Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Sicurezza sul lavoro Numero: 1121 | Data di udienza: 10 Aprile 2015

* SICUREZZA – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rischio di incidenti rilevanti – Individuazione e disciplina delle aree interessate dalla presenza di stabilimenti a rischio – Strumenti urbanistici – Accorgimenti ambientali o edilizi – Riduzione della vulnerabilità delle costruzioni – Fattispecie: impiego di infissi a tenuta stagna – Distanze tra gli stabilimenti e le zone residenziali – Rapporto di sicurezza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 27 Luglio 2015
Numero: 1121
Data di udienza: 10 Aprile 2015
Presidente: Pozzi
Estensore: Grauso


Premassima

* SICUREZZA – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rischio di incidenti rilevanti – Individuazione e disciplina delle aree interessate dalla presenza di stabilimenti a rischio – Strumenti urbanistici – Accorgimenti ambientali o edilizi – Riduzione della vulnerabilità delle costruzioni – Fattispecie: impiego di infissi a tenuta stagna – Distanze tra gli stabilimenti e le zone residenziali – Rapporto di sicurezza.



Massima

 

TAR TOSCANA,  Sez. 1^ – 27 luglio 2015, n. 1121


SICUREZZA – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rischio di incidenti rilevanti – Individuazione e disciplina delle aree interessate dalla presenza di stabilimenti a rischio – Strumenti urbanistici – Accorgimenti ambientali o edilizi – Riduzione della vulnerabilità delle costruzioni – Fattispecie: impiego di infissi a tenuta stagna.

 L’art. 4 del D.M. 9 maggio 2001, attuativo dell’art. 14 co. 1 del D.Lgs. n. 334/1999, rimette agli strumenti urbanistici l’individuazione e la disciplina delle aree interessate dalla presenza di stabilimenti soggetti al rispetto delle regole di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi all’impiego di sostanze pericolose per l’uomo e per l’ambiente, all’uopo imponendo la redazione dell’elaborato tecnico “Rischio di incidenti rilevanti (RIR)” relativo al controllo dell’urbanizzazione”. I criteri per la valutazione della compatibilità territoriale e ambientale degli stabilimenti sono disciplinati dal paragrafo 6. dell’allegato al medesimo decreto ministeriale, che, al sottoparagrafo 6.3, riconosce espressamente agli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica la possibilità di prevedere opportuni accorgimenti ambientali o edilizi che, in base allo specifico scenario incidentale ipotizzato, riducano la vulnerabilità delle costruzioni ammesse nelle diverse aree di pianificazione interessate dalle aree di danno; ed è appunto alla categoria degli “accorgimenti edilizi” che può e deve essere ascritta la prescrizione circa l’impiego di infissi a tenuta stagna nella nuove costruzioni.

Pres. Pozzi, Est. Grauso – S. s.p.a.  (avv.ti Conti e Conti) c. Comune di Rosignano Marittimo (avv.ti Narese e Narese)


SICUREZZA – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Rischio di incidenti rilevanti – Strumenti urbanistici – Distanze tra gli stabilimenti e le zone residenziali – Rapporto di sicurezza.

Ai sensi dell’art. 14 co. 5-bis del D.Lgs. n. 334/1999, nelle zone interessate dagli stabilimenti a rischio di incidente rilevante gli enti territoriali debbono tenere conto, nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione dell’assetto del territorio, della necessità di prevedere e mantenere opportune distanze tra gli stabilimenti e le zone residenziali, gli edifici e le zone frequentate dal pubblico, le vie di trasporto principali, le aree ricreative e le aree di particolare interesse naturale o particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, nonché tra gli stabilimenti e gli istituti, i luoghi e le aree tutelati ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004. Il successivo art. 21 co. 3 stabilisce quindi che nell’atto che conclude l’istruttoria per l’approvazione del Rapporto di sicurezza vengano indicate le valutazioni tecniche finali, le proposte di eventuali prescrizioni integrative e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, sia previsto il divieto di inizio di attività. Venendo alle fonti secondarie, il sottoparagrafo 6.2.2. dell’allegato al D.M. 9 maggio 2001 prevede a sua volta che, per gli stabilimenti soggetti alla presentazione del Rapporto di sicurezza, la determinazione delle aree di danno deve essere condotta dal gestore nei termini analitici richiesti per la stesura di questo ed eventualmente rivalutata a seguito delle conclusioni dell’istruttoria per la valutazione del Rapporto di sicurezza; mentre l’art. 5 del D.P.C.M. 25 febbraio 2005, recante linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 334/1999, stabilisce che le aree di interesse per l’organizzazione delle attività di pianificazione, inoltre, devono essere definite a partire dai cerchi di danno individuati nel Rapporto di sicurezza, ma possono essere più ampie – mai inferiori – dei cerchi di danno stessi nel caso di particolari vulnerabilità territoriali.

Pres. Pozzi, Est. Grauso – S. s.p.a.  (avv.ti Conti e Conti) c. Comune di Rosignano Marittimo (avv.ti Narese e Narese)


Allegato


Titolo Completo

TAR TOSCANA, Sez. 1^ - 27 luglio 2015, n. 1121

SENTENZA

 

TAR TOSCANA,  Sez. 1^ – 27 luglio 2015, n. 1121


N. 01121/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00382/2009 REG.RIC.
N. 00383/2009 REG.RIC.
N. 00384/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 382 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Solvay Chimica Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Conti e Gian Luca Conti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Firenze, piazza della Repubblica 2;

contro

Comune di Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Calogero Narese e Piero Narese, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, Via dell’Oriuolo 20;

Provincia di Livorno;

nei confronti di

Regione Toscana;

sul ricorso numero di registro generale 383 del 2009, proposto da:
Solvay S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Conti e Gian Luca Conti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Firenze, piazza della Repubblica 2;

contro

Comune di Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Calogero Narese e Piero Narese, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, Via dell’Oriuolo 20;

Provincia di Livorno;

nei confronti di

Regione Toscana;

sul ricorso numero di registro generale 384 del 2009, proposto da:
Ineos Manifaturing Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Conti e Gian Luca Conti, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Firenze, piazza della Repubblica 2;

contro

Comune di Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Calogero Narese e Piero Narese, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, Via dell’Oriuolo 20;

Provincia di Livorno;

nei confronti di

Regione Toscana;

per l’annullamento,

quanto al ricorso n. 382 del 2009:

della deliberazione di Consiglio comunale n. 162 del 17 novembre 2008, con cui il Regolamento urbanistico del Comune di Rosignano Marittimo e’ stato parzialmente approvato e parzialmente riadottato, nonche’ di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi o comunque conseguenti e, in particolare, la deliberazione di adozione dell’atto di pianificazione che si impugna;

e, visti i motivi aggiunti depositati in data 28.09.2009, per l’annullamento della deliberazione di Consiglio comunale n. 116 del 21 aprile 2009, di approvazione del Regolamento urbanistico del Comune di Rosignano, pubblicata nella parte II del BURT n. 23 del 10 giugno 2009, nonche’ di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi o comunque conseguenti e, in particolare, la deliberazione di adozione dell’atto di pianificazione che si impugna, nonche’ di parziale approvazione e parziale riadozione del medesimo.

Quanto al ricorso n. 383 del 2009:

della deliberazione di Consiglio comunale n. 162 del 17 novembre 2008, con cui il Regolamento urbanistico del Comune di Rosignano Marittimo e’ stato parzialmente approvato e parzialmente riadottato, nonche’ di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi o comunque conseguenti e, in particolare, la deliberazione di adozione dell’atto di pianificazione che si impugna;

e,visti i motivi aggiunti depositati in data 28.09.2009, per l’annullamento della deliberazione di Consiglio comunale n. 116 del 21 aprile 2009, di approvazione del Regolamento urbanistico del Comune di Rosignano, pubblicata nella parte II del BURT n. 23 del 10 giugno 2009, nonche’ di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi o comunque conseguenti e, in particolare, la deliberazione di adozione dell’atto di pianificazione che si impugna, nonche’ di parziale approvazione e parziale riadozione del medesimo.

