Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 1153 | Data di udienza: 5 Dicembre 2018

* APPALTI – Principio di equivalenza – Art. 68, c. 4 d.lgs. n. 50/2016 – Limite – Caratteristiche essenziali richieste dalla lex specialis.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 10 Dicembre 2018
Numero: 1153
Data di udienza: 5 Dicembre 2018
Presidente: Rovis
Estensore: Rovis


Premassima

* APPALTI – Principio di equivalenza – Art. 68, c. 4 d.lgs. n. 50/2016 – Limite – Caratteristiche essenziali richieste dalla lex specialis.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 10 dicembre 2018, n. 1153


APPALTI – Principio di equivalenza – Art. 68, c. 4 d.lgs. n. 50/2016 – Limite – Caratteristiche essenziali richieste dalla lex specialis.

L’operatività del principio di equivalenza, per come codificato all’art. 68, VI comma del DLgs n. 50 del 2016, incontra il limite segnato dall’impossibilità di superare (e vanificare) i requisiti minimi previsti dalle condizioni di gara, giacchè diversamente si consentirebbe l’offerta di prodotti non rispondenti alle caratteristiche peculiari indicate dall’Amministrazione (giurisprudenza pacifica: cfr., da ultimo, TAR Roma, II, 9.4.2018 n. 3896). La Commissione giudicatrice, infatti, può valutare l’equivalenza delle soluzioni tecniche offerte, ma non può, in alcun caso, ammettere alla gara offerte che presentano soluzioni tecniche che non rispettano le caratteristiche essenziali richieste dalla lex specialis. Le valutazioni di equivalenza, in altri termini, non possono valere in alcun modo a modificare la disciplina di svolgimento della gara scolpita nella lex specialis, restando legittime nelle sole ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le valutazioni effettuate e il tenore delle clausole introdotte dalla stazione appaltante, costituendo, solo in tale caso, corretta espressione della volontà provvedimentale dell’Amministrazione.

Pres. ed Est. Rovis – T. s.r.l. (avv. Petrone) c. Azienda Ulss n. 8 ‘Berica’  (avv.ti Cocco e Tedeschi)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 3^ - 10 dicembre 2018, n. 1153

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 10 dicembre 2018, n. 1153

Pubblicato il 10/12/2018

N. 01153/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01250/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1250 del 2018, proposto da
Trumpf Med Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Maria Petrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Paganica13;

contro

Azienda Ulss n. 8 ‘Berica’, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Cocco, Laura Tedeschi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Getinge Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Sisti, Antonio Pavan, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

– della Deliberazione n. 1453 del 25.10.2018 assunta dall’Azienda ULSS 8 Berica avente ad oggetto “Fornitura tavolo operatorio dell’UOC di Ortopedia: conferma aggiudicazione” (doc. n. 1), comunicata a mezzo PEC con nota prot. 108058 del 25.10.2018 (doc. n. 2);

– del verbale della Commissione Giudicatrice prot. n. 46320 del 4.5.2018 con cui è stato confermato il punteggio tecnico attribuito alla Maquet Italia s.p.a. (doc. n. 3);

– della presupposta deliberazione n. 1577 del 6.12.2017 di aggiudicazione definitiva della fornitura in favore della Maquet Italia s.p.a. (doc. n. 4) nonché della comunicazione di aggiudicazione del 27.12.2017 (doc. n. 5);

– della presupposta aggiudicazione provvisoria della fornitura disposta in favore della Maquet Italia s.p.a.;

– della valutazione delle schede tecniche e dei campioni avvenuta con verbale del 14.11.2017 (doc. n. 6);

– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto;

con contestuale domanda di risarcimento in forma specifica,

previa declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato ovvero di risarcimento per equivalente dei danni consequenziali all’annullamento degli atti sopra impugnati;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Ulss n. 8 ‘Berica’ e di Getinge Italia S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2018 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con Richiesta di offerta (RdO) 6.4.2017 n. 1547726, inserita sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, la ULSS n. 8 Berica ha indetto una procedura, ex art. 36, II comma, lett. b) del DLgs n. 50/2016, per la fornitura di un tavolo operatorio per il reparto di Ortopedia per un importo a base d’asta di € 160.000,00 oltre IVA.

La procedura in questione individuava in maniera puntuale le caratteristiche generali della fornitura, qualificandole espressamente come “requisiti minimi di base a pena di esclusione”.

Pervenivano alla ULSS n. 8 Berica tre offerte, tra cui quella della odierna ricorrente.

