggiunti.
Con riferimento all’impugnazione del decreto di vincolo archeologico, che il collegio ritiene opportuno esaminare in via preliminare, parte ricorrente lamenta l’incongruenza della misura disposta, con riguardo al terreno in questione, rispetto alla relazione archeologica redatta dalla competente Soprintendenza, e comunque l’assenza di effettive ragioni per l’imposizione di un vincolo che pregiudica in modo elevato gli interessi dei proprietari.
Con riguardo al primo profilo, l’Avvocatura dello Stato ha prodotto la relazione scientifica della Soprintendenza di Agrigento, che ha costituito la proposta di vincolo (all. 7 della produzione depositata in data 14 luglio 2011) che si esprime – ai fini dell’estensione della tutela ritenuta necessaria – esattamente nei medesimi termini del decreto di vincolo poi imposto con il provvedimento impugnato, anche con riferimento all’area per cui è causa: nessuna contraddizione è pertanto ravvisabile tra il decreto di vincolo e la relazione scientifica redatta dalla competente Soprintendenza.
Non può neanche essere favorevolmente apprezzato il secondo profilo di censura atteso che, per giurisprudenza costante, l’estensione e l’intensità di un vincolo apposto a tutela di interessi archeologici rientra nella discrezionalità tecnico-amministrativa dell’amministrazione e può essere sindacato solo per evidente illogicità che, nella fattispecie, non è ravvisabile alla stregua dell’esame della documentazione in atti.
In particolare appare utile richiamare la decisione del Consiglio di Stato , sez. VI, 06 marzo 2009 , n. 1332, che precisa: “Le valutazioni in ordine all’esistenza di un interesse sia archeologico che storico-artistico, tali da giustificare l’apposizione dei relativi vincoli, è espressione di un potere nel quale sono presenti sia momenti di discrezionalità “tecnica”, sia momenti di propria discrezionalità amministrativa. Tale valutazione è prerogativa esclusiva dell’Amministrazione e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta”.
Invero, in definitiva, parte ricorrente opera una inammissibile censura con riguardo al merito dell’azione amministrativa, sovrapponendo le proprie interessate valutazioni a quelle legittimamente effettuate dagli organi deputati alla tutela dell’interesse archeologico.
I motivi di ricorso proposti avverso il vincolo archeologico sono pertanto infondati.
Priva di fondamento è anche l’impugnazione del provvedimento del comune di Lampedusa e Linosa.
Contrariamente a quanto sostenuto con il primo motivo, non è ravvisabile alcuna violazione del così detto “giudicato cautelare”.
Infatti l’ordinanza adottata da questa Sezione n. 1083/2010, in considerazione dell’eccessiva laconicità del primo provvedimento emesso dall’amministrazione comunale, ha disposto il riesame della vicenda, con la precisazione che il provvedimento da adottare, all’esito di tale riesame, dovrà essere fornito di congrua motivazione; ma non ha in alcun modo posto limiti sostanziali all’azione dell’amministrazione, con riguardo al contenuto dell’adottando provvedimento.
Contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, pertanto, il provvedimento del comune di Lampedusa e Linosa n. 1657 del 9.2.2011, impugnato con i motivi aggiunti, risulta assolutamente in sintonia con il provvedimento cautelare di questa sezione n. 1083/2010, in quanto, all’esito del riesame, l’amministrazione comunale ha motivatamente chiarito le ragioni che si oppongono all’ammissibilità della DIA , oggetto dell’istanza presentata dal ricorrente.
Privi di alcun pregio sono anche le specifiche contestazioni ai presupposti sui quali viene fondato il provvedimento del comune, con cui viene negata la ricorrenza degli indefettibili presupposti per la correttezza e legittimità della DIA.
Invero dalla documentazione depositata da parte ricorrente a corredo dell’originario ricorso risulta che al comune di Lampedusa e Linosa è pervenuta la denunzia di inizio attività del ricorrente, per la demolizione e ricostruzione dell’immobile per cui è causa, in data 13 agosto 2010, con la precisazione che i lavori sarebbero iniziati in data 26 agosto 2010.
Il ricorrente precisa però di avere ottemperato all’ordinanza di demolizione dell’immobile in questione, ricevuta il 28 agosto 2009, che gli imponeva di procedere alla demolizione entro 15 giorni dal ricevimento del medesimo provvedimento.
Da tali elementi può facilmente desumersi che l’immobile in questione è stato in effetti demolito circa un anno prima di quando il ricorrente ha presentato la DIA.
Tralasciando dal rilevare che la DIA presentata dal ricorrente contiene una indicazione contraddetta dalle sue stesse ammissioni, e cioè che l’immobile di cui si discute nell’agosto 2010 era ancora sussistente, ritiene il collegio che correttamente il comune abbia rilevato l’impossibilità di procedere ad una semplice DIA per la ricostruzione di un immobile già demolito.
Infatti tale procedura semplificata richiede che l’esistente venga ricostruito mantenendo esattamente i medesimi volumi, senza alcun aggravio di carico urbanistico, e la verifica di tale condizione può essere effettuata solo prima della demolizione dell’immobile che si vuole ricostruire; dopo la sua demolizione – qualunque ne sia la causa – sarebbe impossibile effettuare tali verifiche e qualsiasi costruzione non può che essere subordinata al rilascio dell’ordinaria concessione.
L’Avvocatura dello Stato ha poi prodotto un certificato catastale da cui risulta che l’area di sedime in cui ricadeva l’immobile demolito non è di proprietà del ricorrente, ma dello stesso comune di Lampedusa e Linosa; circostanza che è evidentemente di ostacolo al riconoscimento del diritto del ricorrente a ricostruire l’immobile.
Sul punto è irrilevante il fatto che l’atto, del 2000, con cui il ricorrente ha acquistato la proprietà dell’immobile, comprendesse anche il terreno: l’effetto traslativo di tale contratto è infatti subordinato all’effettivo titolo di proprietà nel venditore dei beni alienati; circostanza smentita dal certificato catastale in atti e non diversamente provata da parte ricorrente.
Da ultimo non può non rilevarsi che comunque l’attuale regime vincolistico esistente sull’immobile di cui si discute rende in ogni caso non più possibile realizzare alcuna costruzione.
In conclusione il ricorso è in parte improcedibile ed in parte infondato.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile ed in parte infondato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Filoreto D’Agostino, Presidente
Nicola Maisano, Consigliere, Estensore
Giovanni Tulumello, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/02/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)