Quanto al ricorso n. 384 del 2009:

della deliberazione di Consiglio comunale n. 162 del 17 novembre 2008, con cui il Regolamento urbanistico del Comune di Rosignano Marittimo e’ stato parzialmente approvato e parzialmente riadottato, nonche’ di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi o comunque conseguenti e, in particolare, la deliberazione di adozione dell’atto di pianificazione che si impugna;

e, visti i motivi aggiunti del 28/09/09, per l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale n. 116 del 21 aprile 2009, di approvazione del regolamento urbanistico del Comune di Rosignano, pubblicata nella parte II del Burt n. 23 del 10 giugno 2009, nonche’ di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi o comunque conseguenti e, in particolare, la deliberazione di adozione dell’atto di pianificazione che si impugna, nonche’ di parziale approvazione e parziale riadozione del medesimo.

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rosignano Marittimo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 aprile 2015 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 2 e depositato il 12 marzo 2009, iscritto al n. 382 R.G., la Solvay Chimica Italia S.p.a. (di seguito, anche Solvay S.p.a.), titolare del noto stabilimento industriale ricadente nel territorio di Rosignano Marittimo, impugna la deliberazione n. 162 del 17 novembre 2008, mediante la quale quell’amministrazione comunale ha in parte approvato e in parte riadottato il proprio regolamento urbanistico, e ne chiede l’annullamento sul presupposto – sviluppato in tredici motivi di diritto – che esso non valorizzi a sufficienza la sua presenza sul territorio del Comune, in ciò discostandosi dalle indicazioni contenute nel piano strutturale.

Con motivi aggiunti depositati il 28 settembre 2009 la società ricorrente ha quindi esteso il gravame alla sopravvenuta delibera n. 116 del 21 aprile 2009, recante la definitiva approvazione del R.U.C..

1.1. Con separato ricorso, notificato e depositato in pari data, iscritto al n. 383 R.G., la medesima deliberazione comunale n. 162/2008 è impugnata dalla Solvay S.A., società con sede in Belgio e sede secondaria per l’Italia in Rosignano Marittimo, appartenente allo stesso gruppo industriale di Solvay Chimica Italia. Anche nel secondo giudizio l’impugnazione è stata estesa, con motivi aggiunti, alla sopravvenuta delibera di definitiva approvazione del regolamento urbanistico.

1.2. Con ulteriore ricorso, contestuale ai primi due e iscritto al n. 384 R.G., parimenti corredato da motivi aggiunti, i medesimi provvedimenti comunali vengono nuovamente e autonomamente impugnati da Ineos Manifacturing Italia S.p.a. (Ineos S.p.a.), titolare dei serbatoi per lo stoccaggio di olefine posti all’interno dello stabilimento di Solvay Chimica Italia e utilizzati per il suo ciclo produttivo, inseparabilmente integrato con quello dello stabilimento.

1.3. Costituitosi in ciascuno dei giudizi il Comune di Rosignano Marittimo, che resiste alle domande avversarie, le cause sono state discusse congiuntamente e trattenute per la decisione nella pubblica udienza del 10 aprile 2015, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche.

2. L’evidente connessione oggettiva delle tre impugnative, che sono rivolte nei confronti dei medesimi provvedimenti e, come si vedrà, presentano numerose censure in comune (i ricorsi nn. 383 e 384/2009 R.G. non fanno altro che riproporre alcuni dei più numerosi motivi già presenti nel ricorso n. 382/2009 R.G.), rende opportuna la riunione delle controversie ai fini della loro decisione congiunta.

3. La difesa del Comune di Rosignano Marittimo eccepisce in via pregiudiziale l’inammissibilità dei ricorsi nella parte in cui, per il loro carattere generale, non delimitano il proprio oggetto alle sole previsioni regolamentari effettivamente incidenti sulla disciplina urbanistica degli immobili di proprietà delle società ricorrenti.

L’eccezione nella sua astrattezza è infondata, non potendosi dubitare della legittimazione del proprietario a impugnare lo strumento urbanistico anche nelle disposizioni aventi portata generale, laddove queste si rivelino pregiudizievoli per l’esercizio dei suoi diritti, ovvero dell’interesse strumentale a far valere vizi suscettibili di determinare la radicale illegittimità dell’intero atto impugnato, quali le violazioni commesse in fase di adozione e approvazione.

3.1. L’inammissibilità dei ricorsi è eccepita dal Comune anche sotto il differente profilo dell’insindacabilità delle scelte di pianificazione urbanistica, afferenti al merito dell’azione amministrativa, a fronte delle mere aspettative di fatto rivendicate dalle società ricorrenti. Queste aspirerebbero, fra l’altro, a delocalizzare l’impianto di stoccaggio dell’etilene presente nell’area di San Gaetano a Vada per riallocarlo all’interno dello stabilimento della Solvay Chimica Italia, soluzione che ad avviso del Comune sarebbe preclusa non già dal regolamento urbanistico impugnato, bensì, a monte, in virtù delle previsioni contenute nel piano strutturale, a sua volta impugnato da Solvay S.p.a. con gravame dichiarato perento da questo stesso T.A.R..

L’eccezione sarà esaminata unitamente al merito delle censure cui specificamente essa è riferibile e, in particolare, al quinto motivo di cui al ricorso n. 382/2009 R.G., relativo appunto alla disciplina urbanistica dell’area di Vada e degli stoccaggi sulla stessa insistenti.

3.2. Ancora, l’amministrazione resistente eccepisce l’improcedibilità dei ricorsi in virtù della sopravvenuta adozione, con delibera consiliare n. 56 del 9 aprile 2014, di una variante parziale al regolamento urbanistico di Rosignano Marittimo, non impugnata dalle società ricorrenti, la quale avrebbe valenza non meramente confermativa delle disposizioni urbanistiche oggetto di giudizio.

In senso opposto alla tesi del Comune, deve tuttavia osservarsi che il carattere di generalità della variante adottata con la menzionata deliberazione n. 56/2014 è dichiaratamente limitato alla semplificazione del testo delle norme tecniche di attuazione e all’obiettivo di trasferire quante più norme possibili dal regolamento urbanistico a quello edilizio, nonché alla disciplina degli interventi da realizzare sul patrimonio edilizio esistente e sul demanio marittimo (si veda la relazione tecnico-amministrativa alla variante, in atti); come riconosciuto dalla stessa amministrazione, nessuna modifica interessa invece la disciplina urbanistica degli immobili oggetto di causa, rispetto ai quali la variante, in assenza di rinnovate valutazioni, rivela la parzialità – parimenti dichiarata – dell’intervento emendativo voluto dal pianificatore comunale e assume contenuto meramente confermativo. Persiste dunque l’interesse alle impugnazioni, che solo un provvedimento implicante l’integrale revisione dello strumento urbanistico, ancorché in tutto o in parte confermativa, avrebbe potuto far cessare.

4. Nel merito, la trattazione dei motivi deve intendersi riferita all’ordine scandito dal ricorso n. 382/2009 R.G.. Sarà di volta in volta segnalata l’eventuale comunanza delle censure agli altri due ricorsi. I motivi aggiunti saranno trattati unitamente ai motivi di ricorso principale cui, di volta in volta, appaiano connessi.

