Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 281 | Data di udienza: 30 Gennaio 2019

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Traslazione e modifica della sagoma – Differenza – Fattispecie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 22 Febbraio 2019
Numero: 281
Data di udienza: 30 Gennaio 2019
Presidente: Romano
Estensore: Bellucci


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Traslazione e modifica della sagoma – Differenza – Fattispecie.



Massima

 

TAR TOSCANA, Sez. 3^ – 22 febbraio 2019, n. 281


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Traslazione e modifica della sagoma – Differenza – Fattispecie.

La traslazione identifica lo spostamento del fabbricato rispetto alla dislocazione prevista nell’originario progetto, mentre la modifica della sagoma riguarda la diversità della forma della costruzione (Cons. Stato, V, 2.4.2001, n. 1898): traslazione e modifica della sagoma sono concettualmente distinte tra loro, con la conseguenza che non è dato desumere dalla prima l’esistenza della seconda (nella specie trattavasi peraltro di traslazione parziale, ovvero di spostamento in avanti di circa un metro, talché la superficie fondiaria occupata dal corpo di fabbrica secondo l’originario progetto continuava ad esserlo in gran parte).


Pres. Romano, Est. Bellucci – L.L. e altri (avv.ti Chierroni e Nucciarelli) c. Comune di Grosseto (avv. Cruciani)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 3^ - 22 febbraio 2019, n. 281

SENTENZA

TAR TOSCANA, Sez. 3^ – 22 febbraio 2019, n. 281

Pubblicato il 22/02/2019

N. 00281/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00725/2017 REG.RIC.
N. 01364/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 725 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Luciano Latini, Matteo Latini, Maria Luisa Fuligni e Ruggero Pieraccini, rappresentati e difesi dagli avvocati Vittorio Chierroni ed Emanuela Nucciarelli, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, via de’ Rondinelli n. 2, e con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

contro

Comune di Grosseto, rappresentato e difeso dall’avvocato Susanna Cruciani, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Massimo Pozzi in Firenze, lungarno Vespucci, 20, e con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
Mario Di Gesaro, rappresentato e difeso dall’avvocato Dario Chielli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 1364 del 2018, proposto da
Mario Di Gesaro, rappresentato e difeso dall’avvocato Dario Chielli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Grosseto, non costituito in giudizio;

per l’annullamento, chiesto in via principale con il ricorso n. 725 del 2017:

– dell’ordinanza n. 16 del 20 marzo 2017 del Comune di Grosseto, Settore Gestione del Territorio – Servizio Vincoli e territorio Aperto / U.O. Abusi Edilizi, notificata ai committenti in data 28.3.2017, di ingiunzione alla demolizione del corpo di fabbrica sito in via della Mimosa n.11, località Marina di Grosseto, come risultante alla data del sopralluogo dei VVUU del 3.6.2016, ovvero degli interventi realizzati in asserita totale difformità dal P.D.C n. 396/2015; nonché di ogni altro atto presupposto e conseguenziale;

– nonché, per quanto occorrer possa, dell’art. 74, comma 12, del regolamento urbanistico del Comune di Grosseto;

e per l’annullamento, chiesto con i motivi aggiunti depositati il 5 ottobre 2018:

– del provvedimento n. 73 in data 25.9.2018 del Dirigente del Settore Gestione del Territorio – Sezione vincoli e territorio aperto – U.O. Abusi edilizi avente ad oggetto “accertamento inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 16 del 20/3/2017, adottata ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 6 giugno n. 380 e dell’art. 196 Legge Regionale Toscana n. 65/2014: applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 4-bis dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001; demolizione d’ufficio delle opere edilizie abusive ai sensi del combinato disposto dell’art. 196, comma 8, lett. a) e dell’art. 199, comma 1, della Legge Regione Toscana n. 65/2014 ed omologo articolo del D.P.R. n. 380/2001”;

– degli atti presupposti e conseguenziali.

quanto al ricorso n. 1364 del 2018, per l’annullamento:

della sopra citata ordinanza del Comune di Grosseto n. 73 del 25.09.2018, nonché di ogni altro atto presupposto e conseguenziale.

Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Grosseto;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2019 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Comune di Grosseto ha rilasciato al signor Latini, in data 7.9.2015, il permesso di costruire avente ad oggetto la sostituzione edilizia con ampliamento di una villetta (totale demolizione e ricostruzione su 4 livelli e incremento della SUL nella misura del 35%) che era stata realizzata in aderenza ad edificio della stessa tipologia (il progetto prevedeva che il nuovo edificio sarebbe stato realizzato con un distacco di 3,20 metri dall’altro); prima ancora, in data 25.11.2014, era stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica n. 2014/191.

Ad esito di una verifica in corso d’opera delle distanze tra pareti finestrate con l’edificio del lotto adiacente, venivano accertati errori nella rappresentazione grafica del corpo di fabbrica rispetto allo stato di progetto e alla dislocazione della struttura fino a quel momento realizzata.

Di conseguenza la parte istante, in data 5.11.2015, ha presentato al Comune domanda di deroga della distanza dal confine sulla sede stradale di via della Mimosa (distanza che, secondo il richiedente, il progetto oggetto del permesso di costruire indicava in metri 1,50 e che invece nella realtà era pari a 80 centimetri). L’Ufficio Patrimonio del Comune, in data 17.11.2015, ha rilasciato parere favorevole circa la deroga.

Gli interessati hanno altresì presentato, in data 19.1.2016, richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica avente ad oggetto lo spostamento di sedime del fabbricato.

In data 3.6.2016 la Polizia Municipale ha effettuato un sopralluogo, ad esito del quale è stata accertata l’avvenuta realizzazione di opere strutturali (travi, pilastri e solai) a una distanza, tra marciapiede pubblico su via della Mimosa e corpo di fabbrica, di metri 0,80, anziché 1,50 metri come previsto nel titolo edilizio rilasciato. Il verbale di sopralluogo (allegato n. 5 depositato in giudizio dal Comune) qualificava come variazione essenziale del permesso di costruire lo spostamento della struttura e ravvisava una totale difformità dal permesso stesso in considerazione dell’esistenza di vincolo paesaggistico.

La Soprintendenza, in data 29.8.2016, ha espresso parere favorevole di compatibilità paesaggistica, talché il Comune, con ordinanza n. 9 del 21.2.2017, ha ordinato agli interessati il pagamento dell’indennità prevista dall’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004.

E’ seguita l’ingiunzione a demolire n. 16 del 20.3.2017, fondata sulle seguenti ragioni:

a) i lavori eseguiti (in avanzamento verso il confine stradale di un metro, riducendo la distanza a m. 0,80, rispetto a m. 1,80 previsti nel progetto approvato) non rientrano tra le varianti in corso d’opera previste dall’art. 143 della L.R. n. 65/2014;

b) i predetti lavori contrastano con l’art. 74, comma 12, del piano operativo vigente, secondo cui “l’intervento dovrà armonizzarsi con i caratteri dominanti morfo-tipologici del contesto senza determinare edifici di altezza superiore a quelli contermini sul medesimo fronte stradale”;

c) l’art. 74, comma 15, del piano operativo ammette solo la ristrutturazione edilizia senza sostituzione degli edifici originali, dei quali devono essere mantenuti i caratteri morfologici;

d) l’art. 15, comma 3, del piano operativo ammette la possibilità di deroga all’obbligo della distanza minima di 5 metri dai confini del lotto di pertinenza purchè tra i confinanti sia sottoscritta apposita convenzione per atto pubblico, ma solo se rilevano diritti privatistici in materia di distanze tra i confini tra le proprietà private (quindi la deroga non può valere per la distanza da una strada pubblica);

e) la distanza minima di cinque metri è riducibile solo per adeguare l’allineamento dell’edificio a quello di edifici adiacenti.

