Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Cave e miniere, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1628 | Data di udienza: 21 Settembre 2016

* CAVE E MINIERE – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Esercizio dell’attività di cava – Competenza dell’amministrazione per i beni e le attività culturali – Esclusione – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Adozione di strumenti urbanistici – Affidamento qualificato – Convenzioni già sottoscritte con il comune – Fattispecie: previsioni urbanistiche non più compatibili con un progetto di coltivazione di cava (con connessa demolizione di vecchio silos) già autorizzato.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 11 Novembre 2016
Numero: 1628
Data di udienza: 21 Settembre 2016
Presidente: Pozzi
Estensore: Grauso


Premassima

* CAVE E MINIERE – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Esercizio dell’attività di cava – Competenza dell’amministrazione per i beni e le attività culturali – Esclusione – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Adozione di strumenti urbanistici – Affidamento qualificato – Convenzioni già sottoscritte con il comune – Fattispecie: previsioni urbanistiche non più compatibili con un progetto di coltivazione di cava (con connessa demolizione di vecchio silos) già autorizzato.



Massima

 

TAR TOSCANA, Sez. 1^ – 11 novembre 2016, n.  1628


CAVE E MINIERE – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Esercizio dell’attività di cava – Competenza dell’amministrazione per i beni e le attività culturali – Esclusione.

In materia di esercizio dell’attività di cava, l’intervento dell’Amministrazione per i beni e le attività culturali si configura come apporto collaborativo e non in termini strettamente provvedimentali; resta dunque esclusa, anche per questa via, la competenza della Soprintendenza ad annullare atti che, pur incidenti sul profilo paesaggistico, attengono alla specifica materia di cui si tratta, ivi inclusi gli interventi sulle strutture industriali da dismettere.

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Adozione di strumenti urbanistici – Affidamento qualificato – Convenzioni già sottoscritte con il comune – Fattispecie: previsioni urbanistiche non più compatibili con un progetto di coltivazione di cava (con connessa demolizione di vecchio silos) già autorizzato.

Le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità. Esse non richiedono una motivazione puntuale e mirata, essendo sufficiente l’indicazione dei profili generali e dei criteri di fondo che sorreggono le determinazioni assunte, salvo che queste incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo le legittime aspettative di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifica considerazione, e che tradizionalmente vengono fatte dipendere dal superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968, ovvero dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione o accordi di diritto privato intercorsi con il Comune, dall’esistenza di giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione, dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (da ultimo, fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 2013, n. 3603). L’esistenza di situazioni di aspettativa qualificata, anche laddove scaturente da strumenti attuativi già convenzionati, non costituisce peraltro una preclusione assoluta all’esercizio del potere di pianificazione territoriale, giacché lo ius variandi di cui l’amministrazione gode rispetto alle previsioni urbanistiche legittima altresì lo scioglimento dai vincoli eventualmente assunti mediante atti convenzionali, ai quali il Comune non può ritenersi permanentemente vincolato. In siffatta evenienza occorre, però, che l’amministrazione motivi adeguatamente e specificamente le ragioni delle proprie iniziative sotto il profilo del bilanciamento dei contrapposti interessi (per tutte cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3766; id., 13 aprile 2005, n. 1743). Nella specie,  è stata riconosciuta alla ricorrente, in virtù di una convenzione sottoscritta con il Comune e della successiva autorizzazione all’esercizio di cava, un’aspettativa qualificata alla integrale realizzazione del progetto di coltivazione da essa presentato, ivi compresa la demolizione di un vecchio silos, rispetto all’adozione e approvazione di previsioni urbanistiche non più compatibili con la demolizione già autorizzata.

Pres. Pozzi, Est. Grauso –  S. s.p.a. (avv.ti Conti e Conti) c. Comune di San Vincenzo (avv. Grassi)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 1^ - 11 novembre 2016, n. 1628

SENTENZA

 

TAR TOSCANA, Sez. 1^ – 11 novembre 2016, n.  1628

Pubblicato il 11/11/2016

N. 01628/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01942/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1942 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Solvay Chimica Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gian Luca Conti e Fabio Conti, presso lo studio dei quali è elettivamente domiciliata in Firenze, piazza della Repubblica 2;


contro

Comune di San Vincenzo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Renzo Grassi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato in Firenze, via Giorgio La Pira 17;

Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Ministero dell’Industria, tutti rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati in Firenze, via degli Arazzieri 4;

Regione Toscana;

per l’annullamento

delle note del Comune di San Vincenzo 29 luglio 2008, prot. 19080 e prot. 20324 dell’11 agosto 2008 di diffida dalla demolizione del silos di carico del calcare posto in San Vincenzo, nonché’ di tutti gli atti ad esso connessi, presupposti o conseguenti, e, in particolare, della nota a firma del Responsabile urb., cave e via, arch. Dell’Agnello prot. n. 25668 del 8 ottobre 2008, avente per oggetto “Piano demolizione teleferica – richiesta integrazione e archiviazione”, nonché’ della nota prot. 19080 del 29 luglio 2008, avente per oggetto: “Dichiarazione inizio lavori per demolizione Silo di carico presso stazione ferroviaria-Comunicazione”.