4.1. Con il primo motivo, comune ai tre ricorsi, le società ricorrenti deducono che la valutazione integrata ambientale degli effetti del regolamento urbanistico impugnato sarebbe stata fatta quando l’atto, adottato, era oramai prossimo all’approvazione, in contrasto con la previsione di cui agli artt. 11 co. 4 e 16 co. 3 della legge regionale urbanistica n. 1/2005, in forza dei quali la valutazione integrata precede, e non segue, l’adozione dell’atto di governo del territorio.

Il motivo è infondato.

Come puntualmente fatto rilevare dalla difesa comunale, l’art. 210 della legge regionale toscana n. 1/2005, vigente all’epoca dei fatti di causa, differiva l’applicazione delle disposizioni contenute nel titolo II, capo I, della stessa legge, all’entrata in vigore del regolamento di attuazione di cui al quinto comma dell’art. 11 co. 5 (nel testo anteriore alle sostituzioni operate dapprima con legge regionale n. 10/2010), in materia di valutazione integrata. Il regolamento in questione, approvato con D.P.G.R. n. 4/R del 9 febbraio 2007, prevedeva all’art. 13 che le procedure per la valutazione integrata trovassero applicazione agli strumenti della pianificazione territoriale e agli atti di governo del territorio, e relative varianti, da adottarsi trascorsi novanta giorni dall’entrata in vigore del regolamento medesimo, vale a dire successivamente al 15 maggio 2007, mentre il regolamento urbanistico del Comune resistente risulta inizialmente adottato l’8 maggio 2007, di modo che nessuna efficacia viziante può annettersi alla denunciata inversione procedimentale; né rileva, sul piano della legittimità del regolamento, la circostanza che l’amministrazione abbia spontaneamente inteso corredare la procedura di approvazione di un adempimento – la valutazione integrata – ancora non esigibile e, perciò, di nessun rilievo ai fini del rispetto della sequenza procedimentale imposta dal legislatore.

4.2. Con il secondo motivo, anch’esso comune, è quindi dedotta la violazione dell’art. 15 della stessa legge regionale n. 1/2005, atteso che, al pari della valutazione integrata, anche la redazione del documento strategico avrebbe seguito, anziché anticipare, le scelte dell’amministrazione procedente.

Neppure tale censura coglie nel segno.

L’art. 15 della l.r. n. 1/2005, nel testo vigente ratione temporis, circoscriveva il proprio ambito di applicazione ai procedimenti per l’approvazione degli strumenti della pianificazione territoriale di cui al precedente art. 9, ovvero al piano regionale di indirizzo territoriale ( PIT ), al piano territoriale di coordinamento provinciale ( PTC ) e al piano strutturale comunale ( PS ), restandone esclusi i procedimenti per l’approvazione degli atti di governo del territorio, a partire dai regolamenti urbanistici, quantomeno per il caso in cui questi – come nella specie – non comportassero modifiche al piano strutturale (e ciò in virtù del richiamo all’art. 15 operato, per gli atti di governo del territorio, dall’art. 18 co. 2 della legge, ma, appunto, limitatamente all’ipotesi indicata). E, ancora una volta, la spontanea adozione di un modello procedimentale più articolato, ancorché non previsto dalla legge, non rileva ai fini della verifica di legittimità del procedimento seguito dall’amministrazione.

4.3. Con il terzo motivo, comune, le ricorrenti lamentano che le osservazioni al regolamento adottato sarebbero state suddivise per gruppi omogenei dal Servizio di pianificazione del Comune, e le relative controdeduzioni votate, analogamente, per gruppi. Tale modo di procedere implicherebbe il difetto di puntuale e specifico esame delle osservazioni stesse e di adeguata motivazione delle controdeduzioni.

Premesso che, per giurisprudenza granitica, le osservazioni formulate dai proprietari interessati in sede di formazione degli strumenti urbanistici costituiscono un mero apporto collaborativo e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente dimostrare che siano state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore o della sua variante (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6386; id., 7 novembre 2014, n. 5482), dalla documentazione in atti risulta peraltro che le osservazioni presentate dagli interessati al regolamento urbanistico adottato, pur suddivise per gruppi omogenei, sono state oggetto di puntuali e argomentate controdeduzioni individuali ad opera degli uffici del Comune. La circostanza che il Consiglio comunale – per evidenti ed apprezzabili ragioni di economicità e razionalizzazione – abbia poi espresso il proprio voto per gruppi di osservazioni e relative controdeduzioni non toglie che il voto sia comunque riferibile alle singole osservazioni contenute in ciascun gruppo, attraverso il rinvio per relationem agli allegati da “b” a “m”, riportanti in sintesi l’oggetto delle osservazioni raggruppate e le determinazioni assunte su ciascuna, cui la deliberazione n. 162/2008 fa esplicito riferimento.

Il motivo non può, dunque, trovare accoglimento.

4.4. Con il quarto motivo, anch’esso comune, le ricorrenti sostengono che il regolamento urbanistico, in parte approvato e in parte riadottato con la deliberazione n. 162/2008, avrebbe dovuto essere riscritto integralmente, in modo da conformarlo al piano di indirizzo territoriale, e che il Comune avrebbe dovuto altresì attivare lo strumento concertativo disciplinato dall’art. 16 co. 4 della legge regionale n. 1/2005.

4.4.1. In realtà, a differenza di quanto affermato dalle ricorrenti, la deliberazione n. 162/2008 non postula affatto l’esistenza di un integrale contrasto del regolamento adottato con il piano regionale di indirizzo territoriale, frattanto approvato, ma evidenzia la necessità di tenere conto delle osservazioni regionali relativamente ad alcune previsioni edificatorie “critiche”, oltre che la volontà di dare corso ad alcuni indirizzi politico-amministrativi maturati in seno alla stessa amministrazione comunale. La dimensione effettiva del ripensamento operato dal Comune si apprezza al meglio nel documento strategico redatto per l’approvazione del regolamento, ove si chiarisce come gli obiettivi del R.U. (sviluppo del comparto turistico e delle attività produttive ai fini di una occupazione permanente nei settori qualificanti l’economia locale; riqualificazione delle aree urbane con la contestuale previsione di opere e servizi di interesse pubblico; tutela del patrimonio naturale attraverso la protezione degli ambiti costieri, la riduzione della cementificazione sulla costa, la valorizzazione delle aree boscate e del paesaggio mediterraneo e collinare; recupero dei centri storici) siano stati tutt’altro che abbandonati, pur intendendo l’amministrazione porre mano alle criticità emerse nel confronto con la Regione e, in questa prospettiva, fare luogo al ridimensionamento (non dell’intero strumento urbanistico, ma) delle previsioni foriere delle ricadute più problematiche, identificate nell’aggravio della pressione antropica sulla fascia del litorale, nella perdita dei pochi vuoti urbani rimasti, nell’aumento del carico antropico di tipo turistico sulla fascia costiera, nell’incremento dei comparti residenziali e ricettive in assenza di un corrispondente alleggerimento della pressione insediativa sulla costa.

4.4.2. La conservazione degli obiettivi originari del regolamento, e, semmai, il loro progressivo affinamento, consentono di escludere che il procedimento di approvazione abbia subito una soluzione di continuità tale da imporne la ripubblicazione per intero, né del resto le ricorrenti, al di là del generico richiamo alle “direttive espresse dal piano regionale”, indicano i profili qualitativi e quantitativi che, in concreto, farebbero registrare la “perdita di identità” del R.U.C.. Nessuna illegittimità affligge pertanto la riadozione del regolamento, non integrale, ma pur sempre in linea di continuità con gli obiettivi originariamente dichiarati e perseguiti, e questo anche alla luce del consolidato indirizzo interpretativo secondo cui l’approvazione per stralci degli atti di pianificazione urbanistica e di governo del territorio risponde, in definitiva, al generale principio di economicità dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 settembre 2010, n. 7034).

