* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Principio perequativo – Cessione perequativa – Urbanistica contrattata – Nozioni – Pianificazione territoriale – Cessione gratuita di aree destinate all’edificazione – Larvata espropriazione – Distorsione delle finalità proprie dello strumento di pianificazione – Art. 60, l.r. Toscana n. 1/2005 – Disciplina di dettaglio degli strumenti urbanistici – Introduzione di varianti e modifiche – Limiti – Regolamento urbanistico – Proprietari interessati – Contributo di sostenibilità – Prestazione patrimoniale sprovvista di supporto normativo – Art. 16, c. 4 d.P.R. n. 380/2001.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 23 Febbraio 2017
Numero: 288
Data di udienza: 14 Dicembre 2017
Presidente: Pozzi
Estensore: Massari
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Principio perequativo – Cessione perequativa – Urbanistica contrattata – Nozioni – Pianificazione territoriale – Cessione gratuita di aree destinate all’edificazione – Larvata espropriazione – Distorsione delle finalità proprie dello strumento di pianificazione – Art. 60, l.r. Toscana n. 1/2005 – Disciplina di dettaglio degli strumenti urbanistici – Introduzione di varianti e modifiche – Limiti – Regolamento urbanistico – Proprietari interessati – Contributo di sostenibilità – Prestazione patrimoniale sprovvista di supporto normativo – Art. 16, c. 4 d.P.R. n. 380/2001.
Massima
TAR TOSCANA, Sez. 1^ – 23 febbraio 2017, n. 288
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Principio perequativo – Cessione perequativa – Urbanistica contrattata – Nozioni.
Il principio perequativo non è codificato nel nostro ordinamento da una legge dello Stato, ma si è affermato prima in via di prassi, con la redazione di alcuni piani regolatori, poi con la sua introduzione nell’ambito di diverse leggi regionali. L’adozione di tecniche perequative nella pianificazione urbanistica comporta che nell’area oggetto della pianificazione venga attribuito un indice edificatorio a tutti i suoli in essa compresi, tale da riconoscere ai loro proprietari dei diritti di edificazione, e che separatamente da ciò vengano individuate le aree su cui si concentrerà l’effettiva realizzazione di questi diritti edificatori, i cui proprietari non si ritroveranno, quindi, a disporre di tutti i diritti edificatori resi disponibili dal piano, ma solo di quelli ad essi distribuiti contestualmente a tutti gli altri proprietari di terreni compresi nell’area oggetto della pianificazione. Consentendo così anche ai soggetti proprietari di fondi non effettivamente suscettibili di trasformazione, di non venire esclusi dalla distribuzione dei benefici economici indotti dalla pianificazione. Parallelamente al meccanismo sopra descritto è venuta affermandosi anche la c.d. ”cessione perequativa”, e cioè la possibilità che, nel caso in cui un terreno debba essere trasferito a favore dell’amministrazione per la localizzazione di un’opera pubblica, esso sviluppi comunque una volumetria propria, che potrà essere realizzata dal proprietario, al momento dell’effettiva cessione del terreno, sulle aree su cui deve concentrarsi l’edificabilità. Trattasi, in ogni caso, di un sistema che può aver luogo in contesti procedimentali di “urbanistica contrattata”, ossia attraverso moduli consensuali e non per mezzo dell’esercizio coercitivo del potere amministrativo (cfr. Corte Cost. 5 aprile 2016, n. 67; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 11-06-2014, n. 1542).
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Pianificazione territoriale – Cessione gratuita di aree destinate all’edificazione – Larvata espropriazione – Distorsione delle finalità proprie dello strumento di pianificazione – Art. 60, l.r. Toscana n. 1/2005.
La cessione gratuita di aree necessarie per le opere di urbanizzazione, in stretta relazione con il principio di onerosità della concessione, costituisce il contenuto necessario della facoltà attribuita al privato di esercitare il proprio diritto dominicale attraverso l’edificazione: tuttavia, nel caso in cui l’ampiezza degli oneri addossai alla proprietà in termini di cessione gratuita di aree destinate all’edificazione, finisca per trasmodare in una forma di larvata espropriazione, lo strumento di pianificazione territoriale risulta essere distorto ad una finalità che non gli è propria e che, oltre ad essere sprovvista di supporto normativo, risulta in contrasto con la previsione dell’art. 60 della l. reg. Toscana n. 1/2005 che esige “un’equa distribuzione dei diritti edificatori per tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di trasformazione urbanistica” (nella specie, peraltro, il maggior valore che derivava alle aree interessate dalle potenzialità edificatorie rese possibili dal RU era, nell’intento dell’amministrazione, trasferito alla mano pubblica “al fine di contribuire alla formazione di quella che viene definita come città pubblica”, ovvero una finalità del tutto estranea a quella prevista dalla legge per i piani urbanistici)
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Disciplina di dettaglio degli strumenti urbanistici – Introduzione di varianti e modifiche – Limiti.
