Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo, Rifiuti Numero: 94 | Data di udienza: 23 Novembre 2016

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – RIFIUTI – Art. 21-nonies, c. 1 l. n. 241/1990 – Provvedimento illegittimo – Produzione di danno – Doverosità dell’intervento di riesame – Fattispecie: errata qualificazione come rifiuto del digestato prodotto da un impianto di produzione di energia da biogas.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Umbria
Città: Perugia
Data di pubblicazione: 17 Gennaio 2017
Numero: 94
Data di udienza: 23 Novembre 2016
Presidente: Potenza
Estensore: Amovilli


Premassima

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – RIFIUTI – Art. 21-nonies, c. 1 l. n. 241/1990 – Provvedimento illegittimo – Produzione di danno – Doverosità dell’intervento di riesame – Fattispecie: errata qualificazione come rifiuto del digestato prodotto da un impianto di produzione di energia da biogas.



Massima

 

TAR UMBRIA, Sez. 1^ – 17 gennaio 2017, n. 94


PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – RIFIUTI – Art. 21-nonies, c. 1 l. n. 241/1990 – Provvedimento illegittimo – Produzione di danno – Doverosità dell’intervento di riesame – Fattispecie: errata qualificazione come rifiuto del digestato prodotto da un impianto di produzione di energia da biogas.

Dall’art. 21-nonies, c. 1, ultimo capoverso della legge 241/1990, secondo cui  “Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”, è lecito evincersi la tendenziale doverosità dell’intervento di riesame allorché ciò consenta all’Amministrazione di scongiurare la produzione di danni (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 29 novembre 2011, n. 6296), poiché la valutazione di intervenire nuovamente sull’atto illegittimo è circostanza comunque valutabile dal giudice a conferma della diligenza posta dal soggetto pubblico nel considerare la possibilità di evitare il danno (fattispecie relativa all’errata qualificazione come rifiuto, piuttosto che come sottoprodotto, del digestato prodotto da un impianto di produzione di energia elettrica da biogas).


Pres. Potenza, Est. Amovilli – F. soc. coop. a r.l. (avv.ti Mastrangeli, Rossi, Niccolini e Rossi) c. Provincia di Perugia (avv. Sorbini), Regione Umbria (avv.ti Manuali e Iannotti) e Comune di Citta’ di Castello (avv. Maccari)


Allegato


Titolo Completo

TAR UMBRIA, Sez. 1^ - 17 gennaio 2017, n. 94

SENTENZA

 

TAR UMBRIA, Sez. 1^ – 17 gennaio 2017, n. 94

 

Pubblicato il 17/01/2017

N. 00094/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00524/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 524 del 2013, proposto da:
Fattoria Autonoma Tabacchi (F.A.T.) soc. coop. a r.l.., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Fabrizio Domenico Mastrangeli, Sergio Rossi, Francesco Niccolini e Stella Rossi, con domicilio eletto presso Fabrizio Domenico Mastrangeli in Perugia, piazza Italia n. 4;

contro

Provincia di Perugia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Isabella Sorbini, con domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via Palermo S.n.c.;
Regione Umbria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Paola Manuali e Casimiro Iannotti, con domicilio eletto presso Paola Manuali in Perugia, corso Vannucci, 30;
Comune di Citta’ di Castello, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Loriano Maccari, con domicilio eletto presso T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3;

per la condanna

al risarcimento dei danni scaturiti dal provvedimento U-499146 del 24.11.2011 a firma del Dirigente Servizio Gestione e Controllo Ambientale della Provincia di Perugia ricevuto via fax dalla ricorrente il 25.11.2011 nonché dall’ordinanza del Sindaco del Comune di Città di Castello n. 66 del 24.11.2011 notificata alla ricorrente il 25.11.2011 nonché delle note della Regione Umbria del 10.10.2011 cui si fa riferimento per relationem nel provvedimento U-499146 del 24.11.2011 della Provincia di Perugia, nonché dell’atto emesso dal Comune di Città di Castello in data 22.12.2011 prot. 32787 del 15.12.2011 a firma del Dirigente del Settore programmazione OO.PP, provvedimenti tutti annullati con sentenza TAR Umbria n. 245 del 2013 depositata in data 23.04.2013 notificata dall’esponente e ricevuta dalla Regione Umbria il 10.05.2013, dal Comune di Città di Castello il 16.05.2013 e dalla Provincia di Perugia il 23.05.2013.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Perugia, della Regione Umbria e del Comune di Città di Castello;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 novembre 2016 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.-L’odierna ricorrente promuove azione risarcitoria ai sensi dell’art. 30 comma quinto del vigente Codice del processo amministrativo nei confronti della Provincia di Perugia, del Comune di Città di Castello e della Regione Umbria per i danni derivanti dai provvedimenti in epigrafe indicati, tutti annullati dall’adito Tribunale con sentenza n. 245 del 23 aprile 2013.

