Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1537 | Data di udienza: 11 Ottobre 2016

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Permesso di costruire – Pronuncia di decadenza – Comunicazione di avvio del procedimento – Necessità – Inizio dei lavori – Esecuzione di lavori non corrispondenti al progetto assentito – Decadenza del titolo abilitativo – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 25 Ottobre 2016
Numero: 1537
Data di udienza: 11 Ottobre 2016
Presidente: Trizzino
Estensore: Giani


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Permesso di costruire – Pronuncia di decadenza – Comunicazione di avvio del procedimento – Necessità – Inizio dei lavori – Esecuzione di lavori non corrispondenti al progetto assentito – Decadenza del titolo abilitativo – Illegittimità.



Massima

 

TAR TOSCANA, Sez. 3^ – 25 ottobre 2016, n.  1537


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Permesso di costruire – Pronuncia di decadenza – Comunicazione di avvio del procedimento – Necessità.

Una pronuncia di decadenza di un permesso di costruire, in particolare allorquando consegua ad una comunicazione di avvio dei lavori e si fondi sulla qualificazione difforme tra le parti di opere eseguite, , debba necessariamente essere preceduta da comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, senza che a ciò osti la natura vincolata del provvedimento di decadenza (Cons. Stato, sez. III, 4.4.2013, n. 1870).
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Inizio dei lavori – Esecuzione di lavori non corrispondenti al progetto assentito – Pronuncia di decadenza del titolo abilitativo – Illegittimità.

 L’esecuzione di lavori (nella specie, pilastri di fondazione) non corrispondenti al progetto assentito, non è sufficiente a negare che vi sia stato un “inizio dei lavori”, ai sensi dell’art. 15 del DPR n. 380 del 2001, giacché non risulta una inerzia totale, indice di mancanza di volontà di dar corso ai lavori assentiti, ma semmai una difformità tra opere assentite e opere realizzate, che potrà condurre ad altri provvedimenti dell’Amministrazione ma non ad una pronuncia di decadenza.

Pres. Trizzino, Est.  Giani – P.S.e altro (avv.ti Falorni e Michi) c. Comune di Firenze (avv.ti Pisapia e Minucci)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 3^ - 25 ottobre 2016, n. 1537

SENTENZA

 

TAR TOSCANA, Sez. 3^ – 25 ottobre 2016, n.  1537

Pubblicato il 25/10/2016
N. 01537/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01068/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1068 del 2015, proposto da:
Piero Scotti e Paola Gordiani, rappresentati e difesi dagli avvocati Fausto Falorni C.F. FLRFST57L04C101Z e Jacopo Michi C.F. MCHJCP80B01D612F, con domicilio eletto presso il primo in Firenze, via dell’Oriuolo, n. 20;


contro

Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Pisapia C.F. PSPNNL69C69C773B e Annalisa Minucci C.F. MNCNLS65R70D612B, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale del Comune di Firenze, in Firenze, Palazzo Vecchio, piazza della Signoria;

per l’annullamento

del provvedimento del Comune di Firenze prot. GP 96393/2015, il 13.04.2015, a firma del Dirigente del Servizio Edilizia Privata, mediante il quale è stata dichiarata la decadenza del permesso di costruire n. 14 dello 06.03.2012 ed è stata disposta l'”archiviazione per improcedibilità” della richiesta di variante di cui alla pratica prot. n. 356/2015 ed il parere della Commissione Edilizia n. 57 dello 05.03.2015; nonché di tutti gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi, ancorché non conosciuti dai ricorrenti, fra cui, in quanto occorrer possa, il rapporto di sopralluogo del 10.03.2015 ed il parere della Commissione Edilizia n. 57 dello 05.03.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2016 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori avv. F. Falorni per la parte ricorrente e avv. A. Pisapia per l’amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – I ricorrenti, premesso di essere titolari del permesso di costruire n. 14/2012 rilasciato dal Comune di Firenze in data 6.3.2012, in relazione al quale hanno avviato l’esecuzione in data 27.12.2012 e comunicato la proroga del termine di fine lavori ai sensi dell’art. 30, comma 3, decreto-legge n. 69 del 2013, espongono di aver presentato all’Amministrazione comunale richiesta di variante in data 21.1.2015, la quale ha portato al provvedimento prot. GP 96393/2015 del 13.4.2015 con cui il Comune di Firenze ha dichiarato decaduto il permesso di costruire n. 14/2012, per mancato inizio dei lavori nel termine annuale e improcedibile la richiesta di variante, con archiviazione della pratica.

