* DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biogas/biomasse – Modifica e integrazione dell’autorizzazione – Archiviazione della domanda disposta con atto dirigenziale in contrasto con l’esito della conferenza di servizi – Illegittimità – Competenza della Giunta regionale
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 11 Aprile 2018
Numero: 390
Data di udienza: 8 Marzo 2018
Presidente: Pasi
Estensore: Mielli
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biogas/biomasse – Modifica e integrazione dell’autorizzazione – Archiviazione della domanda disposta con atto dirigenziale in contrasto con l’esito della conferenza di servizi – Illegittimità – Competenza della Giunta regionale
Massima
TAR VENETO, Sez. 2^ – 11 aprile 2018, n. 390
DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biogas/biomasse – Modifica e integrazione dell’autorizzazione – Archiviazione della domanda disposta con atto dirigenziale in contrasto con l’esito della conferenza di servizi – Illegittimità – Competenza della Giunta regionale.
L’art. 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387 dispone in modo espresso che la decisione sull’istanza di modifica e l’integrazione dell’autorizzazione unica rilasciata per un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biogas/biomasse, ove non diversamente e specificatamente disciplinato dalla regioni, è rimessa alla Giunta regionale. Deve pertanto ritenersi illegittima l’archiviazione della domanda disposta in base ad un atto dirigenziale che non tiene conto di quanto deliberato dalla conferenza di servizi e che si sostituisce alle valutazioni della Giunta, ponendosi in tal modo in contrasto con il principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi.
Pres. Pasi, Est. Mielli – Comune di Villabartolomea (avv.ti Sardos Albertini e Zambelli) c. Regione del Veneto (avv.ti Zanon, Ligabue, Drago e Zampieri)
Allegato
Titolo Completo
TAR VENETO, Sez. 2^ - 11 aprile 2018, n. 390SENTENZA
TAR VENETO, Sez. 2^ – 11 aprile 2018, n. 390
Pubblicato il 11/04/2018
N. 00390/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01048/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1048 del 2017, proposto da:
Comune di Villabartolomea, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gian Paolo Sardos Albertini e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia Mestre, via Cavallotti N. 22;
contro
Regione del Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ezio Zanon, Cecilia Ligabue, Chiara Drago e Cristina Zampieri, con domicilio eletto in Venezia, Cannaregio 23;
Societa’ Agricola La Valle S.S. non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento
del Decreto n. 78 del 22.05.2017 a firma del Direttore della Direzione Agroambiente e Pesca della Regione Veneto che sancisce l’archiviazione dell’istanza prot. 468964/2015 presentata dal Comune di Villabartolomea per la modifica delle autorizzazioni uniche per costruzione ed esercizio dell’impianto produzione energia elettrica da fonti rinnovabili rilasciate alla società agricola La Valle s.s. con D.G.R. 123 del 31.12.2012 (Impianto Gabbion) e 745 del 2.05.2012 (Impianto Bassette);
nonché, del verbale della conferenza servizi decisoria del 30.11.2016 e di ogni altro atto presupposto e/o preordinato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione del Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2018 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con deliberazioni della Giunta regionale n. 123 del 31 gennaio 2012, e n. 745 del 2 maggio 2012, sono stati autorizzati, ai sensi dell’art. 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387, due impianti di produzione di energia elettrica alimentati da biogas/biomasse (impianti denominati “Gabbion” e “Bassette”) ubicati in territorio del Comune di Villabartolomea.
Il Comune di Villabartolomea con istanza prot. n. 468964 del 18 novembre 2015, ha chiesto alla Regione la modifica e l’integrazione dell’autorizzazione unica rilasciata per ciascuno degli impianti, per ottenere misure compensative territoriali secondo i criteri previsti dal D.M. del Ministero dello Sviluppo Economico 10 settembre 2010, finalizzate ad affrontare le maggiori spese per la manutenzione straordinaria e ordinaria della viabilità coinvolta dall’aumento del traffico dovuto all’operatività degli impianti.
