* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Bonifica – Art. 239 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Proprietari dell’area inquinata – Imposizione degli obblighi di bonifica – Responsabilità oggettiva – Esclusione – Interventi di messa in sicurezza di emergenza – Misure adottate dal proprietario incolpevole – Imposizione di misure ulteriori – Adeguata motivazione – Mero richiamo al superamento di alcuni limiti tabellari di cui al DM 471/99 – Insufficienza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Toscana
Città: Firenze
Data di pubblicazione: 8 Ottobre 2013
Numero: 1351
Data di udienza: 4 Luglio 2013
Presidente: Radesi
Estensore: Massari
Premassima
* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Bonifica – Art. 239 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Proprietari dell’area inquinata – Imposizione degli obblighi di bonifica – Responsabilità oggettiva – Esclusione – Interventi di messa in sicurezza di emergenza – Misure adottate dal proprietario incolpevole – Imposizione di misure ulteriori – Adeguata motivazione – Mero richiamo al superamento di alcuni limiti tabellari di cui al DM 471/99 – Insufficienza.
Massima
TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 8 ottobre 2013, n. 1351
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Bonifica – Art. 239 e ss. d.lgs. n. 152/2006 – Proprietari dell’area inquinata – Imposizione degli obblighi di bonifica – Responsabilità oggettiva – Esclusione.
Gli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 non consentono all’Amministrazione procedente di imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità, né diretta, né indiretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari o gestori o addirittura in ragione della mera collocazione geografica del bene, l’obbligo di bonifica di rimozione e di smaltimento dei rifiuti e, in generale, della riduzione al pristino stato dei luoghi che è posto unicamente in capo al responsabile dell’inquinamento, che le autorità amministrative hanno l’onere di ricercare ed individuare. Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l’esperimento di adeguata istruttoria, l’esistenza di un nesso di causalità fra l’azione o l’omissione e il superamento – o pericolo concreto ed attuale di superamento – dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile meramente in ragione di tale qualità (cfr. Cons. Stato sez. VI 18 aprile 2011, n. 2376; id., Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; T.A.R Campania, Napoli, sez. V, 1 marzo 2012, n. 1073; T.A.R. Toscana, sez. II, 3 marzo 2010, n. 594; id. 1 aprile 2011, n. 565).
Pres. Radesi, Est. Massari – C. s.p.a. (avv. Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)
INQUINAMENTO DEL SUOLO – Interventi di messa in sicurezza di emergenza – Misure adottate dal proprietario incolpevole – Imposizione di misure ulteriori – Adeguata motivazione – Mero richiamo al superamento di alcuni limiti tabellari di cui al DM 471/99 – Insufficienza.
Fermo restando che non sussiste in capo al proprietario di un’area inquinata non responsabile dell’inquinamento l’obbligo di porre in essere interventi di messa in sicurezza d’ emergenza, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area interessata libera dall’onere reale che incombe sull’area de qua ai sensi dell’art. 253 del d.lgs. n. 152/2006, nel caso della bonifica dei siti di interesse nazionale, l’imposizione di misure di messa in sicurezza d’emergenza ulteriori rispetto a quelle già adottate, deve essere adeguatamente motivata con riferimento all’urgenza, al pericolo per la salute e all’inadeguatezza delle misure preesistenti, al fine di garantire il rispetto del principio di trasparenza e del contraddittorio con i destinatari delle prescrizioni (T.A.R. Toscana, sez. II, 22 dicembre 2010, n. 6798; id. 26 luglio 2010, n. 3140). Non può essere sufficiente, a tale fine, il mero richiamo al riscontrato superamento di alcuni limiti tabellari di cui al DM n. 471/99 per determinate sostanze senza un approfondimento, quantomeno sommario, ma pur sempre completo, al fine di individuare un pericolo per la salute che imponeva un intervento in termini così immediati, in considerazione anche della caratteristiche della falda sottostante al sito ed alle sue capacità “migratorie” a valle (cfr. l’art. 240, c. 1, lett. t) d.lgs. n. 152/2006 , per le condizioni di emergenza cui corrispondono obblighi di messa in sicurezza).