2 – I ricorrenti impugnato il suddetto provvedimento, articolando nei suoi confronti undici censure, di cui le prime sei avverso la decadenza e le ulteriori cinque avverso il diniego di rilascio della variante. In particolare:

– con il primo motivo censurano la violazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 241 del 1990, che prescrivono l’autonomia di ciascun procedimento, risultando quindi inammissibile la contestuale pronuncia di decadenza di un titolo e di improcedibilità della richiesta di variante allo stesso;

– con il secondo motivo censurano la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, rilevando che la comunicazione di avvio del procedimento è necessaria in caso di pronuncia di decadenza e avrebbe consentito ai ricorrenti medesimi di dimostrare la inerenza delle opere realizzate al titolo assentito e quindi l’avvio dei lavori nel termine di un anno dal rilascio;

– con il terzo motivo censurano l’operato dell’Amministrazione, sul rilievo che essa non ha contestato la comunicazione di avvio dei lavori del 27.12.2012 e quindi non poteva pronunciare la decadenza senza una rigorosa istruttoria, che non poteva limitarsi esclusivamente al breve sopralluogo in cantiere del 10.3.2015, anche perché l’avvio dei lavori risulta anche per implicito dalla comunicazione di proroga del termine per la fine dei lavori, che l’Amministrazione non ha contestato;

– con il quarto motivo contestano la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di decadenza, sul rilievo che, da un lato, neppure l’Amministrazione contesta che la realizzazione di due pilastri con plinti di fondazione sia idonea a dar avvio ai lavori, e, dall’altro lato, erra nel ritenere che i suddetti pilastri realizzati (dimensioni 25 x 25) non siano riferibili al progetto assentito che prevedeva fondazione a platea unica e pilastri di maggiore dimensioni (40×40), poiché in realtà essi sono l’ossatura portante del nuovo fabbricato produttivo; d’altra parte era possibile variante o modifica per ricondurre il tutto al progetto assentito; e comunque la difformità non può far ritenere inesistenti i pilastri al fine dell’avvio dei lavori;

– con il quinto motivo evidenziano che l’avvio dei lavori era d’altra parte risultante dallo sbancamento, apertura del cantiere e posizionamento delle baracche prefabbricate;

– con il sesto motivo rilevano che le opere realizzate, in uno con la richiesta di proroga del termine di fine lavori e poi di variante al progetto dimostrano la sussistenza di serio intendo di dare esecuzione ai lavori di cui al titolo assentito;

– con il settimo motivo censurano per illegittimità derivata la pronuncia di archiviazione per improcedibilità dell’istanza di variante, che è collegata alla illegittima pronuncia di decadenza del permesso di costruire;

– con l’ottavo motivo evidenziano che non sussistono nella specie i presupposti per la declaratoria di improcedibilità della richiesta che è meramente ricollegata alla illegittima decadenza;

– con il nono motivo censurano la tesi dell’Amministrazione secondo cui quella presentata non sarebbe qualificabile come istanza di variante ma come richiesta di nuovo permesso di costruire (con applicazione delle salvaguardie); ciò in particolare contestato con riferimento all’ipotesi in cui tale valutazione fosse riferibile al progetto cui è correlata la variante, che rientra pienamente nel concetto di variante edilizia;

– con il decimo motivo contestano la mancanza di comunicazione di motivi ostativi ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, essendo illogico dare termine di presentare osservazioni dopo che l’atto definitivo è già stato emesso;

– con l’undicesimo motivo contestano il mero richiamo all’art. 77 delle NTA senza alcuna specifica motivazione in ordine ai profili con cui il progetto di variante sarebbe in contrasto con gli strumenti urbanistici.