Espone l’odierna istante i fatti controversi che hanno dato origine alla suesposta decisione di annullamento, che possono così riassumersi.

La Fattoria Autonoma Tabacchi (F.A.T.) è titolare di autorizzazione alla realizzazione e gestione di impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (biogas) giusta autorizzazione della Provincia di Perugia n. 2795 del 31 marzo 2010, con la prescrizione che il digestato prodotto dall’impianto sia liquido che solido doveva essere smaltito presso gli impianti autorizzati ai sensi della parte IV del D.lgs. 152 del 2006.

Successivamente all’entrata in vigore del Regolamento regionale n. 4 del 2011, la FAT ha chiesto alla Provincia l’aggiornamento delle prescrizioni, risultando il digestato prodotto nell’impianto costituito da biomasse e liquidi di sgrondo dei foraggi insilati da assimilare agli affluenti di allevamento e pertanto conforme agli artt. 3 e 4 del Regolamento regionale.

Stante l’inerzia della Provincia, la ricorrente effettuava vari solleciti a provvedere.

Il 30 agosto 2011 la Provincia avviava il procedimento di aggiornamento dell’autorizzazione, dichiarandosi tuttavia con nota del 19 settembre 2011 indisponibile ad emettere la richiesta modifica in assenza di interpretazione autentica da parte della Regione Umbria, in considerazione dell’incertezza sull’applicabilità o meno del citato Regolamento n.4/11 al digestato prodotto dall’impianto a biogas.

Con provvedimento U-499146 del 24 novembre 2011 il Dirigente Servizio Gestione e Controllo Ambientale della Provincia di Perugia comunicava alla FAT che ad avviso della Regione (espresso con le richiamate note del 10 e 11 ottobre 2011) il digestato prodotto dall’impianto non risultava conforme a quanto richiesto dagli artt. 3 e 4 del citato Regolamento poiché la disposizione dell’art. 4 comma 2 si interpreta nel senso che tutte le sostanze ivi indicate sono assimilate agli affluenti da allevamento ma “solo se provenienti da attività di allevamento”.

Seguiva l’ordinanza n. 66 del 24 novembre 2011 con cui il Sindaco del Comune di Città di Castello intimava alla FAT la rimozione e lo smaltimento di tutti i rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi.

In esecuzione del decreto del GIP di Perugia dell’8 novembre 2011, l’impianto della ricorrente veniva altresì posto sotto sequestro penale, per presunta violazione dell’art. 192 comma 1, del D.lgs. 152 del 2006. Con provvedimento del 2 dicembre 2011 il Tribunale accoglieva la richiesta della FAT di revoca del sequestro, aderendo alla tesi della non riconducibilità del digestato prodotto alla nozione di rifiuto.

Indi la FAT provvedeva a richiedere invano alle Amministrazioni interessate la revoca dei provvedimenti emanati per essa gravemente lesivi, si da adire con ricorso notificato il 19 gennaio 2012 l’adito Tribunale Amministrativo per l’annullamento del provvedimento U-499146 del 24.11.2011 a firma del Dirigente Servizio Gestione e Controllo Ambientale della Provincia di Perugia, dell’ordinanza sindacale n. 66 del 24.11.2011 nonché delle note della Regione Umbria del 10.10.2011 cui si fa riferimento per relationem nel provvedimento U-499146 della Provincia di Perugia.