All’Amministrazione comunale è consentito di introdurre varianti e modifiche nella disciplina di dettaglio degli strumenti urbanistici, a condizione che ciò non comporti una deviazione di essi dal modello legale rispetto alla “causa” ossia a quello che dovrebbe essere l’oggetto dell’attività di pianificazione (Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4545).
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Regolamento urbanistico – Proprietari interessati – Contributo di sostenibilità – Prestazione patrimoniale sprovvista di supporto normativo – Art. 16, c. 4 d.P.R. n. 380/2001.
E’ illegittima la previsione, contenuta nel regolamento urbanistico, dell’obbligo per i proprietari interessati di versare un “contributo di sostenibilità”, che si rivela come una prestazione patrimoniale imposta sprovvista di supporto normativo e non appare motivata se non con la finalità di riappropriazione da parte dell’amministrazione della rendita generata dalla trasformazione fondiaria. Nè può ritenersi che il “prelievo” in parola trovi fondamento nell’art. 16, co. 4, lett. d ter, del DPR n. 380/2001 (inserita dall’ art. 17, comma 1, lett. g), n. 3), del D.L. n. 133/2014) secondo cui “L’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita … in relazione: …d-ter) alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso”. Ciò in quanto tale maggior incidenza degli oneri di urbanizzazione può ammettersi solo nell’ipotesi di interventi in variante urbanistica (ipotesi non ricorrente nella fattispecie) e solo dopo la determinazione del maggior valore generato dall’intervento.
Pres. Pozzi, Est. Massari – B. s.r.l. (avv. Traina) c. Comune di Grosseto (avv.ti Cruciani e Pozzi)
Allegato
Titolo Completo
TAR TOSCANA, Sez. 1^ - 23 febbraio 2017, n. 288SENTENZA
TAR TOSCANA, Sez. 1^ – 23 febbraio 2017, n. 288
Pubblicato il 23/02/2017
N. 00288/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01448/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1448 del 2013, proposto da:
Barghi S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Duccio Maria Traina, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Lamarmora 14;
contro
Comune di Grosseto, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Susanna Cruciani, Francesco Massimo Pozzi, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Massimo Pozzi in Firenze, lungarno A. Vespucci 20;
per l’annullamento
del Regolamento Urbanistico adottato con delibere consiliari 28.3.2011, n.72 e 30.3.2011, n.77 e approvato con delibera consiliare 27.5.2013, n.48 (in BURT. 3.7.2013), nonché del Piano strutturale del medesimo Comune, come modificato con delibere consiliari 27.1.2011, n.20 (adozione) e 3.10.2011, n.114 (approvazione);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Grosseto in Persona del Sindaco Pro Tempore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2016 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone la ricorrente di essere proprietaria della ex Fornace Chigiotti, sita in via Aurelia Antica 56, nel Comune di Grosseto, oltre a due aree ubicate nelle immediate vicinanze sulle quali insistono due fabbricati, uno di mq. 367, destinato a officina di riparazione macchinari, e l’altro di mq. 1004 adibito a uffici, archivi e alloggi.
Con le delibere indicate in epigrafe il Comune di Grosseto ha dapprima approvato una variante al Piano strutturale e successivamente approvato il Regolamento urbanistico ispirato ai principi della perequazione urbanistica.
Premesso che sull’area dell’ex Fornace Chigiotti insiste attualmente il centro commerciale denominato “Aurelia Antica”, realizzato in forza del Piano di Recupero approvato con delibera consiliare n. 58/1999 e della convenzione stipulata il 10 febbraio 2000, la deducente rileva che, in sede di adozione del nuovo RU, l’intero complesso immobiliare di cui trattasi, in forza dell’art. 168 delle relative NTA, veniva così disciplinato: “per gli Strumenti urbanistici oggetto di convenzione sottoscritta alla data di adozione del R.U. si confermano le destinazioni funzionali previste nei suddetti strumenti” riconoscendo la funzione commerciale “nei limiti della superficie di vendita la dettaglio di cui ai titoli rilasciati alla data di adozione del R.U. e subordinatamente alla stipula di un atto unilaterale d’obbligo…volto alla realizzazione della nuova viabilità di collegamento di cui alla TR 06, compresa la cessione gratuita all’amministrazione comunale delle aree interessate dalla predetta opera”.