Pres. Radesi, Est. Massari – C. s.p.a. (avv. Grassi) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato) e altri (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
TAR TOSCANA, Sez. 2^ - 8 ottobre 2013, n. 1351SENTENZA
TAR TOSCANA, Sez. 2^ – 8 ottobre 2013, n. 1351
N. 01351/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01234/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1234 del 2012, proposto da:
Costiero Gas Livorno S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Grassi, con domicilio eletto presso Stefano Grassi in Firenze, corso Italia 2;
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;
Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico in persona dei rispettivi Ministri in carica;
– Regione Toscana, in persona del Presidente p.t.;
– Comune di Livorno, in persona del Sindaco p.t.;
– Provincia di Livorno, in persona del Presidente p.t.;
– Comune di Collesalvetti, in persona del Sindaco p.t.;
per l’annullamento
– del decreto direttoriale prot. 3348/TRI/Di/B del 17 maggio 2012 a firma del Direttore generale della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente, trasmesso alla Società con nota prot. 14356/TRI/VII del 17 maggio 2012 (ricevuta in data successiva), con cui sono state approvate “tutte le prescrizioni nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 2.05.2012” relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di “Livorno”.
– del verbale e delle determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 2 maggio 2012 e di tutti i relativi allegati citati nei motivi di ricorso;
– dello studio elaborato da Arpat per la “Definizione dei valori di fondo delle acque sotterranee nei siti di interessa nazionale di Massa Carrara, Livorno e Piombino”, (trasmesso da Arpat con nota prot. 96788 del 14 dicembre 2009 e acquisito dal Ministero dell’Ambiente al prot. n. 26317/QdV/DI del 18 dicembre 2009), di cui la Conferenza di servizi delibera di prendere atto (v. punto 3 dell’o.d.g., dispositivo a pagg. 20 – 21 del verbale);
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale anche se non conosciuto dalla ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2013 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone la società ricorrente di essere proprietaria di aree industriali incluse nel sito di Livorno, dichiarato sito di interesse nazionale con d.m. 18 settembre 2001, n. 468, recante il “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale” e successivamente perimetrato con il d.m. 24 febbraio 2003.
Riferisce, altresì, la ricorrente di svolgere attività di deposito gpl attraverso l’approvvigionamento (mediante navi cisterna), lo stoccaggio (in depositi sotterranei denominati caverne) e la movimentazione del gas (tramite pompe che spingono il gas in autobotti e ferrocisterne).
A seguito della perimetrazione del sito di interesse nazionale, la ricorrente si attivava commissionando alla società specializzata Foster Wheeler S.p.A. la predisposizione di un piano di caratterizzazione consistente in un’indagine sull’area di sedime dello stabilimento e sulla falda sottostante. In data 24 luglio 2004 la ricorrente trasmetteva al Ministero dell’ambiente i risultati delle indagini dalle quali emergeva che le analisi le analisi dei terreni non mostrerebbero alcun superamento dei valori tabellari di cui al d.m. 471/99; le analisi riferite le acque di falda non presenterebbero valori superiori a quelli prescritti dal citato decreto ministeriale (fatta eccezione per alcune sostanze, come solfati, manganese, ferro); la presenza di tali analiti della falda sarebbe del tutto estranea all’attività esercitata sul sito, anche in passato, dovendosi ricondurre, invece, ai valori del fondo naturale dell’area interessata (ferro e manganese), ovvero al fenomeno del cosiddetto “cuneo salino”.
Il piano di caratterizzazione veniva approvato con prescrizioni dalla conferenza di servizi del 9 settembre 2004 e, sulla base di tale presupposto, in data 1 luglio 2005 la società deducente chiedeva la chiusura del procedimento di cui all’articolo 17 del d.lgs. n. 22/1997.