Alla camera di consiglio del 4 aprile 2012, con ordinanza n. 51 del 6 aprile 2012 veniva disposta verificazione ai fini dell’accertamento della non tossicità del digestato prodotto dall’impianto di biogas della ricorrente e sulla definibilità dello stesso quale “sottoprodotto” anzichè rifiuto.

Alla camera di consiglio del 18 luglio 2012, con ordinanza n. 127/2012 è stata accolta la domanda cautelare incidentale della FAT, disponendo per l’effetto che la ricorrente potesse gestire e trattare il digestato prodotto al fine di produrre per mezzo del proprio impianto energia nonché utilizzare il digestato prodotto quale ammendante da spargere nei terreni agricoli.

Con sentenza n. 245 del 23 aprile 2013, passata in giudicato stante l’assenza di appello, l’adito Tribunale ha accolto il ricorso della FAT e per l’effetto annullato tutti i provvedimenti impugnati, sulla scorta dell’esito della disposta verificazione, la quale con atto prot. 2273 del 11 giugno 2012 ha incontrovertibilmente escluso che il digestato prodotto dalla FAT sia riconducibile alla nozione di rifiuto trattandosi di sottoprodotto.

Più precisamente la verificazione ha ritenuto in sintesi che il digestato prodotto possieda il requisito delle lettere b) c) e d) dell’art. 184 bis. comma 1, del D.lgs. n. 152/2006, potendosi identificare con altro materiale agricolo naturale non pericoloso utilizzato in agricoltura suscettibile per origine e caratteristiche di utilizzazione in agricoltura.

Il giudicato ha così definitivamente accertato che il digestato prodotto dalla FAT sia da considerare “sottoprodotto” ai sensi dell’art. 184 bis del D.lgs. n.152 del 2006 come recentemente disposto dall’art. 2 bis aggiunto in sede di conversione dalla legge 134 del 2012 all’art. 52 comma 2 del D.L. n. 84 del 2012.

Tanto in sintesi premesso, la FAT chiede la condanna delle Amministrazioni intimate, in solido, al risarcimento di tutti i danni patiti per effetto della accertata illegittimità dei provvedimenti impugnati, ritenendo pienamente sussistente il necessario elemento della colpa, consistente nella violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, non sussistendo in realtà le asserite rilevanti difficoltà interpretative del quadro normativo vigente.

Ad avviso della odierna istante il quadro normativo di riferimento sarebbe risultato chiaro, come poi accertato sia dal Tribunale del riesame che dal T.A.R. dell’ Umbria da prima in sede cautelare e poi con sentenza passata in giudicato, sulla scorta delle univoche risultanze della verificazione.

Precisa la FAT di avere in sede procedimentale continuamente rappresentato alla Provincia di Perugia elementi utili ai fini della lettura del dato normativo, costantemente quanto immotivatamente disattesi. Il Regolamento regionale n.4/2011, più volte citato, doveva essere interpretato quale norma secondaria alla luce della normativa nazionale di attuazione di direttive comunitarie ovvero del D.lgs. 152/2006 come modificato dal D.lgs. 205/2010.

La ricorrente richiama poi il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui in materia di responsabilità risarcitoria per lesione di interessi legittimi il privato danneggiato possa limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, restando a carico dell’Amministrazione convenuta la dimostrazione della scusabilità dell’errore.

Nello specifico, la FAT lamenta i seguenti danni: a) perdita di produzione di energia a causa dell’impossibilità di spargere il digestato, tornata a regime soltanto nel mese di novembre 2012, per un totale di 287.178,08 euro; b) utilizzo di stoccaggio temporaneo fino all’adozione dell’ordinanza cautelare, quantificato e documentato in 28.604,89; c) spese per spandimento digestato commissionato a terzi consistenti nel necessario ricorso a ditte esterne, quantificate in 68.575,50; d) spese per competenze tecniche per consulenza di tecnici agronomi, pari a 11.098,88 euro.

