Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 36 | Data di udienza: 21 Dicembre 2016

* CACCIA – Piano Faunistico Venatorio Provinciale – Divieto di cacciare in prossimità delle culture a perdere – Legittimità – Disciplina degli appostamenti fissi – Associazioni venatorie – Legittimazione ad agire in giudizio – Difetto – Periodo di caccia alla volpe – Art. 18, c. 1, lett. b) l. n. 157/1992 – Riduzione – Preventiva autorizzazione regionale e parere dell’INFS.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 13 Gennaio 2017
Numero: 36
Data di udienza: 21 Dicembre 2016
Presidente: Romano
Estensore: Cacciari


Premassima

* CACCIA – Piano Faunistico Venatorio Provinciale – Divieto di cacciare in prossimità delle culture a perdere – Legittimità – Disciplina degli appostamenti fissi – Associazioni venatorie – Legittimazione ad agire in giudizio – Difetto – Periodo di caccia alla volpe – Art. 18, c. 1, lett. b) l. n. 157/1992 – Riduzione – Preventiva autorizzazione regionale e parere dell’INFS.



Massima

 

TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 13 gennaio 2017, n. 36


CACCIA – Piano Faunistico Venatorio Provinciale – Divieto di cacciare in prossimità delle culture a perdere – Legittimità.

 Il divieto, contenuto nel Piano Faunistico Venatorio Provinciale,  di cacciare in prossimità delle culture a perdere appare ragionevole in quanto esse sono destinate all’alimentazione e alla riproduzione della fauna selvatica, e tale scopo verrebbe frustrato ove se ne ammettesse l’abbattimento.
 

CACCIA – Disciplina degli appostamenti fissi – Associazioni venatorie – Legittimazione ad agire in giudizio – Difetto.

I soggetti rappresentanti degli interessi collettivi di una categoria sono legittimati ad agire in giudizio per difendere posizioni giuridiche di cui siano titolari essi stessi oppure tutta la collettività rappresentata; ne consegue che le associazioni venatorie non sono legittimate ad agire in giudizio per  contestare la disciplina degli appostamenti fissi: la titolarità degli appostamenti fissi compete infatti ai singoli cacciatori, né può dirsi che la posizione sia comune a tutti i componenti della categoria in quanto non tutti i cacciatori sono titolari di appostamenti.
 

CACCIA – Piano Faunistico Venatorio Provinciale – Periodo di caccia alla volpe – Art. 18, c. 1, lett. b) l. n. 157/1992 – Riduzione – Preventiva autorizzazione regionale e parere dell’INFS.

L’art. 18, comma 1, lett. b) della l. n. 157/1992 prevede che il periodo di caccia alla volpe decorra dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio, e al comma 2 dispone che  questo termine possa essere modificato per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali su autorizzazione regionale, previo parere dell’I.N.F.S.. E’ quindi illegittima la disposizione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale che vieta l’abbattimento delle volpi fuori dall’inverno, nel caso in cui  la Provincia non si sia munita di preventiva autorizzazione regionale né l’I.N.F.S. abbia espresso alcun parere.

Pres. Romano, Est. Cacciari –  Federcaccia – Sezione Provinciale di Lucca e altri (avv. Spadafora) c. Provincia di Lucca (avv. Righi)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 13 gennaio 2017, n. 36

SENTENZA

 

TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 13 gennaio 2017, n. 36

Pubblicato il 13/01/2017

N. 00036/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00535/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 535 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Federcaccia – Sezione Provinciale di Lucca, Arci Caccia – Federazione Provinciale di Lucca, A.N.U.U. Migratoristi – Sede Provinciale di Lucca, Unione Nazionale Enalcaccia Pesca e Tiro – Sezione Provinciale di Lucca, Italcaccia – Provincia di Lucca, Associazione Nazionale Libera Caccia, Federcaccia Toscana, Arci Caccia – Comitato Federativo Toscano, A.N.U.U. Migratoristi – Sede Regionale Toscana e Unione Nazionale Enalcaccia Toscana Pesca e Tiro – Delegazione Toscana, tutte in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dall’avvocato Domenico Spadafora, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Orgagna 76;

contro

la Provincia di Lucca in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Roberto Righi, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Lamarmora 14;

nei confronti di

la Regione Toscana in persona del Presidente in carica della Giunta, rappresentata e difesa dagli avvocati Silvia Fantappiè e Maria Letizia Falsini, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Firenze, piazza dell’Unità Italiana 1;
il Comune di Vagli Sotto in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;
il Consorzio Garfagnana Produce, l’Ambito Territoriale di Caccia ATC 12 di Lucca, l’Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature Onlus e l’Associazione Amici della Terra – Onlus in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