Del resto, e conclusivamente, l’illegittimità denunciata dalle società ricorrenti potrebbe al più coinvolgere le previsioni oggetto di approvazione immediata da parte della delibera n. 162/2008, in quanto non (ri)sottoposte al contraddittorio procedimentale con gli interessati, ma fra queste non rientrano quelle inerenti i beni di proprietà e gestiti dalle ricorrenti, che, a seguito della rinnovata pubblicazione, sono state poste in condizione di nuovamente contraddire con l’amministrazione procedente; con la conseguenza, che, a ben vedere, le censure risultano inammissibili per difetto di interesse, prima che infondate.

4.4.3. Dall’accertata infondatezza dei primi quattro motivi, comuni a tutti i ricorsi, discende quella dei primi quattro motivi aggiunti, anch’essi comuni, con cui le società ricorrenti hanno inteso far valere le medesime censure in via di derivazione nei confronti della delibera n. 116/2009 di definitiva approvazione del regolamento urbanistico.

Peraltro, con il quarto motivo aggiunto ai ricorsi n. 382 e 383/2009 R.G., Solvay Chimica Italia lamenta che il Comune abbia ritenuto inammissibili le osservazioni rivolte nei confronti della disciplina urbanistica oggetto di approvazione del regolamento. L’infondatezza della censura è manifesta alla luce della duplice natura della delibera in questione, di approvazione per una parte, e di riadozione del regolamento per l’altra: mentre le previsioni riadottate ben potevano formare oggetto di osservazioni, lo stesso non vale per quelle approvate, rispetto alle quali le osservazioni valgono al più come sollecitazioni all’intervento in autotutela, senza alcun obbligo per l’amministrazione di provvedere.

Ne discende la correttezza del giudizio di inammissibilità dell’osservazione volta alla modifica della disciplina dettata dal regolamento approvato per le aree classificate “mb1” (sulle quali, nel merito, v. infra). La questione relativa al mancato accoglimento dell’osservazione inerente lo stralcio del comparto edificatorio 3-T14 sarà invece trattata più avanti, unitamente al decimo motivo di ricorso principale.

4.5. Con il quinto motivo, comune ai ricorsi nn. 382 e 384/2009 R.G., la Solvay Italia S.p.a. – premesso di aver rappresentato, in sede di osservazioni, come il regolamento adottato non rispecchiasse la centralità del ruolo ad essa riservato dal piano strutturale, con particolare riguardo alla disciplina dettata per le aree di stoccaggio dell’etilene e per la loro delocalizzazione – contesta le controdeduzioni comunali, nella parte in cui affermano che il piano strutturale non prevederebbe lo sviluppo della grande impresa, ma il consolidamento di Rosignano come polo industriale, per facilitare la realizzazione di media industria. Ribadita la difformità delle scelte operate con il regolamento rispetto alle indicazioni del piano strutturale, del quale ripercorre le previsioni, la società ricorrente rivendica l’accoglibilità delle proprie osservazioni relativamente alle seguenti linee direttrici: mantenimento della classificazione industriale per le aree di San Gaetano a Vada, ove sono attualmente ubicati gli stoccaggi che riforniscono lo stabilimento, per l’ipotesi in cui non dovesse rivelarsi attuabile l’ipotesi di uno spostamento degli stoccaggi medesimi all’interno dello stabilimento; eliminazione delle ingerenze comunali nella definizione degli interventi industriali collegati allo stabilimento; eliminazione della previsione di un parco pubblico lungo la via Filidei, interferente con gli usi ammissibili all’interno dello stabilimento; possibilità di realizzare nuovi impianti all’esterno dello stabilimento; eliminazione della classificazione “r” per le aree considerate a rischio di incidente rilevante.

Sul problema specifico degli stoccaggi, la ricorrente ricorda come nel 1994 l’amministrazione avesse convenzionato il c.d. “progetto Azzurro”, che prevedeva la sostituzione e l’integrazione degli stoccaggi presenti nell’area di Vada, salvo la convenzione essere stata posta nel nulla dal nuovo regolamento urbanistico, peraltro in assenza di idonea motivazione. L’ipotesi di uno spostamento degli stoccaggi dalle aree di Vada all’interno dello stabilimento Solvay risalirebbe al progetto favorevolmente delibato dal Comune nell’aprile 2008, la cui realizzazione sarebbe tuttavia subordinata a una serie di condizioni industriali, economiche e finanziarie, implicanti l’attuazione del c.d. “Parco del freddo”.

4.5.1. Il motivo è infondato.

4.5.2. L’art. 7 del piano strutturale di Rosignano Marittimo, al quinto comma, elenca le componenti territoriali soggette a valorizzazione, individuando una serie composita di ambiti di intervento, fra i quali la presenza dell’impianto Solvay, come espressiva della propria appartenenza ad una “scala globale”, è affiancata alla “scala urbano-industriale” di Pisa e Livorno e alla “scala locale” in relazione con la vicina Cecina. L’appartenenza alle tre diverse scale di interazione costituisce uno dei macro ambiti oggetto di valorizzazione, unitamente alla qualità ambientale e paesistica del territorio, alla presenza di stratificazioni storiche, alle nicchie di produzione agricola di qualità, alla dimensione turistica e culturale di rango regionale/nazionale, al rango regionale come polo di trattamento dei rifiuti.

Il successivo comma nono dello stesso art. 7 individua quindi, mediante rinvio alla tabella allegata, gli ambiti strategici e quelli preferenziali di intervento, nonché gli obiettivi del piano. Per quanto qui interessa, all’ambito strategico 2. “sviluppo dell’imprenditorialità e qualificazione economia” corrisponde l’ambito preferenziale d’intervento 2.3. “attività manifatturiere e produttive”, cui corrisponde l’obiettivo strategico 2.3.3 “confermare e consolidare il ruolo di Rosignano come polo industriale, facilitare la realizzazione di media industria”; segue quindi l’ambito di intervento 2.4 “qualificazione della scala sovra locale Solvay”, al quale corrispondono a propria volta gli obiettivi strategici 2.4.1 “riduzione dell’uso delle materie prime e valorizzazione del risparmio energetico”, 2.4.2 “riorganizzazione della logistica della produzione e della movimentazione (es. recuperi scarti di produzione), 2.4.3 “contributo attivo alla tutela ambientale, coordinamento politiche ambientali e politiche industriali”, 2.4.4 “organizzare e ottimizzare la gestione dei rifiuti speciali”, 2.4.5 “valorizzare gli spazi inutilizzati negli stabilimenti per attrarre nuove imprenditorialità”, 2.4.6 “attivare politiche concrete nella tutela della risorsa idrica” e 2.4.7 “favorire il recupero di spazi non più utili alla produzione (dalla fabbrica alla città)”.