Si è costituita la Regione Umbria, eccependo l’infondatezza dell’azione risarcitoria ex adverso azionata, evidenziando in particolare:

– l’estraneità dei provvedimenti annullati rispetto alle proprie competenze, limitandosi ad essere intervenuta su richiesta della Provincia di Perugia limitatamente all’espressione di un parere non previsto da alcuna norma né vincolante, con conseguente carenza di legittimazione passiva;

– l’evidente complessità della fattispecie da un punto di vista tecnico giuridico, anche in considerazione dei mutamenti normativi intervenuti;

– anche la giurisprudenza dell’adito Tribunale avrebbe affermato come non possa assurgere a regola generale la qualificazione del digestato quale sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis del D.lgs. 152 del 2006;

– anche il Tribunale del riesame, pur disponendo il dissequestro, avrebbe manifestato forti dubbi interpretativi in merito alla applicabilità del Regolamento regionale n. 4 del 2011 al caso di specie;

– la possibilità per le Regioni nell’attuale sistema di riparto del potere legislativo previsto dall’art. 117 Cost., di introdurre disciplina idonea a realizzare un ampliamento dei livelli di tutela e non derogatoria in senso peggiorativo, richiamandosi alla costante giurisprudenza della Corte Costituzionale;

– la riconducibilità del danno lamentato al comportamento della stessa danneggiata, che avrebbe potuto porre in atto le procedure di cui al D.lgs. 75 del 2010, potendo il digestato prodotto dalla FAT essere utilizzato come fertilizzante in agricoltura biologica, come accertato anche in sede di verificazione.

Si è costituita anche la Provincia di Perugia, rilevando l’infondatezza del ricorso, poichè:

– al momento del rilascio dell’autorizzazione la FAT si era espressamente impegnata a smaltire il digestato quale rifiuto;

– la necessità di intrepretare in senso restrittivo la complessa e mutata normativa di riferimento deriverebbe anche dal principio comunitario di precauzione in materia ambientale;

– soltanto con la nota del 30 agosto 2011 la FAT avrebbe richiesto per la prima volta il riconoscimento della qualifica di sottoprodotto, incombendo tale prova comunque sull’interessato, non sussistendo alcun diritto della FAT a vedersi automaticamente riconosciuta tale qualifica;

– l’ordinanza cautelare n. 127 del 18 luglio 2012 avrebbe già assegnato alla ricorrente la piena soddisfazione della pretesa azionata in giudizio, non potendo pertanto dopo tale data vantare alcun danno cagionato dai provvedimenti annullati con la sentenza n. 245/13;

– la mancata attivazione da parte della FAT in merito all’ottenimento dell’autorizzazione di cui all’art. 208 del D.lgs. 152 del 2006, circostanza che avrebbe contribuito all’aggravamento del danno;

Si è costituito infine anche il Comune di Città di Castello, parimenti chiedendo l’inammissibilità o il rigetto dell’azione risarcitoria, stante la carenza dei presupposti codificati dall’art. 2043 c.c., rilevando altresì la competenza esclusiva della Provincia a provvedere sull’autorizzazione richiesta dalla FAT, come rilevato dallo stesso giudicato, con conseguente difetto di legittimazione passiva; domanda inoltre la chiamata in giudizio della Compagnia di Assicurazioni Lloyd’s, in applicazione dell’art. 28 comma 3, cod. proc. amm.

Tutte le Amministrazioni convenute inoltre contestano anche la quantificazione operata dalla ricorrente del danno lamentato e la relativa documentazione prodotta.

Con memoria di replica la ricorrente ha ampiamente controdedotto a tutte le eccezioni sollevate dalle Amministrazioni convenute, evidenziando in particolare:

-la negligenza dell’amministrazione provinciale che avrebbe potuto e dovuto determinarsi in via del tutto autonoma senza rallentare il procedimento in attesa del richiesto parere alla Regione;

– sarebbe del tutto assurda la motivazione della Provincia di rigettare l’istanza della FAT non già per il carattere nocivo del digestato quanto per la non assimilazione agli effluenti di allevamento in quanto unicamente non provenienti da attività di allevamento;

– la mancata impugnazione della citata sentenza n. 245 del 2013.