All’esito dell’istruttoria la commissione giudicatrice proponeva – e l’Amministrazione approvava – l’aggiudicazione in favore di Maquet Italia s.p.a., e ciò ancorchè il tavolo operatorio offerto dalla predetta ditta presentasse caratteristiche minime manifestamente inferiori a quelle prescritte dalla legge di gara.

A seguito di richiesta di autotula formulata dalla ricorrente, seconda graduata, la stazione appaltante riconvocava la commissione giudicatrice per un supplemento di istruttoria, all’esito della quale la commissione stessa e, quindi, l’Amministrazione confermavano l’originaria graduatoria e l’aggiudicazione in favore di Maquet Italia s.p.a..

Avversava tale provvedimento e gli atti presupposti l’odierna ricorrente assumendone l’illegittimità e chiedendone, conseguentemente – onde ottenere l’aggiudicazione nei propri confronti -, l’annullamento.

La causa, ove si sono costituite la ULSS n. 8 Berica e la controinteressata opponendo l’infondatezza del ricorso, è passata in decisione all’udienza camerale del 5 dicembre 2018.

DIRITTO

Con l’epigrafato gravame il provvedimento di aggiudicazione viene criticato dalla ricorrente per essere stato assunto in spregio agli atti di gara che vietavano l’accesso alla procedura alle imprese il cui prodotto offerto non ottemperasse ai requisiti minimi definiti dalle specifiche tecniche “a pena di esclusione”.

Prima di esaminare la fondatezza, in diritto, della censura, occorre evidenziare, in fatto, che il prodotto offerto da Maquet Italia s.p.a. era pacificamente difforme da quello voluto dalla lex specialis là dove, in esso, difettavano taluni requisiti minimi (cfr. il verbale prot. n. 46320 del 4.5.2018), tali ragionevolmente configurandosi (non tutti i requisiti indicati al punto 1 della RdO 6.4.2017 n. 1547726, ma) soltanto quelli relativamente ai quali ivi si specificava che debbono essere “non superiori a…”, “non inferiori a…” o compresi in un range tra un minimo e un massimo: gli altri, infatti, vanno considerati preferenziali, e non cogenti, e ciò alla stregua della disposizione contenuta nell’ultimo periodo dello stesso punto 1 (secondo cui “l’elenco di caratteristiche elencato sopra non esclude dalla valutazione quelle offerte con specifiche tecniche non esattamente conformi a quanto sopra richiesto, se nella propria offerta il concorrente prova, ex art. 68 comma 7, in modo ritenuto soddisfacente dalle Stazioni appaltanti, con qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni da lui proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”).

Così chiarita la difformità tra il prodotto offerto da Maquet Italia s.p.a. e le prescrizioni contenute nel capitolato tecnico, occorre verificare se il corretto governo del principio di equivalenza, per come codificato all’art. 68, VI comma del DLgs n. 50 del 2016, consentiva, o meno, l’ammissione alla gara dell’offerta in questione (ove il prodotto è stato riscontrato non conforme relativamente ad otto caratteristiche i cui parametri erano puntualmente fissati “tra un minimo ed uno massimo” o “non superiori a…”, o “non inferiori a…” dalla legge di gara, a pena di esclusione).

La risposta non può che essere negativa.

L’operatività del principio di equivalenza incontra il limite – anche se non è espressamente sanzionato con l’esclusione dalla gara (ma nel caso di specie lo era) – segnato dall’impossibilità di superare (e vanificare) i requisiti minimi previsti dalle condizioni di gara, giacchè diversamente si consentirebbe l’offerta di prodotti non rispondenti alle caratteristiche peculiari indicate dall’Amministrazione (giurisprudenza pacifica: cfr., da ultimo, TAR Roma, II, 9.4.2018 n. 3896).

La Commissione giudicatrice, infatti, può valutare l’equivalenza delle soluzioni tecniche offerte, ma non può, in alcun caso, ammettere alla gara offerte che presentano soluzioni tecniche che non rispettano le caratteristiche essenziali richieste dalla lex specialis.

È opportuno precisare, incidentalmente, come questa ricostruzione non si ponga in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale – la circostanza è stata (appena) accennata dall’Azienda sanitaria e dalla controinteressata nella proprie, rispettive memorie – che impone di preferire l’interpretazione della legge di gara maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale: è appena il caso di osservare, a tale proposito, come il predetto orientamento richiami siffatto criterio ermeneutico con riferimento a situazioni di oggettiva incertezza delle clausole del bando, circostanza che non è ravvisabile nel caso di specie, sicché il principio del favor partecipationis non potrebbe essere utilizzato per modificare surrettiziamente il contenuto degli atti di gara.