Visti i motivi aggiunti del 22/01/2009:
per l’annullamento dei provvedimenti di cui alla nota del Comune di San Vincenzo 18 novembre 2008, prot. 29493 ed alla nota della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico per le Province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara 21 ottobre 2008, prot. 2678 (agli atti del Comune con il prot. 27322 del 23 ottobre 2008), trasmessa con il provvedimento del Comune, appena richiamato nonché’ di tutti gli atti ad essi connessi, presupposti o comunque conseguenti.

Visti i motivi aggiunti del 3/05/2010:
per l’annullamento dei provvedimenti di cui alla nota del Comune di San Vincenzo marzo 2010, prot. 5695 ed al parere della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico per le Province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara 26 febbraio 2010, prot. 497/BN, trascritta nel provvedimento del Comune, appena richiamato, nonché’ di tutti gli atti ad essi connessi, presupposti o comunque conseguenti.

Visti i motivi aggiunti depositati il 10.3.2016:
per l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di San Vincenzo n.76 del 5.8.2015 con cui è stato approvato definitivamente il Piano Strutturale denominato “San Vincenzo 2020” e della delibera del Consiglio Comunale n.102 del 6.12.2013, nonché di tutti gli atti ad essi connessi, presupposti o, comunque, conseguenti;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Vincenzo e della Soprintendenza per i Beni Archeologici e Paesaggistici e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnografico per le Province di Pisa e Livorno, unitamente al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, al Ministero dell’Industria
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 settembre 2016 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente Solvay Chimica Italia S.p.a. (di seguito, Solvay) esercita sin dal 1928 l’attività di cava per l’estrazione del calcare nel Comune di San Vincenzo, frazione San Carlo.

Essa espone di aver chiesto nel 1999 il rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, presentando un progetto unitario di revisione complessiva dell’assetto del sito estrattivo, che prevedeva, in particolare: l’ampliamento dell’attività di cava mediante il recupero ambientale dei “vecchi fronti” e il loro rimodellamento; la realizzazione di un nuovo raccordo ferroviario per il trasporto del calcare verso lo stabilimento di Rosignano, in modo da eliminare la teleferica utilizzata per il trasferimento del materiale scavato al silos di stoccaggio, per il successivo caricamento sui vagoni ferroviari; la realizzazione di una nuova viabilità di collegamento alla strada statale Aurelia; la dismissione del predetto silos. L’eliminazione del silos, per quanto interessa ai fini di causa, era dovuta all’incompatibilità del manufatto con il nuovo tracciato ferroviario da realizzarsi in conformità alle prescrizioni impartite dall’ente gestore delle ferrovie.

Stando alla prospettazione, le diverse amministrazioni interessate hanno concluso il 1 agosto 2003 un accordo di programma e un accordo di pianificazione volti a introdurre le necessarie varianti al piano regionale delle attività estrattive e al piano strutturale del Comune di San Vincenzo. Quest’ultimo ha quindi avviato la procedura per la valutazione di impatto ambientale, conclusasi con la pronuncia di compatibilità del progetto di cui alla delibera di Giunta n. 39 del 17 marzo 2004.

La valutazione di compatibilità ambientale è stata tuttavia annullata dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Pisa e Livorno con provvedimento del 6 maggio 2004, separatamente impugnato dinanzi a questo T.A.R. sia dalla Solvay, sia dal Comune di San Vincenzo.

Successivamente, con atto del 16 febbraio 2005, il Comune di San Vincenzo ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica per l’ampliamento della cava di calcare, la realizzazione del raccordo ferroviario San Carlo/San Vincenzo e del nuovo silos di carico dei carri ferroviari, per poi approvare i lavori necessari all’attuazione del “piano della Porta Nord”, implicanti appunto l’eliminazione del vecchio silos di caricamento (provvedimento del 7 novembre 2006).

Lo stesso Comune, con nota del 29 luglio 2008, avrebbe però inteso distinguere fra “dismissione” e “demolizione” del vecchio silos, precisando di aver autorizzato la prima, ma non la seconda, e invitando la Solvay a presentare semmai un progetto di demolizione con relativa richiesta di autorizzazione alla competente Soprintendenza.

L’11 agosto 2008, con nuova nota il Comune ha quindi diffidato l’odierna ricorrente a non eseguire le opere di demolizione del vecchio silos. Diffida ribadita con nota dell’8 ottobre 2008, ove si chiedeva altresì di integrare la pratica relativa alla demolizione della teleferica individuando le tratte da conservare come elemento di archeologia industriale.

1.1. Le diffide indirizzatele dal Comune nel periodo luglio – agosto 2008 sono impugnate con l’atto introduttivo del presente giudizio dalla Solvay, che ne chiede l’annullamento sulla scorta di dieci motivi in diritto, oltre a proporre domanda accessoria di risarcimento dei danni.

1.2. In corso di causa, per mezzo di motivi aggiunti depositati il 22 gennaio 2009, il gravame è stato esteso alla nota comunale del 18 novembre 2008 e a quella, presupposta, con cui la Soprintendenza B.A.P.S.A.E. di Pisa e Livorno aveva ribadito il proprio parere contrario alla demolizione del vecchio silos e delle strutture correlate.