– della deliberazione del Consiglio Provinciale n. 123 del 18.12.2014, pubblicata sull’Albo Pretorio della Provincia dì Lucca dal 15.1.2015 al 29.1.2015, recante “L.R. 3/94 art. 8 comma 1) Approvazione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale” e dei relativi allegati (All. A, Testo, B, Cartografie, C, Rapporto ambientale, D, Studio di incidenza, E, Dichiarazione di sintesi, in parte qua;

– della deliberazione Giunta Provinciale n. 244 del 12.12.2014, pubblicata sull’Albo Pretorio della Provincia di Lucca dal 30.12.2014 al 13.1.2015, recante “Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Lucca 2012-2015 – Procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) “Parere motivato dell’autorità competente ex art. 26, L.R.T. n. 10/2010”, e dei relativi allegati, in parte qua;

– ove occorrente, della nota della Regione Toscana del 5.2.2015 di parere dì conformità del PFVP di Lucca rispetto agli obiettivi del PRAF regionale, ex art. 8, comma 1, L.R.T 3/94 e di ogni atto della Regione che avesse confermato o approvato il PFVP di Lucca, e di tutti gli atti connessi, presupposti o conseguenti ivi compresi il citato Parere istruttorio ai fini della VAS con prescrizioni (recante anche recepimento della VINCA) della Commissione valutativa della Provincia di Lucca in data 11.12.2014 (approvato con la delibera GP n. 244/2014); il citato Parere ai fini della VINCA con prescrizioni (recepito dagli esiti della procedura VAS) nonché ed ove occorrente, di tutti gli atti, anche endoprocedimentali, verbali, pareri, dei suddetti procedimenti VINCA-VAS; della Proposta di Piano faunistico sottoposta a osservazioni (PFVP adottato) con tutti i relativi allegati inclusi il Testo adottato, il Rapporto ambientale, Studio di incidenza, Dichiarazione di sintesi, cartografie, il Documento preliminare relativo alla VAS, sul PFV ed ogni altro atto del procedimento;

e a seguito dei motivi aggiunti depositati il 12 novembre 2015;

– della delibera del Consiglio Provinciale di Lucca del 16.7.2015, n. 52, recante “deliberazione Consiglio Provinciale n. 123 del 18/12/2014. Approvazione del piano faunistico venatorio provincia/e integrazioni e modifiche”;

– della nota della Regione Toscana emessa ai sensi dell’art. 8, comma 1 della legge n. 3 del 12.1.1994, recante parere di conformità del FVP di Lucca rispetto agli obiettivi del PRAF regionale, ex art. 8, co. 1, L.R.T.. 3/94 e di ogni atto della Regione che avesse confermato o approvato il PFVP;

e a seguito dei motivi aggiunti depositati il 24 marzo 2016

– della determinazione dirigenziale n. 3427 del 31.7.2015, recante “L. 157/1992, Piano Faunistico Venatorio Provincia/e approvato con D. C. P. N. 123/2014. Appostamenti fissi di caccia. Indirizzi” del dirigente p. t. del Servizio pianificazione territoriale e della mobilità, patrimonio, risorse naturali e politiche energetiche, urbanistica-Ufficio risorse faunistiche della Provincia di Lucca, arch. Lazzari Francesca Elena.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Lucca e della Regione Toscana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2016 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La Provincia di Lucca, con deliberazione consiliare 18 dicembre 2014, n. 123, ha approvato il Piano faunistico venatorio provinciale (nel seguito anche “Piano”). Il provvedimento è stato impugnato da diverse associazioni venatorie con il presente ricorso, notificato il 13 marzo 2015 e depositato il 3 aprile 2015, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituite la Provincia di Lucca e la Regione Toscana chiedendo l’inammissibilità e, comunque, il rigetto del ricorso nel merito.

