Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 388 | Data di udienza: 12 Ottobre 2011

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Volume tecnico – Portata derogatoria in materia di tutela del paesaggio – Esclusione – Applicabilità dell’art. 167, c. 4, lett. a) d.lgs. n. 42/2004 – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Umbria
Città: Perugia
Data di pubblicazione: 29 Novembre 2011
Numero: 388
Data di udienza: 12 Ottobre 2011
Presidente: Lamberti
Estensore: Fantini


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Volume tecnico – Portata derogatoria in materia di tutela del paesaggio – Esclusione – Applicabilità dell’art. 167, c. 4, lett. a) d.lgs. n. 42/2004 – Esclusione.



Massima

TAR UMBRIA, Sez. 1^ – 29 novembre 2011, n. 388


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Volume tecnico – Portata derogatoria in materia di tutela del paesaggio – Esclusione – Applicabilità dell’art. 167, c. 4, lett. a) d.lgs. n. 42/2004 – Esclusione.

Il volume tecnico, che ha un senso ed una connotazione nella disciplina urbanistica ed edilizia, non può assumere portata derogatoria in materia di tutela del paesaggio. La nozione di “volume” ed, ancora di più, quella di “superficie utile” non appartengono infatti alla tutela paesaggistica, che fa perno, piuttosto, sulla “percettibilità visiva”. Si impone, dunque un’interpretazione restrittiva dell’art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 42/2004 il cui fondamento di razionalità è quello di consentire, in deroga al divieto generale, l’autorizzazione paesaggistica ex post solamente per i c.d. abusi minori, tra i quali non può essere contemplata alcuna opera comportante un aumento di volumetria.


Pres. Lamberti, Est. Fantini – C. s.p.a. (avv.ti Forgione e Silvestri) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altro (Avv. Stato)

 


Allegato


Titolo Completo

TAR UMBRIA, Sez. 1^ - 29 novembre 2011, n. 388

SENTENZA

 

 

TAR UMBRIA, Sez. 1^ – 29 novembre 2011, n. 388


N. 00388/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00050/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 50 del 2011, proposto da:
Centro Immobiliare S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Forgione ed Anna Maria Silvestri, con domicilio eletto presso l’avv. Matteo Frenguelli in Perugia, via Cesarei, 4;

contro

Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria, Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici dell’ Umbria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, presso i cui uffici sono pure legalmente domiciliati, alla via degli Offici, 14;

nei confronti di

Comune di Magione, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Fulco Ruffo, presso il quale è selettivamente domiciliato in Perugia, via XIV Settembre, 71;

per l’annullamento

dei parziali pareri negativi di compatibilità paesaggistica per variante ai permessi di costruire adottati dalla Soprintendenza in data 23 settembre 2010, relativamente alle sole opere realizzate a livello della copertura degli edifici, ovvero ai piani sottotetto degli edifici per civile abitazione plurifamiliare e negozi siti in Magione, Viale Umbria, Foglio n. 30, part. varie, zona dichiarata di notevole interesse paesaggistico ai sensi della legge n. 1497 del 1939, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, nonché per il risarcimento dei consequenziali danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria e della Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici dell’ Umbria, nonchè del Comune di Magione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2011 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente impugna, chiedendo altresì il risarcimento dei danni, i pareri parzialmente negativi di compatibilità paesaggistica (per variante ai permessi di costruire) adottati, all’esito di “preavviso di rigetto”, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell’Umbria-Perugia in data 23 settembre 2010, e comunicati il successivo 10 novembre, nell’ambito del procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica per lavori, eseguiti in difformità dai titoli edilizi, finalizzati alla realizzazione di quattro edifici per civile abitazione plurifamiliare e negozi, in Magione, viale Umbria, zona dichiarata di notevole interesse paesaggistico ai sensi della legge n. 1497 del 1939.

Premette che i pareri negativi concernono le opere realizzate a livello della copertura degli edifici, ovvero dei piani sottotetto, e non anche altre parti degli immobili, per le quali sono dunque state ritenute ammissibili alcune varianti al progetto originario.

Espone come dette varianti, approvate dal Comune di Magione, consistevano in lievi modifiche delle bucature esterne degli edifici ed in una modesta sopraelevazione dell’elemento “timpano”, senza comportare alcun aumento di volumetria e/o di superfici.

A sostegno del ricorso deduce i seguenti motivi di diritto :

1) Violazione dell’art. 167, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 42 del 2004, nell’assunto che i pareri gravati non tengono conto dell’interpretazione teleologica che, a dispetto del dato letterale, deve essere data alla norma, nel senso che la preclusione all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria si ha solamente allorché gli interventi abbiano determinato contestualmente la realizzazione di nuove superfici utili e di nuovi volumi, con la conseguenza che devono ritenersi suscettibili di autorizzazione i soppalchi, i volumi interrati ed i volumi tecnici. Non osta all’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, dunque, ciò che la disciplina edilizia definisce volume tecnico.