1.3. Con un secondo atto di motivi aggiunti, depositato il 3 maggio 2010, la ricorrente Solvay riferisce essere frattanto intervenuto l’accoglimento, ad opera del T.A.R. (sentenza n. 1075/2009), dei ricorsi proposti avverso il provvedimento con cui la Soprintendenza aveva a suo tempo annullato la delibera di Giunta n. 39/2004, recante la pronuncia di compatibilità ambientale del progetto presentato dalla Solvay per l’ampliamento della cava e lo smantellamento del vecchio silos.

Nondimeno, la Soprintendenza avrebbe tenuto ferma la propria posizione contraria alla demolizione del silos, e, in questa ottica, aveva chiesto alla ricorrente (la quale aveva nel frattempo portato a termine la demolizione del tetto in eternit del vecchio silos, pericolante, a ciò autorizzata dalla competente A.S.L.) di presentare un progetto architettonico ed esecutivo mirato alla ricostruzione della copertura.

Anche della suddetta richiesta, formulata per atto del 26 febbraio 2010 e inoltrata dal Comune con nota del marzo successivo, è domandato l’annullamento.

1.4. Un terzo atto di motivi aggiunti, depositato il 10 marzo 2016, è infine indirizzato dalla società ricorrente nei confronti della deliberazione consiliare n. 76 del 5 agosto 2015, avente ad oggetto l’approvazione del piano strutturale del Comune di San Vincenzo, nella parte in cui prevede la salvaguardia e valorizzazione del vecchio silos Solvay come opera di archeologia industriale, e la sua riorganizzazione funzionale come “porta di accesso nord” a San Vincenzo, prescrivendone altresì l’inserimento fra le invarianti strutturali e i valori storici, ambientali e architettonici che concorrono a determinare i caratteri identitari del territorio, costituenti patrimonio pubblico e collettivo della comunità locale.

1.5. Alle impugnazioni così proposte resistono il Comune di San Vincenzo e la Soprintendenza di Pisa e Livorno (che, nelle more, ha assunto la denominazione di Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio), unitamente ai Ministeri indicati in epigrafe.

1.6. La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 21 settembre 2016, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche.

2. Dalla documentazione in atti si ricava che, con delibera di Giunta n. 39 del 17 marzo 2004, il Comune di San Vicenzo si è espresso favorevolmente circa la compatibilità ambientale del progetto presentato dalla Solvay Chimica Italia S.p.a., avente ad oggetto l’ampliamento della cava ubicata in località San Carlo e la realizzazione di un nuovo raccordo ferroviario per il trasporto verso lo stabilimento di Rosignano dei materiali estratti dalla cava.

La delibera n. 39/2004 è stata annullata dalla allora Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara con provvedimento del 6 maggio 2004. L’iniziativa della Soprintendenza è motivata con riferimento a un duplice profilo di ritenuta criticità del progetto Solvay: da un lato, la profonda alterazione morfologica del rilievo collinare boscato a quote facilmente percepibili anche da grande distanza, foriera di un’irreparabile compromissione dell’aspetto naturale dei luoghi; dall’altro, l’incompatibilità del previsto abbattimento del vecchio silos e della vecchia stazione di stoccaggio del materiale calcareo con la logica della risistemazione ambientale a salvaguardia degli elementi di archeologia industriale esistenti e la conseguente, profonda trasformazione di un paesaggio caratterizzato da una dignità ambientale autonoma e meritevole di essere conservata.

L’annullamento in sede amministrativa della pronuncia di V.I.A. non ha impedito al Comune di San Vincenzo di rilasciare, nel febbraio 2005, l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 D.Lgs. n. 42/2004 al progetto presentato dalla Solvay, e, nel febbraio 2006, di autorizzare la prosecuzione dell’attività di coltivazione della cava di San Carlo secondo il piano di coltivazione di cui al progetto, comprendente “la realizzazione del Raccordo, del nuovo silo in Cava e della Strada, nonché la dismissione della teleferica, come allegato all’Accordo di Programma e di Pianificazione ratificati da parte della Regione Toscana […]” (così il provvedimento comunale del 7 febbraio 2006, in atti).

A seguito della comunicazione di inizio lavori depositata dalla Solvay il 25 luglio 2008, e relativa alla demolizione del vecchio silos di carico e della teleferica, il Comune di San Vincenzo ha segnalato all’interessata – con nota del 29 luglio – come la “dismissione” del vecchio silos, menzionata nel provvedimento del febbraio 2006, non equivalesse necessariamente alla sua demolizione, dovendosi comunque tenere conto dei pareri contrari resi in sede di V.I.A. dalla Soprintendenza pisana. Il Comune ha pertanto sollecitato la Solvay, se del caso, a formalizzare una proposta di demolizione del silos e il relativo progetto, unitamente alla richiesta di nulla osta alla Soprintendenza, con contestuale invito a sospendere i lavori perché in contrasto con il presupposto provvedimento autorizzatorio.

Quindi, con ulteriore nota dell’11 agosto 2008, il Comune resistente non solo ha ribadito che l’autorizzazione del febbraio 2006 non riguardava la demolizione del silos, ma anche rimarcato come la problematica fosse rimasta estranea alla valutazione di V.I.A., diffidando la Solvay a non effettuare i lavori di demolizione del silos.

