* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Termine per la conclusione dei lavori – Sospensione automatica per caso di forza maggiore – Inconfigurabilità – Fattispecie: sequestro penale dell’aera interessata dall’intervento edilizio.
Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione: Valle d'Aosta
Città: Aosta
Data di pubblicazione: 5 Dicembre 2016
Numero: 59
Data di udienza:
Presidente: Flaim
Estensore: La Greca
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Termine per la conclusione dei lavori – Sospensione automatica per caso di forza maggiore – Inconfigurabilità – Fattispecie: sequestro penale dell’aera interessata dall’intervento edilizio.
Massima
TAR VALLE D’AOSTA – 5 dicembre 2016, n. 59
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Termine per la conclusione dei lavori – Sospensione automatica per caso di forza maggiore – Inconfigurabilità – Fattispecie: sequestro penale dell’aera interessata dall’intervento edilizio.
Anche successivamente alla novella contenuta nella l. n. 164/2014 (art. 17, c. 1, lett. f), non è ipotizzabile la sospensione automatica del titolo edilizio, essendo sempre necessaria la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve seguire un provvedimento da parte della stessa amministrazione che ha rilasciato il titolo edilizio e che accerti l’impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato in relazione al factum principis o ad una causa di forza maggiore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2915). Anche in presenza di un sequestro penale dell’area interessata dall’intervento edilizio, dunque, il termine non può ritenersi automaticamente sospeso.
Pres. f.f. Flaim, Est. La Greca – L. s.a.s. (avv. Vedova) c. Comune di Ayas (avv. Saracco)
Allegato
Titolo Completo
TAR VALLE D’AOSTA – 5 dicembre 2016, n. 59SENTENZA
TAR VALLE D’AOSTA – 5 dicembre 2016, n. 59
Pubblicato il 05/12/2016
N. 00059/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00032/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 32 del 2016, proposto da Le Residence s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Enrico Vedova, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Emanuele Carlo Mazzocchi sito in Aosta, via Torre del Lebbroso, n. 37;
contro
– Comune di Ayas, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gianni Maria Saracco, elettivamente domiciliato presso la segreteria del T.A.R. Valle D’Aosta sita in Aosta, via Cesare Battisti, n. 1;
per l’annullamento
– della nota del Comune di Ayas in data 29 aprile 2016, prot. n. 4236, a firma del responsabile Ufficio Tecnico Arch. Claudio Alliod;
– ove occorrer possa, del parere reso da CELVA in data 11 febbrio 2016 citato nella nota del Comune di Ayas del 29 aprile 2016;
– di ogni atto ad essi antecedente, susseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ayas;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il dott. Giuseppe la Greca;
Uditi nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2016 i difensori delle parti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Oggetto della domanda di annullamento è la nota prot. n. 4236 del 29 aprile 2016 con la quale il Comune di Ayas, sulla base di apposito parere richiesto al CELVA, ha diffidato l’odierna ricorrente dall’eseguire i lavori oggetto di apposita concessione edilizia rilasciata nel 2009 (n. 2609/2009), concessione asseritamente decaduta per la scadenza dei termini previsti dall’art. 60 della l.r. n. 11 del 1998.
Il ricorso si articola in due motivi di doglianza con i quali si deducono i vizi come di seguito rubricati:
1) Violazione artt. 6, 12 e 16 della l.r. n. 19 del 2007; mancata comunicazione di avvio del procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione. Sostiene parte ricorrente che:
– lo spirare del termine per la conclusione dei lavori non determinerebbe automaticamente la cessazione degli effetti del provvedimento concessorio ma costituirebbe presupposto per l’eventuale formale declaratoria di decadenza dello stesso;
– la perdita di effetti della concessione per mancato inizio o ultimazione dei lavori nei termini prescritti dovrebbe, in tesi, essere accertata e dichiarata con formale provvedimento dell’Amministrazione;
– nel caso di specie non sarebbe intervenuta l’asserita decadenza ed il provvedimento, in tal senso, sarebbe stato emanato con contenuto generico e senza aver preliminarmente trasmesso la comunicazione di avvio del procedimento;
2) Violazione dell’art. 60, comma 7, della l.r. n. 11 del 1998, eccesso di potere sotto diversi profili. Sostiene parte ricorrente che il termine di conclusione dei lavori contenuto nella concessione edilizia n. 24/2009 deve, in tesi, considerarsi automaticamente sospeso in corrispondenza del periodo in cui l’immobile oggetto di titolo abilitativo è stato sequestrato dall’Autorità giudiziaria e che la proroga del medesimo termine non necessitava di apposita formale richiesta.
Si è costituito in giudizio il Comune di Ayas il quale, con articolata memoria, ha eccepito l’inammissibilità della domanda di annullamento per la parte in cui essa investe parere espresso dal CELVA (sul rilievo che lo stesso non avrebbe carattere lesivo); nel merito ha concluso per l’infondatezza della pretesa per la parte riguardante la diffida dall’eseguire i lavori.
In prossimità della discussione del ricorso nel merito sono state depositate ulteriori memorie.
All’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2016, presenti i procuratori delle parti che si sono riportati alle già rassegnate domande e conclusioni, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.
