* APPALTI – Principio della necessaria suddivisione in lotti – Art. 51 d.lgs. n. 50/2016 – Derogabilità – Motivazione appropriata e completa – Considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 14 Gennaio 2019
Numero: 36
Data di udienza: 22 Novembre 2018
Presidente: Pasi
Estensore: Mielli
Premassima
* APPALTI – Principio della necessaria suddivisione in lotti – Art. 51 d.lgs. n. 50/2016 – Derogabilità – Motivazione appropriata e completa – Considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE.
Massima
TAR VENETO, Sez. 2^ – 14 gennaio 2019, n. 36
APPALTI – Principio della necessaria suddivisione in lotti – Art. 51 d.lgs. n. 50/2016 – Derogabilità – Motivazione appropriata e completa – Considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE.
L’art. 51 del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha mantenuto il principio, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, del Dlgs. 12 aprile 2006, n. 163, della necessaria suddivisione in lotti delle gare al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche. Tale obbligo non è prescritto in termini assoluti ed inderogabili perché la norma stessa nel prevedere che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica”, ammette in modo espresso la sua derogabilità. Tuttavia, il principio della suddivisione in lotti può essere derogato solo attraverso una motivazione appropriata e completa. Infatti il considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, indica espressamente la necessità di garantire la partecipazione delle piccole e medie imprese alle gare pubbliche attraverso la suddivisione in lotti, e ammette che l’Amministrazione si determini nel senso di non procedere all’articolazione in più lotti previa un’adeguata e rigorosa motivazione spingendosi a prefigurare a titolo esemplificativo le possibili ragioni idonee a giustificare una tale scelta, evidenziando che “tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.
Pres. Pasi, Est. Mielli – C. s.r.l. (avv. Tozzi) c. Universita’ degli Studi Venezia (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
TAR VENETO, Sez. 2^ - 14 gennaio 2019, n. 36SENTENZA
TAR VENETO, Sez. 2^ – 14 gennaio 2019, n. 36
Pubblicato il 14/01/2019
N. 00036/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00587/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 587 del 2018, proposto da
Clever Facility Management S.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Luca Tozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo 323;
contro
Universita’ degli Studi Venezia, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;
per l’annullamento
a) del Bando di gara finalizzato all’affidamento del servizio di portierato per le sedi dell’Università di Venezia Ca’ Foscari (74432636EF) pubblicato su GURI n. 48 del 27.4.2018;
b) del Disciplinare di gara;
c) ove e per quanto lesivo, del Capitolato speciale di appalto e degli allegati tecnici;
d) della determinazione a contrarre;
e) della delibera del Direttore Generale n. 300 prot. n. 22614 del 19.4.2018;
f) ove e per quanto lesivo, di ogni ulteriore atto presupposto consequenziale e connesso, anche non conosciuto, con riserva espressa di formulare motivi aggiunti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Universita’ degli Studi Venezia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 novembre 2018 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’Università Cà Foscari di Venezia con bando di gara pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 79 del 24 aprile 2018, ha indetto la procedura aperta per l’aggiudicazione dell’appalto del servizio di portierato per le sedi dell’Ateneo per un importo pari ad € 7.048.000,00 per 4 anni, con possibilità di rinnovo di 3 anni, per un importo complessivo stimato di € 12.334.000,00 riferito a 7 anni.
La lex specialis prescrive, quale requisito di capacità tecnica professionale, che i partecipanti debbano avere eseguito almeno un servizio di portierato analogo a quello oggetto di gara di importo minimo pari a € 5.250.000,00, e servizi di portierato analoghi a quelli oggetto di gara di importo complessivo minimo pari a € 10.500.000,00, e accanto allo svolgimento dei servizi tipici dell’attività di portierato, prevede altresì lo svolgimento di ulteriori mansioni tra le quali vi sono anche quelle di facchinaggio leggero.
La ricorrente espone di essere una piccola impresa di recente costituzione che opera nel settore degli appalti di portierato, pulizie, logistica e facility management, e di essere priva degli eccessivamente selettivi requisiti di capacità tecnica professionale richiesti dalla procedura di gara.