2. Con successiva deliberazione consiliare della stessa Provincia di Lucca 16 luglio 2015, n. 52, sono state approvate modifiche al Piano e anche questo provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 15 ottobre 2015 e depositato il 12 novembre 2015.

3. Con determinazione dirigenziale 31 luglio 2015, n. 3427, la Provincia di Lucca ha poi definito indirizzi per gli appostamenti fissi di caccia e anche tale provvedimento è stato impugnato con secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 25 febbraio 2016 e depositato il 24 marzo 2016.

4. All’udienza del 21 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Le ricorrenti sono associazioni venatorie e con il ricorso principale impugnano il Piano faunistico venatorio provinciale di Lucca.

1.1 Con primo motivo contestano la prescrizione secondo la quale all’interno di tutte le aree di addestramento, allenamento e gare di cani, gli animali immessi devono provenire da allevamenti situati entro 200 km dal luogo di rilascio, e nel resto del territorio devono essere reperiti presso ZRC toscane o di Regioni limitrofe entro 200 km dal luogo di immissione. Secondo le ricorrenti l’Amministrazione non potrebbe limitare il ricorso al libero mercato individuando un raggio di approvvigionamento né imponendo di rivolgersi a una specifica tipologia di fornitori, e tanto varrebbe sia per gli acquisti da parte di privati che per quelli da parte degli Ambiti territoriali di caccia (nel seguito: “Ambiti”). La disposizione violerebbe le norme costituzionali sul libero mercato e le normative sull’evidenza pubblica che devono essere rispettate dagli Ambiti, e sarebbe anche illogica perché determinate specie potrebbero non essere reperibili nel raggio previsto di duecento chilometri.

Le osservazioni presentate in corso di procedimento sono state respinte facendo riferimento allo stress che gli animali potrebbero subire a causa del trasporto, ma tale situazione potrebbe essere determinata non dalla distanza percorsa ma dalle modalità del trasporto, disciplinato peraltro dal Regolamento comunitario 1/2005 recepito con decreto legislativo 25 luglio 2007, n. 151.

Con secondo motivo deducono che nel Piano, tra gli interventi di miglioramento ambientale, è prevista la realizzazione di “culture a perdere” consistenti in superfici agricole da destinare all’alimentazione della fauna selvatica, in prossimità delle quali è vietata la caccia. Detta previsione sarebbe illegittima per incompetenza poiché limiti, divieti e distanze sarebbero sottratti alla competenza provinciale la quale deve regolare gli istituti tipici ma non disporre ulteriori limiti atipici all’esercizio della caccia; inoltre, il criterio della prossimità sarebbe generico ed estraneo alla materia venatoria e a quella sanzionatoria e in tal modo verrebbe violato il principio di tassatività.

Con terzo motivo contestano la prescrizione che consente l’attivazione, nei siti di Natura 2000, di forme di controllo e limitazione della circolazione con fuoristrada legata all’attività venatoria. La Provincia sarebbe infatti incompetente a dettare norme in materia di mobilità e mezzi di trasporto né sarebbe ragionevole limitare la circolazione dei soli fuoristrada e non degli altri automezzi, che possono avere pari o superiore incidenza ambientale. Inoltre il concetto di fuoristrada sarebbe estraneo alla normativa regolante la circolazione stradale, il che renderebbe la previsione generica. Non si comprende nemmeno perché è precluso l’accesso ai soli fuoristrada per uso venatorio e non a tutti i fuoristrada, posto che in entrambi i casi potrebbe essere arrecato nocumento all’ambiente. Mancherebbero infine istruttoria e motivazione del divieto, che violerebbe anche quanto previsto dalla Legge della Regione Toscana 27 giugno 1994, n. 48.

Con quarto motivo si dolgono che il Piano preveda il contingentamento degli appostamenti e il divieto di nuove autorizzazioni alla loro realizzazione in determinati siti di Natura 2000, poiché la previsione sarebbe immotivata e la Provincia non avrebbe competenza a limitare il loro numero.

