* CAVE E MINIERE – Pronuncia di compatibilità ambientale – Prestazione divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore – Applicabilità dei principi civilistici alle prescrizioni ambientali – Esclusione – Ragioni.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 27 Maggio 2016
Numero: 917
Data di udienza: 27 Aprile 2016
Presidente: Romano
Estensore: Cacciari
Premassima
* CAVE E MINIERE – Pronuncia di compatibilità ambientale – Prestazione divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore – Applicabilità dei principi civilistici alle prescrizioni ambientali – Esclusione – Ragioni.
Massima
TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 27 maggio 2016, n. 917
CAVE E MINIERE – Pronuncia di compatibilità ambientale – Prestazione divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore – Applicabilità dei principi civilistici alle prescrizioni ambientali – Esclusione – Ragioni.
Con riferimento alle prescrizioni ambientali, non valgono le norme civilistiche in tema di obbligazioni secondo cui il debitore è liberato dalla propria prestazione quando questa diventa impossibile per causa a lui non imputabile (nella specie, per effetto di lavori di manutenzione sulla strada precedentemente utilizzata, era divenuto impossibile adempiere alle prescrizioni della Pronuncia di Compatibilità Ambientale, e, segnatamente, asportare i detriti dai piazzali di cava). Le prescrizioni ambientali assolvono infatti alla funzione di tutelare l’interesse pubblico alla conservazione dell’ambiente e, pertanto, l’impossibilità di adempiere ad alcuna di esse non può comportare, di per sé sola, un loro ripensamento né men che meno la loro revoca, ove si rivelino necessarie a garantire detto pubblico interesse. Le prestazioni imposte al privato a tal fine non sono oggetto di un rapporto sinallagmatico con il pubblico potere poiché questo agisce autoritativamente per tutelare interessi collettivi, e la sua azione può essere sindacata laddove non rispetti i canoni generali dell’azione amministrativa o le leggi di settore rilevanti nei casi di specie, ma l’intervento di un terza autorità che renda impossibili le prestazioni suddette non vale a liberare il privato dall’obbligo di rispettarle ed è causa legittima di inibizione della sua attività.
Pres. Romano, Est. Cacciari – M. s.r.l. (avv.ti Righi, Morbidelli e Pontenani) c. Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane (avv. Ciari), Comune di Fivizzano (avv. Lenzetti), Ministero dei Beni, Attività Culturali e Turismo (Avv. Stato) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR TOSCANA, Sez. 2^ - 27 maggio 2016, n. 917SENTENZA
TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 27 maggio 2016, n. 917
N. 00917/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02086/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2086 del 2015, proposto da:
Soc. Marmi Walton Carrara s.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Righi, Alberto Morbidelli e Andrea Pontenani, con domicilio eletto presso i primi due in Firenze, Via Lamarmora 14;
contro
l’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Ciari, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Regione Toscana in Firenze, piazza dell’Unità Italiana 1; il Comune di Fivizzano in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Lenzetti, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40; il Ministero dei Beni, Attività Culturali e Turismo in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è domiciliato in Firenze, Via degli Arazzieri 4; ASL 1 – Massa Carrara in persona del Direttore Generale in carica, Provincia di Massa Carrara in persona del Presidente in carica, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (A.R.P.A.) Toscana in persona del legale rappresentante in carica, non costituite.