Avverso tale provvedimento e, in via eventuale, avverso l’art. 74, comma 12, del regolamento urbanistico i ricorrenti sono insorti deducendo:

1) Violazione degli artt. 143 e 197 della L.R. n. 65/2014; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, erroneo accertamento di fatto.

La traslazione dell’edificio per un metro non incorre in alcune delle esclusioni previste dall’art. 143 della L.R. n. 65/2014 e costituisce pertanto variante in corso d’opera, rispetto alla quale peraltro è stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica postuma con ordinanza n. 9 del 2017.

2) Per quanto concerne la parte del gravato provvedimento richiamante l’art. 74, comma 12, del piano operativo (secondo cui “l’intervento dovrà armonizzarsi con i caratteri dominanti morfo-tipologici del contesto senza determinare edifici di altezza superiore a quelli contermini sul medesimo fronte stradale”): violazione dell’art. 74 delle NTA del regolamento urbanistico; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, erroneo accertamento di fatto, illogicità e contraddittorietà manifeste; illegittimità derivata.

Sul fronte stradale in questione esistono edifici più alti di quello dei ricorrenti, talché appare irrilevante che l’edificio situato sul lotto confinante con quello di proprietà Latini-Fuligni sia più basso, essendo la norma riferita agli edifici contermini, nell’ottica di una tutela complessiva; diversamente opinando, il richiamato comma 12 dell’art. 74 sarebbe illegittimo per illogicità e contraddittorietà manifeste, non avendo senso vincolare l’altezza di un edificio senza assumere a riferimento l’intero fronte stradale.

3) Per quanto concerne la parte dell’impugnata ordinanza secondo cui l’art. 74, comma 15, del regolamento urbanistico ammette nella zona solo la ristrutturazione edilizia: violazione dell’art. 134 della L.R. n. 65/2014 e dell’art. 74 del regolamento urbanistico; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e carenza di istruttoria.

Poiché si tratta non di nuova edificazione ma di variante al titolo edilizio già rilasciato per la sostituzione edilizia (variante che non muta la tipologia dell’intervento assentito), la traslazione del fabbricato non può contrastare con il richiamato comma 15 dell’art. 74.

4) Per quanto riguarda la parte dell’atto impugnato con cui il Comune adduce l’impossibilità di applicare la deroga al limite minimo delle distanze, ritenendo che tale deroga (prevista dall’art. 15, comma 3, del piano operativo) valga unicamente per i rapporti tra privati: violazione dell’art. 15 del regolamento urbanistico; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, contraddittorietà e illogicità manifeste.

Il citato art. 15 non esclude dalla possibilità di deroga i confini stradali, tanto che il Comune aveva dato parere favorevole alla deroga stessa in data 24.11.2015 e aveva rilasciato, il 7.9.2015, un permesso di costruire riferito al progetto di un edificio a distanza inferiore ai 5 metri stabiliti dall’art. 15.

5) Relativamente alla parte dell’atto impugnato in cui l’intervento viene qualificato come “in totale difformità dal titolo edilizio ai sensi del combinato disposto del comma 1 lett. e) e del comma 4 dell’art. 197 della L.R. n. 65/2014”: violazione degli artt. 196, 197 e 206 della L.R. n. 65/2014 e degli artt. 31 e 32 del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria ed errore di fatto.

L’art. 197, comma 4, della L.R. n. 65/2014 stabilisce che le variazioni essenziali, se ricadenti in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sono considerati in totale difformità dal permesso di costruire, ma, poiché nella controversia in esame non rileva una variazione essenziale (nemmeno ai sensi dell’art. 197, comma 1, lett. “e”, non essendo prescritto nella fattispecie alcun allineamento), non è ipotizzabile la totale difformità.