Esigenze di economia processuale esonerano il Collegio dall’esame della questione in rito sollevata dal Comune di Ayas poiché il ricorso, alla stregua delle considerazioni di seguito esposte, è infondato nel merito.
Ai fini di una migliore comprensione delle questioni sottoposte all’attenzione del Tribunale, vanno succintamente ricostruite le fasi salienti della vicenda procedimentale nella quale si è innestata la presente controversia.
La ricorrente società ha esposto di aver chiesto ed ottenuto, in data 8 febbraio 2002 la concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato con destinazione alberghiera in località Champoluc e che, secondo quanto indicato nel medesimo provvedimento, il termine di conclusione lavori era originariamente previsto per il 29 maggio 2007 per poi essere successivamente prorogato al 28 dicembre 2008. La concessione edilizia del 2002 è stata rinnovata nel 2009 con atto n. 24/2009, con conseguente fissazione di nuovo termine per l’inizio dei lavori fissato al 1° gennaio 2010 e di un nuovo termine di conclusione stabilito nei cinque anni successivi. In data 15 gennaio 2010 la ricorrente ha chiesto il rilascio di una concessione edilizia in sanatoria «per opere in difformità unitamente a variante per cambio d’uso da albergo a residenza turistico-alberghiera» e tale istanza, previa adozione di apposita diffida alla rimozione delle opere, è stata rigettata con provvedimento del 24 febbraio 2011, cui ha fatto seguito il sequestro dell’intero immobile (dal 14 aprile 2011 al 25 giugno 2015) e conseguente ordinanza di demolizione. Ottenuto l’annullamento giurisdizionale del diniego di concessione in sanatoria e conseguito il relativo titolo abilitativo (nonché il dissequestro dell’immobile), la ricorrente ha, tra l’altro, comunicato il completamento dei lavori già previsti nella concessione edilizia rilasciata nel 2009, siccome rinnovata.
A tale richiesta il Comune ha risposto con l’impugnato provvedimento di diffida dall’eseguire i medesimi lavori sul presupposto che, per la realizzazione degli stessi, occorrerebbe un nuovo titolo abilitativo e ciò perché i termini originari entro i quali gli stessi avrebbero dovuto essere realizzati sarebbero spirati. Tale tesi è stata ritenuta erronea da parte della ricorrente la quale sostiene che lo spatium temporale di cui trattasi debba essere considerato al netto del periodo in cui l’immobile è rimasto sequestrato.
Sul piano penale la vicenda contenziosa si è conclusa con una condanna del responsabile della ditta «Le residence» per gli abusi edilizi commessi con riferimento al complesso alberghiero di cui trattasi.
Così definito il perimetro fattuale della controversia, con l’impugnato provvedimento il Comune ha preso atto dell’intervenuta decadenza del titolo abilittivo. Il carattere vincolato di tale provvedimento non risente dell’omessa comunicazione di avvio del procedimento sul rilievo che nessun utile apporto partecipativo era nel caso di specie astrattamente ipotizzabile (e, per il vero, parte ricorrente non ha qui offerto spunti in senso contrario). Anche sul piano della motivazione, la ridetta natura vincolata del provvedimento non imponeva l’esplicazione di ulteriori considerazioni circa la necessita di dichiarare la decadenza di cui trattasi.
Nel merito della scelta operata, la giurisprudenza più recente (cfr. Cons. St. n. 5378 del 2014) ritiene che non abbia pregio l’assunto che il termine debba ritenersi automaticamente sospeso in presenza di una causa di forza maggiore, quale nel caso il sequestro penale dell’area interessata dall’intervento, atteso che non è ipotizzabile nell’attuale sistema giuridico la sospensione automatica del titolo edilizio, essendo sempre necessaria, al fine di ottenere la sospensione, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve seguire un provvedimento da parte della stessa amministrazione che ha rilasciato il titolo edilizio e che accerti l’impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato in relazione al factum principis o ad una causa di forza maggiore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2915). Nel caso di specie, peraltro, la questione non potrebbe essere suscettibile di apprezzamento favorevole neppure sulla base della nuova formulazione dell’art. 15 del d. P.R. n. 380 del 2001. La giurisprudenza formatasi successivamente alla novella contenuta nella l. n. 164 del 2014 (art. 17, comma 1, lett. f), e dai cui approdi il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, è nel senso di ritenere che è comunque necessaria «la presentazione di una formale istanza di proroga» (T.A.R. Veneto, n. 375 del 2016).
Calando i suepressi principi al caso di specie, va ritenuta immune da vizi la condotta dell’Amministrazione la quale, in assenza di apposita formale istanza del soggetto titolare della concessione, si è limitata a prendere atto dell’intervenuta decadenza del titolo – decadenza i cui effetti si sono prodotti quantunque in assenza di provvedimento espresso – ed a diffidare la ricorrente dall’eseguire i lavori.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico della parte ricorrente (art. 26 cod. proc. amm.).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Valle d’Aosta, pronunziando sul ricorso in epigrafe lo rigetta.
Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di Ayas, delle spese processuali e degli onorari di causa che liquida in complessivi € 1.000,00 (euro mille/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Aosta nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Grazia Flaim, Presidente FF
Antonio De Vita, Consigliere
Giuseppe La Greca, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Giuseppe La Greca
IL PRESIDENTE
Grazia Flaim
IL SEGRETARIO