Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Rifiuti Numero: 622 | Data di udienza: 15 Gennaio 2015

* RIFIUTI – BENI CULTURALI E AMBIENTALI –  Regione Toscana – Regolamentazione dello spandimento nei terreni agricoli dei fanghi biologici – Paesaggio rurale toscano riconosciuto patrimonio Unesco.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 20 Aprile 2015
Numero: 622
Data di udienza: 15 Gennaio 2015
Presidente: Romano
Estensore: Di Santo


Premassima

* RIFIUTI – BENI CULTURALI E AMBIENTALI –  Regione Toscana – Regolamentazione dello spandimento nei terreni agricoli dei fanghi biologici – Paesaggio rurale toscano riconosciuto patrimonio Unesco.



Massima

 

TAR TOSCANA,  Sez. 2^ – 20 aprile 2015, n. 622


RIFIUTI – BENI CULTURALI E AMBIENTALI –  Regione Toscana – Regolamentazione dello spandimento nei terreni agricoli dei fanghi biologici – Paesaggio rurale toscano riconosciuto patrimonio Unesco.

La Regione Toscana era pienamente legittimata, sia pur nel rispetto dei livelli di tutela ambientale posti dalla disciplina legislativa nazionale, a dettare una previsione regolamentare sullo spandimento dei fanghi biologici, intesa alla conservazione e valorizzazione del particolare pregio del paesaggio rurale toscano (nella fattispecie della Val D’Orcia), riconosciuto mediante l’inserimento nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, caratterizzato da una peculiarissima conformazione paesaggistica, della quale costituisce parte integrante il suolo ed il territorio con le sue caratteristiche specifiche esposte a rischi di alterazione derivanti dallo smaltimento massivo dei fanghi di depurazione. Il legislatore nazionale ha infatti integralmente delegato alle Regioni, sia per ciò che concerne in generale la gestione dei rifiuti (art. 196 d.lgs. n. 152/2006) che con riferimento in particolare allo smaltimento dei fanghi biologici tramite spandimento nei terreni agricoli (d.lgs. n. 99/1992), tanto le funzioni amministrative di pertinenza quanto la connessa regolamentazione, limitandosi a prevedere la sottoposizione dell’attività di raccolta, stoccaggio e spandimento ad un regime autorizzatorio nonché a fissare i livelli minimi di tutela, a salvaguardia dell’ambiente e del territorio.


Pres. Romano, Est. Di Santo – E. s.r.l. (avv.ti Baldoni e Brizi) c. Regione Toscana (avv. Gentini), Provincia di Siena (avv. Bari), Comune di Pienza e altri (avv. Stolzi)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 2^ - 20 aprile 2015, n. 622

SENTENZA


TAR TOSCANA,  Sez. 2^ – 20 aprile 2015, n. 622


N. 00622/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01006/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1006 del 2013, proposto da:
Eco-Agri S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Baldoni e Valentino Brizi, con domicilio eletto presso Nicola Ceccuzzi in Firenze, viale Giuseppe Mazzini, 18;

contro

Regione Toscana, in persona del Presidente p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Gentini, ed elettivamente domiciliata in Firenze, piazza dell’Unità Italiana n. 1; Provincia di Siena, in persona del Presidente p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Duccio Bari, ed elettivamente domiciliata presso Luca Casagni Lippi in Firenze, Via Masaccio n. 235;
Comune di Pienza, in persona del Sindaco P.T., Comune di Castiglione D’Orcia, in persona del Sindaco p.t., Comune di Montalcino, in persona del Sindaco pt., Comune di Radicofani, in persona del Sindaco p.t., Comune di San Quirico D’Orcia, in persona del Sindaco p.t., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’avv. Paolo Stolzi, ed elettivamente domiciliati presso lo stesso in Firenze, Via Masaccio n. 183;

nei confronti di

Società Val D’Orcia S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;

per l’annullamento

A) del Decreto del Presidente della Giunta della Regione Toscana n. 15/R dell’8 aprile 2013, pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione n. 15, parte prima, del 17/4/2013, con il quale, “Vista la deliberazione della Giunta regionale 25 marzo 2013, n. 198”:

-è stato inserito (art. l) l’art. 9-bis al d.p.g.r. n. 14/R/2004, il cui comma 6 è del seguente, letterale tenore: “6. All’interno dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO sulla base delle tipologie individuate dalla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio mondiale, culturale

ed ambientale firmata a Parigi il 16 novembre 1972, dai Paesi aderenti all’Organizzazione delle nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), la superficie autorizzata per l’utilizzazione dei fanghi in agricoltura, ai sensi del’art. 6, comma l, n. l) del d.lgs. n. 99/1992, non può superare il 3 per cento della superficie del sito medesimo ricadente nel territorio di ciascun comune”;