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Comunione dei beni sociali di Vinca in persona degli Amministratori in Carica, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Pasquini, con domicilio presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40;
per l’annullamento
– della determinazione di P.C.A. del Coordinatore del Settore Tecnico del Parco Regionale delle Apuane n. 19 del 30.10.2015, pubblicata al n. 429 dell’Albo Pretorio in data 3.11.2015 e comunicata alla soc. Marmi Walton Carrara s.r.l. in pari data, recante la sospensione ai sensi dell’art. 60, comma 3, della L.R.T. 10/2010 “delle lavorazioni di estrazione della Cava Castelbaito Fratteta, per cui è stata rilasciata la pronuncia di compatibilità ambientale n. 22 del 31.10.2014, in quanto la compatibilità ambientale di tali attività presuppone il rispetto di specifiche azioni e prescrizioni che al momento il proponente non risulta abbia ottemperato o possa ottemperare”, recante anche la precisazione che “la presente sospensione riguarda le attività di estrazione al monte vergine”;
– della nota del Parco Regionale delle Apuane prot. 4849 del 9.12.2015 nonché delle determinazioni del Responsabile del servizio “Governo e gestione del territorio” del Comune di Fivizzano n. 401 del 4.11.2015, n. 413 del 9.11.2015, n. 497 del 17.12.2015 e n. 510 del 28.12.2015.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane, del Comune di Fivizzano e del Ministero dei Beni, Attività Culturali e Turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2016 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’impresa Marmi Walton Carrara s.r.l. esercita attività di escavazione e vendita di marmo nel sito estrattivo di proprietà della Comunione dei beni sociali di Vinca (nel seguito: “Comunione”) denominato “Castelbaito-Fratteta”, grazie a un contratto di affitto con cui la prima le ha attribuito il diritto di “esercitarvi l’escavazione secondo le regole dell’arte” limitatamente al marmo in blocchi riquadrati o informi, ma comunque utili per la loro lavorazione, con peso minimo di due tonnellate. Le pattuizioni non consentono la lavorazione, l’utilizzo, l’asporto o la vendita del materiale lapideo che abbia forma diversa rispetto a quella suddetta, ivi compresi tutti i detriti. Sempre secondo il contratto di affitto “i prodotti del monte che, in forza di quanto appena convenuto, non possono essere prelevati dal conduttore (per non essere blocchi riquadrati o informi di pezzatura sopra indicata) dovranno essere collocati nelle aree di proprietà della concedente, appositamente previste per il deposito e giacimento di tali materiali, dal piano di coltivazione autorizzato dal Comune di Fivizzano”; tale materiale rimarrà nella piena disponibilità della proprietà, la quale trae beneficio diretto dalla sua vendita. La proprietà di tutto ciò che non è tagliato in blocchi da due tonnellate è quindi della Comunione.
L’accesso alla cava avviene attraverso strade provinciali e comunali nessuna delle quali, al momento, consente il transito di mezzi pesanti per il trasporto dei detriti. Normalmente, tale transito avveniva sulla SP. 73 la quale tuttavia, per necessità di manutenzione dovuta a episodi di frane e smottamenti, dai primi mesi del 2014 è interdetta al Km 0+400, e il divieto è stato confermato dalla Provincia con nota del 4.9.2015.
Con provvedimento n. 22 del 31 ottobre 2014 il progetto di coltivazione della cava presentato dalla ricorrente in qualità di affittuaria, in esito a una Conferenza di Servizi istruttoria ha ottenuto dall’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane (nel seguito: “Parco”) la favorevole Pronuncia di Compatibilità Ambientale (nel seguito: “P.C.A.”) n. 22 del 31 ottobre 2014 la quale, per quanto qui rileva, prevedeva al punto n. 2 la rimozione dei rifiuti dai piazzali di cava; al punto 5 lo svolgimento di un monitoraggio periodico delle interferenze tra le lavorazioni e le sorgenti d’acqua e al punto 1, il monitoraggio sull’allontanamento dei detriti.
Con provvedimento n. 19 del 3 novembre 2015, sul presupposto che non fossero state rispettate le prescrizioni della suddetta P.C.A. n. 22/2014, il Parco ha sospeso “le attività di estrazione a monte vergine”.
Il Comune di Fivizzano, dapprima, con provvedimento n. 401 del 4 novembre 2015 ha sospeso in via derivata tutte le attività estrattive di cui all’autorizzazione 285/2008; ha fatto seguito una nota di chiarimenti della ricorrente e il Comune allora, con determinazione 9 novembre n. 413, ha chiesto chiarimenti al Parco e limitato l’effetto sospensivo del provvedimento 401/2015 all’attività “al monte vergine”. Il Parco tuttavia, con nota del 9 dicembre 2015, ha riferito la portata prescrittiva del proprio provvedimento n. 19/2015 ad “ogni attività di estrazione, comunque denominata e caratterizzata”. Il Comune allora, con provvedimento 497 del 17 dicembre 2015, ha annullato la determinazione 413/2015, ma con successivo provvedimento 510 del 28 dicembre 2015 ha chiesto nuovi chiarimenti al Parco e contestualmente annullato la propria determinazione n. 497/2015.