Con nota del 19 dicembre 2005 il Dipartimento provinciale di Livorno dell’ARPA validava i dati di caratterizzazione dei terreni, richiedendo, tuttavia, di effettuare un nuovo campionamento delle acque sotterranee, avendo rilevato il superamento dei parametri relativi all’alluminio, al ferro, al manganese e ai solfati.
Nella conferenza di servizi decisoria del 22 dicembre 2005 l’amministrazione intimata deliberava, tuttavia, di conferire a Sviluppo Italia S.p.A. l’incarico per la redazione di uno studio di fattibilità per la messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera del sito in questione disponendo che, entro 30 giorni dalla consegna dell’elaborato, “i soggetti che intendono procedere in maniera congiunta, comunicheranno la loro adesione impegnandosi ad accollarsi gli oneri conseguenti. I soggetti che intendono procedere in maniera autonoma, presenteranno entro la stessa data gli elaborati relativi agli interventi di messa in sicurezza di emergenza sulle aree di loro proprietà o in concessione”. L’inosservanza dei termini ivi previsti da parte dei destinatari delle prescrizioni veniva sanzionata con l’attivazione di “poteri sostitutivi in danno del soggetto inadempiente”, nonché con “l’attivazione delle disposizioni sanzionatorie previste dall’art. 51 bis del decreto legislativo n. 22/97 e del risarcimento del danno ambientale”.
Avverso tale atto la ricorrente proponeva impugnazione col ricorso rubricato al n. R.G. 478/06.
Nella conferenza di servizi decisoria del 28 aprile 2006 l’Amministrazione procedente, pur prendendo atto della trasmissione da parte della ricorrente della relazione tecnica descrittiva recante la documentazione aggiuntiva contenente i risultati delle analisi integrative sui campioni di terreno e d’acqua svolte in ottemperanza alle richieste avanzate dallo stesso Ministero e dall’ARPA, deliberava di rinviare l’esame dei suddetti documenti ad una successiva conferenza di servizi istruttoria. Nondimeno, a titolo precauzionale, nella stessa conferenza di servizi venivano adottate prescrizioni immediatamente esecutive relative alla messa in sicurezza di emergenza e alla bonifica delle aree di proprietà della ricorrente.
Il verbale veniva perciò impugnato dalla società ricorrente con il ricorso n. R.G. 1436/06.
Con atto del 30 giugno 2006 il Dipartimento provinciale dell’ARPA di Livorno esprimeva un parere sostanzialmente positivo in merito al documento già prodotto da Costiero Gas Livorno in relazione alle prescrizioni contenute nel verbale della conferenza di servizi del 28 aprile 2006. In particolare, validando i risultati analitici eseguiti sui campioni di terreno e delle acque sotterranee l’Ente di controllo dava espressamente atto che “le motivazioni fornite da Costiero Gas Livorno possono essere ritenute condivisibili visti di elevati valori di alluminio, ferro e manganese riscontrati nei terreni e nelle acque sotterranee di gran parte delle aree interne al sito di bonifica di interesse nazionale di Livorno e considerato che questi metalli sono estranei al ciclo produttivo dell’azienda”.
Sulla base di tale presupposto l’azienda rinnovava all’amministrazione procedente la richiesta di prendere atto dell’insussistenza dei presupposti di legge per l’attivazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica delle aree di propria pertinenza, accogliendo la richiesta di chiusura del procedimento di cui al decreto ministeriale n. 471 del 1999, già in precedenza avanzata.
Nondimeno, la conferenza di servizi del 13 dicembre 2006 deliberava di “non ritenere sufficiente la risposta formulata dall’azienda” e che “la supposta presenza naturale dei parametri ferro, manganese, solfati e alluminio debba essere attestata da studi e/o indagini condotte nell’area sulla base di un numero di dati statisticamente significativo da parte dell’ente pubblico di controllo”.