-è stato previsto (art. 4) che “Le disposizioni di cui agli articoli l, 2 e 3 non si applicano alle richiesta di autorizzazione o di rinnovo già presentate alla data di entrata in vigore del presente regolamento”;

B) della deliberazione della Giunta regionale 25 marzo 2013, n. 198, con la quale è stato deliberato di approvare le suddette modifiche al regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale 25 febbraio 2004 n. 14/R ed appena sopra indicate al punto che precede;

C) del provvedimento della Provincia di Siena – Settore Politiche Ambientali – trasmesso via pec all’interessata in data 12/6/2013 (prot. n. 2013/1 00975) con il quale, a fronte della richiesta (prot. 96330 del 5/6/2013) di rinnovo dell’autorizzazione allo spandimento dei fanghi di depurazione in agricoltura sui terreni dell’Azienda Agricola “F .lli Goddi”, situati nel Comune di Radicofani e presentata dalla ricorrente Società ECOAGRI S.r.l., è stato comunicato in via definitiva che il relativo procedimento non può nemmeno essere avviato per effetto dell’entrata in vigore del D.P.G.R. n. 15/R/2013, in quanto “alla data odierna, fatte salve eventuali rinunce e/o scadenze dei procedimenti avviati, la superficie complessiva potenzialmente autorizzabile è pari a 507.31.08 ha e quindi già ampiamente superiore al limite del 3 % di cui alla citata normativa regionale”;

D) di ogni altro atto presupposto e/o, connesso e/o consequenziale, ivi compresi: il parere del Comitato Tecnico di direzione della Regione Toscana espresso nella seduta del 20/12/2012, i pareri della competente struttura regionale, la preliminare deliberazione della Giunta regionale di adozione

dello schema di regolamento del 7 gennaio 2013, n. 10, nonché tutti i pareri favorevoli menzionati nel D.P.G.R. n. 15/R;

il tutto con ogni e più ampia riserva di motivi aggiunti e richiesta di risarcimento del danno;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana, della Provincia di Siena, del Comune di Pienza, del Comune di Castiglione D’Orcia, del Comune di Montalcino, del Comune di Radicofani, e del Comune di San Quirico D’Orcia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2015 la dott.ssa Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con provvedimento n. 945 del 24.7.2007 la Provincia di Siena rilasciava alla società Eco-Agri s.r.l., odierna ricorrente, un’autorizzazione per lo spandimento di fanghi sui terreni agricoli di proprietà dell’Azienda Agricola “F.lli Goddi”, siti in Comune di Radicofani.

Tale autorizzazione veniva successivamente prorogata per un ulteriore triennio con provvedimento della Provincia di Siena n. 550 del 16.4.2010, con scadenza dunque al16.4.2013.

Con Deliberazione G.R. n. 198 del 25.3.2013, la Giunta Regionale della Toscana modificava il Regolamento regionale in materia di gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati già adottato con Decreto del Presidente della Regione Toscana 25.2.2004 n. 14/R.

La modifica approvata con la Deliberazione sopra richiamata concerne quella sezione del Regolamento (il capo III, rubricato “Autorizzazione per lo spandimento dei fanghi in agricoltura”) ove sono disciplinate le funzioni di autorizzazione e controllo in materia di utilizzazione in agricoltura dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione di acque reflue domestiche o urbane.

Due gli obiettivi dichiarati della modificazione introdotta con il provvedimento regionale ivi impugnato, come è agevole ricavare dal Preambolo della deliberazione:

– introdurre limitazioni nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, allo scopo di eliminare o comunque minimizzare i possibili impatti sui territori, con particolare riferimento agli impatti odorigeni;

– introdurre una disciplina specifica a tutela dei suoli inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, allo scopo di introdurre correttivi che consentano di conciliare l’attività di spandimento dei fanghi con l’eccezionalità culturale e naturalistica di tali luoghi.