Alla luce delle disposizioni di piano strutturale appena esaminate, è innegabile il “peso” riconosciuto dall’amministrazione alla presenza sul territorio dello stabilimento Solvay. È però altrettanto vero che, nella strategia del pianificatore comunale, l’idea di valorizzare l’appartenenza della città a una scala di interazione globale dovuta proprio a quella presenza, e lo stesso obiettivo di vedere confermato e consolidato il ruolo rivestito da Rosignano come polo industriale, sono equiordinati a una serie di ulteriori obiettivi, tutti diretti alla salvaguardia, per quanto possibile, delle risorse ambientali e territoriali inevitabilmente sacrificate dallo stabilimento, nella consueta prospettiva del bilanciamento fra istanze contrapposte: istanze che appaiono plasticamente rappresentate nella disciplina dell’U.T.O.E. 3, dove gli obiettivi strategici del consolidamento industriale concorrono con quelli di promozione dei fattori ambientali direttamente coinvolti dalla produzione industriale in essere, e dove gli obiettivi specifici sono volti, da un lato, alla mitigazione verso l’esterno degli effetti ambientali della presenza dello stabilimento Solvay e, dall’altro, al riordino delle aree libere, alle sistemazioni ambientali e alle dotazioni di verde all’interno dello stabilimento, altresì individuato quale luogo elettivo per l’ulteriore sviluppo degli insediamenti industriali.

Ciò posto, è proprio la pluralità di funzioni – per certi aspetti antagoniste – assegnate all’ambito territoriale in questione a far cogliere l’estrema latitudine dei margini di discrezionalità di cui il Comune resistente dispone nella scelta degli strumenti operativi cui affidare l’attuazione dei molteplici obiettivi strategici enunciati dalla pianificazione. Con la conseguenza che le “direttrici” auspicate dalle società ricorrenti in chiave di corretta attuazione, da parte del regolamento urbanistico, delle indicazioni contenute nel piano strutturale circa il consolidamento e la qualificazione della presenza industriale costituiscono il frutto di una opinabile valutazione di parte, che in termini generali non può essere validamente contrapposta alle ragionevoli scelte di fondo operate dal Comune nell’esercizio di prerogative tendenzialmente insindacabili, perché appartenenti alla sfera del merito amministrativo.

In capo alle ricorrenti residua, semmai, la facoltà di censurare singole previsioni del regolamento sotto il profilo della loro asserita incoerenza con il piano strutturale, ed è in tale prospettiva che vanno esaminate le censure dirette a far valere l’illegittimità della disciplina dettata dal R.U. per le aree di stoccaggio.

4.5.3. Sostengono le ricorrenti, lo si è detto, che il 24 settembre 1994 fra le parti sarebbe intervenuta una convenzione avente ad oggetto la realizzazione del c.d. “progetto Azzurro”, che prevedeva lo spostamento degli stoccaggi ancora oggi presenti nelle aree di Vada. Il regolamento impugnato, disponendo il trasferimento degli stoccaggi all’interno dello stabilimento Solvay e disconoscendo le condizioni indispensabili alla fattibilità industriale del trasferimento stesso, avrebbe posto nel nulla la convenzione fra le parti, senza dare alcun conto delle legittime aspettative della proprietà.

L’affermazione è tuttavia smentita dall’esame della convenzione invocata, con la quale il Comune di Rosignano e Solvay S.A. si impegnavano reciprocamente a dare corso al procedimento per la realizzazione di nuovi impianti di stoccaggio di olefine nell’area di Vada, ai sensi dell’art. 31-bis dell’allora vigente P.R.G., secondo una scansione che prevedeva espressamente la futura stipula di un accordo di programma destinato a contenere anche la convenzione accessiva alla concessione edilizia avente ad oggetto la realizzazione degli impianti. La convenzione del 1994, pur facendo registrare una indubbia convergenza delle parti pubblica e privata verso la realizzazione del “progetto Azzurro”, si atteggia nondimeno ad atto programmatorio delle future iniziative, a partire dalla presentazione del progetto dei nuovi impianti da parte di Solvay e dalla richiesta dei relativi titoli edificatori, di modo che essa non può costituire fonte di un’aspettativa qualificata alla realizzazione dell’intervento in questione e del corrispondente aggravio motivazionale a carico dell’amministrazione, a maggior ragione se si considera che la convenzione stessa rimette la presentazione del piano per la realizzazione dei nuovi stoccaggi a una decisione potestativa della stessa parte privata (“Il piano di attuazione della zona H10*… verrà presentato da Solvay S.A. contestualmente al piano per la realizzazione di nuovi stoccaggi nel momento in cui sussisteranno le condizioni di mercato che consentano il nuovo investimento nel campo delle olefine”: art. 8 della convenzione).

È al più in questo limitato senso che può parlarsi di intervenuta “approvazione” del “progetto Azzurro”, vale a dire come condivisione di un progetto di sviluppo delle aree di stoccaggio sulla base delle previsioni urbanistiche contenute nel P.R.G., fermo restando che il progetto non è mai giunto allo stadio del convenzionamento dell’intervento urbanistico-edilizio, che avrebbe fra l’altro richiesto l’approvazione di un piano di contestuale risistemazione ambientale e naturalistica del territorio di Vada, ai sensi dell’art. 31-bis co. 2 delle norme di P.R.G. come richiamato dalla convenzione del 1994 (si veda la convenzione alla settima pagina). La conclusione non muta per il fatto che, nel respingere le osservazioni presentate da Solvay Chimica Italia al piano strutturale, il Comune (deliberazione n. 16 del 18 febbraio 2003) abbia affermato che “il piano strutturale non cancella progetti già approvati”, alla convenzione del 1994 non potendo attribuirsi significato ed effetti eccedenti quelli, limitati, che si sono dianzi ricostruiti, e le stesse controdeduzioni del Comune alle osservazioni di Solvay Chimica Italia ricordano come la valorizzazione della presenza industriale sul territorio debba oggi intendersi garantita dagli obiettivi strategici del piano strutturale.

4.5.4. Si aggiunga che, a seguito dell’adozione del piano strutturale, già con deliberazione n. 185 del 18 novembre 2003 – non impugnata – il Comune resistente si è pronunciato negativamente, ai fini della V.I.A., sul progetto allora presentato da Edison S.p.a. per la realizzazione, nelle aree di Vada, di un terminale di stoccaggio e rigassificazione, di un terminale per l’etilene con nuovo serbatoio, di un metanodotto e per l’allungamento del pontile Solvada; mentre nel 2008 lo stesso Comune, con delibera di Giunta n. 48, ancora nell’ambito del procedimento di V.I.A., si è invece pronunciato favorevolmente su una variante di quel progetto, che prevedeva fra l’altro il trasferimento dei terminali di stoccaggio del gas all’interno del perimetro dello stabilimento Solvay. Si tratta di determinazioni, a ben vedere, del tutto coerenti con gli artt. 32 e 33 della disciplina di piano strutturale, i quali, superando la prospettiva a suo tempo aperta dall’art. 31-bis delle N.T.A. di P.R.G., pongono come obiettivi specifici quelli della riqualificazione e valorizzazione delle aree industriali Solvay e del porto industriale e incentivare la delocalizzazione (art. 32), e quello di favorire il riordino degli spazi interni allo stabilimento Solvay, ammettendo la destinazione del suolo ancora disponibile all’attività industriale (art. 33).

Al piano strutturale, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, è conforme altresì il regolamento urbanistico qui impugnato, nella parte in cui consente il mantenimento degli impianti di stoccaggio esistenti, ma, per il futuro, ne favorisce la delocalizzazione e la concentrazione all’interno dell’area occupata dallo stabilimento Solvay, giacché il perseguimento degli obiettivi di piano rispetto alla conferma del ruolo di Rosignano come polo industriale passa dal consentire alle imprese operanti sul territorio comunale i necessari interventi di rafforzamento, ma non anche dalla libertà delle imprese di scegliere dove localizzare i propri investimenti secondo una logica di esclusiva convenienza individuale, sganciata dalla considerazione dell’interesse collettivo all’equilibrato sfruttamento delle non riproducibili risorse ambientali comuni.