A seguito della predetta conferenza di servizi il Direttore generale della Direzione della qualità della vita del Ministero dell’ambiente in data 7 febbraio 2007 emetteva il decreto n. 3315 con il quale approvava e considerava come definitive le prescrizioni stabilite nei verbali delle precedenti conferenze di servizi decisorie tenutesi in data 24 marzo, 28 luglio, 22 dicembre del 2005 e 28 aprile 2006, e il decreto n. 3316 con cui erano recepite le conclusioni della Conferenza di servizi del 13 dicembre 2006.
Il decreto veniva contestato con il ricorso n. R.G. 582/2007.
In data 30 ottobre 2007 si teneva una nuova seduta della Conferenza di servizi decisoria che tornava ad esaminare gli ulteriori documenti prodotti dalla società ricorrente con i quali si evidenziava che nessuno degli elementi per i quali era stata rilevato, in sede di caratterizzazione del sito, il superamento, nella falda sotterranea, dei valori di concentrazione soglia di contaminazione (csc), poteva essere ricondotto al ciclo produttivo svolto concernente il mero stoccaggio e movimentazione di gas di petrolio liquefatto. Tuttavia, la conferenza di servizi decisoria reputava di rinnovare le prescrizioni già in precedenza impartite.
Il verbale veniva fatto proprio dal Direttore generale della Direzione della qualità della vita del Ministero dell’ambiente con il decreto n. 4133 del 16 novembre 2007 a sua volta impugnato con il ricorso n. R.G. 214/2008.
Nella conferenza di servizi decisoria del 17 giugno 2009 veniva esaminato il documento trasmesso dalla società ricorrente in data 13 dicembre 2007 in risposta alle osservazioni e prescrizioni formulate dalla conferenza di servizi del 30 ottobre 2007. In tale occasione la conferenza deliberava di “confermare le prescrizioni già formulate dalle conferenze di servizi decisorie del 13/12/2006 e del 30/10/2007 in materia di messa in sicurezza di emergenza di bonifica delle acque di falda”.
Con decreto del 30 giugno 2009 il Direttore generale per la qualità della vita del Ministero dell’ambiente faceva proprie tali conclusioni ribadendo le prescrizioni già imposte con i precedenti decreti.
I provvedimenti citati venivano impugnati dalla Costiero Gas Livorno con il ricorso rubricato al n. RG 1677/09.
Tutti i citati ricorsi venivano riuniti e decisi con la sentenza n.1419 del 2 agosto 2012 con la quale alcuni (nn. 478/06 e 1436/06) venivano dichiarati inammissibili ed altri (nn. 582/07, 214/08, 1677/09) accolti, evidenziando il difetto di istruttoria in relazione all’affermazione della responsabilità della ricorrente ed al conseguente obbligo di provvedere nel senso richiesto dall’Amministrazione, oltre che dell’insussistenza delle condizioni di emergenza cui corrisponderebbero obblighi di messa in sicurezza in capo al soggetto ritenuto responsabile della contaminazione.
Nella conferenza di servizi convocata presso il Ministero dell’ambiente il 2 maggio 2012 veniva, ancora una volta, richiesto all’odierna ricorrente “di adottare immediati interventi di messa in sicurezza di emergenza della falda consistente nella realizzazione di una barriera idraulica di emungimento e successivo trattamento lungo tutto il fronte dello stabilimento a valle idrogeologico dell’area, con interasse dei pozzi di emungimento in grado di impedire la diffusione della contaminazione”.
Si prescriveva, altresì, “di presentare entro il termine di 60 giorni dal ricevimento del presente verbale, il progetto preliminare di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento fisico delle acque medesime”.
I contenuti del verbale erano recepiti dal decreto direttoriale del 17 maggio 2012 a firma del Direttore generale della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente.