Con quinto motivo censurano la disposizione secondo la quale le aree di addestramento dei cani, nuove o già esistenti, poste nei siti di Natura 2000 devono munirsi di uno studio di incidenza, poiché la Legge della Regione Toscana 6 aprile 2000, n. 56, prevede che solo eccezionalmente il privato debba presentarlo mentre la valutazione di incidenza dei piani e dei programmi di pianificazione è posta a carico dell’ente pubblico che li approva. A loro dire, le aree di addestramento cani non potrebbero essere definite alla stregua di interventi o progetti e, inoltre, la normativa regionale prevede l’adempimento solo per i siti indicati nel suo allegato D. In via subordinata, deducono che l’adempimento non potrebbe essere previsto per le aree addestramento già esistenti.

Con sesto motivo contestano la previsione secondo la quale il regolamento potrà valutare le modalità più idonee di caccia al capriolo e al muflone, con possibilità di vietarne l’esercizio nella forma della “cerca”. La norma sarebbe illegittima poiché i metodi di caccia sono stabiliti a livello regionale e la Provincia non avrebbe possibilità di disporre limitazioni, ai sensi del DPGR 33/R del 26 luglio 2011. Non si comprenderebbe poi perché nel Piano sia presente la cerca al cervo mentre la stessa è vietata per capriolo e muflone né, nella vigenza del precedente Piano che prevedeva questa tipologia di caccia, si sono mai verificati inconvenienti di alcun genere anche in zone frequentate da escursionisti. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale-ISPRA la indica poi come modalità essenziale per la selezione dei capi di ungulati.

Con settimo motivo, in riferimento alla gestione del cinghiale, contestano le previsioni del Piano che prevedono densità differenziate per aree e quella che stabilisce una densità generica nelle aree protette. L’articolo 28 bis della Legge della Regione Toscana 12 gennaio 1994, n. 3, rimetterebbe alla Provincia il compito di stabilire una densità ottimale differenziata per razze di ungulati ma omogenea sul territorio, con l’unica eccezione per le aree agricole ove la densità è pari a zero. Il Piano ha invece operato una distinzione tra aree ed ha inoltre omesso di indicare un limite numerico per le aree protette, adottando come criterio quello di “qualsiasi densità che non provochi danni sensibili al patrimonio agroforestale o alle altre componenti delle zoocenosi terrestri” che sarebbe eccessivamente generico.

Con l’ottavo motivo di ricorso censurano le disposizioni relative al munizionamento e tendenti a limitare l’uso del piombo nell’attività venatoria, poiché non esisterebbe alcuna normativa che ne vieti l’utilizzo nelle munizioni per la caccia. La Provincia avrebbero esorbitato dalle proprie competenze e, inoltre, non sarebbe stato effettuato un bilanciamento di interessi né un’adeguata istruttoria sull’effettiva incidenza del piombo nell’ambiente e sulla salute degli animali e sull’efficacia delle munizioni alternative. Sarebbe poi illogico prevedere il superamento dell’utilizzo del piombo nelle aree addestramento cani poiché queste sono destinate solo temporaneamente a tale attività, mentre per il resto dell’anno sono aperte all’attività venatoria. Sarebbe insufficiente la risposta fornita dalla Provincia alle osservazioni relative alla caccia al cinghiale nella quale è diffuso l’utilizzo di fucili a canna liscia, per i quali non esistono, allo stato, alternative valide alla palla in piombo.

Con nono motivo lamentano che il Piano, per l’apertura di nuovi distretti destinati alla caccia di selezione, preveda almeno due anni di monitoraggio, trattandosi di previsione generica ed illogica.

Con il decimo motivo contestano il divieto di immissione delle quaglie nelle aree di addestramento inserite nei siti di Natura 2000, poiché non previsto dalla legge e carente di motivazione e istruttoria.

Con l’undicesimo motivo si dolgono che la scelta di limitare l’inanellamento della fauna immessa ai soli fasianidi e di limitarlo al 40% fuori dalle ZRC e ZRV sarebbe illogica, poiché l’inanellamento di una sola parte gli animali immessi non consentirebbe di effettuare alcun monitoraggio.