La Regione con Decreto del direttore della direzione agroambiente e pesca n. 78 del 22 maggio 2017, ha disposto l’archiviazione dell’istanza, motivandola con riferimento all’impossibilità di acquisire un parere pro veritate sulla documentazione agli atti dei fascicoli istruttori inerenti le compensazioni di natura territoriale.
Il Comune di Villabartolomea con il ricorso in epigrafe impugna tale provvedimento premettendo che a seguito della predetta istanza la Regione ha convocato la conferenza di servizi del 16 dicembre 2015, nel corso della quale è stata riconosciuta l’accoglibilità della domanda per compensare i maggiori costi dovuti all’aumento del flusso dei veicoli, invitando il Comune a produrre delle proposte convenzionali da sottoporre ai privati per l’eventuale accettazione.
Il Comune in data 5 luglio 2016 ha prodotto quanto richiesto, e nelle date del 6 luglio e 14 settembre 2016, si sono svolte due riunioni della conferenza di servizi.
Nella seconda è stata approvata la proposta di compensazione proposta dal Comune deliberando di sottoporla all’approvazione della Giunta regionale, come formalmente comunicato al Comune ricorrente con nota prot. n. 355668 del 21 settembre 2016.
Tuttavia il privato titolare delle autorizzazioni degli impianti con nota prot. n. 408484 del 21 ottobre 2016, ha chiesto l’annullamento in autotutela degli esiti della conferenza di servizi alla luce dei risultati di una perizia di parte dallo stesso commissionata che smentivano le conclusioni raggiunte dal Comune.
La Regione con nota prot. n. 429869 del 4 novembre 2016, ha dichiarato la propria disponibilità a convocare una nuova conferenza di servizi per valutare la documentazione tecnica prodotta.
Il 30 novembre 2016 si è svolta una nuova riunione della conferenza di servizi nel corso della quale il Comune ha fatto presente l’irrituale riapertura di un procedimento che era terminato con l’esito della conferenza di servizi del 14 settembre 2016.
La seduta si è conclusa demandando alla parte privata di indicare una rosa di soggetti ai quali affidare l’incarico di valutare in posizione di terzietà le inconciliabili conclusioni cui sono pervenute le perizie tecniche del Comune e della parte privata.
Il Comune, contestando tale modus procedenti, non ha accettato di designare per l’incarico uno dei soggetti indicati dalla parte privata.
La Regione con nota prot. n. 3788 del 27 gennaio 2017, ha sollecitato la nomina del tecnico preannunciando che in mancanza avrebbe archiviato l’istanza, con nota port. n. 97167 del 9 marzo 2017, ha informato le parti che sarebbe stato acquisito il parere della Direzione Infrastrutture e Logistica della Regione, lasciando intendere di essere disponibile ad accogliere le rimostranze del Comune, ed infine con il sopra menzionato Decreto del direttore della direzione agroambiente e pesca n. 78 del 22 maggio 2017, ha disposto l’archiviazione dell’istanza.
Con il ricorso in epigrafe tale provvedimento è impugnato per le seguenti censure:
I) incompetenza e violazione dell’art. 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e delle deliberazioni della Giunta regionale 5 maggio 2009, n. 1192, e 453 del 2 marzo 2010, perché la competenza in materia di autorizzazioni è attribuita alla Giunta e non al dirigente;
II) sviamento, travisamento, erroneità di presupposti, difetto di istruttoria e violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e del DM 10 settembre 2010, perché le funzioni di carattere istruttorio e decisorio rispetto alle istanze è attribuita dalla legge alla conferenza di servizi, e non al dirigente regionale che nel caso di specie ha autonomamente deciso di non dare ulteriore corso al procedimento in sostanza respingendo la domanda, senza peraltro considerare che è compito precipuo della Regione dirimere le questioni tecniche prospettate dalle parti contrapposte;
III) sviamento, difetto di istruttoria, violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e del DM 10 settembre 2010, perché con atti atipici è stata riaperta una conferenza di servizi che si era già pronunciata definitivamente, ed è stata altresì disposta l’archiviazione dell’istanza.
Si è costituita in giudizio la Regione chiedendo la reiezione del ricorso.
