* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Demolizione parziale di abusi – Non costituisce ottemperanza – Privazione di efficacia dell’ordinanza di demolizione – Esclusione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 15 Settembre 2017
Numero: 829
Data di udienza: 29 Giugno 2017
Presidente: Pasi
Estensore: Pasi
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Demolizione parziale di abusi – Non costituisce ottemperanza – Privazione di efficacia dell’ordinanza di demolizione – Esclusione.
Massima
TAR VENETO, Sez. 2^ – 15 settembre 2017, n. 829
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Demolizione parziale di abusi – Non costituisce ottemperanza – Privazione di efficacia dell’ordinanza di demolizione – Esclusione.
La demolizione parziale degli abusi da demolire (nelle fattispecie limitata alla rimozione di arredi ed elementi mobili funzionali alla residenza, nonché delle coperture degli accessori) non costituisce ottemperanza e pertanto non onera il Comune della rivalutazione del residuo e della emissione di una nuova ordinanza di demolizione. Se una demolizione parziale fosse comunque sufficiente a privare di efficacia l’ordinanza di demolizione emessa, l’interessato sarebbe del tutto arbitro del termine ex art. 36 del DPR 380/01, potendone procrastinare “sine die” la scadenza con successivi e graduali interventi parzialmente demolitori. L’interessato che intenda eseguire una demolizione parziale, confidando nella sanabilità del residuo, deve pertanto provvedervi e presentare la domanda entro la scadenza del termine, onde attendere l’esito per completare o meno le demolizioni.
Pres. ed Est. Pasi – P.P. e altro (avv.ti Demo e Diego) c. Comune di Barbarano Vicentino (avv.ti Francanzani e Chimento)
Allegato
Titolo Completo
TAR VENETO, Sez. 2^ - 15 settembre 2017, n. 829SENTENZA
TAR VENETO, Sez. 2^ – 15 settembre 2017, n. 829
Pubblicato il 15/09/2017
N. 00829/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01590/2014 REG.RIC.
N. 01591/2014 REG.RIC.
N. 00910/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1590 del 2014, proposto da:
Pasqualino Piccolo e Manuela Dal Ben, rappresentati e difesi dagli avvocati Eugenio Demo, Novello Diego, con domicilio eletto presso lo studio Marco Bellato in Favaro Veneto, via Passo Rolle, 4;
contro
Comune di Barbarano Vicentino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Maria Fracanzani e Lorenza Chimento, con domicilio eletto presso lo studio Carla Gobbetto in Mestre, corso del Popolo, 58 Scala B;
sul ricorso numero di registro generale 1591 del 2014, proposto da:
Pasqualino Piccolo e Manuela Dal Ben, rappresentati e difesi dagli avvocati Novello Diego, Eugenio Demo, con domicilio eletto presso lo studio Marco Bellato in Favaro Veneto, via Passo Rolle, 4;
contro
Comune di Barbarano Vicentino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Maria Fracanzani e Lorenza Chimento, con domicilio eletto presso lo studio Carla Gobbetto in Mestre, corso del Popolo, 58 Scala B;
sul ricorso numero di registro generale 910 del 2015, proposto da:
Pasqualino Piccolo e Manuela Dal Ben, rappresentati e difesi dagli avvocati Novello Diego, Eugenio Demo, con domicilio eletto presso lo studio Marco Bellato in Favaro Veneto, via Passo Rolle, 4;
contro
Comune di Barbarano Vicentino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Maria Fracanzani e Lorenza Chimento, con domicilio eletto presso lo studio Carla Gobbetto in Mestre, corso del Popolo, 58 Scala B;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 1590 del 2014:
– del provvedimento tacito di rigetto ai sensi dell’art. 36 DPR 380/2001 dell’stanza di permesso di costruire in sanatoria presentata presso il Comune di Barbarano Vicentino dai ricorrenti in data 3 aprile 2014 prot. n. 0002174;
– degli atti connessi, presupposti e/o conseguenti se ed in quanto lesivi degli interessi dei ricorrenti;
quanto al ricorso n. 1591 del 2014:
– del provvedimento tacito di rigetto ai sensi dell’ art. 36 DPR 380/2001 dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata presso il Comune di Barbarano Vicentino dai ricorrenti in data 3 aprile 2014 prot. n. 0002175;
– degli atti connessi, presupposti e/o conseguenti se ed in quanto lesivi degli interessi dei ricorrenti;
quanto al ricorso n. 910 del 2015:
dell’ordinanza emessa dal Comune di Barbarano Vicentino – Ufficio tecnico Comunale in data 27/3/2015 prot. n. 1939, avente oggetto: "acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Barbarano Vicentino dei beni oggetto di demolizione e delle relative aree di sedime di cui alle ordinanze di demolizione e n. 26/2013 e 27/2013, nonchè di quello che sarebbero necessarie, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, a realizzare delle opere analoghe a quelle abusive e rimaste intatte, previo frazionamento delle aree in proprietà dei sigg. Piccolo-Dal Ben e di pertinenza delle opere abusive ai sensi dell’art. 31 DPR n. 380/2001 – provvedimento conclusivo" notificato il 3/4/2015, in uno con l’allegato "verbale di sopralluogo per verifica ottemperanza ordinanza sulle opere edilizie – prot. n. 2179/2014.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Barbarano Vicentino depositato in tutti i ricorsi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 giugno 2017 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori come da verbali di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Comune di Barbarano Vicentino ha emesso nei confronti dei ricorrenti due ordinanze (17 e 18 dicembre 2013) di demolizione di opere realizzate in assenza e in difformità dalla C.e., non impugnate e seguite da una ottemperanza parziale, constatata il 3 aprile 2014, e da istanze di sanatoria in pari data degli abusi residui non demoliti, tardive rispetto ai 90 giorni ex art. 36 DPR 380/01, decorrenti dalla comunicazione delle ordinanze stesse.
Tuttavia, il Comune apriva il procedimento sulle domande e chiedeva ai ricorrenti un’integrazione documentale, avvisando che, decorsi 60 giorni, avrebbe comunque ripreso a decorrere il termine per la conclusione del procedimento.
“In limine” dei 60 giorni il ricorrente integrava le domande come richiesto, ma in modo non completo e, per il resto, chiedeva una proroga, su cui il Comune non si è mai pronunciato. Nè si è mai pronunciato sulle istanze di sanatoria, che pertanto si intendono respinte secondo il noto automatismo del silenzio rigetto, cui seguiva l’acquisizione coattiva del sedime, in esecuzione delle ordinanze di demolizione.
I ricorrenti impugnavano con tre distinti ricorsi i due dinieghi taciti e l’acquisizione coattiva.
Resiste il Comune.
Le domande di sanatoria del 3 aprile 2014 sono inammissibili, perché presentate oltre il 90º giorno dalla comunicazione delle ordinanze di demolizione, cioè dopo che si era verificato l’effetto acquisitivo ex art. 36 del DPR 380/01 in favore del Comune, e pertanto in difetto di titolarità dei beni, e quindi di interesse (giurisprudenza pacifica, anche della sezione).
Tale conclusione non è affatto contraddetta dall’invocato precedente del Tar Toscana, il quale si riferisce alla specifica e diversa ipotesi in cui l’ordinanza di demolizione non indichi l’area da acquisire, e quindi l’effetto acquisitivo non possa operare automaticamente al 90º giorno.
Ma nel caso di specie le ordinanze del 17 e 18 dicembre 2013 recano tale compiuta indicazione (tant’è che i ricorrenti ne pretendono la rideterminazione a seguito delle demolizioni parziali).
L’acquisizione per inottemperanza opera di diritto ex art. 36 del DPR 380/01, e quindi il Comune non può disporre del termine; perciò è irrilevante che abbia successivamente dato corso alle domande, richiedendo la loro integrazione.
Lo sarebbe comunque perché la inammissibilità può essere rilevata in ogni tempo, anche a procedimento in corso, e il suo rilievo non è affatto precluso da un previo esame del merito; nel senso che la pregiudizialità logica non impone affatto quella cronologica.