Operativamente, la modifica in questione l) anzitutto, in attuazione dell’obiettivo della minimizzazione degli impatti odorigeni, detta talune specifiche modalità di utilizzazione dei fanghi volte a limitare la diffusione di cattivi odori (es. prevedendo misure volte a garantire l’incorporazione dei fanghi nel suolo e a limitarne il ruscellamento, ed inserendo precise condizioni da rispettare, anche dal punto di vista della tempistica, nei casi in cui è consentito l’accumulo di fanghi); 2) in secondo luogo, in attuazione della seconda delle finalità sopra evidenziate, stabilisce che all’interno dei siti Unesco la superficie autorizzata per l’utilizzazione di fanghi in agricoltura, ai sensi dell’art. 6, comma 1 n. l, del D.lgs. n. 99/1992 (che prevede appunto in capo alle Regioni il potere di autorizzare l’utilizzazione di fanghi in agricoltura), non possa superare il 3% della superficie del sito medesimo ricadente nel territorio di ciascun Comune.

Quanto al regime di applicabilità, il provvedimento regionale dispone che le norme non si applichino alle richieste di autorizzazione o di rinnovo già presentate alla data di entrata in vigore del regolamento (con l’evidente scopo di non penalizzare, con efficacia “retroattiva”, le domande presentate nella vigenza della vecchia disciplina). Per l’effetto, la nuova disciplina si applica unicamente a quelle domande di autorizzazione pervenute dopo l’entrata in vigore della modifica.

In data 4.6.2013 la Società Eco-agri S.r.l. ha fatto pervenire alla Provincia di Siena – Settore Politiche Ambientali una richiesta di rinnovo dell’autorizzazione allo spandimento di fanghi di depurazione nei terreni agricoli di proprietà dell’Azienda Agricola “F.lli Goddi” già rilasciata con atto dirigenziale della Provincia di Siena n. 945 del 24.7.2007 e venuta in scadenza in data 16.4.2013.

A tale richiesta la Provincia ha risposto in senso negativo, dando atto della modifica regolamentare medio tempore intervenuta e comunicando che, essendo allo stato attuale l’estensione dei terreni agricoli ricadenti nel sito Unesco Val D’Orcia e siti nel Comune di Radicofani, già autorizzati allo spandimento di fanghi di depurazione, pari a 507,3108 ettari (e dunque di gran lunga superiore al limite di superficie massima autorizzabile, pari a 320 ettari), non poteva essere accolta alcuna ulteriore domanda in tal senso.

Avverso il provvedimento di diniego dell’autorizzazione, nonché avverso la modifica regolamentare introdotta dalla Regione Toscana, la Società Eco­ agri S.r.L ha proposto il ricorso in esame, affidandosi sostanzialmente a due ordini di argomentazioni:

– si nega anzitutto che le Regioni dispongano in materia di una potestà regolamentare che le abiliti alla previsione di limitazioni rispetto alla possibilità di utilizzare fanghi in agricoltura, salvo che queste ultime non siano direttamente riconducibili alla composizione dei fanghi nonché alle caratteristiche dei suoli (da intendersi, secondo la ricorrente, come “peculiarità fisico-chimica della loro natura e composizione”), ovvero alle distanze dai centri abitati;

– in secondo luogo, si sostiene l’irragionevolezza della misura adottata dalla Regione, che avrebbe introdotto una limitazione indiscriminata (senza tener conto, cioè, delle diversità esistenti fra i singoli territori ed – in particolare – della diversa percentuale di terreni agricoli insistenti sui vari Comuni della Toscana), oltre che irragionevole rispetto alle intenzioni dichiarate nel preambolo, ossia all’obiettivo di ridurre l’impatto odorigeno dello spandimento dei fanghi (a tal fine si sostiene che la misura regionale avrebbe dovuto estendere la limitazione ad altre forme di concimazione organica parimenti odorigene).

Si sono costituite la Regione Toscana, la Provincia di Siena, e i Comuni di Pienza, di Castiglion d’Orcia, di Montalcino, di Radicofani e di San Quirico d’Orcia, che hanno controdedotto.

2. Il ricorso è infondato.

Come chiaramente evidenziato nel Preambolo della Deliberazione impugnata, la finalità perseguita dalla Regione Toscana con la modificazione regolamentare ivi contestata era quella non soltanto di ridurre l’impatto odorigeno derivante dallo spandimento massivo, ma soprattutto quello di preservare le particolari caratteristiche visive e paesaggistiche dei territori rurali ricadenti nell’area dell’Unesco, rispetto ai rischi di possibile alterazione dei suoli agricoli derivanti da un uso massiccio di fanghi di depurazione come fertilizzanti.

Ciò premesso, è opportuno innanzitutto soffermarsi sulle censure formulate in merito alla asserita incompetenza assoluta della Regione Toscana rispetto all’adozione della modificazione regolamentare de qua.