Avverso il suddetto provvedimento e gli atti ad esso presupposti propone ricorso Costiero Gas Livorno s.p.a., affidandone l’accoglimento alle censure che seguono:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152/206 e degli artt. 3 e 14 e segg. l. n. 241/1990. Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta, carenza dei presupposti.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152/206 e degli artt. 3 e 14 e segg. l. n. 241/1990. Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta, carenza dei presupposti. Illegittimità derivata.
3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152/206 e relativi allegati. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.m. 18 settembre 2001 n. 468, anche in relazione all’art. 1 l. n. 426/1998 e all’art.15 del d.m. n. 471/1999. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta, carenza dei presupposti.
4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152/206. Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta, carenza dei presupposti. Illegittimità derivata.
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’ambiente opponendosi all’accoglimento del gravame.
Alla pubblica udienza del 4 luglio 2013 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Viene impugnato il decreto del Direttore generale della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente, in epigrafe precisato, con cui sono state approvate “tutte le prescrizioni nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 2.05.2012” relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Livorno, unitamente al verbale e alle determinazioni assunte dalla medesima Conferenza di servizi, oltre allo studio elaborato da ARPAT per la “Definizione dei valori di fondo delle acque sotterranee nei siti di interessa nazionale di Massa Carrara, Livorno e Piombino”.
La ricorrente lamenta, in particolare, la sua estraneità ai fenomeni di contaminazione rilevati, con riferimento a quanto disposto dagli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152/2006 ed in relazione alle attività industriali pregresse svolte sul sito, ma non riconducibili alla medesima per avere acquistato le aree di interesse solo nel 1998.
Contesta la sussistenza dei presupposti per la messa in sicurezza di emergenza imposti dalla conferenza di servizi, confortata in tale conclusione dalle indagini di caratterizzazione autonomamente svolte ed approvate dal Ministero dell’ambiente con la conferenza di servizi decisoria del 9 novembre 2004.
Rileva che per alcune sostanze, come manganese, ferro, la presenza di tali analiti della falda sarebbe del tutto estranea all’attività esercitata sul sito, anche in passato, dovendosi ricondurre, invece, ai valori del fondo naturale dell’area interessata.
Evidenzia, inoltre, che il decreto impugnato si palesa viziato per contraddittorietà con gli atti dell’istruttoria.
Come rilevato in narrativa gli atti impugnati si pongono come prosecuzione di un’annosa vicenda contenziosa i cui precedenti episodi sono stati in parte già definiti da questo T.A.R. con la sentenza n.1419 del 2 agosto 2012 dalle cui conclusioni il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi.
Preliminarmente giova rammentare che la giurisprudenza assolutamente reputa che le norme appena citate non consentono all’Amministrazione procedente di imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità, né diretta, né indiretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari o gestori o addirittura in ragione della mera collocazione geografica del bene, l’obbligo di bonifica di rimozione e di smaltimento dei rifiuti e, in generale, della riduzione al pristino stato dei luoghi che è posto unicamente in capo al responsabile dell’inquinamento, che le autorità amministrative hanno l’onere di ricercare ed individuare. Ai fini della responsabilità in questione è perciò necessario che sussista e sia provato, attraverso l’esperimento di adeguata istruttoria, l’esistenza di un nesso di causalità fra l’azione o l’omissione e il superamento – o pericolo concreto ed attuale di superamento – dei limiti di contaminazione, senza che possa venire in rilievo una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell’immobile meramente in ragione di tale qualità (cfr. Cons. Stato sez. VI 18 aprile 2011, n. 2376; id., Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; T.A.R Campania, Napoli, sez. V, 1 marzo 2012, n. 1073; T.A.R. Toscana, sez. II, 3 marzo 2010, n. 594; id. 1 aprile 2011, n. 565).