Tutti i citati provvedimenti sono stati impugnati con il presente, notificato il 30 dicembre 2015 e depositato il 31 dicembre 2015, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si sono costituiti il Ministero dei Beni, Attività Culturali e Turismo; il Comune di Fivizzano e l’Ente Parco Regionale delle Alpi Apuane chiedendo il rigetto del ricorso.
Alla camera di consiglio fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, la relativa domanda è stata oggetto di rinuncia.
Atto di intervento ad adiuvandum della Comunione è stato notificato il 28 gennaio 2016 e depositato il 29 gennaio 2016
All’udienza del 27 aprile 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il presente ricorso contesta in via principale il provvedimento 19/2015 con cui il Parco ha sospeso le lavorazioni di estrazione svolte dalla ricorrente nel sito di Castelbaio Fratteta poiché il detrito prodotto non può essere allontanato a causa del divieto di transito per i veicoli con massa superiore a 3,5 tonnellate sulla SP 73 e non può essere riversato nei ravaneti, né utilizzato per la manutenzione della viabilità di arroccamento. Inoltre, la ricorrente non realizzerebbe la pulizia degli spazi di cantiere né effettuerebbe il monitoraggio delle interferenze tra le lavorazioni e le sorgenti, come prescritto della P.C.A. 22/2014. La ricorrente impugna anche i successivi provvedimenti emanati in via derivata dal Comune di Fivizzano e l’ulteriore provvedimento del Parco in data 9 dicembre 2015, con cui la portata prescrittiva della determinazione 19/2015 è stata riferita ad “ogni attività di estrazione, comunque denominata e caratterizzata”.
La ricorrente, con primo motivo, lamenta che essendo la sospensione dell’escavazione giustificata dal blocco del transito sulla SP 73, sarebbe travalicato il limite della proporzionalità dell’azione amministrativa in quanto la sanzione applicata sarebbe eccessivamente afflittiva, posto che la chiusura della strada non le è addebitabile e l’impossibilità di allontanare il detrito conseguirebbe ad un factum principis di carattere impeditivo, sicché la prescrizione di P.C.A. n. 22/2014 che richiede l’allontanamento del materiale dovrebbe ritenersi sospesa per impossibilità temporanea sopravvenuta derivante da fatti non imputabili. La sospensione ha lo scopo di tutelare un interesse che si colloca “a valle” dell’attività di escavazione, che avrebbe potuto essere tutelato con misure diverse di carattere temporaneo.
Inoltre non è stata inoltrata la comunicazione di avvio del procedimento, né sarebbe invocabile nella specie l’applicazione della norma di cui all’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Con secondo motivo la ricorrente si duole che la determinazione 19/2015 riferisce la propria portata inibitoria alle “attività di estrazione a monte vergine”, ossia quella parte di monte che è ancora boschiva non avendo subìto il primo taglio ma il Parco, con successiva nota 9 dicembre 2015 prot. 4849, l’avrebbe indebitamente estesa ad “ogni attività di estrazione comunque denominata e caratterizzata”. Tale nota non potrebbe avere valore provvedimentale e non sarebbe in grado, quindi, di modificare la portata dispositiva della determinazione suddetta. Si configurerebbe in tal modo una violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi.
Il Parco e il Comune di Fivizzano replicano puntualmente alle deduzioni della ricorrente.
2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
2.1 Quanto al mancato inoltro della comunicazione di avvio procedimento, si ritiene che l’omissione non infici la legittimità del provvedimento poiché la norma di cui all’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/90, deve essere interpretata nel senso che il privato non può limitarsi a lamentare la mancata comunicazione di avvio, ma deve anche indicare quali elementi conoscitivi avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione. Diversamente opinando, l’Amministrazione sarebbe onerata dell’onere di dimostrare che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l’esito del procedimento e ciò si tradurrebbe in una probatio diabolica. Solo dopo che il ricorrente abbia indicato gli elementi che avrebbe introdotto nel procedimento, ove avesse avuto conoscenza del suo avvio, allora l’Amministrazione sarà gravata dal (più consistente) onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato.
Ne consegue che ove il privato si limiti a contestare la mancata comunicazione di avvio procedimento, senza nemmeno allegare le circostanze che intendeva sottoporre all’Amministrazione, il motivo con cui si lamenta la mancata partecipazione deve ritenersi inammissibile (C.d.S. V, 29 aprile 2009 n. 2737).