All’udienza pubblica del 23 novembre 2016, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

2. -Viene in decisione l’azione promossa dalla Fattoria Autonoma Tabacchi (F.A.T.) soc. coop. a r.l., ai sensi dell’art. 30 comma quinto cod. proc. amm., nei confronti della Provincia di Perugia, della Regione Umbria e del Comune di Città di Castello intimati in solido al risarcimento dei danni cagionati dai provvedimenti illegittimi annullati dall’adito Tribunale Amministrativo con sentenza n. 245/2013 passata in giudicato.

Precisamente, come riportato nella parte in fatto, la ricorrente lamenta la riconducibilità eziologica del danno subito e provato sia al provvedimento della Provincia di Perugia del 24 novembre 2011 che all’ordinanza in pari data del Sindaco del Comune di Città di Castello che infine al presupposto parere espresso dalla Regione Umbria il 10 ottobre 2011.

Tutti i suesposti atti avrebbero infatti concorso ad impedire alla FAT di essere autorizzata all’utilizzo agronomico del digestato prodotto dal proprio impianto nell’ambito del procedimento di produzione del biogas, in origine qualificato per volontà della stessa richiedente come rifiuto.

3. – Va anzitutto evidenziato come la sentenza n. 245/2013 pronunciata nei confronti della sola Provincia di Perugia, passata in giudicato, abbia pienamente accertato l’illegittimità “sostanziale” degli atti impugnati ovvero la spettanza del bene della vita azionato, costituendo pertanto accertamento definitivo in ordine al rapporto giuridico controverso, non trattandosi di pronuncia di mero annullamento di natura “formale” (ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5938).

Come correttamente affermato dalla stessa difesa della ricorrente, il risarcimento del danno a carico della pubblica amministrazione non è conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale dell’atto amministrativo, posto che si richiede invece a questo fine la verifica positiva, oltre che della lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, della sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione e del nesso causale tra provvedimento illegittimo e danno sofferto (ex plurimis Consiglio di Stato sez. VI, 14 ottobre 2016, n. 4266; id. sez. III, 10 luglio 2014, n. 3526; id. sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1356).

Deve dunque essere accertata nell’ambito del presente giudizio unicamente la sussistenza dell’elemento soggettivo, del nesso causale oltre che, se del caso, dei danni allegati e provati dal ricorrente.

4. – Va aggiunto che l’illegittimità del provvedimento è però un elemento dal quale deriva una presunzione di colpa in capo alla pubblica amministrazione e che l’onere probatorio gravante sul richiedente possa ritenersi assolto con l’indicazione dell’illegittimità del provvedimento, potendo riconoscersi in capo all’Amministrazione l’onere di provare l’assenza di colpa attraverso l’errore scusabile (ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 6 aprile 2016, n. 1356) derivante da contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento (ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 22 novembre 2016, n. 4896).

La ricorrente, invero, non si è limitata ad indicare l’illegittimità dei provvedimenti fonte di danno, ma ha indicato ulteriori elementi a suo dire rilevanti per la dimostrazione della grave negligenza e imperizia in cui sarebbero incorse le Amministrazioni convenute.

In particolare – come già evidenziato nella parte in fatto – le Amministrazioni non avrebbero tenuto conto della sufficiente chiarezza del quadro normativo nonché dell’interpretazione fornitane in tutte le diverse sedi giudiziarie interessate.

Ciò è senz’altro vero, dal momento che il Tribunale del riesame, richiamando un proprio analogo precedente, ha riconosciuto alla luce dello ius superveniens di cui al D.lgs. 205 del 2010 la natura di “sottoprodotto”, mentre l’adito Tribunale con ordinanza 127/2012 ha accolto la domanda cautelare, non limitandosi a valutare il periculum in mora bensì concedendo una misura atipica anticipatoria degli effetti della sentenza di merito.

5. – Di contro gli argomenti addotti dalle Amministrazioni convenute a comprova di un proprio errore scusabile non sono secondo il Collegio persuasivi.

Va senz’altro riconosciuto come la nozione di rifiuto sia da parecchio tempo contraddistinta da una tendenziale incertezza di fondo, nel quadro di un contrasto tra la spinta della giurisprudenza comunitaria ad estenderne la nozione anche a sostanze suscettibili di riutilizzazione economica ed industriale e la opposta tendenza restrittiva del legislatore italiano, registrandosi al contempo anche diversi interventi legislativi di interpretazione autentica.