Ancora, con missiva dell’8 ottobre il Comune ha rinnovato la diffida e invitato la Solvay a procedere con la sola dismissione della teleferica, previa presentazione di un piano e di un progetto specifici, corredati di idonea documentazione.

Alle tre note del luglio – ottobre 2008, impugnate dalla Solvay con il ricorso introduttivo, è seguita la comunicazione del 18 novembre 2008, con la quale il Comune di San Vincenzo chiariva di ritenere la demolizione del silos assentibile, purché in presenza di idoneo titolo abilitativo e di autorizzazione paesaggistica. La comunicazione comunale rinviava peraltro alla nota della Soprintendenza del 21 ottobre 2008, ove era ribadito il parere contrario alla demolizione del silos e degli adiacenti piloni.

Tali atti formano oggetto dell’impugnazione proposta con il primo atto di motivi aggiunti.

Proseguendo nella ricostruzione degli eventi, con sentenza del 20 maggio 2009 questo tribunale ha annullato il provvedimento con cui la Soprintendenza aveva caducato in via amministrativa la pronuncia favorevole di V.I.A. pronunciata nel 2004 dal Comune.

La ricorrente Solvay, nel dicembre dello stesso anno 2009, ha chiesto di essere autorizzata a demolire la copertura in eternit del vecchio silos, oramai pericolante, ottenendone in risposta da parte del Comune, nel marzo 2010, la trasmissione del parere della Soprintendenza contenente la richiesta di presentare il progetto architettonico ed esecutivo della nuova copertura. La richiesta presupporrebbe, secondo la ricorrente, la volontà di consentire unicamente a interventi conservativi della struttura, in coerenza con l’intendimento contrario alla demolizione, già chiaramente manifestato dalla Soprintendenza.

Sia la nota comunale di trasmissione, sia il parere della Soprintendenza, sono stati impugnati con il secondo atto di motivi aggiunti.

2.1. Le tre impugnazioni, investendo atti e provvedimenti fra loro collegati e connessi, saranno esaminate congiuntamente.

2.1.1. Con il primo motivo di ricorso, la Solvay lamenta l’illegittimità della pretesa del Comune di San Vincenzo di subordinare la demolizione del vecchio silos al rilascio di un’autonoma autorizzazione paesaggistica, la quale sarebbe già insita nel provvedimento conclusivo della valutazione di impatto ambientale (la richiesta del Comune integrerebbe perciò un indebito aggravio a carico della ricorrente).

Con il secondo motivo si sostiene che, in virtù dell’unitarietà del progetto a suo tempo presentato dalla Solvay, la valutazione di impatto ambientale avrebbe necessariamente avuto a oggetto (anche) la demolizione del silos, indispensabile per la realizzazione del nuovo raccordo ferroviario.

Con il terzo motivo, la ricorrente – riaffermata la non necessità del rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica relativamente alla demolizione del vecchio silos – contesta comunque che all’esame del progetto sia competente la Soprintendenza, sostenendo che si tratti, semmai, di materia di competenza del Ministero dell’Ambiente.

Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta che le diffide comunali a non eseguire i lavori di demolizione del silos non indicherebbero la fonte del potere esercitato, ciò che impedirebbe all’interessata il pieno esercizio delle proprie difese.

Il quinto motivo è diretto a far valere l’erroneità del presupposto delle diffide comunali, vale a dire la supposta mancanza di valutazione ambientale della demolizione del vecchio silos. In realtà, la demolizione del silos rappresenterebbe un momento imprescindibile della realizzazione del nuovo raccordo ferroviario e, come tale, non avrebbe potuto essere stata ignorata dalle autorità procedenti in sede di pronuncia sulla compatibilità ambientale del progetto di ampliamento della cava presentato dalla Solvay (il raccordo, la cui realizzazione è stata valutata favorevolmente ai fini della V.I.A., sarebbe destinato a transitare sul sedime attualmente occupato dal silos).

Con il sesto motivo, la ricorrente ipotizza che la diffida comunale dell’11 agosto possa venire interpretata come una forma irrituale di annullamento in autotutela dell’intera valutazione di impatto ambientale. Se così fosse, l’atto sarebbe viziato da incompetenza, oltre che da eccesso di potere per difetto di interesse pubblico all’autotutela e per mancanza di una complessiva rivalutazione di tutti gli interessi coinvolti, a partire da quello di Solvay all’abbattimento del silos, senza il quale l’intero progetto non potrebbe essere realizzato.

Con il settimo motivo, la ricorrente ricorda che la valutazione di impatto ambientale resa dal Comune di San Vincenzo con la delibera di Giunta n. 39/2004 venne annullata dalla Soprintendenza proprio perché, fra l’altro, consentiva la demolizione del silos. L’annullamento è stato impugnato non solo dalla Solvay, ma anche dal Comune, il cui comportamento non si spiegherebbe se la V.I.A. annullata non si fosse riferita anche alla demolizione del silos.

Con l’ottavo motivo, la ricorrente afferma che la pronuncia favorevole di V.I.A. conterrebbe in sé anche l’autorizzazione paesaggistica, di modo che non vi sarebbe alcuna necessità di una nuova ed autonoma autorizzazione, come invece richiesto dal Comune resistente.