La società ricorrente presentava un’osservazione volta a riconoscere la funzione commerciale dell’insediamento ed a consentire il pieno utilizzo delle volumetrie esistenti mediante l’ampliamento del centro commerciale esistente fino al limite di capienza del complesso immobiliare, dichiarandosi disponibile, in caso di accoglimento dell’osservazione a realizzare a sue spese la viabilità richiesta con l’onere per il Comune di provvedere all’acquisizione delle aree di cui non era proprietaria.
L’osservazione veniva, tuttavia, respinta ritenendo legittimo il congelamento della superficie commerciale di vendita come risultante dai titoli già rilasciati
Per gli altri immobili di proprietà della Società Barghi il RU ne prevedeva l’inserimento in “un’area di trasformazione” TR 06A finalizzata alla realizzazione di un parcheggio pubblico e di un impianto di distribuzione di carburante e di viabilità pubblica
Anche con riferimento a tale previsione veniva presentata un’osservazione con cui si rilevava lo squilibrio tra i costi addossati alla proprietà e i benefici da questa ritraibili, proponendo di introdurre la previsione di una edificazione di completamento della grande struttura di vendita adiacente per una superficie utile lorda non inferiore a 3.000 mq. Si richiedeva, inoltre, di inserire nel comparto un’area contigua per la localizzazione dell’impianto di distribuzione carburanti al fine renderne più funzionale l’intera destinazione.
Anche tale osservazione veniva respinta di talché, con la deliberazione in epigrafe, il Comune approvava definitivamente il Regolamento urbanistico definendo l’area di trasformazione TR 06A come “Ambito strategico di sviluppo del territorio” e prevedendo all’art. 85 delle NTA le seguenti obbligazioni: cessione del 50% delle aree costituenti la superficie territoriale; realizzazione di opere di viabilità a quattro corsie, oltre a una pista ciclabile, opere di intersezione e un parcheggio.
Il Regolamento urbanistico veniva così approvato con le gravose prescrizioni relative agli immobili di proprietà della ricorrente.
Avverso la deliberazione in epigrafe, nella parte in cui reca le prescrizioni sopra descritte, proponeva ricorso la società Barghi s.r.l. chiedendone l’annullamento e deducendo:
1. Violazione della circolare del Ministero dei lavori pubblici 7 luglio 1954, n. 2495 e della deliberazione della Giunta regionale n. 5633/1986. Eccesso di potere per carenza di motivazione.
2. Violazione di principi di tipicità e legalità. Violazione dell’art. 23 Cost. Violazione dei principi in tema di perequazione urbanistica. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta. Sviamento di potere.
3. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta, errore sui presupposti, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e disparità di trattamento.
4. Eccesso di potere per illogicità manifesta. Violazione del principio di irretroattività della disciplina urbanistica. Violazione dei principi degli atti ammnistrativi.
Si costituiva in giudizio il Comune di Grosseto chiedendo il rigetto del gravame.
Nella pubblica udienza del 14 dicembre 2016 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Viene impugnato, per quanto di interesse, il Regolamento urbanistico del Comune di Grosseto, approvato con delibera consiliare 27.5.2013, n.48, nonché il Piano strutturale approvato con la deliberazione n. 114 del 3.10.2011.
2. Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Merita in primo luogo esaminare il secondo motivo con cui si espone uno snodo essenziale delle allegazioni della ricorrente, contestando la violazione dei principi in tema di perequazione urbanistica, oltre che la violazione dell’art. 23 della Costituzione in tema di prestazioni patrimoniali imposte.
Il Comune, applicando un modello di calcolo basato sui valori dei terreni desunti dall’Osservatorio dei valori immobiliari dell’Agenzia del Territorio e su un valore di trasformazione (determinato dall’incremento del valore dei suoli per effetto della trasformazione), si propone di traslare in favore della collettività il plusvalore generato dalla previsione del RU “in quanto derivante dalle scelte urbanistiche che l’Amministrazione opera attraverso lo strumento di governo del territorio” recuperandolo “al fine di contribuire alla formazione di quella che viene definita come città pubblica”.