L’esatta delimitazione della nozione di rifiuto, delineata oggi dall’art. 183 c. 1 del D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, è poi fondamentale anche ai fini della responsabilità penale, laddove il concetto di rifiuto è elemento tipico di varie fattispecie penali previste nell’ordinamento.

Nel caso di specie al momento del rilascio dell’autorizzazione da parte della Provincia di Perugia (31 marzo 2010) non erano stati posti dubbi – invero nemmeno dalla stessa FAT – nella qualificazione come rifiuto del digestato prodotto dall’impianto.

Successivamente all’autorizzazione risultano però intervenute modifiche normative di significativa rilevanza per il caso di specie.

L’art. 184-bis del D.lgs. 152 del 2006 inserito dall’articolo 12 del D.Lgs 3 dicembre 2010, n. 205 ha sensibilmente inciso sulla nozione di “sottoprodotto”, stabilendo che:

“1. E’ un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto e’ originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non e’ la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) e’ certo che la sostanza o l’oggetto sara’ utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto puo’ essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo e’ legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non portera’ a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.”

A sua volta l’art. 4 del Regolamento regionale n. 4 del 4 maggio 2011, pubblicato nel B.U.R. n. 21 dell’11 maggio 2011, ha assimilato i liquidi di sgrondo di insilati di foraggio agli effluenti di allevamento, come accertato con la stessa sentenza 245/2013 coperta da cosa giudicata.

Con decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134 introduttivo del comma 2 bis dell’art. 52, infine, il legislatore ha espressamente considerato “sottoprodotto” ai sensi dell’art. 184 bis del D.lgs. 152 del 2006 il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali della digestione anaerobica eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico meccanico di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale.

6. – A prescindere da ogni altra considerazione ritiene il Collegio – condividendo l’assunto della ricorrente – particolarmente negligente l’operato della Provincia nella parte in cui si è determinata a rigettare l’istanza della FAT non già per il carattere nocivo del digestato quanto per la non assimilazione agli effluenti di allevamento in quanto unicamente non provenienti da attività di allevamento. Il Regolamento 4/2011 nell’assimilare agli effluenti di allevamento i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati, ammette la possibilità di far funzionare l’impianto a biogas con materiale solo vegetale, nonché di utilizzarlo agronomicamente a fine ciclo.

Non ritiene neppure il Collegio pertinente alla fattispecie il richiamo operato dalla difesa provinciale al principio comunitario di precauzione, in virtù del quale è consentito all’Amministrazione, ma non imposto incondizionatamente, di attivarsi in presenza di pericoli per l’ambiente soltanto ipotizzati, ove non ancora suffragati da evidenze scientifiche (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3767) dal momento che, quantomeno a seguito della modifica legislativa del 2010, potevano essere superati dagli operatori del settore i dubbi sul carattere nocivo del digestato.

Le difficoltà interpretative addotte dalle Amministrazioni convenute, anche ai fini della scusabilità in sede risarcitoria, devono essere poi valutate in base alla indubbia specifica professionalità acquisita nella specifica materia da parte dei Servizi che a vario titolo sono intervenuti nel procedimento, deputati istituzionalmente a dirimere questioni quali quella per cui è causa.

7. – Ritiene in definitiva il Collegio che dal quadro normativo sopra esposto, come integrato dal descritto ius superveniens, debba ravvisarsi la negligenza dell’operato della Provincia di Perugia, essendo quest’ultima in possesso degli elementi per determinarsi in senso favorevole alla FAT., anche in virtù dell’apporto istruttorio fornito da quest’ultima in sede procedimentale.

La non scusabilità dell’errore emerge poi ancor più evidentemente laddove la Provincia, anche in seguito alla pronuncia del Tribunale del riesame di Perugia e dell’ordinanza cautelare concessa dall’adito Tribunale Amministrativo all’esito della verificazione disposta, non ha ritenuto di intervenire in autotutela sul diniego impugnato; la discrezionalità pur tipica dell’esercizio della funzione di riesame avrebbe potuto e dovuto essere esercitata nel senso del pronto ritiro degli atti impugnati alla luce della mutata realtà fattuale e del connesso interesse pubblico al contenimento dei danni cagionati alla FAT costantemente rappresentati alla Provincia.

