* APPALTI – Interventi di riparazione, manutenzione e revisione periodica degli automezzi – Standardizzazione – Tendenziale ripetitività – Servizi e forniture con caratteristiche standardizzate – Appalto ad alta intensità di manodopera – Appalti caratterizzati da notevole contenuto tecnologico – Art. 95, cc. 3, lett. a) e 4 lett. b) e c) d.lgs. n. 50/2016 – Diversità – Clausole territoriali discriminatorie – Illegittimità – Fattispecie.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 21 Giugno 2018
Numero: 673
Data di udienza: 6 Giugno 2018
Presidente: Nicolosi
Estensore: Dato
Premassima
* APPALTI – Interventi di riparazione, manutenzione e revisione periodica degli automezzi – Standardizzazione – Tendenziale ripetitività – Servizi e forniture con caratteristiche standardizzate – Appalto ad alta intensità di manodopera – Appalti caratterizzati da notevole contenuto tecnologico – Art. 95, cc. 3, lett. a) e 4 lett. b) e c) d.lgs. n. 50/2016 – Diversità – Clausole territoriali discriminatorie – Illegittimità – Fattispecie.
Massima
TAR VENETO, Sez. 1^ – 21 giugno 2018, n. 673
APPALTI – Interventi di riparazione, manutenzione e revisione periodica degli automezzi – Caratteristica della standardizzazione.
Gli interventi di riparazione, manutenzione e revisione periodica degli automezzi hanno la caratteristica della standardizzazione, rispetto alla quale gli elementi della manodopera e dell’aspetto tecnologico, indubbiamente presenti nello svolgimento del servizio, si pongono comunque quali voci inferiori, essendo l’elemento prevalente e determinante rappresentato dal costo dei pezzi di ricambio, aventi caratteristiche fisse e standard con prezzi conosciuti e fissati da tariffari di mercato. In proposito, se è vero che attualmente i meccanici e gli altri tecnici addetti alle officine utilizzano in via massiccia strumenti di diagnostica elettronica e sono quindi obbligati a possedere determinate abilitazioni/specializzazioni, questo non modifica la natura delle prestazioni; né rileva il fatto che in casi particolari l’individuazione del guasto richieda una valutazione più approfondita, perché questo attiene alla complessità degli apparati presenti sull’automezzo e non alla natura dell’attività svolta dal tecnico (cit. T.A.R. Marche, sez. I, 15 gennaio 2018, n. 45).
APPALTI – Interventi di manutenzione e revisione periodica degli automezzi – Caratteristica della tendenziale ripetitività.
Gli “interventi di manutenzione e revisione periodica degli automezzi” hanno la caratteristica della tendenziale ripetitività (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 6 marzo 2018, nn. 2527 e 2528; T.A.R. Marche, sez. I, 15 gennaio 2018, n. 45; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 31 maggio 2018, n. 1378; T.A.R. Veneto, sez. III, 13 novembre 2017, n. 1025): nonostante l’impiego di strumentazione informatica per lo svolgimento del servizio, specie nella diagnosi dei guasti e nella scelta dei soluzioni, in uno con l’esistenza di protocolli d’azione approvati dalle case produttrici dei veicoli, non è tuttavia ravvisabile nel servizio in questione il profilo del “notevole contenuto tecnologico”ed il carattere “innovativo” (attinenti tipicamente a prestazioni di contenuto evolutivo: cfr. Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609), perché il contenuto tecnologico riguarda propriamente gli apparati presenti sull’automezzo e la strumentazione informatica per la diagnostica (oggetto di evoluzione e, dunque, di innovazione, da parte dei rispettivi produttori), ma non il servizio (la “prestazione”) di riparazione, manutenzione e revisione in sé.
APPALTI – Servizi e forniture con caratteristiche standardizzate – Appalto ad alta intensità di manodopera – Appalti caratterizzati da notevole contenuto tecnologico – Art. 95, cc. 3, lett. a) e 4 lett. b) e c) d.lgs. n. 50/2016 – Diversità.
La tipologia di cui all’art. 95, comma 4, lett. b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato) attiene ad un ipotesi ontologicamente del tutto differente dall’appalto “ad alta intensità di manodopera” di cui all’art. 95, comma 3, lett. a), del medesimo testo normativo, che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili, ma anche da quelli caratterizzati da “notevole contenuto tecnologico” o di “carattere innovativo” di cui all’art 95, comma n. 4, lett. c), del codice dei contratti, attinenti tipicamente a prestazioni di contenuto evolutivo. Per i contratti con caratteristiche standardizzate non vi è alcuna ragione né utilità di far luogo ad un’autonoma valutazione e valorizzazione degli elementi non meramente economici delle offerte, perché queste, proprio perché strettamente assoggettati allo standard, devono assolutamente coincidere tra le varie imprese (cfr. Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609).
APPALTI – Clausole territoriali discriminatorie – Illegittimità – Fattispecie.