3 – Il Comune di Firenze si è costituto in giudizio per resistere al ricorso. L’Amministrazione ha anche eccepito la inammissibilità della impugnazione del parere della CE e del verbale di sopralluogo.

4 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 11 ottobre 2016 e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

5 – Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità parziale del gravame formulata dall’Amministrazione resistente.

L’eccezione è infondata.

Il ricorso in esame ha ad oggetto un atto di chiara natura provvedimentale, avente anzi un duplice contenuto decisorio pregiudizievole e lesivo per i ricorrenti, stante la pronuncia da un lato di decadenza di un titolo edilizio assentito e dall’atro di consequenziale archiviazione della richiesta di variante al medesimo titolo. Il Comune di Firenze formula però un’eccezione di inammissibilità parziale del gravame, con riferimento alla contestuale impugnazione del parere della C.E. e del verbale di sopralluogo posto in essere dall’Amministrazione. Osserva sul punto il Collegio che i suddetti atti, aventi palese portata non provvedimentale e endo-procedimentale, sono sicuramente non autonomamente impugnabili, non essendo in sé lesivi, ma lo sono congiuntamente al provvedimento cui afferiscono, trattandosi di atti del procedimento che ha condotto al provvedimento gravato e che sono quindi destinati ad essere travolti dall’eventuale annullamento dell’atto finale.

6 – Con il primo mezzo i ricorrenti contestano il provvedimento gravato perché esso ha un duplice contenuto provvedimentale, contenendo tanto una pronuncia di decadenza quanto di archiviazione di istanza di variante, duplice contenuto che si porrebbe in contrasto con il principio di autonomia dei singoli procedimenti amministrativi prescritto dalla legge n. 241 del 1990.

La censura infondata.

È sufficiente sul punto evidenziare che il provvedimento gravato ha invero un contenuto omogeneo, anche se con duplice risultato contenutistico; l’Amministrazione, infatti, in occasione dell’esame di domanda di variante a titolo edilizio già concesso, ha statuito preliminarmente l’intervenuta decadenza del titolo originario, facendone quindi conseguire la pronuncia di improcedibilità della richiesta di variante, non più qualificabile come tale stante il fatto che il permesso di costruire cui ineriva è venuto meno. È quindi da escludere che sia qualificabile come illegittimo il contenuto complesso di un atto, avente al contrario intrinseca omogeneità.

7 – Con il secondo e decimo motivo, che devono essere congiuntamente esaminati, i ricorrenti contestano il gravato provvedimento per violazione delle norme sulla partecipazione procedimentale (artt. 7 e art. 10 bis della legge n. 241 del 1990) e contestano altresì la previsione contenuta dell’atto inerente alla possibile presentazione di memorie e documenti dopo l’emanazione dell’atto stesso.

Le censure sono fondate.