“Alla luce delle superiori considerazioni, appare evidente che, nel sistema sanzionatorio ambientale, il proprietario del sito inquinato è senza dubbio soggetto diverso dal responsabile dell’inquinamento. Mentre su quest’ultimo gravano, oltre altri tipi di responsabilità da illecito, tutti gli obblighi di intervento, di bonifica e lato sensu ripristinatori, previsti dal Codice dell’ambiente (in particolare, dagli artt. 242 ss.), il proprietario dell’immobile, pur incolpevole, non è immune da ogni coinvolgimento nella procedura relativa ai siti contaminati e dalle conseguenze della constatata contaminazione dovendo egli, infatti, attuare le misure di prevenzione di cui all’art. 242 nonché potendo sempre attivare volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale.
Più in particolare, ciò significa che il proprietario, ove non sia responsabile della violazione, non ha l’obbligo di provvedere direttamente alla bonifica, ma solo l’onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare <ex multis, Cons. Stato sez. V, 5 settembre 2005, n. 4525>” (T.A.R. Toscana, sez. II, n. 1419/2012).
Orbene, nel caso all’esame, emerge dagli atti istruttori delle conferenze di servizio l’insufficienza delle indagini eseguite e poste a fondamento dell’obbligo della deducente di procedere alla messa in sicurezza d’emergenza della falda acquifera del sito in questione, nonché la contraddittorietà della condotta dell’Amministrazione procedente.
Invero, mentre il dipartimento provinciale dell’ARPA afferma che “le motivazioni fornite da Costiero Gas Livorno possono essere ritenute condivisibili visti di elevati valori di alluminio, ferro e manganese riscontrati nei terreni e nelle acque sotterranee di gran parte delle aree interne al sito di bonifica di interesse nazionale di Livorno e considerato che questi metalli sono estranei al ciclo produttivo dell’azienda”, e la Conferenza di servizi ritiene che “la supposta presenza naturale dei parametri ferro, manganese, solfati e alluminio debba essere attestata da studi e/o indagini condotte nell’area sulla base di un numero di dati statisticamente significativo da parte dell’ente pubblico di controllo”, le conclusioni sono nel senso di ritenere in ogni caso affermata la responsabilità della ricorrente sulla base del mero dato materiale dello svolgimento di un’attività produttiva sul sito in parola.
E ciò, a più forte ragione, nel momento in cui non viene revocato in dubbio che detta attività si sostanzi unicamente nella movimentazione di gpl, sostanza dalla cui eventuale manipolazione non possono, secondo ogni ragionevole induzione logica, e salvo prova contraria, scaturire i fenomeni di contaminazione rilevati.
In proposito non è sorretta da prove la tesi espressa nelle sue difese dall’Avvocatura erariale secondo cui nella fattispecie andrebbe applicato ai fini della determinazione della responsabilità un criterio probabilistico e, in ogni caso, eventuali responsabilità concorrenti di altre aziende operanti nel sito avrebbero regolate tra le parti secondo i criteri della responsabilità civile.
Invero, dalla lettura del verbale della conferenza di servizi del 2 maggio 2012 non si traggono elementi dai quali configurare una responsabilità della ricorrente. Piuttosto pare che la trattazione punto dell’ordine del giorno riguardante l’azienda si limiti a prendere atto dell’acquisizione dei pareri trasmessi da ARPAT con nota il 19 ottobre 2011 e da ISPRA (trasmesso delle vie brevi) oltre che dell’incompletezza di alcuni dati richiesti alla stessa società.
Lo studio di ARPAT concernente la “Definizione dei valori di fondo per alcuni parametri delle acque sotterranee del sito di interesse nazionale di Massa Carrara, Livorno e Piombino”, conferma l’assunto della ricorrente secondo cui, nelle acque di falda sottostanti il sito di Livorno, i valori di manganese, ferro e solfati sono largamente superiori a quelli stabiliti per le concentrazioni soglia di contaminazione, e per i cloruri si approssimano a tali valori.
La nota dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale si limita a esprimere alcune perplessità in ordine ai criteri di indagine adottati, limitandosi a rinviare a successivi approfondimenti.
Nondimeno la tesi di ARPAT viene fatta proprio la conferenza di servizi (pagina 20 del verbale) con l’invito di richiedere all’Agenzia regionale di trasmettere un documento di risposta alle osservazioni formulate nel suo parere da ISPRA.