Con il nono motivo, è dedotta la violazione dell’art. 146 D.Lgs. n. 42/2004. Il vecchio silos dal demolire non costituirebbe certamente una bellezza naturale e non si vedrebbe pertanto quali ragioni collegate alla tutela paesaggistica ne impediscano la demolizione.

Con il decimo motivo di ricorso, la Solvay evidenzia come l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di San Vincenzo il 16 febbraio 2005 non possa non intendersi riferita anche all’intervento sul silos, la cui demolizione costituisce il presupposto necessario per la realizzazione del raccordo ferroviario.

2.1.2. Con il primo motivo ed il secondo motivo aggiunto, la Solvay sostiene che, con la propria nota del 21 ottobre 2008, contenente parere contrario alla demolizione del vecchio silos di carico, la Soprintendenza di Pisa sarebbe intervenuta in materia estranea alla sua competenza, trattandosi di un progetto di coltivazione di cava; e, per di più, in assenza di qualsiasi richiesta da parte dell’interessata, oltre che in violazione dell’art. 146 D.Lgs. n. 42/2004 e senza il supporto di una norma attributiva del potere esercitato.

Con il terzo motivo aggiunto, è ulteriormente dedotto il difetto di istruttoria nel quale sarebbe incorsa la Soprintendenza, la quale avrebbe ritenuto di poteri pronunciare sul progetto pur in assenza di qualsiasi documentazione; mentre, con il quarto motivo aggiunto, la ricorrente si chiede a quale scopo il Comune di San Vicenzo le abbia imposto di munirsi di autonoma autorizzazione paesaggistica alla demolizione del silos, quando la Soprintendenza si è già pronunciata in sensi contrario alla realizzazione dell’intervento.

2.1.3. Con il primo dei motivi aggiunti depositati il 3 maggio 2010, la Solvay denuncia l’avvenuta elusione della sentenza n. 1075/2009, con la quale il T.A.R. ha annullato il provvedimento adottato in autotutela dalla Soprintendenza nei confronti della pronuncia di V.I.A. adottata dal Comune di San Vicenzo con la delibera n. 39/2004. La decisione del T.A.R. avrebbe, infatti, riconosciuto che l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune riguardava il progetto di ampliamento della cava nella sua unitarietà, ivi compreso l’intervento di smantellamento del vecchio silos; con la conseguenza che l’iniziativa del Comune di sottoporre a un nuovo iter autorizzativo la demolizione del silos sarebbe illegittima, perché relativa a intervento già autorizzato.

Il secondo dei motivi aggiunti del 3 maggio 2010 è nuovamente rivolto a far valere la carenza di potere nella quale avrebbe operato la Soprintendenza con la richiesta della presentazione di un nuovo progetto per il rifacimento della copertura del vecchio silos in sostituzione di quella originaria, demolita perché pericolante.

Il terzo motivo aggiunto del 3 maggio 2010 afferisce alla mancata comunicazione alla ricorrente, da parte del Comune, dell’intervenuta trasmissione alla Soprintendenza della pratica inerente la demolizione della copertura del silos, benché la stessa ricorrente avesse segnalato preventivamente l’inutilità ed illegittimità della trasmissione.

2.2. Le censure sono fondate per quanto di ragione.

2.2.1. La valutazione positiva di impatto ambientale, pronunciata dal Comune di San Vincenzo con la delibera di Giunta n. 39/2004 è stata annullata dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara sia nella parte relativa all’ampliamento della cava di San Carlo, sia nella parte relativa allo smantellamento del vecchio silos di carico, della vecchia stazione di stoccaggio del materiale calcareo e del sistema aereo di trasporto del calcare.

Il provvedimento della Soprintendenza è stato a sua volta annullato da questa Sezione con la sentenza n. 1075/2009. Questa, dopo aver qualificato ai sensi dell’art. 151 co. 4 D.Lgs. n. 490/1999 il potere esercitato dalla Soprintendenza, ha chiarito come il Comune di San Vincenzo, nel pronunciarsi favorevolmente in sede di V.I.A., abbia inteso procedere separatamente quanto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica; e proprio dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica con separato provvedimento dirigenziale del 16 febbraio 2005 ha tratto appunto la conferma di come la pregressa pronuncia di V.I.A. fosse priva di valenza autorizzativa in ordine ai profili paesaggistici.

La sentenza n. 1075/2009 ha quindi concluso per l’illegittimità dell’iniziativa assunta dalla Soprintendenza, incompetente a pronunciarsi in materia estranea alla tutela specifica dei beni ambientali e culturali. Conclusione rafforzata dal riferimento alla specialità della disciplina dei procedimenti autorizzativi in materia di cave, attribuita dall’art. 2 della legge n. 349/1986 alla competenza del Ministero dell’Ambiente e ribadita dall’art. 146 co. 14 del D.Lgs. n. 42/2004, che, nel testo vigente all’epoca dei fatti di causa, lasciava ferme le potestà del Ministero predetto, pur prevedendo che venissero esercitate tenuto conto delle valutazioni espresse sui profili paesaggistici dalla competente Soprintendenza.