Le valutazioni di equivalenza, infatti, non possono valere in alcun modo a modificare la disciplina di svolgimento della gara scolpita nella lex specialis, restando legittime nelle sole ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le valutazioni effettuate e il tenore delle clausole introdotte dalla stazione appaltante, costituendo, solo in tale caso, corretta espressione della volontà provvedimentale dell’Amministrazione.

Orbene, in ossequio alle regole appena enunciate, si deve convenire con l’assunto difensivo articolato con le censure proposte dalla ricorrente.

Ed invero, negli atti di gara era previsto che il tavolo operatorio possedesse determinati “requisiti minimi” a pena di esclusione – tali dovendo ritenersi, lo si ribadisce, soltanto quelli individuati in maniera puntuale e rigida (“tra un livello minimo ed uno massimo” o “non superiori a…”, o “non inferiori a…”), per i quali non può valere, “per la contradizion che nol consente”, il principio di equivalenza -, sicchè la stazione appaltante non poteva, in ogni caso, ammettere l’offerta di un prodotto carente degli elementi prescritti come essenziali dalla lex specialis: giacchè, fermo restando che costituisce una contraddizione in termini assumere che un requisito “minimo” preteso dalla lex specialis a pena di esclusione dalla gara possa essere ritenuto “equivalente” ad un requisito ad esso inferiore, la circostanza che il prodotto offerto possegga tutti i requisiti indicati come “minimi” si configura quale condicio sine qua non di ammissione alla gara.

Nel caso di specie, dunque, ammettendo alla procedura concorsuale un prodotto avente requisiti palesemente inferiori a quelli minimi fissati dagli atti di gara (già s’è detto che il prodotto offerto dalla concorrente risultata aggiudicataria è stato effettivamente riscontrato carente dei requisiti minimi relativamente a ben otto caratteristiche) la stazione appaltante – non limitandosi, lo si ripete, a prendere atto della riscontrata difformità tra il prodotto offerto dall’aggiudicataria e i contenuti essenziali prescritti negli atti di gara – ha ecceduto, compiendo un’inappropriata valutazione tecnica circa l’idoneità del prodotto offerto dalla ditta aggiudicataria, i limiti della portata delle prescrizioni che essa stessa s’era posta, e ha finito (inammissibilmente) per disapplicare il regolamento di gara, creando una regola nuova e alterando, in tal modo, la par condicio dei concorrenti.

In altri termini, prima consentendo l’ammissione dell’offerta di un prodotto diverso da quello richiesto con il bando e poi con l’aggiudicazione dell’appalto all’impresa che lo ha proposto, la stazione appaltante ha violato la lex specialis, estendendo illegittimamente la sua portata precettiva oltre i limiti che essa stessa s’era imposta.

Laddove, infatti, la stazione appaltante ha giudicato legittima l’ammissione alla gara (e, quindi, l’aggiudicazione ad essa dell’appalto) di una concorrente che aveva offerto un prodotto carente delle caratteristiche essenziali cristallizzate nel regolamento della relativa procedura, non solo ha formulato una valutazione tecnica ad essa preclusa, ma ha anche omesso di verificare il rispetto delle prescrizioni contenute nella lex specialis (che costituisce, appunto, il primo parametro di valutazione della correttezza della gestione del relativo procedimento).

Né vale obiettare che il tavolo operatorio offerto dall’aggiudicataria fosse comunque funzionale e adatto al normale uso, atteso che, a fronte della chiara prescrizione, negli atti di gara, di taluni elementi essenziali, la sua funzionalità sostanziale non vale a garantire, in mancanza di quelle caratteristiche, la sua rispondenza alle esigenze che l’Amministrazione ha inteso cristallizzare, nell’esercizio della sua discrezionalità, nella lex specialis.

Per le considerazioni che precedono, dunque, il ricorso è fondato e va accolto, le spese di giudizio seguendo la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese rifuse, a carico delle resistenti (controinteressata ed Azienda sanitaria) con il vincolo della solidarietà, nella misura complessiva di € 5.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Claudio Rovis, Presidente, Estensore
Marco Rinaldi, Primo Referendario
Michele Pizzi, Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE       
Claudio Rovis        
        

IL SEGRETARIO

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