La ricorrente, a questo proposito, si limita ad affermare genericamente che sarebbe stato possibile individuare altre soluzioni per i detriti risultanti dalle lavorazioni che non la sospensione dell’escavazione ma non ne indica alcuna, nemmeno per sommi capi. La fattispecie quindi rientra nel caso di cui alla citata sentenza del Giudice di appello, e deve essere applicato il principio secondo cui la doglianza del privato che si lamenti genericamente della mancata comunicazione di avvio procedimento, senza indicare gli elementi che avrebbe potuto introdurvi, è inammissibile.
2.2 È infondata, inoltre, la pretesa della ricorrente a che in conseguenza dell’impossibilità di asportare i detriti vengano riviste le prescrizioni ambientali disposte, poiché in questo ambito non valgono le norme civilistiche in tema di obbligazioni secondo cui il debitore è liberato dalla propria prestazione quando questa diventa impossibile per causa a lui non imputabile. Le prescrizioni ambientali assolvono alla funzione di tutelare l’interesse pubblico alla conservazione dell’ambiente e, pertanto, l’impossibilità di adempiere ad alcuna di esse non può comportare, di per sé sola, un loro ripensamento né men che meno la loro revoca, ove si rivelino necessarie a garantire detto pubblico interesse. Le prestazioni imposte al privato a tal fine non sono oggetto di un rapporto sinallagmatico con il pubblico potere poiché questo agisce autoritativamente per tutelare interessi collettivi, e la sua azione può essere sindacata laddove non rispetti i canoni generali dell’azione amministrativa o le leggi di settore rilevanti nei casi di specie, ma l’intervento di un terza autorità che renda impossibili le prestazioni suddette non vale a liberare il privato dall’obbligo di rispettarle ed è causa legittima di inibizione della sua attività.
A questo proposito è da dire che, contrariamente alle asserzioni della ricorrente, non è stato adottato il provvedimento più gravoso consistente nella decadenza dell’autorizzazione all’escavazione e della P.C.A., ma si è disposta la sospensione dell’escavazione stessa in attesa della sistemazione della viabilità oggi interdetta agli automezzi pesanti. Non si ravvisano quindi profili di irragionevolezza né difetti di proporzionalità riferibili all’azione del Parco.
2.3 Il provvedimento impugnato, peraltro, è motivato con riferimento anche ad altre circostanze consistenti nella mancata pulizia degli spazi di cantiere e nel mancato monitoraggio delle interferenze tra i lavori e le sorgenti, e tali circostanze sarebbero di per sé sufficienti a motivarlo.
La ricorrente non dimostra l’avvenuto l’adempimento di queste prescrizioni espressamente previste nella P.C.A. 22/2014: quanto alla prima, non sono stati prodotti rilievi fotografici aerei atti a supportare le sue asserzioni di averla rispettata e l’onere documentale era suo carico, non del Parco, non sussistendo nel caso di specie alcuna presunzione a suo favore; quanto alla seconda, la relazione allegata alla nota della ricorrente in data 24 novembre 2015 afferma, sub 4 “tempi di esecuzione del monitoraggio”, che questo verrà effettuato nel periodo dicembre 2015-aprile 2016, il che dimostra che non era ancora stato attivato contrariamente a quanto disposto dalla P.C.A. suddetta.
2.4 Anche il secondo motivo è infondato poiché la nota del Parco 9 dicembre 2015 fornisce un’interpretazione autentica della determinazione 19/2015, senza pretendere di modificarne il contenuto e, comunque, a tanto l’organo emanante era abilitato poiché entrambe sono state emanate dal medesimo organo. La nota in questione specifica che deve ritenersi sospesa ogni attività di estrazione al monte vergine ed anche le attività estrattive svolte altrove, laddove non rispettino le prescrizioni della P.C.A. tra cui il trasporto a valle dei detriti.
3. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese processuali seguono la soccombenza e pertanto l’impresa Marmi Walton Carrara s.r.l. e la Comunione dei beni sociali di Vinca sono condannate in solido al loro pagamento, nella misura di € 1.500,00 (millecinquecento/00) per ciascuna controparte costituita; nulla spese per le controparti non costituite in giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’impresa Marmi Walton Carrara s.r.l. e la Comunione dei beni sociali di Vinca, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali nella misura di € 1.500,00 (millecinquecento/00) per ciascuna controparte costituita; nulla spese per le controparti non costituite in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)