Con il ricorso in epigrafe la ricorrente impugna il bando, il disciplinare di gara, il capitolato speciale e gli atti presupposti, per le seguenti censure:
I) violazione degli artt. 30, 51 e 83 del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, dell’art. 97 della Costituzione, illogicità ed irragionevolezza manifeste, carenza di motivazione e di istruttoria perché l’Amministrazione ha accorpato in un unico lotto servizi disomogenei di portierato e di facchinaggio, e deve ritenersi illogico che la richiesta del fatturato specifico e il servizio di punta facciano riferimento al solo servizio di portierato, restringendo significativamente la platea dei concorrenti, mentre la valorizzazione dei servizi di logistica nei requisiti richiesti avrebbe permesso alla ricorrente di partecipare; l’illegittimità, sotto questo profilo, consiste pertanto nel non aver ammesso alla procedura soggetti in possesso dei requisiti relativi a servizi diversi dal portierato ma che comunque sono ricompresi tra le attività contemplate dal bando, ovvero nel non aver previsto la suddivisione in lotti funzionali per i diversi servizi; sotto altro profilo, ulteriore illegittimità è riscontrabile nel non aver motivato l’accorpamento di servizi differenti in un unico lotto, in violazione delle molteplici norme ed istituti del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, che incentivano il favor partecipationis e le piccole e medie imprese a tutela della concorrenza;
II) violazione dell’art. 51 del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, difetto di motivazione, illogicità e manifesta irragionevolezza perché l’Amministrazione non ha provveduto alla suddivisione in lotti funzionali o per prestazioni, né con un criterio territoriale che tenga conto della circostanza che il servizio deve essere svolto presso varie e distinte sedi, in alcuni casi anche distanti tra loro; la mancata suddivisione in lotti ha incrementato in modo ingiustificato il valore dell’appalto ed i requisiti di partecipazione, e non vi è una plausibile motivazione in ordine alle ragioni della scelta di non suddividere la gara per lotti, dato che l’art. 3 del disciplinare si limita ad una laconica e non perspicua affermazione del seguente tenore: “l’appalto è costituito da un unico lotto in quanto le postazioni attivate necessitano di intercambiabilità, garantita solo dalla gestione unitaria dell’appalto”;
III) violazione dell’art. 83 e dell’allegato XVII del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, e dell’art. 97 della Costituzione, illogicità e carenza di motivazione perché la stazione appaltante richiede a comprova della capacità tecnica dei requisiti che in realtà sono di capacità economico professionale, mentre il citato allegato XVII afferma che la dichiarazione di fatturato globale – specifico riguarda esclusivamente i requisiti di capacità economica e finanziaria; per comprovare la capacità tecnica è possibile esclusivamente richiedere un elenco dei principali servizi effettuati nel triennio; inoltre un’ulteriore illegittimità discende dall’aver richiesto per il fatturato specifico una somma pari ad una volta e mezzo il valore dell’appalto, quando la facoltà di richiedere un fatturato specifico non superiore al doppio del valore dell’appalto è prevista dall’art. 83, comma 5, in riferimento ai soli requisiti di capacità economica e finanziaria, e non in riferimento a quelli di capacità tecnico professionale; inoltre vi è un’ulteriore violazione dell’art. 86 e dell’allegato XVIII del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, perché i mezzi di prova che possono essere richiesti dalle stazioni appaltanti sono tipizzati, e non è prevista la possibilità di pretendere la dimostrazione dei requisiti di qualificazione mediante allegazione del servizio di punta;
IV) violazione dell’art. 83 del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, e dell’art. 97 della Costituzione, illogicità nonché carenza di motivazione perché è previsto, in caso di raggruppamento temporaneo orizzontale, che il requisito relativo ai servizi di portierato debba essere posseduto sia dalla mandataria, sia dalle mandanti, quando invece per i raggruppamenti vale la regola che i requisiti di capacità tecnico professionale e di capacità economica finanziaria debbano essere posseduti dal raggruppamento nel suo complesso;
V) violazione dell’art. 26 del Dlgs. 9 aprile 2008, n. 81, e dell’art. 97 della Costituzione, difetto di motivazione ed irragionevolezza perché gli oneri di sicurezza non soggetti al ribasso sono stati quantificati in € 3.000.00, con riferimento al solo periodo di quattro anni, senza considerare il periodo di proroga di tre anni; pertanto il valore dell’appalto riferito anche al periodo di proroga è stato indicato senza considerare gli oneri di sicurezza;
VI) violazione dell’art. 34 del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, illogicità e difetto di motivazione perché nei documenti di gara non vi è alcuna prescrizione contenente i criteri minimi ambientali che dovrebbero essere presenti in attuazione del piano di azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione;
VII) violazione dell’art. 78 del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, e dell’art. 97 della Costituzione, delle linee guida dell’Anac n. 5, carenza di istruttoria, irragionevolezza e difetto di motivazione perché non sono indicate le modalità di scelta di eventuali componenti interni della commissione e di nomina del presidente ovvero delle caratteristiche professionali dei commissari.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione in quanto la ricorrente non ha presentato domanda di partecipazione alla gara, l’inammissibilità per carenza di interesse perché le clausole impugnate non hanno carattere escludente che giustifichi l’immediata impugnabilità, e l’inammissibilità delle censure con le quali la ricorrente finisce per lamentare l’illegittimità del disciplinare nelle parti riproduttive del bando tipo n. 1 di Anac non oggetto di impugnazione, e replicando nel merito alle censure proposte.
Con ordinanza n. 211 dell’8 giugno 2018, è stata respinta la domanda cautelare.