Con dodicesimo motivo lamentano che il divieto relativo ai piani di controllo sul piccione (vietati tra novembre e gennaio) potrebbe creare confusione con le colombelle e sarebbe un parametro non previsto da alcuna disposizione; d’altra parte compete proprio alla Provincia l’adozione dei piani di controllo sicché non si comprende l’esistenza di un divieto generalizzato a suo stesso carico. Inoltre la delibera della Giunta Regionale Toscana 14 luglio 2014, n. 586, consente la caccia in deroga al piccione fino a tutto il 15 dicembre, periodo coincidente con quello del prelievo provinciale.

Con il tredicesimo motivo deducono che la disposizione del Piano che vieta l’abbattimento delle volpi fuori dall’inverno contrasterebbe con le disposizioni normative, le quali riservano tali valutazioni all’ISPRA senza che alcuna competenza in merito sia attribuita alla Provincia.

Con quattordicesimo motivo si dolgono che il Piano abbia previsto l’istituzione di tre nuove zone di protezione a tutela della migrazione dell’avifauna. La scelta sarebbe motivata genericamente da esigenze di tutela delle rotte migratorie senza menzionare dati o ricerche che giustifichino le scelte effettuate, e non è stata considerata la possibilità di gestire tali aree come “aree a particolare gestione” nelle quali talune specie potrebbero essere escluse dalla caccia bilanciando così le esigenze di salvaguardia della fauna con quelle venatorie.

1.2 Con il primo ricorso per motivi aggiunti le ricorrenti impugnano la deliberazione consiliare 16 luglio 2015, n. 52, con cui sono state approvate modifiche al Piano. In particolare, con tale provvedimento è stata introdotta una deroga, per l’anno 2015, all’immediata entrata in vigore dell’obbligo di predisporre uno studio di incidenza per le aree di addestramento cani già attive o da avviare all’attività; una deroga relativa all’obiettivo di riduzione dei capi ammessi ed una deroga per l’anno 2015 all’obbligo di utilizzare strutture di ambientamento per l’immissione di starne e pernici rosse. Con la deliberazione in parola è stato inoltre generalizzato il divieto di utilizzare fuoristrada nei siti di Natura 2000, e confermato il pregresso divieto di caccia al piccione nell’area del padule di Bientina e nella bonifica di Massaciuccoli.

Le ricorrenti lamentano illegittimità derivata con riferimento alle norme originarie del Piano relative:

– alla disciplina per la costruzione e gestione delle aree addestramento cani;

– al controllo limitativo della circolazione dei fuoristrada;

– alla caccia al piccione.

1.3 Con il secondo ricorso per motivi aggiunti le ricorrenti contestano la determinazione dirigenziale 31 luglio 2015, n. 3427, con la quale la Provincia di Lucca ha definito gli indirizzi per gli appostamenti fissi di caccia. Premesso che la determinazione non è stata loro comunicata pur avendo esse partecipato al procedimento di approvazione del Piano, ne deducono illegittimità sia derivata che autonoma poiché ha inciso sul diritto al trasferimento degli appostamenti e avrebbe inserito una nuova causa di decadenza non prevista nell’articolo 82 del Decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana 26 luglio 2011, n. 33/R. Ne lamentano inoltre nullità per difetto assoluto di attribuzione poiché, a norma dell’articolo 5, comma 3, l. 11 febbraio 1992 n. 157, spetterebbe alla Regione emanare norme per l’autorizzazione degli appostamenti fissi.

1.4 La Regione e la Provincia di Lucca replicano puntualmente alle deduzione delle ricorrenti; la seconda eccepisce anche difetto di interesse poiché con Legge della Regione Toscana 1 marzo 2016, numero 20, le funzioni esercitate dalla Provincia sono state trasferite alla Regione.

2. In via preliminare deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa provinciale, poiché al trasferimento delle funzioni in capo alla Regione, cui comunque il ricorso è stato notificato, non sono seguiti nuovi provvedimenti atti ad incidere sull’interesse delle ricorrenti alla decisione del gravame.