I sottotetti realizzati dalla società ricorrente sono opere edili completamente prive di una propria autonomia funzionale, in quanto destinate solamente a contenere impianti serventi della costruzione principale, e dunque costituenti volume tecnico; costituiscono il fine corsa per gli ascensori, sono necessari per le canne di esalazioni, per boiler e pannelli solari ad incasso, nonché per antenne e paraboliche.

La stessa ratio che in materia urbanistica induce ad escludere i volumi tecnici dal calcolo della volumetria edificabile deve valere anche in materia paesistica per escludere tali volumi dal divieto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

2) Violazione delle circolari del Ministero dei Lavori Pubblici 31 gennaio 1973, n. 2474 e del Ministero per i beni e le Attività Culturali n. 33 del 26 giugno 2009, nonché delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Magione.

La circolare del Mi.B.A.C. definisce “volume” qualsiasi manufatto costituito da parti chiuse ed indipendentemente dalla destinazione d’uso del manufatto stesso, con esclusione dei volumi tecnici; anche alla luce di tale canone interpretativo la ricorrente, che non ha alterato le sagome dell’edificio, è titolata ad ottenere la sanatoria con riguardo ai sottotetti.

La circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n,. 2474 del 1973 fornisce una definizione generale di volume tecnico che deve essere valutata adeguandola alle specificità del caso.

In ogni modo, l’edificazione realizzata dalla società ricorrente non ha determinato un danno estetico, né una notevole incidenza visiva, ma anzi ha aumentato il pregio per la zona tutelata.

3) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto di motivazione, in quanto la Soprintendenza non ha dato conto del confronto tra l’interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e l’interesse privato alla sanatoria, imponendo al privato un sacrificio non proporzionato. Avrebbero dovuto essere indicati gli elementi di contrasto, i profili di non compatibilità degli interventi con la destinazione del piano particolareggiato, esistente sulla zona C11.

L’opera in questione si inserisce in un contesto già irrimediabilmente modificato dalla presenza di altri fabbricati sia per civile abitazione, che di natura commerciale.

4) Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti, della contraddittorietà ed illogcità manifesta dei fatti, nella considerazione, in particolare, che i volumi tecnici-sottotetti, in quanto posti a valle, non costituiscono elemento di disturbo rispetto alla visuale del Castello dei Cavalieri di Malta e della Torre dei Lambardi.

Le soluzioni tecnico-costruttive adottate sono conformi alla disciplina urbanistico-paesaggistica vigente nella zona, e si conformano al contesto della zona dotando gli edifici di finiture di altissima qualità e di impianti per il risparmio energetico.

Si è costituito in giudizio il Mi.B.A.C. controdeducendo alle censure avversarie e chiedendone la reiezione.

Si è altresì costituito in giudizio il Comune di Magione aderendo al ricorso.

All’udienza del 12 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – Con i primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro complementari, si lamenta l’illegittimità degli impugnati pareri negativi di compatibilità paesaggistica in sanatoria (per variante al permesso di costruire), limitatamente alla modifica del piano sottotetto, asseritamente concretantesi nella realizzazione di nuovi volumi e nella sopraelevazione dei timpani, nell’assunto che gli interventi edilizi siano consistiti, invece, nella creazione di meri volumi tecnici, non preclusi dall’art. 167, comma 4, lett. a), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

Le censure non appaiono meritevoli di positiva valutazione.

Giova premettere che non è contestata la circostanza di fatto per cui l’intervento edilizio in questione ha comportato una “sopraelevazione delle quote assolute dei colmi delle rispettive coperture di ml. 1,40 e del timpano”, quanto, piuttosto, la rilevanza di tale incremento di superficie e di volume, che, ad avviso di parte ricorrente, deve configurarsi alla stregua di “volume tecnico”, indifferente ai fini urbanistico-edilizi ed anche ai fini dell’autorizzazione paesaggistica.

Anche ad ammettere, pur trattandosi di circostanza contestata dall’Amministrazione statale, che la variante del sottotetto sia finalizzata esclusivamente all’installazione di impianti tecnologici (extracorsa degli ascensori, installazione di impianti di energia rinnovabile, pannelli solari), come risulta affermato anche dalla perizia giurata versata in atti da parte ricorrente, il punto fondamentale ai fini del decidere è se il volume tecnico rientri nella previsione dell’art. 167, comma 4, lett. a), del codice dei beni culturali e del paesaggio, alla stregua del quale l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria è consentita, tra l’altro, «per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati».