In pendenza del gravame il Comune di Grosseto, con provvedimento n. 73 del 25.9.2018, ha accertato l’inottemperanza all’ordine di demolizione, ha irrogato la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4 bis, del d.p.r. n. 380/2001 e ha disposto la demolizione d’ufficio delle opere abusive.

Avverso il sopraggiunto provvedimento i ricorrenti sono insorti con motivi aggiunti, incentrati sull’illegittimità derivata dall’ordinanza impugnata con il ricorso principale.

Il direttore dei lavori, ingegner Mario Di Gesaro, ha proposto atto di intervento ad adiuvandum.

Il sopraggiunto provvedimento di demolizione d’ufficio e di irrogazione della sanzione pecuniaria è stato impugnato anche dall’ingegner Mario Di Gesaro, il quale è insorto con il ricorso n. 1364/2018, deducendo le seguenti censure:

1) Violazione degli artt. 31 e 32 del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti.

Nella fattispecie in esame la difformità dal permesso di costruire è rappresentata unicamente dallo spostamento di un metro del fabbricato verso la sede stradale. Pertanto, l’intervento in questione costituisce al più variante in corso d’opera e non variazione essenziale.

2) Violazione dell’art. 31, comma 4 bis, del d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti.

Il citato comma 4 bis prevede la sanzione pecuniaria soltanto in caso di variazioni essenziali o di totale difformità, cui non è riconducibile l’intervento realizzato dai signori Latini e Fuligni. La determinazione dell’importo nella misura massima è ingiustificata, in quanto è irrilevante l’assoggettamento dell’area al vincolo.

3) Violazione degli artt. 196 e 197 della L.R. n. 65/2014; eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti.

Il contestato abuso edilizio non rientra tra i casi di variazione essenziale tipizzati dal legislatore regionale e nazionale (poiché si tratta di variante al titolo edilizio abilitante alla sostituzione edilizia e non di nuova edificazione, non è stata mutata la tipologia dell’intervento assentito).

4) Violazione dell’art. 15 del piano operativo; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; contraddittorietà interna.

Il citato art. 15 non esclude dalla possibilità di deroga al limite minimo delle distanze dai confini le strade pubbliche, tanto più che il permesso di costruire rilasciato il 7.9.2015 prevedeva una distanza dalla strada inferiore ai prescritti 5 metri, mentre l’Ufficio Patrimonio del Comune, con parere del 24.11.2015, si è espresso in senso favorevole alla deroga al limite di distanza dalla sede stradale.

In relazione al primo dei due ricorsi, si è costituito in giudizio il Comune di Grosseto.

Con ordinanza n. 654 del 30.10.2018 è stata accolta l’istanza cautelare presentata con l’impugnativa n. 725/2017.

All’udienza del 30 gennaio 2019 le cause sono state poste in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare il Collegio ritiene di riunire i ricorsi in epigrafe, per ragioni di connessione oggettiva.

2. Con la prima censura i ricorrenti, nel contestare la parte della motivazione dell’atto impugnato secondo cui l’intervento in questione, ricadente in ambito paesaggisticamente vincolato, non rientra nella fattispecie di cui all’art. 143 della L.R. n. 65/2014, sostengono che rileva l’avvenuto rilascio postumo dell’autorizzazione paesaggistica a mezzo dell’ordinanza n. 9/2017 e che si tratta di variante in corso d’opera, la quale può essere legittimata ex post al momento della conclusione dei lavori; aggiungono che la traslazione del fabbricato non rientra in alcuna delle esclusioni sancite dal citato art. 143, in quanto non si tratta comunque di totale difformità o di variazione essenziale e non ricorre una difformità rispetto alla normativa edilizia.

La doglianza è fondata.

La modifica realizzata dai ricorrenti è consistita unicamente nella traslazione dell’opera di un metro verso la strada, senza variazioni della superficie e dell’altezza. In particolare, dalla relazione della Polizia Municipale del 19.7.2016 si evince che l’ingombro dell’edificio non è stato aumentato, in quanto le misurazioni effettuate “risultavano corrispondenti con quanto rappresentato negli elaborati”.