In appello con ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 luglio 2018, n. 3270, con articolate motivazioni, è stata riformata la statuizione di primo grado, con accoglimento della domanda cautelare.
Alla pubblica udienza del 22 novembre 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.
Le eccezioni in rito sollevate dall’Amministrazione sono infondate e devono essere respinte in quanto i vizi di illegittimità contestati dalla parte ricorrente hanno ad oggetto aspetti preclusivi della sua partecipazione alla gara, ovvero i requisiti di capacità economico finanziaria richiesti e la mancata suddivisione in lotti funzionali corrispondenti alle diverse prestazioni o in lotti territoriali corrispondenti alle diverse sedi nelle quali deve essere svolto il servizio, e ciò, secondo il costante orientamento della giurisprudenza (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, Ad. Plen. 26 aprile 2018, n. 4; Corte Costituzionale, 22 novembre 2016, n. 245) giustifica l’immediata impugnazione del bando da parte del soggetto che non ha partecipato, perché l’impossibilità di partecipare fa emergere ex se una situazione giuridica differenziata e una lesione attuale e concreta.
Nel merito, ad un più approfondito esame di quello svolto in sede cautelare, che tiene conto delle motivazioni espresse dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, il ricorso si rivela fondato e deve essere accolto per le censure, di carattere assorbente di cui al primo e secondo motivo.
Il legislatore con l’art. 51 del Dlgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha mantenuto il principio, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, del Dlgs. 12 aprile 2006, n. 163, della necessaria suddivisione in lotti delle gare al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche,
E’ vero che un tale obbligo non è prescritto in termini assoluti ed inderogabili perché la norma stessa nel prevedere che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica”, ammette in modo espresso la sua derogabilità.
Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza (ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044; Tar Sicilia, Palermo, Sez. I, 28 maggio 2018, n. 1202; Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) il principio della suddivisione in lotti può essere derogato solo attraverso una motivazione appropriata e completa.
Infatti il considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, indica espressamente la necessità di garantire la partecipazione delle piccole e medie imprese alle gare pubbliche attraverso la suddivisione in lotti, e ammette che l’Amministrazione si determini nel senso di non procedere all’articolazione in più lotti previa un’adeguata e rigorosa motivazione spingendosi a prefigurare a titolo esemplificativo le possibili ragioni idonee a giustificare una tale scelta, evidenziando che “tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.
L’Amministrazione nel caso in esame non ha allegato nulla di tutto ciò, essendosi limitata ad una generica, apodittica ed insufficiente affermazione secondo cui “l’appalto è costituito da un unico lotto in quanto le postazioni attivate necessitano di intercambiabilità, garantita solo dalla gestione unitaria dell’appalto”, che è del tutto inidonea a far comprendere le ragioni giustificative della predisposizione di un unico lotto rispetto al contenuto e alle concrete modalità esecutive e logistiche di svolgimento del servizio, e a far comprendere quali siano i profili che verrebbero eventualmente pregiudicati dalla suddivisione in più lotti.
Il tentativo dell’Amministrazione resistente di precisare e giustificare a posteriori, nelle difese, le ragioni di tale scelta, non può essere oggetto di favorevole considerazione, perché tali ragioni costituiscono un’inammissibile motivazione postuma dei provvedimenti impugnati che lede la garanzia del diritto alla difesa e l’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario, nonché i principi di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione.
La non motivata previsione di un unico lotto in luogo della suddivisione in più lotti, funzionali o territoriali, si riverbera anche nell’ingiustificata elevazione dell’entità di alcuni dei requisiti richiesti che in tal modo sono divenuti estremamente selettivi, quali il pregresso svolgimento di analogo servizio di punta per un importo minimo di € 5.250.000,00 ed un fatturato specifico negli ultimi tre anni per servizi analoghi di € 10.500.000,00 e ciò, come dedotto nel ricorso, comporta un considerevole restringimento del numero delle possibili partecipanti alla gara e la sicura preclusione della partecipazione della parte ricorrente che invece, in caso di suddivisione in lotti e del conseguente proporzionato abbassamento dei requisiti, potrebbe concorrere.
In definitiva pertanto il ricorso deve essere accolto per le assorbenti censure di cui al primo e secondo motivo.
Per il principio della soccombenza le spese di giudizio sono poste a carico dell’Amministrazione resistente nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nel senso precisato in motivazione.
Condanna l’Università Cà Foscari di Venezia alla rifusione delle spese di giudizio in favore della parte ricorrente liquidandole nella somma di € 4.000,00 a titolo di compensi e spese oltre ad iva e cpa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente
Stefano Mielli, Consigliere, Estensore
Mariagiovanna Amorizzo, Referendario
L’ESTENSORE
Stefano Mielli
IL PRESIDENTE
Alberto Pasi
IL SEGRETARIO