Peraltro la conferenza di servizi (pagina 90 del verbale) prende atto che la ricorrente, col voto del 23 maggio 2011 aveva comunicato la volontà di procedere “all’esecuzione di nuove analisi delle acque sotterranee per la determinazione dei valori di alluminio, ferro, manganese, cloruri e solfati, in conformità a quanto previsto dai protocolli vigenti dalle indicazioni dell’ISS”.
Ne segue che la situazione di incertezza rilevata avrebbe dovuto indurre la Conferenza di servizi ad approfondire le indagini prima di disporre gravosi adempimenti a carico della ricorrente, non potendo la responsabilità soggettiva contemplata dal sistema normativo volgersi in un’affermazione di obbligo riconducibile ad una mera connessione oggettiva, surrogata da mere presunzioni, tra l’inquinamento e l’attività svolta sull’area dall’impresa.
Le considerazioni svolte conducono, ad avviso del collegio, a ritenere manifestamente sprovvisto di completezza istruttoria condotta dall’amministrazione e le conclusioni raggiunte in contraddizione con gli elementi all’epoca acquisiti.
Ne discende che anche l’imposizione di interventi di messa in sicurezza di emergenza appare sprovvista di presupposti.
L’art. 240, co. 1, lett. i) definisce le misure di prevenzione come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” e ciò quando venga accertato il superamento delle “concentrazioni soglia di rischio (CSR)” che la lettera c) dello stesso comma indica come “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l’applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell’Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica.”.
Analoghi presupposti sono individuati nell’art. 2, d.m. 25 ottobre 1999 n. 471 secondo cui la misura straordinaria della messa in sicurezza d’emergenza, è quella relativa ad «ogni intervento necessario ed urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi di messa in sicurezza permanente».
Fermo restando che non sussiste in capo al proprietario di un’area inquinata non responsabile dell’inquinamento l’obbligo di porre in essere interventi di messa in sicurezza d’ emergenza, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area interessata libera dall’onere reale che incombe sull’area de qua ai sensi dell’art. 253 del d.lgs. n. 152/2006, la Sezione ha già avuto modo di affermare in proposito che nel caso della bonifica dei siti di interesse nazionale, l’imposizione di misure di messa in sicurezza d’emergenza ulteriori rispetto a quelle già adottate, deve essere adeguatamente motivata con riferimento all’urgenza, al pericolo per la salute e all’inadeguatezza delle misure preesistenti, al fine di garantire il rispetto del principio di trasparenza e del contraddittorio con i destinatari delle prescrizioni (T.A.R. Toscana, sez. II, 22 dicembre 2010, n. 6798; id. 26 luglio 2010, n. 3140).
Non può essere sufficiente, a tale fine, il mero richiamo al riscontrato superamento di alcuni limiti tabellari di cui al DM n. 471/99 per determinate sostanze senza un approfondimento, quantomeno sommario, ma pur sempre completo, al fine di individuare un pericolo per la salute che imponeva un intervento in termini così immediati, in considerazione anche della caratteristiche della falda sottostante al sito ed alle sue capacità “migratorie” a valle.
D’altro canto, a chiusura del sistema così delineato, giova osservare che l’art. 240, co. 1, lett. t) del d.lgs. n. 152/2006 definisce quali condizioni di emergenza cui corrispondono obblighi di messa in sicurezza: le concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti nocivi acuti alla salute; la presenza di quantità significative di prodotto in fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; la contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; il 4) pericolo di incendi ed esplosioni.
Ebbene, nessuna di tali situazioni viene evidenziata dall’Amministrazione procedente come sussistente nel sito in questione.
Conseguentemente, assorbite le altre censure, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del decreto direttoriale impugnato.
Le spese del giudizio in considerazione della peculiarità della vicenda controversa possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Angela Radesi, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)