Della portata preclusiva del piano strutturale rispetto alla localizzazione di nuovi stoccaggi criogenici nelle aree di Vada mostra di essere ben consapevole, del resto, la stessa Solvay Chimica S.p.a., la quale ha impugnato dinanzi a questo T.A.R. il piano strutturale (anche) nella parte in cui non prevede detta localizzazione, con ricorso che, tuttavia, è stato dichiarato perento con decreto n. 3618 del 5 agosto 2010 (per questo profilo, il gravame presenta aspetti di inammissibilità, prima ancora che di infondatezza).

4.5.6. All’infondatezza del quinto motivo di ricorso principale si accompagna quella del quinto motivo aggiunto comune ai ricorsi nn. 382 e 384 R.G. 2009, con cui è fatta valere l’invalidità derivata della deliberazione comunale n. 116/2009.

Detto motivo aggiunto contiene altresì un profilo di impugnativa autonomo, diretto a censurare la risposta del Comune all’osservazione presentata dalla ricorrente per invocare il precedente a sé favorevole costituito dalla delibera di Giunta municipale n. 49/2008, poc’anzi ricordata. Sostengono le ricorrenti Solvay Chimica Italia e Ineos che il Comune avrebbe dovuto mantenere un atteggiamento coerente con quella delibera e, conseguentemente, conservare la destinazione industriale delle aree di Vada, ovvero consentire l’attuazione di tutte le condizioni propedeutiche allo spostamento degli stoccaggi criogenici all’interno dell’area dello stabilimento.

Neppure tale censura coglie nel segno.

Come si ricava dal rapporto istruttorio allegato alla deliberazione n. 49/2008, la variante del 2008 al progetto originariamente presentato da Edison del 2003 prevedeva il trasferimento dei terminali di stoccaggio dei gas dalle aree di Vada all’interno del perimetro dello stabilimento. La struttura operativa unica dei Comuni della Bassa Val di Cecina, incaricata dell’istruttoria, ha riscontrato la coerenza del trasferimento con il piano strutturale, con il P.R.G. ancora vigente e con il regolamento urbanistico di Rosignano Marittimo; non così per il prolungamento del pontile Solvada, pure previsto dal nuovo progetto in continuità con quello originario, non contemplato dagli atti di pianificazione e governo del territorio, e contrastante con il P.R.G., al punto che il provvedimento finale rileva la necessità di studiare per le tubazioni, dal pontile allo stabilimento, un percorso alternativo a quello proposto in modo dal liberare le aree attualmente occupate dalle tubazioni medesime e riqualificarle.

Se così è, la delibera di approvazione del regolamento urbanistico non contiene i pretesi elementi di contraddittorietà rispetto alla pregressa deliberazione n. 49/2008, giacché la conferma della scelta di delocalizzare gli stoccaggi dall’area di Vada e di trasferirli all’interno dello stabilimento è in linea con le determinazioni precedentemente assunte dal Comune, le quali non contenevano alcuna favorevole delibazione circa la proposta di realizzare, contestualmente alla delocalizzazione, altre infrastrutture (il “Parco del freddo”, sul quale ancora infra), ovvero circa la conservazione del pontile Solvada come punto di approvvigionamento, immutato il percorso delle tubazioni criogeniche (al riguardo, come detto, l’avviso della Giunta è stato anzi dichiaratamente contrario).

4.6. Con il sesto motivo di cui al ricorso n. 382/2009 R.G., Solvay S.p.a. lamenta che l’art. 62 delle N.T.A. allegate al regolamento urbanistico porrebbe, per le aree industriali di sua proprietà classificate “mb”, un’indebita limitazione alle modalità di godimento dei beni, ammettendo la costruzione di nuovi impianti purché “funzionali all’attività prevalente o collegati alle filiere industriali realizzate nello stabilimento”. La previsione riserverebbe al Comune un inammissibile sindacato sulle stesse politiche industriali di Solvay, eccedente i confini del potere di fissare i parametri urbanistici degli interventi ammessi, connaturato all’approvazione del regolamento.

Al riguardo, deve convenirsi con le difese del Comune resistente, le quali evidenziano come la questione fosse stata già sollevata dalla ricorrente con le osservazioni al regolamento adottato, presentate il 17 settembre 2007.

In quella sede, Solvay Chimica Italia aveva stigmatizzato il ricorso alla nozione di “attività prevalente” come parametro per definire le funzioni ammesse nell’area dello stabilimento di sua proprietà, ed aveva chiesto che il riferimento venisse soppresso, o, in via gradata, sostituito con la diversa espressione “purché collegati alle filiere industriali realizzate nello stabilimento”; e la richiesta è stata accolta dal Comune, che ha modificato in conformità il testo dell’art. 62 delle N.T.A.. La censura è dunque inammissibile per difetto di interesse, stante il carattere satisfattivo della modifica normativa sia sul piano formale, sia su quello sostanziale: invero, l’utilizzo della nozione di “collegamento” alle filiere industriali elimina alla radice i possibili problemi interpretativi connessi alla più restrittiva nozione di “prevalenza dell’attività”.

Analoga sorte tocca al sesto motivo aggiunto al ricorso n. 382/2009.

4.7. Con il settimo motivo, rubricato per errore come ottavo, Solvay Italia S.p.a., riprendendo il testo delle proprie osservazioni al medesimo art. 62 delle norme di attuazione del R.U., denuncia la scarsa chiarezza della disposizione nella parte in cui subordina la realizzazione di interventi di particolare rilievo sullo stabilimento Solvay alla realizzazione, convenzionata, di un’area a verde attrezzato da localizzare sul viale Filidei. La norma, ad avviso della ricorrente, non chiarirebbe a sufficienza i presupposti per la sua applicazione, rimettendoli di fatto alla valutazione discrezionale dell’amministrazione, e neppure terrebbe conto degli assetti proprietari dell’area interessata, parzialmente in proprietà di terzi, oltre a prefigurare la presenza di un parco pubblico in zona soggetta a rischio di incidente rilevante.

4.7.1. La censura è improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Con la deliberazione n. 116 del 21 aprile 2009, di definitiva approvazione del regolamento urbanistico, l’art. 62 delle N.T.A. è stato modificato dal Comune in pedissequa adesione alle osservazioni formulate dalla ricorrente (“In caso di interventi di ristrutturazione urbanistica dell’area industriale, dovrà essere prevista nell’area di margine fra la zona industriale e la città, un’area a verde attrezzato da localizzare su viale Filidei. Tale intervento sarà disciplinato dal piano urbanistico attuativo di iniziativa privata avente ad oggetto l’intervento di ristrutturazione urbanistica dell’area industriale e in tale strumento saranno garantiti l’uso pubblico dell’area nonché i modi e i tempi di realizzazione”), né il testo così risultante presenta gli inconvenienti che la ricorrente continua a segnalare nella memoria di replica relativamente alla pericolosità del sito, in quanto le prescrizioni d’uso dell’area verde potranno essere impartite, per adeguarle alle effettive condizioni di rischio, solo al momento dell’approvazione del piano attuativo avente ad oggetto la ristrutturazione dell’intera area industriale.

Per le medesime ragioni, è infondato il settimo motivo aggiunto al ricorso n. 382/2009 (rubricato come ottavo).

4.8. Con l’ottavo motivo (rubricato come nono), viene in considerazione ancora una volta l’art. 62 delle N.T.A. del regolamento urbanistico, che, secondo Solvay Italia S.p.a., avrebbe erroneamente distinto fra aree “mb1” ed “mb2”, dettando per esse regimi irragionevolmente differenziati, anziché prevedere un’unica classificazione e disciplina per tutte le aree “mb”, ed avrebbe altresì sottoposto gli interventi ammissibili nelle aree in questione a valutazioni discrezionali interferenti con le scelte industriali della proprietà.