È, questo, un esito interpretativo al quale il collegio intende dare continuità nel presente giudizio.

In particolare, merita integrale condivisione il passaggio conclusivo della sentenza n. 1075/2009, ove si legge che “Nel quadro normativo descritto, riguardante la materia delle cave, l’intervento dell’Amministrazione per i beni e le attività culturali si configura dunque come apporto collaborativo e non in termini strettamente provvedimentali; resta dunque esclusa, anche per questa via, la competenza della Soprintendenza ad annullare atti che, pur incidenti sul profilo paesaggistico, attengono alla specifica materia di cui si tratta. Non è sufficiente per “salvare” almeno in parte il provvedimento impugnato sostenere che, per quanto riguarda la salvaguardia delle attrezzature industriali dismesse, esterne all’area estrattiva strettamente intesa, la Soprintendenza era comunque titolare del potere di annullamento e che l’ha legittimamente esercitato; resta infatti insuperabile la distinzione tra la pronuncia di compatibilità ambientale (deliberazione G.C. n. 39/2004) e l’autorizzazione paesaggistica successivamente rilasciata, riguardante sia l’ampliamento della cava, sia la realizzazione del nuovo raccordo ferroviario e del nuovo silo (atto dirigenziale del 16/2/2005); in ogni caso, tenuto conto che tutti i provvedimenti considerati hanno fatto riferimento al progetto presentato da Solvay nella sua interezza e complessità, senza operare disaggregazioni tra i diversi aspetti, evidentemente in ragione del loro stretta interconnessione funzionale, si deve ritenere che al profilo riguardante l’attività estrattiva e l’ambito di cava (in parte oggetto di ampliamento, in parte di ripristino) deve attribuirsi rilievo prevalente e assorbente anche ai fini dell’individuazione delle competenze”.

Se pertanto, al di là dell’apporto collaborativo espresso sui profili paesaggistici, nessuna competenza autorizzativa può riconoscersi alla Soprintendenza resistente in materia di esercizio dell’attività della cava di San Carlo, ivi inclusi gli interventi sulle strutture industriali da dismettere, non per questo rispetto all’intervento progettato dalla ricorrente Solvay si registra nell’ordinamento un vuoto di tutela del pubblico interesse, comunque affidato al Ministero dell’Ambiente.

Non a caso, l’autorizzazione paesaggistica separatamente rilasciata dal Comune di San Vincenzo per atto del 16 febbraio 2005 risulta trasmessa a quel Ministero a norma dell’art. 2 l. n. 349/1986 cit..

2.2.2. Al contempo, è innegabile che la pronuncia di V.I.A. comunale e, successivamente, l’intervento in autotutela della Soprintendenza abbiano avuto ad oggetto anche lo smantellamento del vecchio silos di carico.

Per quanto il rapporto istruttorio allegato alla pronuncia di V.I.A. sia laconico al riguardo, non è stata contestata da alcuna delle parti resistenti l’affermazione secondo cui la realizzazione del raccordo ferroviario progettato dalla Solvay, e certamente esaminato ai fini della valutazione di impatto ambientale, avrebbe comportato di necessità l’eliminazione del vecchio silos, collocato in posizione incompatibile con quella del nuovo tracciato ferroviario (si vedano anche le rappresentazioni planimetriche in atti).

E la previsione dell’abbattimento del vecchio silos costituisce uno degli aspetti del progetto sottoposto a V.I.A. che risulta espressamente investito dal pur illegittimo intervento della Soprintendenza.

Sul punto, ogni dubbio è peraltro fugato dalla convenzione intervenuta fra il Comune di San Vincenzo e la Solvay il 17 novembre 2005, nella quale, dopo essersi dato atto dei contenuti del progetto presentato dalla società nel dicembre 1999, comprensivi della dismissione dell’attuale silos di carico, viene ripercorsa l’intera vicenda procedimentale connotata da una serie di passaggi tutti favorevoli alla realizzazione del progetto (gli accordi di pianificazione e di programma del 1 luglio 2003; la V.I.A. del marzo 2004; l’autorizzazione paesaggistica del febbraio 2005).

Soprattutto, la convenzione del novembre 2005, nel mentre autorizza Solvay alla prosecuzione dell’attività di cava secondo il piano di coltivazione di cui al progetto, comprendente la realizzazione del nuovo raccordo ferroviario, del nuovo sito di cava, della strada e la dismissione della teleferica, obbliga la medesima Solvay a demolire entro tre anni la teleferica e il vecchio silos di carico, a comprova del reciproco consenso delle parti circa la sorte – demolizione – riservata al silos dal progetto sottoposto all’esame e all’approvazione del Comune.

Dell’avvenuta stipula della convenzione dà poi espressamente atto il provvedimento comunale del 7 febbraio 2006, contenente l’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività di coltivazione della cava secondo il progetto a suo tempo presentato dalla Solvay. Non può pertanto dubitarsi che il Comune abbia inteso con ciò assentire, fra l’altro, anche la demolizione del silos già pattiziamente prevista.