Ritiene in primo luogo il Collegio che una pronuncia di decadenza di un permesso di costruire, in particolare allorquando consegua ad una comunicazione di avvio dei lavori e si fondi sulla qualificazione difforme tra le parti di opere eseguite, com’è nella specie, debba necessariamente essere preceduta da comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, senza che a ciò osti la natura vincolata del provvedimento di decadenza. Come ha chiaramente rilevato il Consiglio di Stato “riferendosi la misura di decadenza ad un titolo in virtù del quale sono comunque iniziate e si sono realizzate opere, una comunicazione di avvio del procedimento in cui fossero adeguatamente precisati i presupposti che inducevano l’amministrazione a ritenere invece il mancato inizio sarebbe stata in grado (oltre a fornire un adeguato preavviso a chi aveva confidato di operare secondo diritto in virtù della copertura fornita dal permesso e del silenzio tenuto dall’Amministrazione….) di avviare un utile contraddittorio sui presupposti del provvedimento e di consentire alla stessa amministrazione di fornire un’adeguata motivazione a supporto della sua azione” (Cons. Stato, sez. III, 4.4.2013, n. 1870). Nella specie la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza è mancata, così come è mancata la comunicazione dei motivi ostativi rispetto all’istanza di variante. Né appare che la violazione delle norme procedimentali di cui agli artt. 7 e 10 bis della legge n. 241 del 1990 possa essere supplita dalla indicazione contenuta nel provvedimento gravato nella quale si afferma che “le eventuali osservazioni e/o memorie scritte inerenti il procedimento in oggetto dovranno essere depositate entro e non oltre 10 gg dal ricevimento della presente”; il senso della previsione non è chiaro, essendo contenuto non in atto endo-procedimentale emesso nel corso del procedimento, bensì nel provvedimento finale, assunto al termine del procedimento, così che le osservazioni e memorie eventualmente presentate dal privato non avrebbero possibilità alcuna di essere valutate nel procedimento che è ormai chiuso, potendo al più condurre ad una rivalutazione nell’ambito di nuovo e successivo procedimento di autotutela; si aggiunga che il richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4823 del 2015, contenuto nella memoria difensiva comunale a suffragio della condotta dell’ufficio, è anch’esso non convincente, quella pronuncia affermando la necessaria emanazione di atto formale di decadenza, che per quanto meramente dichiarativo ha comunque la funzione di far chiarezza nei rapporti tra le parti, ma non essendo da intendere come giustificativa di un contraddittorio “dopo il provvedimento”, bensì nell’utilità in sé del provvedimento anche meramente dichiarativo in quanto emesso in esito allo svolgimento di un contradditorio (previo) tra le parti.

8 – Con il quarto motivo i ricorrenti censurano il provvedimento gravato, sul rilievo della insussistenza dei presupposti per la declaratoria di decadenza del titolo edilizio.

La censura è fondata.

Osserva il Collegio che non appare nella specie convincente l’assunto dell’Amministrazione, contenuto peraltro in motivazione assai sintetica, secondo cui non vi sarebbe stato avvio dei lavori, in quanto i pilastri di fondazione, pur effettivamente rinvenuti, non corrisponderebbero al progetto assentito. Ciò non pare sufficiente a negare che vi sia stato un “inizio dei lavori”, ai sensi dell’art. 15 del DPR n. 380 del 2001, giacché non risulta una inerzia totale, indice di mancanza di volontà di dar corso ai lavori assentiti, ma semmai una difformità tra opere assentite e opere realizzate, che potrà condurre al altri provvedimenti dell’Amministrazione ma non ad una pronuncia di decadenza. Ciò anche per la mancanza di articolata motivazione in ordine alla tempistica di realizzazione delle opere rinvenute e alla conseguente dimostrazione della inerzia di parte ricorrente dopo l’assentimento del permesso di costruire n. 14 del 2012.

9 – Con il settimo motivo i ricorrenti censurano per illegittimità derivata la pronuncia di archiviazione per improcedibilità dell’istanza di variante, che è collegata alla illegittima pronuncia di decadenza del permesso di costruire.

La censura è fondata.

Essendo risultata illegittima la pronuncia di decadenza del titolo edilizio, ne consegue che parimenti illegittima è la pronuncia di archiviazione dell’istanza di variante pronunciata dall’Amministrazione in via consequenziale.

10 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, con annullamento del provvedimento impugnato, potendo dichiararsi assorbite le ulteriori censure formulate. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nell’importo di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Firenze al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti, liquidate in complessivi € 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente
Riccardo Giani, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario

L’ESTENSORE
Riccardo Giani

IL PRESIDENTE
Rosaria Trizzino

 

IL SEGRETARIO
 

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