La demolizione parziale degli abusi da demolire (nelle fattispecie limitata alla rimozione di arredi ed elementi mobili funzionali alla residenza, nonché delle coperture degli accessori) non costituisce ottemperanza e pertanto non onera il Comune della rivalutazione del residuo e della emissione di una nuova ordinanza di demolizione.
Se una demolizione parziale fosse comunque sufficiente a privare di efficacia l’ordinanza di demolizione emessa, l’interessato sarebbe del tutto arbitro del termine ex art. 36 del DPR 380/01, potendone procastinare “sine die” la scadenza con successivi e graduali interventi parzialmente demolitori.
L’interessato che intenda eseguire una demolizione parziale, confidando nella sanabilità del residuo, deve pertanto provvedervi e presentare la domanda entro la scadenza del termine, onde attendere l’esito per completare o meno le demolizioni.
Ciò perché solo la domanda tempestiva paralizza gli effetti dell’ordinanza di ripristino, onerando il Comune di emetterne una nuova in caso di diniego della sanatoria delle opere non rimosse.
Tale è l’unica interpretazione compatibile con la perentorietà del termine e con l’automatismo dell’effetto acquisitivo ex articolo 36 del d.p.r. 380/01.
Termine che, nella tipologia di abuso di cui all’articolo 31, comma 3 dello stesso d.p.r. (opere in difetto o in difformità essenziali dalle concessioni) è di 90 giorni dalla comunicazione della ordinanza di demolizione, e non, come infondatamente preteso, fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative (ipotesi riferita a diverse fattispecie abusive previste dall’art. 33 del DPR 380/01).
Dunque, in mancanza di una tempestiva domanda di sanatoria, l’effetto acquisitivo si è verificato “ex lege”, a nulla rilevando, per impedirlo, una domanda tardiva di sanatoria, un principio di ottemperanza, o una attività istruttoria sulla domanda inammissibile. Tale inammissibilità ha reso altresì superflui un esame e una pronuncia espressa sulla richiesta di termini per l’integrazione documentale, che, riguardando il merito della domanda, sarebbe stata del tutto inutile.
Tanto premesso, ne segue che tutte le censure dedotte vanno respinte.
Nell’ordine della loro prospettazione nei tre ricorsi si osserva quanto segue.
Rg. 1590/14 ed RG. 1591/14:
1-come si è visto, la richiesta di integrazione documentale non imponeva affatto una pronuncia espressa e motivata sulla domanda, ben potendo il Comune successivamente rilevarne l’inammissibilità, e lasciare quindi decorrere il termine per la formazione del diniego tacito;
2-il termine di 90 giorni ex art. 36 del DPR 380/01 è, contrariamente al dedotto, l’unico applicabile alla fattispecie, ed è perentorio, per cui la domanda è stata presentata in difetto di titolarità ed interesse, e ciò ha precluso l’esame in merito del requisito della doppia conformità (peraltro solo apoditticamente affermato ma non dimostrato); le demolizioni eseguite, siccome parziali, non costituivano ottemperanze, e non consentivano una rivalutazione dell’abuso residuo e un nuovo esercizio del potere repressivo.
RG 910/15:
nelle ordinanze di ripristino del 17 e 18 dicembre 2013 la superficie oggetto di acquisizione “ope legis” in caso di inottemperanza è individuata con assoluta precisione nell’area di sedime dei manufatti, oltre alla fascia perimetrale degli stessi per la larghezza di metri cinque su tutti i lati, con le servitù necessarie per l’accesso;
poiché sono stati rimossi solo elementi mobili e coperture restando intatte le opere murarie, non occorreva alcuna rideterminazione dell’area di sedime e dei manufatti e di quella necessaria per realizzarli, cioè della superficie da acquisire, e di ciò il Comune ha dato puntualmente atto nell’ordinanza di acquisizione.
Conclusivamente, tutti e tre i ricorsi devono essere respinti.
Le spese, liquidate nella misura di euro 2000 cadauno, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi, li respinge.
Condanna in solido i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite, liquidandole in complessivi euro 6000 e accessori di legge in favore del Comune di Barbarano Vicentino.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 29 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente, Estensore
Stefano Mielli, Consigliere
Marco Morgantini, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Alberto Pasi
IL SEGRETARIO