3. Nel merito il gravame è parzialmente fondato, nei termini che seguono.

3.1 Il ricorso principale deve essere accolto nei seguenti limiti.

3.1.1 Il primo motivo è infondato poiché è generico quanto alla dedotta incompetenza provinciale, mentre la previsione contestata non è irragionevole in quanto costituisce dato di comune esperienza il fatto che gli animali possano essere stancati (anche) dalla lunghezza di un viaggio, oltre che dalle modalità di trasporto.

Le norme sul libero mercato non sono violate poiché l’art. 42, secondo comma, Cost. ammette limitazioni alla libera iniziativa economica per motivi di utilità sociale, tra cui ben può rientrare quello di evitare inutili sofferenze agli animali, mentre la associazioni non sono imprese di settore e non hanno quindi interesse a dedurre censure sulla violazione della normativa in materia di evidenza pubblica.

3.1.2 Il secondo motivo deve a sua volta essere respinto poiché, ancora una volta, la censura è generica quanto alla dedotta incompetenza provinciale, mentre il divieto di cacciare in prossimità delle culture a perdere appare ragionevole in quanto esse sono destinate all’alimentazione e alla riproduzione della fauna selvatica, e tale scopo verrebbe frustrato ove se ne ammettesse l’abbattimento.

Inoltre non è generico il divieto di attività venatoria “in prossimità” delle culture a perdere poiché queste devono essere segnalate con le tabelle di divieto ai sensi dell’articolo 42 della L.R. n. 3/1994 (pag. 144 del Piano) e, pertanto, il cacciatore è messo in grado di identificarne la presenza e l’estensione e di rendersi conto del divieto.

3.1.3 Il terzo motivo è improcedibile poiché superato dalla delibera n. 52/2015, gravata con atto per motivi aggiunti.

3.1.4 Il quarto motivo è inammissibile per difetto di legittimazione.

I soggetti rappresentanti degli interessi collettivi di una categoria sono legittimati ad agire in giudizio per difendere posizioni giuridiche di cui siano titolari essi stessi oppure tutta la collettività rappresentata ma tanto non avviene nel caso di specie, poiché la titolarità degli appostamenti fissi compete ai singoli cacciatori e non alle associazioni ricorrenti, né può dirsi che la posizione sia comune a tutti i componenti della categoria in quanto non tutti i cacciatori sono titolari di appostamenti.

3.1.5 Il quinto motivo è improcedibile poiché superato dalla delibera n. 52/2015, gravata con atto per motivi aggiunti.

3.1.6 Il sesto motivo è infondato poiché l’art. 110, comma 2, del d.P.G.R. 33/2011 prevede che “la caccia di selezione è esercitata, secondo le norme definite dalla provincia, esclusivamente in forma individuale, con i sistemi della cerca e dell’aspetto, senza l’uso dei cani e con l’esclusione di qualsiasi forma di battuta”. La disposizione quindi ammette la caccia esclusivamente in forma individuale, con i sistemi della cerca e dell’aspetto, ma rimette alla Provincia la determinazione delle modalità con cui questi possono essere realizzati con valutazioni ampiamente discrezionali e sfocianti nel merito amministrativo. Tali valutazioni possono essere contestate in caso di l’irragionevolezza manifesta o travisamento, ma nel caso di specie non è data dimostrazione né dell’una né dell’altro.

3.1.7 Il settimo motivo è privo di pregio, poiché è considerazione di comune esperienza quella che la densità obiettivo non può essere uniforme in tutto il territorio, ma deve necessariamente variare in base alle sue diverse caratteristiche da zona a zona.

3.1.8 L’ottavo motivo è infondato poiché l’obiettivo di ridurre e limitare l’uso del piombo appare logico e ragionevole, ed è nozione di comune esperienza quella secondo cui è materiale tossico. La tutela della salute è obiettivo prioritario, a fronte del quale non può non cedere quello allo svolgimento dell’attività venatoria, e la mancanza di alternativa alla palla in piombo per la caccia al cinghiale non rappresenta un valido argomento per contestare la previsione di cui si tratta.