2.1. Di fatto, per quel attiene alla controversia in decisione, ciò comporterebbe la cessione gratuita del 50% delle aree costituenti la superficie territoriale, il pagamento di un contributo di sostenibilità e l’obbligo di realizzare ulteriori opere di interesse pubblico (oltre a quelle di urbanizzazione primaria e secondaria strettamente attinenti all’intervento). Viene inoltre prevista l’attribuzione alle aree TR un “indice perequativo territoriale” di 0,15 mq/mq per gli insediamenti residenziali e di 0.40 mq/mq per quelli produttivi.
La suddetta disciplina si porrebbe in contrasto con i principi e le norme sopra citate dal momento che l’ordinamento già prevede strumenti di intercettazione e ridistribuzione della rendita fondiaria (prelievi fiscali, contributo di costruzione) oltre che obbligazioni di diritto pubblico come la realizzazione a spese del proprietario delle opere di urbanizzazione o il pagamento di un equivalente contributo.
Così facendo l’amministrazione comunale attribuirebbe allo strumento pianificatorio una funzione impropria e non consentita dalla legge che, solo su base consensuale, può prevedere prestazioni a carico dei privati.
3. La tesi merita di essere condivisa.
Osserva il Collegio che il principio perequativo non è codificato nel nostro ordinamento da una legge dello Stato, ma si è affermato prima in via di prassi, con la redazione di alcuni piani regolatori, poi con la sua introduzione nell’ambito di diverse leggi regionali.
L’adozione di tecniche perequative nella pianificazione urbanistica comporta che nell’area oggetto della pianificazione venga attribuito un indice edificatorio a tutti i suoli in essa compresi, tale da riconoscere ai loro proprietari dei diritti di edificazione, e che separatamente da ciò vengano individuate le aree su cui si concentrerà l’effettiva realizzazione di questi diritti edificatori, i cui proprietari non si ritroveranno, quindi, a disporre di tutti i diritti edificatori resi disponibili dal piano, ma solo di quelli ad essi distribuiti contestualmente a tutti gli altri proprietari di terreni compresi nell’area oggetto della pianificazione. Consentendo così anche ai soggetti proprietari di fondi non effettivamente suscettibili di trasformazione, di non venire esclusi dalla distribuzione dei benefici economici indotti dalla pianificazione.
3.1. Parallelamente al meccanismo sopra descritto è venuta affermandosi anche la c.d. ”cessione perequativa”, e cioè la possibilità che, nel caso in cui un terreno debba essere trasferito a favore dell’amministrazione per la localizzazione di un’opera pubblica, esso sviluppi comunque una volumetria propria, che potrà essere realizzata dal proprietario, al momento dell’effettiva cessione del terreno, sulle aree su cui deve concentrarsi l’edificabilità.
Trattasi, in ogni caso, di un sistema che può aver luogo in contesti procedimentali di “urbanistica contrattata”, ossia attraverso moduli consensuali e non per mezzo dell’esercizio coercitivo del potere amministrativo (cfr. Corte Cost. 5 aprile 2016, n. 67; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 11-06-2014, n. 1542).
3.2. Orbene, nel caso di specie, con le prescrizioni del Regolamento urbanistico impugnato, per l’ampiezza degli oneri addossati alla proprietà in termini di cessione gratuita di aree destinate all’edificazione, l’Amministrazione piega e distorce lo strumento di pianificazione territoriale ad una finalità che non le è propria e che, comunque, è sprovvista di supporto normativo.
Come già rilevato dalla Sezione, “la cessione gratuita di aree necessarie per le opere di urbanizzazione, in stretta relazione con il principio di onerosità della concessione, costituisce il contenuto necessario” della facoltà attribuita al privato di esercitare il proprio diritto dominicale attraverso l’edificazione, ma la misura della cessione imposta al privato finisce col trasmodare in una forma di larvata espropriazione (TA.R. Toscana, sez. I, 24 maggio 2007, n. 7969).
Con ciò contraddicendo, oltre tutto, la previsione dell’art. 60 della l. reg. n. 1/2005 che esige “un’equa distribuzione dei diritti edificatori per tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di trasformazione urbanistica”.