Se così è, risulta pretestuoso il successivo tentativo del Comune di distinguere, una volta ricevuta la comunicazione di avvio dei lavori da parte della ricorrente, fra “demolizione” e “dismissione” della struttura, come pure pretestuosa è la richiesta di un ulteriore titolo abilitativo per la demolizione del silos. Né tale tentativo può reputarsi legittimato dai pareri della Soprintendenza pisana, reiteratamente contrari alla demolizione, perché provenienti da autorità sprovvista di competenza in materia, come già statuito dal Tribunale con la più volte citata sentenza n. 1075/2009.

Ne discende le impugnative proposte con il ricorso introduttivo del giudizio e con i primi due atti di motivi aggiunti meritano di essere integralmente accolte.

3. Con il terzo atto di motivi aggiunti, la ricorrente Solvay impugna il piano strutturale approvato dal Comune di San Vincenzo il 5 agosto 2015 e integrato dalla successiva deliberazione consiliare dell’8 gennaio 2016, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana il 10 febbraio 2016. Il nuovo piano strutturale (“San Vincenzo 2020”) ricomprende l’area del silos di carico Solvay nel sub-sistema insediativo della città consolidata e prevede per essa obiettivi di salvaguardia e valorizzazione della struttura, consistenti nella sua riorganizzazione funzionale come “porta di accesso Nord” a San Vincenzo (art. 37 delle N.T.A. di P.S.). Il silos è altresì inserito dal piano fra le invarianti strutturali degli insediamenti urbani (art. 60 N.T.A.).

3.1. La censure avverso il piano strutturale sono articolate in quattro motivi.

Il primo e il secondo attengono alla violazione dell’aspettativa riposta dalla ricorrente sulla realizzazione del progetto del 1999, e ingenerata dall’autorizzazione alla coltivazione della cava, implicante assenso alla demolizione del silos, nonché dagli impegni assunti dalle parti con la presupposta convenzione del 17 novembre 2015, una parte dei quali sarebbe già stata eseguita dalla Solvay (realizzazione del nuovo silos di carico; demolizione della teleferica; dismissione del vecchio silos; realizzazione della nuova viabilità di collegamento). Di tale aspettativa il piano strutturale non avrebbe tenuto alcun conto, disponendo puramente e semplicemente lo stralcio del progetto dagli obiettivi di governo del territorio, senza il corredo di quella più approfondita motivazione che la giurisprudenza richiede in presenza di scelte urbanistiche destinate a collidere con posizioni di affidamento qualificato.

Con il terzo motivo è dedotta la violazione dell’art. 15 della legge regionale toscana n. 1/2005, per avere il Comune omesso di comunicare alla Solvay l’avvio del procedimento per l’adozione e l’approvazione del nuovo piano strutturale.

Con il quarto motivo, infine, la società ricorrente impugna le previsioni di piano strutturale (artt. 34 e 70 N.T.A.) che prevedono l’apertura al libero transito della viabilità di servizio alla cava San Carlo. La destinazione di quella viabilità al solo uso industriale risponderebbe agli accordi intervenuti con il Comune e contraddirebbe le finalità per le quali ne era stato realizzato l’ampliamento su richiesta della stessa amministrazione (alleggerire il disagio dovuto al traffico veicolare), oltre ad essere irragionevole, giacché l’abitato di San Carlo sarebbe ben raggiungibile attraverso la doppia viabilità già esistente. Per altro verso, l’apertura all’uso pubblico altererebbe le condizioni di sostenibilità dell’attività estrattiva, imprescindibilmente collegata alle modalità di trasporto dei materiali estratti, e comunque avrebbe richiesto un’istruttoria, completamente pretermessa dal Comune, in ordine alla sussistenza dei requisiti di sicurezza per la circolazione stradale e per l’incolumità pubblica.

3.2. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati nei termini di seguito precisati.

3.2.1. Le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamenti di merito sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità. Esse non richiedono una motivazione puntuale e mirata, essendo sufficiente l’indicazione dei profili generali e dei criteri di fondo che sorreggono le determinazioni assunte, salvo che queste incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo le legittime aspettative di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifica considerazione, e che tradizionalmente vengono fatte dipendere dal superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968, ovvero dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione o accordi di diritto privato intercorsi con il Comune, dall’esistenza di giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione, dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (da ultimo, fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 2013, n. 3603).

L’esistenza di situazioni di aspettativa qualificata, anche laddove scaturente da strumenti attuativi già convenzionati, non costituisce peraltro una preclusione assoluta all’esercizio del potere di pianificazione territoriale, giacché lo ius variandi di cui l’amministrazione gode rispetto alle previsioni urbanistiche legittima altresì lo scioglimento dai vincoli eventualmente assunti mediante atti convenzionali, ai quali il Comune non può ritenersi permanentemente vincolato (che in presenza di sopravvenute ragioni di pubblico interesse l’amministrazione non solo possa, ma debba, recedere dagli accordi conclusi con i privati è enunciato con forza di principio generale dall’art. 11 co. 4 della legge n. 241/1990). In siffatta evenienza occorre, però, che l’amministrazione motivi adeguatamente e specificamente le ragioni delle proprie iniziative sotto il profilo del bilanciamento dei contrapposti interessi (per tutte cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3766; id., 13 aprile 2005, n. 1743).