A tal fine occorre in primo luogo – allo scopo di disegnare il riparto delle competenze in subiecta materia, e di conseguenza di verificare se la Regione sia effettivamente titolare della potestà regolamentare – verificare a quale specifica materia debba essere ricondotta la disciplina legislativa dello smaltimento dei fanghi di depurazione mediante utilizzazione in agricoltura, per poi verificare a quale Ente risultino attribuite le relative funzioni amministrative.

Quanto al primo punto, la giurisprudenza ha già affermato, in termini pienamente condivisibili, che “non può dubitarsi che la disciplina dello spandimento dei fanghi sia da ricondurre alla disciplina dei rifiuti (cfr. artt. 127, 183 e allegato A alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006; nonché Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 163 del 06-12-2006) e che quest’ultima sia, a sua volta, da collocare – per giurisprudenza costante della Corte costituzionale (cfr. da ultimo sentenza Corte cost. 24 luglio 2009, n. 249) – nell’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. “ (TAR Lombardia, sez. II, 4.4.2012 n. 1006).

Da ciò dovrebbe conseguire – in stretta applicazione del criterio di ripartizione fissato dalla Costituzione – la sussistenza di una potestà regolamentare statale.

Tuttavia, occorre tener presente che la materia della gestione dei rifiuti “per la molteplicità dei settori di intervento assume una struttura complessa e si presta ad interferire con altri ambiti di interessi e di competenze, sicché, come più volte chiarito dalla Corte costituzionale, deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull’intero territorio nazionale, restando ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (cfr. ex multis, sentenza C. Cost. n. 62 del 2008).

Pertanto, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad interessi inerenti in via primaria alla tutela dell’ambiente, possono venire in rilievo interessi sottostanti ad altre materie, per cui la «competenza statale non esclude la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire […]», ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato (cfr. sentenza n. 62 del 2005; altresì, sentenze n. 247 del 2006, n. 380 e n. 12 del 2007)” (TAR Lombardia, sez. II, 4.4.2012 n. 1006).

Più in particolare, per ciò che concerne nello specifico la materia dello spandimento di fanghi in agricoltura, è innegabile che essa coinvolga numerosi altri ambiti materiali oltre alla tutela dell’ambiente, e più in particolare la materia di competenza regionale esclusiva “Agricoltura”, la materia di competenza concorrente “Tutela della salute” (nella quale rientra altresì la disciplina degli interventi di protezione dell’igiene e della sanità pubblica), la materia di competenza concorrente “Valorizzazione dei beni culturali ed ambientali” (e, nel caso di specie, la finalità prima ed espressa della disciplina impugnata è quella di conciliare l’attività di spandimento di fanghi con l’eccezionalità naturalistica e culturale di alcuni territori della Regione), la connessa materia di potestà concorrente “Governo del territorio”, nonché la materia di competenza residuale piena del “Turismo”.

A riguardo, va evidenziato che la Regione ha, infatti, funzioni in materia di tutela del paesaggio e delle aree di relativo interesse, che si esprimono non solo mediante lo strumento del Piano d’Indirizzo Territoriale (implementato con la disciplina di tutela paesaggistica ai sensi della L.R. 1/2005, art. 33, in relazione all’art. 135 D. Lgs. 42/2004), ma sono in generale riconosciuti dallo stesso Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, che (art. 7) fissa i principi fondamentali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale, nel rispetto dei quali le Regioni sono abilitate ad esercitare la propria potestà legislativa.

In situazioni di questo genere, quindi, il dettato costituzionale, come interpretato dal Giudice delle leggi, prevede che sia riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, restando ferma la possibilità per le Regioni di stabilire livelli di tutela più elevati per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (cfr. in tal senso T.A.R. Lombardia 4.4.2012 n. 1006; T.A.R. Puglia 7.12.2012 n. 2100; Corte cost. 5.3.2009 n. 61; Corte cost. 14.3.2008 n. 62).

In altri termini, per quello che è dato ricavare dall’esame del mero dato costituzionale, in materia di gestione dei rifiuti la Regione risulta titolare di una potestà legislativa concorrente o residuale e, quindi, ex art. 117, 6° comma, Cost., regolamentare – pur nel rispetto di quegli standards minimi sanciti dal legislatore statale a tutela e salvaguardia dell’ambiente – per tutti quegli ambiti materiali direttamente connessi con la gestione dei rifiuti ma che concernono il raggiungimento di fini di propria competenza, ulteriori ed altri rispetto alla tutela dell’ambiente in senso stretto.