3.3. Il principio, dettato in una fattispecie sovrapponibile a quella all’esame, esprime vieppiù la sua validità in una situazione come quella all’esame in cui il maggior valore che deriva alle aree interessate dalle potenzialità edificatorie rese possibili dal RU è, nell’intento dell’amministrazione, trasferito alla mano pubblica “al fine di contribuire alla formazione di quella che viene definita come città pubblica”, ovvero una finalità del tutto estranea a quella prevista dalla legge per i piani urbanistici con evidente sviamento di potere.
Si è infatti ritenuto che all’Amministrazione comunale è consentito di introdurre varianti e modifiche nella disciplina di dettaglio degli strumenti urbanistici, a condizione che ciò non comporti una deviazione di essi dal modello legale rispetto alla “causa” ossia a quello che dovrebbe essere l’oggetto dell’attività di pianificazione (Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4545).
A più forte ragione risulta poi illegittima la previsione, sempre contenuta nell’atto impugnato, dell’obbligo per i proprietari interessati di versare un “contributo di sostenibilità” di cui non sono note le finalità specifiche e come tale si rivela come una prestazione patrimoniale imposta sprovvista di supporto normativo né appare motivata se non con la finalità di riappropriazione da parte dell’amministrazione della rendita generata dalla trasformazione fondiaria.
D’altro canto la giurisprudenza citata da controparte a sostegno della legittimità della scelta operata dal Comune (Con. St. n. 3435/20159 si limita in argomento ad affermare che la questione “implica valutazioni di congruità che, in assenza di indicazioni concrete sul valore dei terreni, non possono essere compiute” senza fornire alcun avallo di principio alla tesi di parte.
Nemmeno può ritenersi che il “prelievo” in parola trovi fondamento nell’art. 16, co. 4, lett. d ter, del DPR n. 380/2001 (inserita dall’ art. 17, comma 1, lett. g), n. 3), del D.L. n. 133/2014) secondo cui “L’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita … in relazione: …d-ter) alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso”.
Ciò in quanto, oltre a trattarsi di una norma sopravvenuta all’approvazione del RU, tale maggior incidenza degli oneri di urbanizzazione può ammettersi solo nell’ipotesi di interventi in variante urbanistica (ipotesi non ricorrente nella fattispecie) e solo dopo la determinazione del maggior valore generato dall’intervento che nel caso all’esame non risulta essere avvenuto.
4. Altrettanto fondata si rivela la censura di cui al terzo motivo con cui si lamenta l’illogicità e contraddittorietà manifesta e l’errore sui presupposti nella scelta di inserire l’area della ricorrente tra le “trasformazioni degli assetti residenziali” conferendole un indice di utilizzazione territoriale di 0,15 mq. per mq. in luogo di quello ben più ampio (0,40 mq./mq.) attribuito agli insediamenti produttivi.
In verità, il programma insediativo che riferisce di una destinazione dell’area alla realizzazione di un impianto di distribuzione del carburante e il contesto di fatto (“area urbana inedificata adiacente alla zona artigianale sud e al nuovo centro commerciale ex Chigiotti”) conducono ad una conclusione diversa ovvero ad una destinazione che certo non poteva essere definita come residenziale.
4.1. Non risulta poi esservi corrispondenza tra la scheda normativa e quella grafica che rappresenta l’area interessata con evidenti implicazioni anche in termini di previsioni di edificabilità.
Invero, mentre è pacifico che in caso di discordanza tra la scheda grafica e quella normativa, va attribuita prevalenza a quest’ultima, non v’è chi non veda che quando, come nel caso all’esame, i disallineamenti assumono proporzioni abnormi è la stessa funzione normativa e prescrittiva del Regolamento urbanistico ad essere compromessa.
4.2. D’altra parte, appare intrinsecamente contraddittorio, come condivisibilmente rilevato dalla ricorrente, prevedere che la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti costituisca un insediamento determinante un carico urbanistico tale da dover essere mitigato o bilanciato da rilevanti e onerose infrastrutture (nella specie a fronte della superficie lorda utile dell’impianto di mq 740, si prevede la cessione di aree per opere stradali di mq 2.467).
Alle medesime conclusioni è possibile pervenire in ordine alla destinazione di due fabbricati di proprietà della ricorrente insistenti sull’area in parola e per i quali la scheda norma non reca alcuna previsione se non quella stabilita per l’intero ambito, ossia quella di distribuzione carburanti, così irrazionalmente prevedendo una destinazione servente a quest’ultimo di cui non appare chiara la logicità.