Trova quindi legittima applicazione l’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, il quale ammette l’accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria per i lavori che, come nel caso di specie, non abbiano determinato la creazione di superfici utili o di volumi ovvero il loro incremento. E infatti la traslazione dell’edificio oggetto dell’atto impugnato ha ottenuto l’autorizzazione paesaggistica postuma, come risulta dall’ordinanza n. 9 del 21.2.2017 (allegato n. 6 alla memoria di costituzione del Comune).

Pertanto, stante la regolarizzazione dell’intervento edilizio in ordine alla sua compatibilità con l’esistente vincolo paesaggistico, il vincolo stesso non può ritenersi ostativo alla qualificazione come variante in corso d’opera. L’art. 143, comma 1, lett. “c” e “d”, della L.R. n. 65/2014 (richiamato dalla difesa del Comune), laddove prevede che la variante in corso d’opera debba essere preceduta dall’atto di assenso prescritto dalla normativa sui vincoli, va letto in combinato disposto con l’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, che in casi circoscritti (trai quali rientra la fattispecie in esame) ammette l’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, ottenuto dai ricorrenti. Le stesse considerazioni valgono per l’art. 143, comma 2, della L.R. n. 65/2014, invocato dall’Amministrazione (pagina 4 della memoria depositata in giudizio il 25.10.2018).

3. Priva di pregio è la tesi propugnata dalla difesa del Comune, secondo cui sarebbe insita nella traslazione dell’edificio la modifica della sagoma, talché osterebbe alla qualificazione come variante in corso d’opera l’art. 143, comma 1, lett. b, della L.R. n. 65/2014 (ai sensi del quale la modifica della sagoma dell’edificio è inconciliabile, in determinate zone, con le caratteristiche proprie della variante in corso d’opera).

Il Collegio osserva che la traslazione identifica lo spostamento del fabbricato rispetto alla dislocazione prevista nell’originario progetto, mentre la modifica della sagoma riguarda la diversità della forma della costruzione (Cons. Stato, V, 2.4.2001, n. 1898): traslazione e modifica della sagoma sono concettualmente distinte tra loro, con la conseguenza che non è dato desumere dalla prima l’esistenza della seconda, tanto più che nel caso di specie si è trattato di traslazione parziale, ovvero di spostamento in avanti di circa un metro, talché la superficie fondiaria occupata dal corpo di fabbrica secondo l’originario progetto continua ad esserlo in gran parte.

4. Parimenti non condivisibile è la tesi difensiva dell’Ente secondo cui deve trovare applicazione l’art. 143, comma 1 lett. a, della L.R. n. 65/2014, alla stregua del quale la variante deve essere conforme allo strumento urbanistico comunale (pagina 4 della memoria depositata in giudizio il 25.10.2018).

Ad avviso del Collegio nel caso di specie non risulta, quale ragione di esclusione della sussistenza di variante in corso d’opera ex art. 143, comma 1 lett. a, della L.R. n. 65/2014, una difformità dallo strumento di pianificazione urbanistica, in quanto le norme locali prese a riferimento dal Comune (l’art. 15 e l’art. 74 del regolamento urbanistico) in realtà non riguardano la traslazione in quanto tale (ovvero non riguardano l’intervento costitutivo della variante contestata con l’atto impugnato), ma le già assentite forma e dimensioni dell’edificio de quo, le quali non sono state cambiate (la variante si limita allo spostamento del corpo di fabbrica) e sono costitutive dell’opera per come autorizzata con il permesso di costruire del 2015 (infatti, già il titolo edilizio prevedeva la sostituzione edilizia a meno di 5 metri dalla strada e con altezza più elevata di quella degli edifici contermini): come evidenziato dai ricorrenti nel terzo motivo di gravame, la traslazione oggetto dell’impugnata ordinanza non muta la tipologia dell’intervento assentito con il permesso di costruire, rilasciato per intervento di sostituzione edilizia.