3.1.9 Il nono motivo è inammissibile per difetto di interesse poiché la norma che prevede, al fine dell’apertura di nuovi distretti destinati alla caccia di selezione, lo svolgimento di almeno due anni di monitoraggio non è attualmente lesiva delle posizioni facenti capo alle ricorrenti.

3.1.10 Il decimo motivo è a sua volta inammissibile poiché la norma contestata è frutto di valutazioni che sono espressione della discrezionalità propria dell’Amministrazione, delle quali non viene dimostrata illogicità o l’irragionevolezza.

3.1.11 L’undicesimo motivo è infondato poiché le affermazioni delle ricorrenti, secondo le quali l’inanellamento di una sola parte degli animali immessi non consentirebbe di effettuare alcun monitoraggio, sono indimostrate.

3.1.12 Il dodicesimo motivo è a sua volta basato su affermazioni delle ricorrenti che esse non dimostrano, e deve quindi essere respinto.

3.1.13 Il tredicesimo motivo è fondato.

L’art. 18, comma 1, lett. b) della l. n. 157/1992 prevede infatti che il periodo di caccia alla volpe decorra dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio, e al comma 2 dispone che (anche) questo termine possa essere modificato per determinate specie in relazione alle situazioni ambientali su autorizzazione regionale, previo parere dell’I.N.F.S.). Questa procedura non è stata osservata nel caso di specie poiché la Provincia non si è munita di preventiva autorizzazione regionale né l’I.N.F.S. ha espresso alcun parere. La disposizione deve essere quindi annullata.

3.1.14 Anche il quattordicesimo motivo è fondato poiché la scelta di istituire tre nuove zone di protezione a tutela della migrazione dell’avifauna non è in alcun modo motivata né, in atti, emergono elementi istruttori atti a giustificarla.

3.2 Il primo ricorso per motivi aggiunti è infondato.

La prima censura si appunta sulla disciplina per la costruzione e la gestione delle aree di addestramento cani ed è inammissibile, poiché le ricorrenti non dimostrano l’insostenibilità economica dello studio di incidenza.

La seconda censura riguarda il controllo limitativo della circolazione dei fuoristrada ed è infondata, poiché la circolazione veicolare è materia trasversale e le limitazioni imposte non appaiono irragionevoli. E’ infatti nozione di comune esperienza che nelle aree campestri normalmente si addentrano solo i fuoristrada e non gli altri autoveicoli; peraltro la nozione di “fuoristrada” è sufficientemente definita, identificandosi tale categoria in un “autoveicolo o motoveicolo con ruote fornite di pneumatici speciali, capace di muoversi su terreni accidentati e anche di guadare corsi d’acqua”. La definizione è di uso comune, sicché chiunque può comprendere l’ambito di applicazione del divieto.

La terza censura, con cui si contesta la conferma del pregresso divieto di caccia al piccione nell’area del padule di Bientina e nella bonifica di Massaciuccoli, è basata su affermazioni delle ricorrenti che esse non dimostrano, e deve quindi essere respinta.

3.3 Il secondo ricorso per motivi aggiunti è inammissibile per difetto di legittimazione, come già esposto nella decisione sul ricorso principale, in quanto titolari degli appostamenti fissi sono i singoli cacciatori e non le associazioni ricorrenti, né la posizione azionata appare comune all’intera categoria poiché non tutti i cacciatori sono titolari di appostamenti.

4. In conclusione il ricorso principale deve essere accolto parzialmente, quanto ai soli motivi tredicesimo e quattordicesimo, e per l’effetto devono essere annullate le disposizioni del Piano che vietano l’abbattimento delle volpi fuori dall’inverno e che istituiscono tre nuove zone di protezione a tutela della migrazione dell’avifauna. Il primo ricorso per motivi aggiunti deve essere respinto, mentre il secondo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese processuali possono essere integralmente compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, in parte accoglie il ricorso principale, nei sensi e limiti di cui in motivazione; respinge il primo ricorso per motivi aggiunti e dichiara inammissibile il secondo ricorso per motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Alessandro Cacciari
 

IL PRESIDENTE
Saverio Romano
 

IL SEGRETARIO

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