Alla stregua dei principi dianzi ricordati, e alla luce di quanto esposto in precedenza, alla ricorrente Solvay va certamente riconosciuta, in virtù della convenzione sottoscritta con il Comune di San Vincenzo nel novembre 2005 e della successiva autorizzazione all’esercizio della cava del febbraio 2006, un’aspettativa qualificata alla integrale realizzazione del progetto di coltivazione da essa presentato, ivi compresa la demolizione del vecchio silos. Un’aspettativa meritevole, perciò, di particolare tutela e considerazione da parte del pianificatore comunale al momento dell’adozione e approvazione di previsioni urbanistiche non più compatibili con la demolizione già autorizzata.

La difesa del Comune sostiene che le ragioni di tutela del bene storico-archeologico sarebbero di immediata percezione nella lettura degli artt. 35 e seguenti delle norme di attuazione del piano strutturale impugnato, ma l’assunto non è condivisibile.

L’impianto industriale dell’ex silos Solvay è inserito fra le invarianti strutturali degli insediamenti urbani dall’art. 60 delle norme di attuazione del piano strutturale approvato con deliberazione dell’8 agosto 2015. L’art. 37 delle stesse N.T.A. colloca il silos fra gli elementi di valore ambientale, naturalistico e storico-architettonico e lo identifica come struttura di archeologia industriale, prescrivendone, ad opera dei futuri strumenti operativi di governo del territorio, la riorganizzazione funzionale come “porta di accesso Nord” a San Vincenzo, comportante la localizzazione di un parcheggio scambiatore e di servizi per la cultura, il turismo, la promozione dei beni ambientali e territoriali.

L’attribuzione della qualità di invariante strutturale, in virtù del suo interesse storico-architettonico, è certamente rivelatrice dell’attuale considerazione che il Comune di San Vincenzo ha del manufatto e del perché oggi si intenda conservarlo. Essa, tuttavia, non spiega le ragioni sottese a quello che appare come un vero e proprio ripensamento del Comune circa le caratteristiche e il destino di una costruzione, il cui abbattimento era già stato convenuto con la proprietà e autorizzato: a non emergere è, nel dettaglio, il percorso logico che ha condotto l’amministrazione resistente – nel quadro di un complessivo bilanciamento degli interessi contrapposti e concorrenti – a dare prevalenza alla conservazione del bene a fronte non soltanto della chiara posizione di affidamento ingenerata nella ricorrente, ma anche dei profili di interesse collettivo alla completa realizzazione del progetto presentato dalla Solvay che, a suo tempo, avevano consentito di ritenere percorribile e addirittura preferibile l’opzione dell’abbattimento.

Né la motivazione carente può essere integrata, come pretenderebbe il Comune, attraverso le argomentazioni rassegnate in giudizio con gli scritti difensivi.

3.2.2. Relativamente agli aspetti evidenziati, il piano strutturale incorre nei vizi denunciati dalla ricorrente.

Va escluso, di contro, che la ricorrente avesse titolo alla comunicazione individuale di avvio del procedimento di pianificazione urbanistica, a ciò ostando la previsione generale di cui all’art. 13 della legge n. 241/1990, non smentita dall’invocato art. 15 della legge regionale n. 1/2005, che si riferisce alla comunicazione di avvio del procedimento da effettuarsi nei confronti dei soggetti istituzionali interessati all’approvazione del piano strutturale, e non dei singoli proprietari di beni coinvolti dalla nuova pianificazione.

Del pari, nessuna illegittimità è ravvisabile nella previsione di apertura al libero transito della viabilità di servizio alla cava di San Carlo, contemplata dagli artt. 34 e 70 delle N.T.A. di piano strutturale. La ricorrente sembra equivocare sul contenuto delle disposizioni impugnate, dalle quali non ritrae alcun pregiudizio: si tratta, infatti, di norme programmatiche, la cui attuazione è rimessa agli strumenti urbanistici operativi e subordinata, in ogni caso, alla stipulazione di un (nuovo) accordo con la società proprietaria del sedime stradale.

3.2.3. Anche l’impugnazione proposta nei confronti del piano strutturale, nella parte in cui introduce una disciplina urbanistica preclusiva della già autorizzata demolizione del vecchio silos Solvay di carico del calcare, deve essere dunque accolta.

4. Le considerazioni esposte conducono all’annullamento di tutti gli atti e provvedimenti impugnati dalla società ricorrente.

L’accoglimento dei gravami soddisfa in forma specifica la domanda accessoria di risarcimento dei danni, eliminando – almeno allo stato – il pregiudizio allegato dalla Solvay e consistente nella irrealizzabilità del nuovo assetto trasportistico della cava di San Carlo.

4.1. Le spese di lite seguono la soccombenza delle amministrazioni comunale e statali resistenti, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie le impugnative proposte con il ricorso introduttivo del giudizio e con i connessi motivi aggiunti, e per l’effetto annulla gli atti e provvedimenti impugnati ai sensi e per gli effetti di cui in parte motiva.

Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 8.000,00, oltre agli accessori di legge, che pone per metà a carico del Comune di San Vincenzo e per la metà rimanente a carico delle resistenti amministrazioni dello Stato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Pierpaolo Grauso
 

IL PRESIDENTE

Armando Pozzi

IL SEGRETARIO
 

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