A tale schema risponde il dettato del d.lgs. 27-1-1992 n. 99, con il quale il legislatore statale è intervenuto per dare attuazione alla direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura.

Tale decreto ha il dichiarato scopo (art. 1) “di disciplinare l’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull’uomo, incoraggiandone nel contempo la corretta utilizzazione”, e pone dei “livelli minimi di tutela ambientale” intesi alla salvaguardia del suolo e delle acque superficiali, disciplinando all’art. 4 i casi di divieto di utilizzazione dei fanghi.

E le surrichiamate norme del d.lgs. n. 99/1992 sono state <<fatte salve dal legislatore del T.U. dell’ambiente (di cui al d.lgs. n. 152/2006), in quanto contenenti “disposizioni specifiche particolari o complementari, conformi ai principi del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti” (così art. 177, co. III, del d.lgs. n.152 cit. A proposito della perdurante vigenza degli artt. 4 e 6 del d.lgs. n.99/1992 cfr. Cass. Pen. Sez. IV, Sent. n. 27558 del 05-06-2008)>> (TAR Lombardia, sez. II, 4.4.2012 n. 1006).

A ciò deve aggiungersi – come ben messo in luce dalle difese delle amministrazioni resistenti – che il legislatore nazionale ha integralmente delegato alle Regioni, sia per ciò che concerne in generale la gestione dei rifiuti che con riferimento in particolare allo smaltimento dei fanghi biologici tramite spandimento nei terreni agricoli, tanto le funzioni amministrative di pertinenza quanto la connessa regolamentazione.

Infatti, ai sensi dell’art. 196 del Testo Unico in materia di ambiente (D.lgs. n. 152/2006), le funzioni amministrative e la connessa regolamentazione di ogni attività di gestione di rifiuti (che include anche ogni questione relativa alla localizzazione ed alle modalità di smaltimento dei rifiuti, nonché ed al recupero dei rifiuti stessi) appartengono alla competenza delle Regioni (cfr., Cons. di Stato, Sez. V, 15.10.2010 n. 7528).

In particolare, tra gli altri, il primo comma, lett. o), del citato articolo 196 attribuisce alla Regione il compito di provvedere alla “definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare”.

Più nello specifico, il richiamato D.lgs. 27.1.1992 n. 99, ha previsto che l’utilizzazione dei fanghi in agricoltura sia soggetta a specifica autorizzazione amministrativa, ha posto talune specificazioni a carattere tecnico in ordine alle condizioni e modalità per la raccolta, lo stoccaggio, il condizionamento e l’utilizzazione in agricoltura dei fanghi di depurazione, ed, infine, ha delineato (agli artt. 5, 6 e 7) la ripartizione delle competenze amministrative e regolamentari in materia fra Stato, Regioni e Province.

Quanto a quest’ultimo punto, ciò che emerge dalle sopra richiamate disposizioni è che, fatta salva la competenza statale in materia di indirizzo ed aggiornamento dei parametri tecnici rilevanti (alla luce delle nuove conoscenze scientifiche), e fatta salva altresì la competenza delle Province in ordine al controllo sulla correttezza delle attività esercitate, ogni competenza regolamentare ed amministrativa in materia di spandimento dei fanghi è rimessa alle Regioni.

In particolare le Regioni (art. 6):

l) rilasciano le autorizzazioni ai fini della raccolta, stoccaggio ed utilizzazione dei fanghi (e la potestà di rilascio di tale autorizzazione è stata delegata dalla Regione Toscana alle Province territorialmente competenti, in forza dell’art. 6 comma l della L.R. 18.5.1998 n. 25, nonché dell’art. 9 del Regolamento Regione Toscana approvato con Decreto Presidenziale n. 14/R/2004);

2) “stabiliscono ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura per i diversi tipi di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi. alle modalità di trattamento”;

3) fissano le distanze di rispetto dai centri abitati e dagli insediamenti sparsi, dalle strade, dai pozzi di acqua potabile e dai corsi d’acqua;

4) predispongono piani di utilizzazione agricola dei fanghi, tenendo conto delle caratteristiche qualitative sia dei fanghi che dei terreni;

5) producono annualmente una relazione in merito ai quantitativi di fanghi conferiti per uso agricolo;

6) stabiliscono le norme sanitarie per il personale che viene in contatto con i fanghi.