Sul punto va ricordato che anche l’art. 21-nonies comma primo ultimo capoverso della legge 241 del 90 nel testo novellato dall’articolo 25, comma 1, lettera b-quater), numeri 1) e 2) del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164 e, successivamente, dall’articolo 6, comma 1, lettera d), numero 1) della Legge 7 agosto 2015, n. 124 stabilisce che “Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo”.

Da tale norma è lecito evincersi la tendenziale doverosità dell’intervento di riesame allorché ciò consenta all’Amministrazione di scongiurare la produzione di danni, poiché la valutazione di intervenire nuovamente sull’atto illegittimo è circostanza comunque valutabile dal giudice a conferma della diligenza posta dal soggetto pubblico nel considerare la possibilità di evitare il danno (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 29 novembre 2011, n. 6296).

8. – Ritiene il Collegio la sussistenza della colpa anche nei confronti della Regione Umbria, seppur avendo questa concorso in misura minore alla produzione dei lamentati danni, non potendosi pertanto accogliere l’eccezione di difetto di legittimazione passiva.

In linea di principio, la circostanza di non essere tenuta nel caso di specie ad esprimere alcun parere (come argomentato dalla difesa regionale) non esclude di certo la responsabilità civile laddove l’opinamento espresso risulti poi errato e pregiudizievole, valendo il principio civilistico del “neminem laedere” qui consistente nel divieto di fornire informazioni errate (Cassazione civ. sez. III, 9 febbraio 2004, n. 2424) in considerazione, anche in questo caso, dell’alto grado di professionalità in subiectamateria in capo al Servizio Affari Giuridico Legislativi.

Il parere regionale è stato poi recepito e richiamato nella lesiva determinazione di diniego adottata dalla Provincia il 24 novembre 2011, concorrendo così a “fuorviare” l’operato della Provincia in danno della FAT.

9. – Ritiene invece il Collegio di non ravvisare l’elemento della colpa nei confronti dell’operato del Comune di Città di Castello, tenuto conto della non titolarità di competenze in subiecta materia – come accertato dal giudicato – essendosi il Sindaco limitato all’emanazione di un provvedimento oramai pressochè consequenziale al diniego della Provincia e allo stesso sequestro penale pro tempore efficace. Sul punto non è pertanto necessaria la chiamata in causa del terzo (Lloyd’s) richiesta dalla difesa comunale.

10 .- Tanto premesso, giova altresì accertare ai sensi dell’art. 1227 c.c. l’eventuale concorso del danneggiato nel rapporto di causalità, posto che il risarcimento del danno provocato da provvedimento amministrativo illegittimo postula la dimostrazione del nesso di causalità fra la sua emanazione e l’effetto lesivo, con la conseguenza che il nesso causale deve essere escluso, ai sensi degli art. 1227 c.c. e 30 cod. proc. amm., qualora nella catena causale il fatto lesivo sia in parte imputabile allo stesso danneggiato (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 01/08/2014, n. 4123).

Giova evidenziare, anzitutto, come in virtù dell’ordinanza cautelare concessa dall’adito Tribunale Amministrativo il 18 luglio 2012, la ricorrente sia stata pienamente abilitata all’utilizzo agronomico del digestato prodotto dopo il processo di produzione di energia, quale ammendante da spargere nei terreni agricoli. Trattasi di ordinanza cautelare di contenuto atipico come consentito dall’art. 55 comma 1, cod. proc. amm. – parallelamente a quanto previsto nel rito civile dall’art. 700 c.p.c. – con effetti chiaramente anticipatori rispetto alla tutela di merito.

Può pertanto condividersi l’assunto delle Amministrazioni convenute circa l’impossibilità per la ricorrente, dopo tale data, di vantare alcun diritto al risarcimento in relazione ai provvedimenti poi annullati. Merita altresì adesione anche quanto prospettato dalla difesa regionale in merito alla possibilità per la ricorrente di porre in atto ai fini del contenimento del danno le procedure di cui al D.lgs. 75/2010 oppure di utilizzare le procedure di recupero semplificato previste dall’art. 216 del D.lgs. 152 del 2006.