4.8.1. Il motivo è infondato.

A seguito della definitiva approvazione del regolamento (delibera n. 116/2009, cit.), l’art. 62 delle N.T.A. prevede per le aree “mb2”, come si è già visto per le aree “mb”, l’ammissibilità di interventi anche solo “collegati” alle filiere industriali presenti nello stabilimento, e non necessariamente “funzionali” all’attività esistente, il che rende la doglianza improcedibile in parte qua.

Nessuna manifesta irrazionalità è ravvisabile poi nella scelta dell’amministrazione di non consentire la realizzazione di nuovi impianti nelle aree “mb1”, che risponde alla logica – tutt’altro che arbitraria, ma anzi conforme agli obiettivi della pianificazione, come inizialmente ricostruiti – di prevenire il consumo di nuovo suolo nelle aree ancora non sfruttate dal punto di vista industriale. Per questo aspetto, il motivo è infondato.

4.8.2. Con l’ottavo motivo aggiunto al ricorso n. 382/2009 R.G., oltre a riprodursi le medesime censure, è fatto valere un profilo di autonoma invalidità della delibera di approvazione definitiva del regolamento, che attiene al mancato accoglimento dell’osservazione di Solvay Chimica Italia contrassegnata dal Comune con il codice 1, numero 91,02.

L’osservazione è stata dichiarata inammissibile perché relativa a norma già vigente, secondo un’impostazione la cui correttezza è già stata vagliata in precedenza (par. 4.4.3.). La circostanza che l’amministrazione procedente abbia ritenuto di poter comunque aderire all’osservazione in sede di prima revisione del regolamento costituisce esercizio in autotutela – non doveroso, e per il futuro – dello jus variandi immanente al potere di pianificazione territoriale/governo del territorio, che non inficia la legittimità del rifiuto di operare l’immediata correzione nel senso preteso dalla società istante.

4.9. Con il nono motivo (rubricato come decimo), la ricorrente si duole del fatto che il Comune, contraddicendo gli obiettivi enunciati dal piano strutturale, avrebbe completamente ignorato il suo progetto di un “parco industriale del freddo”, da realizzare presso un’area in località Polveroni e propedeutico al trasferimento degli stoccaggi criogenici all’interno dello stabilimento.

4.9.1. Il motivo non può essere accolto.

Osserva il collegio che l’area da destinarsi a “parco del freddo” ricade all’interno della U.T.O.E. n. 2, cui l’art. 32 delle norme di attuazione del piano strutturale non impone obiettivi di consolidamento e rafforzamento industriale (punto 2.3 della tabella allegata all’art. 7 delle N.T.A. di P.S.), ma obiettivi di valorizzazione della “scala sovra locale” Solvay e di riqualificazione, anche ambientale, della presenza Solvay (punto 2.4 della tabella). La destinazione a zona agricola e, in parte, ad area “pp” (aree e beni soggetti a regole paesaggistiche”) impressa dal regolamento urbanistico all’area in questione non determina, pertanto, alcun contrasto con gli obiettivi della pianificazione, e questo a tacere dell’ampia riserva di discrezionalità della quale il Comune dispone nel dare attuazione alla pluralità di obiettivi perseguiti attraverso il piani strutturale (v. sopra par. 4.5.2.).

È appena il caso di accennare che, trattandosi di destinazioni conformi al piano strutturale, il mancato annullamento di quest’ultimo in conseguenza della perenzione dell’impugnativa proposta da Solvay Chimica Italia rende la censura inammissibile prima che infondata.

Analogamente, non può trovare accoglimento il nono motivo aggiunto al ricorso n. 382/2009.

4.10. Con il decimo motivo (rubricato come undicesimo), Solvay Chimica Italia contesta lo stralcio dal regolamento urbanistico della capacità edificatoria inizialmente assegnata a terreni di sua proprietà per la realizzazione di insediamenti per persone diversamente abili. Detti terreni avrebbero subito un’ ”imbiancatura” illegittima ad opera del regolamento, per ragioni indicate in un atto, il documento strategico, approvato al di fuori della sequenza procedimentale stabilita dalla legge, circostanza che vizierebbe peraltro l’intero regolamento.

4.10.1. Il motivo è infondato.

Richiamati per intero gli argomenti mediante i quali, respingendo i primi quattro motivi di gravame, si è chiarita la legittimità del procedimento seguito dall’amministrazione resistente per l’approvazione del regolamento urbanistico, anche con riferimento alle scelte operate dal Comune per superare le criticità dei rapporti fra la propria disciplina urbanistica in fieri e la pianificazione regionale, osserva il collegio che il R.U. adottato prevedeva per il comparto denominato 3-T14, di proprietà Solvay, la localizzazione di un nuovo insediamento residenziale dal carico complessivo di sedici alloggi (quattro dei quali riservati a persone disabili). La previsione ha costituito oggetto di puntuali e ragionevoli osservazioni da parte della Regione Toscana (“La densità del tessuto urbano in prossimità della fascia costiera non rende opportuno l’inserimento di ulteriore residenza mentre sono preferibili interventi di consolidamento delle aree verdi a parco unitamente a servizi che alleggeriscano la pressione sul demanio costiero e salvaguardino varchi visivi verso il mare”), alle quali del tutto legittimamente il Comune ha ritenuto di doversi adeguare stralciando l’intervento per contrasto – conclamato – con le direttive di cui all’art. 27 del P.I.T..

4.10.2. Con il decimo motivo aggiunto, la ricorrente Solvay Chimica Italia invoca come confessorie dei vizi che affliggerebbero le scelte del Comune le controdeduzioni relative non all’osservazione presentata dalla ricorrente sul comparto 3-T14, ma all’osservazione di un terzo relativamente al comparto 3-T13, estraneo al giudizio. Il motivo è pertanto inammissibile, al pari del quarto motivo aggiunto al ricorso n. 383/2009 R.G., nella parte in cui con i medesimi argomenti deduce il vizio autonomo della delibera di approvazione definitiva del R.U..

4.11. L’undicesimo motivo (rubricato come dodicesimo), comune anche al ricorso n. 383/2009 R.G., verte intorno al mancato accoglimento dell’osservazione presentata dalle ricorrenti circa la destinazione di un’area collocata in prossimità delle prese a mare dello stabilimento Solvay, sottoposta a vincolo espropriativo per la realizzazione di un centro polifunzionale per la protezione civile, sul quale Solvay ha chiesto farsi luogo all’intervento tramite convenzionamento e cessione gratuita in uso al Comune, ma non attraverso l’esproprio.

4.11.1. La censura è infondata.

A differenza di quanto sostenuto dalle ricorrenti, la replica del Comune alle osservazioni di Solvay (“La tipologia di utilizzo delle aree sarà definita in fase di Piano attuativo oppure di progetto di opera pubblica”) presuppone la volontà di rinviare allo strumento attuativo non l’imposizione del vincolo, ma la sola individuazione degli usi cui destinare l’area, dovendosi perciò escludere che sussista la prospettata incertezza sui tempi dell’eventuale esproprio. Questo, sempre ammesso che di vincolo espropriativo possa effettivamente parlarsi, avuto anche riguardo al fatto che la previsione regolamentare impugnata rinvia per le modalità di attuazione dell’intervento non solo ad un progetto di opera pubblica, ma, come detto, anche all’iniziativa privata; non occorre prendere posizione sul punto, ma è pacifico che sono vincoli preordinati all’espropriazione o di carattere sostanzialmente espropriativo solo quelli che implicano uno svuotamento incisivo della proprietà, mentre non lo sono i vincoli di destinazione imposti per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento, come nel caso delle destinazioni a parcheggio, impianti sportivi, mercati e strutture commerciali, edifici sanitari, zone artigianali, industriali o residenziali, parco urbano, verde pubblico, verde pubblico attrezzato, parco giochi e simili, le quali si pongono al di fuori dello schema ablatorio-espropriativo e costituiscono espressione di potestà conformativa quando lo strumento urbanistico consente di realizzare tali previsioni, non già ad esclusiva iniziativa pubblica, ma ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, senza necessità di ablazione del bene (fra le molte, cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4321; id., 22 giugno 2011, n. 3797).