In altri termini il legislatore nazionale si è limitato a prevedere la sottoposizione di tale attività ad un regime autorizzatorio nonché a fissare i livelli minimi di tutela, a salvaguardia dell’ambiente e del territorio, demandando viceversa alla potestà regolamentare delle Regioni la facoltà di disciplinare in concreto l’utilizzazione dei fanghi in agricoltura, nel rispetto degli standards fissati a livello nazionale, individuando le distanze minime dai centri abitati nonché, se del caso, prevedendo ulteriori limiti e condizioni specificamente diretti – tra le altre cose – a preservare la qualità e le caratteristiche del suolo.

“Ulteriori limiti” che, sulla scorta di tutte le considerazioni che precedono, e in pieno accordo con le difese delle amministrazioni resistenti, non possono che comprendere tutte quelle misure idonee a conservare e preservare le caratteristiche tipologiche, non solo chimico-biologiche ma anche fisiche ed ambientali delle aree interessate.

Conclusivamente deve ritenersi che la Regione Toscana fosse pienamente legittimata, sia pur nel rispetto dei suddetti livelli di tutela ambientale posti dalla disciplina legislativa nazionale, a dettare una previsione regolamentare intesa alla conservazione e valorizzazione del particolare pregio del paesaggio rurale toscano (e nella fattispecie della Val D’Orcia), riconosciuto mediante l’inserimento nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, caratterizzato da una peculiarissima conformazione paesaggistica, della quale costituisce parte integrante il suolo ed il territorio con le sue caratteristiche specifiche esposte a rischi di alterazione derivanti dallo smaltimento massivo dei fanghi di depurazione.

Per quanto riguarda, poi, l’asserita irragionevolezza della misura immotivatamente adottata dalla Regione, va rilevato che il regolamento pone un limite, certamente molto restrittivo, ma soltanto in relazione a determinate aree molto specifiche, nelle quali emergono esigenze del tutto particolari.

Esigenze che hanno determinato un diverso bilanciamento degli interessi chiaramente evidenziato nel preambolo del regolamento, laddove si afferma di prevedere “una limitazione della superficie autorizzabile per l’utilizzazione dei fanghi in agricoltura, che consenta di conciliare tali attività con l’eccezionalità culturale e naturalistica di tali luoghi”.

Né, trattandosi di un atto normativo, era necessaria, ai sensi dell’art. 3, 2° comma, della legge 241/90, un motivazione così penetrante da imporre l’esplicitazione dei percorsi logico-scientifici alla base del limite, fissato nel 3% della superficie tutelata, per lo spandimento dei fanghi nei terreni agricoli.

Tale limite rappresenta, infatti, in tutta evidenza, il punto di equilibrio nel quale il legislatore regolamentare regionale ha ritenuto di poter contemperare gli interessi contrapposti, rappresentati da una parte dall’utilizzazione agricola dei fanghi di depurazione, dall’altra dalla preservazione dei caratteri tipici delle aree Unesco, con la doverosa precisazione che ad oggi, fra i siti Unesco ricadenti in Toscana, l’unico che risulta direttamente coinvolto nella misura in contestazione, in quanto area rurale con vastissime coltivazioni agricole, è proprio la Val d’Orcia.

E, la natura quasi esclusivamente agricola del territorio della Val d’Orcia, sottrae alla censura di irragionevolezza l’individuazione di una misura unica di limitazione (3%) per tutti i Comuni il cui territorio ricade nel sito Unesco della Val d’Orcia, la cui specificità rende, tra l’altro, verosimilmente insufficiente la sola applicazione delle “normali” modalità di mitigazione degli effetti di carattere odorigeno e di impatto sulle caratteristiche del suolo.

Né, invero – come evidenziato dalla difesa regionale – può essere assimilato l’impatto odorigeno dei fanghi di smaltimento (la società Eco-Agri afferma trattarsi della imponente quantità di 12.883 tonnellate destinate al solo Comune di Radicofani) rispetto ad altre forme di concimazione agricola, magari anch’esse non piacevoli, ma certamente, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, più legate alle tradizioni agricole-colturali, e quindi anch’esse culturali, del luogo.

3. Il ricorso va, pertanto, respinto.

4. Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, nei confronti delle parti costituite; nulla spese nei confronti della società Val d’Orcia s.r.l., non costituita.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente a rifondere alle parti costituite le spese di lite, che liquida nella complessiva somma di euro 4.500,00 (quattromilacinquecento/00), oltre IVA e CPA, da corrispondere per un terzo alla Regione Toscana, per un terzo alla Provincia di Siena e per un terzo ai Comuni resistenti. Nulla spese nei confronti della società Val d’Orcia s.r.l., non costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Carlo Testori, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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