In particolare la Regione, che ha illustrato le proprie difese nel corso della trattazione orale dell’udienza pubblica, eccepisce che l’atto impugnato, contrariamente a quanto dedotto, non costituisce propriamente un rigetto dell’istanza, ma un’archiviazione allo stato degli atti determinata dall’atteggiamento poco collaborativo del Comune che non ha fornito i dati relativi ai costi di manutenzione delle strade scorporati dai costi per le strade provinciali, con conseguente inammissibilità del ricorso perché è stato impugnato un atto non impugnabile.
Osserva inoltre la Regione che è infondata la censura con la quale il Comune lamenta l’illegittimità della riapertura della conferenza di servizi.
In realtà la Regione ha esercitato i propri poteri di autotutela per assicurare un effettivo contraddittorio tra le parti, dato che vi era l’oggettiva necessità di rivolgersi a soggetti terzi per valutare in modo obiettivo e privo di condizionamenti le tesi contrapposte.
Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Infatti l’atto impugnato costituisce un vero e proprio arresto procedimentale capace di frustrare definitivamente l’aspirazione dell’istante al soddisfacimento dell’interesse pretensivo prospettato, e in quanto tale costituisce un atto direttamente lesivo ed autonomamente impugnabile.
Pertanto l’eccezione sollevata dalla Regione in sede di trattazione orale volta a sostenere la non lesività, e quindi la non impugnabilità, del provvedimento di archiviazione deve essere respinta.
Ciò premesso sono fondate e devono essere accolte tutte le censure proposte, in quanto la Regione nel caso di specie ha posto in essere un’anomala ed irrituale procedura atipica non rispettosa dell’esito della conferenza di servizi conclusiva del 14 settembre 2016.
Infatti la tesi prospettata dal difensore della Regione circa l’esercizio nella fattispecie di un potere di annullamento in autotutela delle determinazioni precedenti, è priva di riscontri, in quanto l’atto impugnato non menziona alcun precedente provvedimento che abbia posto nel nulla la precedente determinazione della conferenza di servizi e che abbia i contenuti tipici previsti dall’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e alla conferenza di servizi del 30 novembre 2016, che ha stabilito in modo interlocutorio di avvalersi delle valutazioni di un soggetto terzo, non ne sono conseguite altre.
Inoltre va soggiunto che l’art. 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387, dispone in modo espresso che la decisione in materia, ove non diversamente e specificatamente disciplinato dalla regioni, è rimessa alla Giunta regionale.
Dal punto di vista procedimentale, risulta pertanto che il Dirigente ha archiviato un’istanza che la conferenza di servizi conclusiva aveva giudicato accoglibile deliberando di sottoporla all’approvazione della Giunta regionale.
Deve pertanto ritenersi illegittima l’archiviazione della domanda disposta in base ad un atto dirigenziale che non tiene conto di quanto deliberato dalla conferenza di servizi e che si sostituisce alle valutazioni della Giunta, ponendosi in tal modo in contrasto con il principio di nominatività e tipicità degli atti amministrativi.
Parimenti fondata è anche la censura con la quale il ricorrente contesta la pretesa della Regione di demandare a terzi la valutazione della documentazione tecnica presentata dal Comune senza avvalersi delle strutture tecniche della Regione, facendo peraltro scegliere i valutatori tra una rosa di soggetti indicata da una delle due parti in conflitto e, segnatamente, da quella privata.
Si tratta infatti di una scelta che non risulta motivata, in primo luogo perché nella documentazione versata in atti non vi è alcun riferimento all’impossibilità di utilizzare le professionalità interne alla struttura regionale, in secondo luogo perché al fine di assicurare la terzietà del giudizio l’eventuale scelta del valutatore dovrebbe avvenire da parte della Regione, e non di una delle due parti in conflitto.
In definitiva pertanto il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna la Regione Veneto alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente liquidandole nella somma di € 3.000,00 a titolo di compensi e spese oltre ad iva e cpa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente
Stefano Mielli, Consigliere, Estensore
Marco Morgantini, Consigliere
L’ESTENSORE
Stefano Mielli
IL PRESIDENTE
Alberto Pasi
IL SEGRETARIO