Le medesime ragioni valgono a respingere l’undicesimo motivo aggiunto al ricorso n. 382/2009.

4.12. Con il dodicesimo motivo (rubricato come tredicesimo), è dedotta l’illegittimità delle prescrizioni dettate dal regolamento urbanistico in materia di misure di sicurezza e precauzioni da adottare per le nuove costruzioni ricadenti all’interno delle aree “r” a rischio di incidente rilevante. La critica investe in particolare la prescrizione inerente l’utilizzo di infissi a tenuta stagna, con la quale il Comune avrebbe esorbitato dalle proprie attribuzioni, che sarebbero limitate al potere di stabilire opportune distanze fra gli stabilimenti industriali e le zone residenziali, ovvero le aree frequentate dal pubblico o di particolare interesse naturale.

4.12.1. Il motivo è infondato.

L’art. 4 del D.M. 9 maggio 2001, attuativo dell’art. 14 co. 1 del D.Lgs. n. 334/1999, rimette agli strumenti urbanistici l’individuazione e la disciplina delle aree interessate dalla presenza di stabilimenti soggetti al rispetto delle regole di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi all’impiego di sostanze pericolose per l’uomo e per l’ambiente, all’uopo imponendo la redazione dell’elaborato tecnico “Rischio di incidenti rilevanti (RIR)” relativo al controllo dell’urbanizzazione”. I criteri per la valutazione della compatibilità territoriale e ambientale degli stabilimenti sono disciplinati dal paragrafo 6. dell’allegato al medesimo decreto ministeriale, che, al sottoparagrafo 6.3, riconosce espressamente agli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica la possibilità di prevedere opportuni accorgimenti ambientali o edilizi che, in base allo specifico scenario incidentale ipotizzato, riducano la vulnerabilità delle costruzioni ammesse nelle diverse aree di pianificazione interessate dalle aree di danno; ed è appunto alla categoria degli “accorgimenti edilizi” che può e deve essere ascritta la prescrizione circa l’impiego di infissi a tenuta stagna nella nuove costruzioni.

Segue l’infondatezza del dodicesimo motivo aggiunto al ricorso n. 382/2009.

4.13. Il tredicesimo motivo, rubricato come quattordicesimo, è diretto nei confronti della perimetrazione delle aree di danno, già censurata mediante la presentazione di osservazioni in seno al procedimento. Nelle osservazioni, Solvay Chimica Italia aveva rappresentato come il raggio d’azione degli incidenti rilevanti riguardanti il proprio stabilimento fosse stato ricostruito dal Comune sulla base di dati non più attuali, ed aveva sollecitato l’adeguamento della perimetrazione agli interventi effettivamente interessati dal raggio di incidenza degli incidenti, come indicato nel rapporto di sicurezza in corso di istruttoria, nonché la previsione di meccanismi di adeguamento automatico della perimetrazione stessa in contestualità con l’aggiornamento dei rapporti. L’amministrazione ha controdedotto di essersi attenuta ad un principio di cautela, avvalendosi del precedente rapporto di sicurezza in assenza di pronuncia definitiva del Comitato Tecnico Regionale sul nuovo rapporto.

In giudizio, la ricorrente sostiene che neppure il rapporto di sicurezza più risalente sarebbe mai stato approvato dal C.T.R., di modo che non si comprenderebbe perché il Comune si sia servito di quello e non del rapporto più aggiornato; né, proprio a causa della mancanza di dati attendibili, l’operato dell’amministrazione potrebbe dirsi legittimato dal principio di precauzione. Le prescrizioni imposte sarebbero comunque illegittime, perché non conformi al modello delle distanze minime di sicurezza, e Solvay non sarebbe tenuta a sottostarvi fino alla conclusione dell’istruttoria pendente dinanzi al C.T.R..

4.13.1. Ai sensi dell’art. 14 co. 5-bis del D.Lgs. n. 334/1999, nelle zone interessate dagli stabilimenti a rischio di incidente rilevante gli enti territoriali debbono tenere conto, nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione dell’assetto del territorio, della necessità di prevedere e mantenere opportune distanze tra gli stabilimenti e le zone residenziali, gli edifici e le zone frequentate dal pubblico, le vie di trasporto principali, le aree ricreative e le aree di particolare interesse naturale o particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, nonché tra gli stabilimenti e gli istituti, i luoghi e le aree tutelati ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004. Il successivo art. 21 co. 3 stabilisce quindi che nell’atto che conclude l’istruttoria per l’approvazione del Rapporto di sicurezza vengano indicate le valutazioni tecniche finali, le proposte di eventuali prescrizioni integrative e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, sia previsto il divieto di inizio di attività.

Venendo alle fonti secondarie, il sottoparagrafo 6.2.2. del citato allegato al D.M. 9 maggio 2001 prevede a sua volta che, per gli stabilimenti soggetti alla presentazione del Rapporto di sicurezza, la determinazione delle aree di danno deve essere condotta dal gestore nei termini analitici richiesti per la stesura di questo ed eventualmente rivalutata a seguito delle conclusioni dell’istruttoria per la valutazione del Rapporto di sicurezza; mentre l’art. 5 del D.P.C.M. 25 febbraio 2005, recante linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 334/1999, stabilisce che le aree di interesse per l’organizzazione delle attività di pianificazione, inoltre, devono essere definite a partire dai cerchi di danno individuati nel Rapporto di sicurezza, ma possono essere più ampie – mai inferiori – dei cerchi di danno stessi nel caso di particolari vulnerabilità territoriali.

Tanto premesso, dagli atti risulta che, con nota del 18 febbraio 2005, la Direzione regionale toscana del Dipartimento dei Vigili del fuoco ha comunicato a Solvay Chimica Italia l’intervenuta approvazione, da parte del Comitato Tecnico Regionale, della relazione conclusiva sul rapporto di sicurezza presentato per lo stabilimento di Rosignano nell’ottobre 2000. Nella comunicazione è precisato che la relazione tiene conto anche della documentazione integrativa del rapporto, trasmessa da Solvay nell’ottobre 2004, e si conclude nel senso della necessità che il Comune, ritenuta dal Comitato, garantisca la permanenza in sicurezza degli occupanti degli edifici interessati a possibili incidenti entro un raggio di almeno 1800 m dall’impianto di trattamento dell’ammoniaca e di 3600 m da quello per il trattamento del cloro-soda. L’esistenza di un piano approvato, per di più aggiornato, rende del tutto ragionevole, se non addirittura vincolato, il riferimento del Comune alle prescrizioni ivi contenute circa l’ampiezza dell’area di rischio, dovendosi di contro escludere la possibilità di tenere conto del rapporto non ancora vagliato dal C.T.R., e, correlativamente, la fondatezza del gravame.

Infondato il motivo dedotto con il ricorso principale, non può che essere dichiarata altresì l’infondatezza del tredicesimo motivo aggiunto al ricorso n. 382/2009.

5. In forza di tutto quanto precede, i ricorsi riuniti non possono trovare accoglimento.

5.1. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, riunisce i ricorsi e li respinge, condannando le società ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre agli accessori di legge, a carico di ciascuna.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

  
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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