5. Per motivi di priorità logica il Collegio ritiene di passare alla trattazione del terzo motivo, riguardante la parte dell’impugnata ordinanza incentrata sul contrasto dell’intervento edilizio con l’art. 74, comma 15, del regolamento urbanistico, il quale consente la sola ristrutturazione edilizia e non anche la sostituzione edilizia nel contesto pinetato: gli esponenti osservano che la traslazione del corpo di fabbrica, costituendo variante al permesso di costruire che era stato rilasciato per realizzare una sostituzione edilizia, non muta la tipologia dell’intervento assentito.

La censura è fondata.

La traslazione oggetto dell’atto impugnato (la quale ricade all’interno dello stesso lotto del progetto originario) non muta la tipologia dell’opera assentita con il permesso di costruire, in quanto quest’ultimo prevedeva la sostituzione edilizia, che è la stessa categoria di intervento propria dello spostamento in avanti del corpo di fabbrica oggetto del gravato provvedimento (TAR Toscana, III, 13.1.2015, n. 39). Pertanto, non trattandosi di nuova edificazione o di intervento richiedente un autonomo titolo edilizio, non può sussistere la violazione dell’art. 74, comma 15, del regolamento urbanistico.

Non è condivisibile la tesi sostenuta dalla difesa del Comune, secondo cui l’avanzamento dell’area di sedime comporta di per sé una modifica della sagoma dell’edificio (pagina 6 della memoria depositata in giudizio il 25.10.2018).

Come visto, ad avviso del Collegio la modifica della sagoma è concettualmente diversa dalla traslazione: quest’ultima è costituita dallo spostamento della posizione del manufatto originariamente prevista sul lotto, mentre la modifica della sagoma riguarda la forma della costruzione.

6. Del resto è significativo che gli artt. 143 e 197 della L.R. n. 65/2014 (su cui si incentrano l’impugnata ordinanza e la difesa del Comune) non considerino, come intervento di per sé sufficiente a costituire variazione essenziale, la modifica della localizzazione dell’edificio, indicata come uno dei possibili casi di variazione essenziale dall’art. 32 del d.p.r. n. 380/2001, norma statale di principio e di rinvio alla potestà legislativa regionale.

La qualificazione giuridica non può nemmeno risentire dell’esistenza del vincolo paesaggistico, giacché come visto la compatibilità paesaggistica è stata accertata dall’Ente regolarizzando la traslazione ai sensi dell’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004.

7. Con il quarto motivo gli esponenti contestano la parte dell’impugnata ordinanza secondo cui l’art. 15, comma 3, del regolamento urbanistico non consente di derogare all’obbligo di distanza minima (stabilita in 5 metri) dalla strada pubblica.

Il rilievo è fondato.

La suddetta norma prevede, nelle zone diverse dal tessuto antico, storico e storico-unitario (e quindi nella zona in cui ricade la proprietà dei ricorrenti, appartenente al tessuto consolidato), distanze dal confine del lotto di pertinenza inferiori a 5 metri, in caso di accordo tra i confinanti, senza distinguere tra distanza dalla proprietà pubblica o dalla proprietà privata contigua.

Pertanto, anche la distanza dalla strada pubblica può incontrare una deroga concordata, e infatti l’Ufficio Patrimonio del Comune, in data 17.11.2015, ha espresso parere favorevole definitivo circa la deroga alla distanza dal confine su sede stradale; inoltre, già il permesso di costruire rilasciato al signor Latini il 7.9.2015 prevedeva una distanza inferiore a 5 metri dalla strada (e cioè prevedeva 1,50 metri di distanza).