Va inoltre rilevato come soltanto con la nota del 30 agosto 2011 la FAT ha richiesto ai sensi dell’art. 184 bis del D.lgs. 152 del 2006 inequivocabilmente il riconoscimento della qualifica di “sottoprodotto”, gravando sull’utilizzatore la prova del lecito riutilizzo (T.A.R. Campania Napoli sez. VII, 7 gennaio 2015, n. 22).

Deve infine evidenziarsi come al momento della presentazione dell’istanza, nonostante fosse invero già entrato in vigore il citato art. 12 del D.lgs. 205 del 3 dicembre 2010, anche la ricorrente non avesse sollevato dubbi in ordine alla questione della riconducibilità o meno del digestato prodotto dal proprio impianto quale rifiuto.

11. – Tali elementi, se non possono condurre alla negazione del nesso eziologico, possono senz’altro portare ad una riduzione del lamentato lucro cessante da perdita di produzione dell’energia, stimato dalla FAT in 287.178,08 euro.

E’ infatti evidente che a causa dei provvedimenti adottati dalle Amministrazioni convenute la ricorrente non ha potuto né collocare il prodotto residuante per il riempimento delle vasche né utilizzarlo per la concimazione dei campi, con ciò dovendo ridurre l’attività dell’impianto ovvero la produzione di energia elettrica da immettere nella rete.

Tenuto conto di tutto quanto sopra esposto, ritiene il Collegio di dover stimare il predetto danno, in via equitativa, in misura di 50.000,00 (cinquantamila//00) euro.

Quanto al danno emergente rappresentato dalle documentate spese per l’acquisto e l’installazione di uno stoccaggio temporaneo del digestato, esso costituisce danno risarcibile (per euro 28.604,89) quale spesa resasi indispensabile a causa dell’esaurimento della capacità di stoccaggio nel periodo temporale di riferimento (30 agosto 2011 – 18 luglio 2012). D’altronde ove la FAT avesse provveduto in virtù dell’autorizzazione originaria allo smaltimento del digestato quale rifiuto non avrebbe dovuto provvedere allo stoccaggio dello stesso.

Non sono invece risarcibili i lamentati danni per lo spandimento del digestato commissionato a terzi né le spese di consulenza tecnica. I primi perché non risulta effettivamente provata – come è onere del ricorrente (ex plurimis Consiglio di Stato sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 284) – la necessità di ricorrere a terzi per lo spandimento, i secondi in quanto rientranti nei normali costi d’impresa.

12. – Alla luce delle suesposte considerazioni la domanda di condanna va in parte accolta; il risarcimento complessivamente dovuto dalla Provincia di Perugia e dalla Regione Umbria ammonta pertanto a 78.604,89 (settantottomilaseicentoquattro//89) euro.

Su dette somme competono quale debito di valore la rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, con decorrenza dalla data della domanda e sino al giorno della pubblicazione della sentenza. Devono inoltre essere corrisposti gli interessi nella misura legale della data di deposito della decisione sino all’effettivo soddisfo.

Le spese di lite seguono la soccombenza nei confronti della Provincia di Perugia e della Regione Umbria, secondo dispositivo, mentre sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite con il Comune di Città di Castello.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto condanna la Provincia di Perugia e la Regione Umbria, in solido, al risarcimento del danno in favore della ricorrente, nella misura di cui in motivazione, oltre rivalutazione ed interessi legali.

Condanna la Provincia di Perugia e la Regione Umbria alla refusione delle spese di lite in favore del ricorrente, in misura di 2.000,00 euro ciascuna, oltre agli accessori di legge; compensa con il Comune di Città di Castello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Potenza, Presidente
Paolo Amovilli, Primo Referendario, Estensore
Enrico Mattei, Primo Referendario

L’ESTENSORE
Paolo Amovilli
        
IL PRESIDENTE
Raffaele Potenza
        
       
IL SEGRETARIO

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