Non ignora il Collegio come il tema sia complesso, ed oggetto di pronunce di primo grado anche contrarie (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 3 novembre 2009, n. 6827; Sez. IV, 21 settembre 2010, n. 17491; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 15 settembre 2010, n. 435), ma appare più corretto ritenere che il volume tecnico, che ha un senso ed una connotazione nella disciplina urbanistica ed edilizia, non possa assumere portata derogatoria in materia di tutela del paesaggio.

La nozione di “volume” ed, ancora di più, quella di “superficie utile” non appartengono alla tutela paesaggistica, che fa perno, piuttosto, sulla “percettibilità visiva”.

Se così è, risulta evidente come non possa essere automaticamente estesa la disciplina urbanistico-edilizia ad un bene paesaggistico, e cioè ad un particolare “bene ad uso controllato”.

D’altronde, tale ontologica separatezza di regime si desume, a livello sistematico, dalla stessa disciplina ordinaria della autorizzazione paesaggistica, che l’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 configura come atto “autonomo” e “presupposto” rispetto al permesso di costruire od agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, che non può essere rilasciato in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.

Si impone, dunque, ad avviso del Collegio, un’interpretazione restrittiva dell’art. 167, comma 4, lett. a), il cui fondamento di razionalità è quello di consentire, in deroga al già indicato divieto generale, l’autorizzazione paesaggistica ex post solamente per i c.d. abusi minori, tra i quali non può essere contemplata alcuna opera comportante un aumento di volumetria.

Una diversa interpretazione, oltre che in frontale contrasto con la littera legis, principale canone ermeneutico ai sensi dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, verrebbe a legittimare il fatto compiuto, privando della tutela, anche di rango costituzionale, i beni paesaggistici, come appare particolarmente evidente nella presente fattispecie controversa, in cui la società ricorrente ha prima inutilmente esperito la via dell’ordinaria autorizzazione paesaggistica per la variante al permesso di costruire, per poi rinunciarvi “per mutate esigenze” dopo che gli era stato opposto il parere negativo, ed attivando successivamente il procedimento di sanatoria paesaggistica.

Quanto all’asserito contrasto con le circolari ministeriali, ed in particolare con la circolare n. 33 in data 26 giugno 2009 del Segretario Generale del Mi.B.A.C., osserva il Collegio che detto atto è espressione di un potere di mero indirizzo, ma non certo normativo (si tratta di atto interno, privo di efficacia precettiva autonoma) o di ordine, per cui va applicata nei limiti in cui sia conforme alla legge od al regolamento; corollario del carattere meramente interpretativo della circolare, come è stato condivisibilmente rilevato in giurisprudenza, è che non costituisce documento decisivo ai fini del decidere, ancorché contenga un’interpretazione diversa da quella sostenuta dalla difesa dell’Amministrazione nel giudizio (tra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 2 marzo 2004, n. 2570).

2. – Con il terzo ed il quarto mezzo, che, pure, possono essere esaminati congiuntamente, si deduce il vizio motivazionale dei provvedimenti gravati che non avrebbero adeguatamente ponderato l’interesse pubblico con quello privato alla sanatoria, in quanto l’intervento edilizio in questione non comprometterebbe il paesaggio, anche nella proiezione più significativa della veduta del Castello dei Cavalieri di Malta e della Torre dei Lambardi.

Anche tali censure devono essere disattese.

I gravati pareri negativi di compatibilità paesaggistica sono sufficientemente motivati nella considerazione che le opere realizzate a livello della copertura «modificano la percezione del complesso naturale paesaggistico tutelato ed è evidente l’alterazione delle masse che costituiscono l’immobile, causate dalla realizzazione di nuovi volumi e sopraelevazione dei timpani».

Il corredo motivazionale, pur nella sua essenzialità, spiegabile anche in considerazione dell’accertato incremento di volumetria, in violazione della norma di legge, è dunque presente nel parere, e consiste proprio nella valutazione della compatibilità dell’intervento edilizio con le caratteristiche del bene che ne richiedono la protezione. Va aggiunto che una siffatta valutazione di compatibilità rispetto ai vincoli sussistenti in loco è espressione di valutazioni tecniche non sindacabili in sede di giurisdizione di legittimità, se non manifestamente irragionevoli; si tratta inoltre, come già esposto, di valutazioni che prescindono dalla conformità urbanistica dell’opera ed anche dal rispetto degli stilemi tecnico-costruttivi della lottizzazione.

Va, infine, aggiunto che nel regime autorizzatorio di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 il parere della Soprintendenza non è più limitato ad un controllo di legittimità (come nella disciplina transitoria di cui all’art. 159 dello stesso corpus normativo), essendole consentito di formulare un parere che è espressione di un potere decisorio complesso facente capo a due distinti apparati amministrativi (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 11 gennaio 2011, n. 53).

3. – In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso con l’annessa domanda risarcitoria deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi dedotti.

Sussistono giusti motivi, anche in ragione della rilevata incertezza giurisprudenziale in argomento, per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore
 
L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/11/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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