8. Con il quinto motivo i deducenti contestano l’affermazione, contenuta nell’atto impugnato, secondo cui l’intervento edilizio risulterebbe anche effettuato in totale difformità dal permesso di costruire ai sensi del combinato disposto del comma 1, lett. “e” e del comma 4 dell’art. 197 della L.R. n. 65/2014; gli interessati sostengono che nel caso di specie non è riscontrabile nessuno degli interventi previsti, come variazione essenziale, dall’art. 197, comma 1, della L.R. n. 65/2014, richiamato dal successivo comma 4, con la conseguenza che non possono trovare applicazione le sanzioni previste dall’art. 196 della legge regionale (richiamato dal comma 1 dell’art. 197).

La censura è fondata.

Tra i casi di variazione essenziale reprimibili con la misura demolitoria tipizzati dal comma 1 del citato art. 197 non risulta compresa la fattispecie in esame, costituita dalla traslazione dell’edificio nel lotto di pertinenza, senza modifica di destinazione, senza incremento di volumetria e senza aumento di superficie. Né ricorre l’ipotesi prevista alla lettera “e” del comma 1 del citato art. 197, riguardante la riduzione delle distanze minime dell’edificio, trattandosi di previsione normativa subordinata all’esistenza di una prescrizione urbanistica o edilizia che imponga l’allineamento dell’edificio realizzando rispetto agli altri edifici, prescrizione che invece manca nella controversia in esame.

Né potrebbe valere, quale ragione di variazione essenziale o di totale difformità dal permesso di costruire, la circostanza dell’esistenza del vincolo paesaggistico, giacché come visto si ricade in uno dei casi di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, ottenuto dai ricorrenti ai sensi dell’art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004.

Pertanto, non si attaglia alla fattispecie in esame l’art. 197, comma 4, della L.R. n. 65/2014 (richiamato nell’atto impugnato), riferito ai casi indicati nel comma 1, tra i quali non rientra l’intervento edilizio in questione, e comunque l’esistenza del vincolo paesaggistico valorizzata da detta norma non incide ai fini del giudizio di difformità dal titolo edilizio trattandosi di intervento regolarizzato con autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

9. La fondatezza della prima, terza, quarta e quinta doglianza consente di prescindere dalla seconda censura, con la quale i deducenti contestano la parte dell’atto impugnato incentrata sull’applicazione dell’art. 74, comma 12, del regolamento urbanistico (“l’intervento dovrà armonizzarsi con i caratteri dominanti morfo-tipologici del contesto senza determinare edifici di altezza superiore a quelli contermini sul medesimo fronte stradale”), valevole per le richieste presentate successivamente al 18.5.2015 (secondo gli esponenti rileva, ai fini dell’osservanza di detta norma, la circostanza che sul fronte stradale esistono edifici più alti di quello oggetto dell’impugnata ordinanza, mentre sarebbe invece di per sé irrilevante la presenza di un edificio più basso sul lotto confinante; in via subordinata, i ricorrenti deducono l’illegittimità del citato comma 12 dell’art. 74 per illogicità e contraddittorietà manifeste, in quanto sarebbe privo di senso vincolare l’altezza dell’edificio senza riferirsi all’intero fronte strada).

Il Collegio osserva che il richiamo, espresso nell’atto impugnato, all’art. 74, comma 12, del regolamento urbanistico non è riferito alla traslazione in sé, ma all’intero edificio realizzando (in particolare, alla sua sopraelevazione, identica a quella già prevista nel permesso di costruire rilasciato), sull’assunto che lo spostamento del corpo di fabbrica costituisca variazione essenziale (quale intervento ricadente in ambito paesaggisticamente vincolato e nella previsione dell’art. 197, comma 1, lett. e, della L.R. n. 65/2014) e perciò tale da rendere necessario per l’intero fabbricato traslato un nuovo, autonomo giudizio di compatibilità urbanistica riferito all’intera opera e un autonomo titolo edilizio abilitante alla realizzazione dell’opera stessa nella nuova collocazione; il richiamo alla norma del regolamento urbanistico muove cioè dal presupposto che la contestata traslazione parziale rappresenti una variante essenziale non riconducibile al permesso di costruire rilasciato.