5. Con il quarto motivo parte ricorrente si duole dell’illegittimità, sotto vari profili, della disciplina attribuita al centro commerciale Aurelia Antica.
Il centro commerciale in parola è sorto per effetto della trasformazione della ex Fornace Chigiotti per il quale sono state rilasciate autorizzazioni commerciali per mq 9.995 a fronte di una superficie di vendita prevista di mq 12.520.
La ricorrente presentava perciò un’osservazione con la quale richiedeva il totale utilizzo di detta superficie di vendita rendendosi disponibile a realizzare a proprie spese la viabilità stabilita per l’area TR 06A a tal fine sottoscrivendo un atto unilaterale d’obbligo.
L’osservazione veniva respinta facendo riferimento all’attività istruttoria svolta dalla competente commissione consiliare e confermando, perciò, la disciplina dell’art. 168 NTA secondo cui la funzione commerciale è riconosciuta “nei limiti della superficie di vendita la dettaglio di cui ai titoli rilasciati alla data di adozione del R.U. e subordinatamente alla stipula di un atto unilaterale d’obbligo…volto alla realizzazione della nuova viabilità di collegamento di cui alla TR 06, compresa la cessione gratuita all’amministrazione comunale delle aree interessate dalla predetta opera”.
Tanto, con l’effetto di subordinare la perdurante efficacia di titoli abilitativi già rilasciati all’assunzione di ulteriori obblighi di natura patrimoniale non previsti dalla legge.
5.1. La censura è fondata.
Costituisce jus receptum il principio della tendenziale irretroattività dell’azione amministrativa quanto meno per gli atti che incidono su diritti soggettivi o, comunque, su posizioni di vantaggio già acquisite (T.A.R. Lazio, sez. II, 26 febbraio 2016 n. 2666) con la conseguenza che deve ritenersi sussistente la violazione del principio di irretroattività dei provvedimenti amministrativi, qualora il provvedimento amministrativo incida su situazioni giuridiche già prodotte e tale effetto non sia normativamente disposto (Cons. St., sez. V, 29 gennaio 2009 n. 494; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 27 giugno 2015 n. 1109).
Per quanto specificatamente attiene alla materia urbanistica l’irretroattività dei provvedimenti pianificatori sopravvenuti non comporta l’impossibilità che tale atto, sebbene successivo, regoli fatti e provvedimenti anteriori operanti su situazioni suscettibili di permanere nel tempo, purché non siano esaurite al momento dell’emanazione della nuova normativa o non abbiano dato luogo ad aspettative consolidate (Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011 n. 1469; T.A.R. Toscana, sez. I, 28 gennaio 2016 n. 146). E ciò tenuto conto che il titolo edilizio già rilasciato ed efficace deve essere ritenuto immune da sopravvenienze normative urbanistico-edilizie contrastanti, limitative o pregiudizievoli (Cons. St., sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2294).
Orbene, nel caso di specie la previsione, contenuta nel sopravvenuto RU, della subordinazione dell’efficacia di titoli edilizi rilasciati sotto l’imperio dei precedenti strumenti di pianificazione territoriale e, quindi, tuttora efficaci, pare porsi in contrasto con i principi sopra enunciati; tanto più che, per un verso, la disciplina in parola non è sorretta da alcuna particolare motivazione (che si renderebbe necessaria in ragione del consolidamento delle aspettative dei privati) e, per altro verso, giacché l’imposizione di una così rilevante ulteriore prestazione patrimoniale finirebbe col porsi in contrasto con lo stesso art. 23 della Costituzione.
Né vale, ad elidere quanto sopra ritenuto, l’affermazione resa nelle difese di controparte in ordine alla previa necessità di risoluzione delle problematiche relative alla viabilità della zona, dal momento che queste preesistevano al rilascio dei titoli edilizi che, dunque, non avrebbero dovuto essere rilasciati, senza che ciò comporti la possibilità di una loro sostanziale obliterazione.
In conclusione, per le ragioni che precedono il ricorso va accolto con conseguente annullamento del Regolamento urbanistico impugnato, nei limiti dell’interesse dedotto dalla ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo liquidate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla per quanto di interesse l’atto impugnato.
Condanna il Comune di Grosseto alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in € 5.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Armando Pozzi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Gianluca Bellucci, Consigliere
L’ESTENSORE
Bernardo Massari
IL PRESIDENTE
Armando Pozzi
IL SEGRETARIO