Orbene, la circostanza che, come visto nella trattazione delle altre censure, la modifica in questione (ovvero lo spostamento in avanti dell’edificio) non sia ascrivibile alla categoria delle varianti essenziali né rientri tra i casi di totale difformità dal titolo edilizio ex art. 197, comma 4, della L.R. n. 65/2014 e sia invece qualificabile come variante in corso d’opera non richiedente un proprio titolo edilizio ma solo il deposito dello stato finale dell’opera effettivamente realizzata ex art. 143, ultimo comma, della L.R. n. 65/2014, esclude la sussistenza del suddetto presupposto, e fa sì che la valutazione di compatibilità urbanistica possa riguardare soltanto lo spostamento della costruzione in quanto tale e non l’intero edificio. Pertanto, l’eventuale rigetto della seconda censura non consentirebbe comunque al Comune di sorreggere la validità dell’impugnata ordinanza facendo leva soltanto sull’art. 74, comma 12, del regolamento urbanistico, che l’atto impugnato riferisce non alla traslazione parziale in sé ma a tutti i lavori eseguiti (in particolare, all’altezza dell’edificio realizzando), sul presupposto che essi rilevino in quanto frutto di variante essenziale, ovvero di opera autonoma richiedente un proprio titolo edilizio.

Peraltro, la fondatezza dell’ultimo motivo di gravame è da sé sola sufficiente a determinare l’annullamento della sanzione demolitoria, visto che la stessa si pone in dichiarata applicazione dell’art. 196 e dell’art. 197, comma 4, della L.R. n. 65/2014.

10. In conclusione, dovendosi escludere che si tratti di variazione essenziale o di totale difformità dal permesso di costruire (stante la fondatezza del primo, del terzo, del quarto e del quinto motivo di gravame), l’impugnativa principale di cui al ricorso n. 725/2017 deve essere accolta.

Per le stesse ragioni vanno accolti i motivi aggiunti, incentrati sull’illegittimità derivata dall’ordinanza oggetto del ricorso introduttivo.

11. Per quanto riguarda il ricorso n. 1364/2018, si osserva quanto segue.

L’accoglimento del primo ricorso e dei relativi motivi aggiunti e il conseguente annullamento dell’ordinanza n. 16/2017 e dell’ordinanza n. 73/2018 precludono la trattazione nel merito del secondo ricorso, determinandone l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto si tratta di provvedimenti a contenuto inscindibile, con la conseguenza che gli effetti dell’accertata illegittimità devono ritenersi ugualmente inscindibili e valevoli nei confronti di tutti i soggetti sanzionati.

In altri termini, l’annullamento dell’ordine di demolizione d’ufficio per effetto dell’accoglimento del primo ricorso, riguardando un atto inscindibile, non scorporabile in tanti distinti provvedimenti quanti sono i destinatari, caduca anche nei confronti dell’ingegner Di Gesaro la contestata ordinanza n. 73/2018, talché fa venire meno l’interesse a coltivare il ricorso n. 1364/2018.

12. In conclusione, il ricorso n. 725/2017 e i relativi motivi aggiunti devono essere accolti, mentre il ricorso n. 1364/2018 deve essere dichiarato improcedibile.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, viste la particolarità e la complessità delle questioni dedotte.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, dispone quanto segue in ordine ai ricorsi riuniti in epigrafe:

– accoglie il ricorso n. 725/2017 e i relativi motivi aggiunti, con conseguente annullamento dell’ordinanza n. 16/2017 e del provvedimento n. 73/2018;

– dichiara improcedibile il ricorso n. 1364/2018.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Gianluca Bellucci
        
IL PRESIDENTE
Saverio Romano
        
        
IL SEGRETARIO

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