Sono da considerarsi illegittime (in quanto rappresentano una violazione dei principi di uguaglianza, non discriminazione, parità di trattamento e concorrenza, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci) quelle prescrizioni racchiuse nella lex specialis che prevedono requisiti soggettivi dei concorrenti legati ad elementi di localizzazione territoriale, con effetti escludenti dalle gare pubbliche ovvero con valore discriminante in sede di valutazione delle offerte, e non attinenti alle reali esigenze di esecuzione del contratto ma esclusivamente ai requisiti tecnico-organizzativi delle imprese (nella specie, tuttavia, è stata ritenuta legittima la clausola con cui la stazione appaltante aveva richiesto l’ubicazione dei locali ove eseguire le prestazioni di manutenzione gli autoveicoli oggetto dell’appalto entro una predeterminata distanza dalla sede del parco auto della stazione appaltante stessa)
Pres. Nicoloso, Est. Dato – Consorzio P. (avv.ti Battaglia, Arceri e Carafa) c. Città Metropolitana di Venezia (avv.ti Chiaia, Brusegan, Maretto)
Allegato
Titolo Completo
TAR VENETO, Sez. 1^ - 21 giugno 2018, n. 673SENTENZA
TAR VENETO, Sez. 1^ – 21 giugno 2018, n. 673
Pubblicato il 21/06/2018
N. 00673/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00090/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 90 del 2018, proposto da:
Consorzio Parts & Services, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Battaglia, Francesco Arceri e Andrea Carafa, con domicilio eletto presso l’indirizzo PEC indicato nel ricorso;
contro
– Città Metropolitana di Venezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Roberto Chiaia, Roberta Brusegan, Katia Maretto, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura della stessa, in Venezia – Mestre, via Forte Marghera 191;
– Città Metropolitana di Venezia – Servizio Autoparco, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
Officina Pasini Alessandro S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per l’annullamento, previa concessione delle opportune misure cautelari,
– della comunicazione del 12.12.2017, avente ad oggetto: “procedura negoziata per l’affidamento del servizio di riparazione, manutenzione e revisione di tutti i veicoli a motore della Città metropolitana di Venezia per il periodo 01/01/2018 – 31/12/2020. C.I.G. 7221227907. Comunicazione ai sensi dell’art. 76, comma 5 lett. a) del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50”, con cui la Città Metropolitana di Venezia – Sevizio Autoparco, ha comunicato al Consorzio Parts & Services l’aggiudicazione definitiva della gara in oggetto a favore dell’Officina Pasini Alessandro s.r.l.;
– della determinazione n. 4293 del 6.12.2017, prot. n. 2017/103094 (comunicata il 12.12.2017) della Città Metropolitana di Venezia – Sevizio Autoparco, avente ad oggetto: “Approvazione della proposta di aggiudicazione e aggiudicazione a Officina Pasini s.r.l. del servizio di riparazione, manutenzione e revisione degli autoveicoli della Città metropolitana di Venezia per il periodo 01/01/2018 – 31/12/2020 C.I.G. 7221227907, per un corrispettivo di 105.000,00 Euro (Iva esclusa)”, con la quale il servizio di riparazione, manutenzione e revisione di tutti i veicoli a motore della Città metropolitana di Venezia per il periodo 1.1.2018 – 31.12.2020 è stato definitivamente aggiudicato all’operatore economico Officina Pasini Alessandro s.r.l.;
– del verbale di gara n. 2 del 16.11.2017 – prot. n. 98258;
– della determinazione n. 3573 del 29.9.2017, pubblicata il 2.10.2017, in esecuzione della quale la Città metropolitana di Venezia ha pubblicato, in pari data, il relativo avviso esplorativo – per l’acquisizione delle manifestazioni di interesse “per l’affidamento del servizio di manutenzione e riparazione dei veicoli del proprio parco auto mediante procedura negoziata ai sensi e con le modalità previste dall’art. 36, comma 2, lettera b) del D. Lgs. 50/2016 e s.m.i.”;
– dell’avviso esplorativo per l’acquisizione di manifestazione di interesse da parte di operatori economici per il predetto servizio autoriparazione;
– del Disciplinare di Gara – CIG 7221227907 del 18.10.2017 relativo al “Servizio di manutenzione e riparazione degli autoveicoli della Città metropolitana di Venezia per il periodo 01/01/2018- 31/12/2020”;
– del Capitolato Speciale descrittivo e prestazionale (nonché del c.d. “progetto del servizio”) del 28.9.2017;
– di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o consequenziale a quelli sopra elencati, ancorché non cognito;
nonché per la declaratoria di inefficacia ex tunc, ai sensi degli artt. 121 e 122 c.p.a. del contratto nelle more eventualmente stipulato e/o stipulando tra la società aggiudicataria e l’Amministrazione resistente;
e per la conseguente condanna della stazione appaltante al risarcimento in forma specifica, mediante aggiudicazione dell’appalto al ricorrente e subentro nel contratto eventualmente stipulato, ovvero alla riedizione della gara, ovvero, in subordine, al risarcimento per equivalente monetario dei danni subiti dal ricorrente in conseguenza dei provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Venezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, c.p.a.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2018 il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Consorzio Parts & Services espone di partecipare, in nome e per conto delle proprie consorziate, piccole e medie imprese, officine meccaniche e carrozzerie autorizzate dalle principali case costruttrici, alle gare di appalto indette dalle Pubbliche Amministrazioni di tutta Italia ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 50/2016 e ss. mm. ii..
2. Il Consorzio ricorrente espone che in data 2 ottobre 2017, la Città Metropolitana di Venezia ha pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio profilo la Determinazione a contrarre n. 3573/17, a firma del Dirigente del Servizio Autoparco, avente ad oggetto l’acquisizione, mediante procedura negoziata ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b) del D.Lgs. n. 50/2016 e ss. mm. ii., del servizio di manutenzione e riparazione degli autoveicoli della stazione appaltante per il periodo di tre anni (dal 1.1.2018 al 31.12.2020) per l’importo complessivo di € 105.000,00. Con tale provvedimento, in particolare, sono stati approvati: “gli schemi di avviso di manifestazione di interesse, di modello di manifestazione di interesse, il progetto del servizio di cui trattasi ed il capitolato speciale descrittivo e prestazionale”.
Nella predetta determina la stazione appaltante ha individuato quale criterio di aggiudicazione quello del prezzo più basso ex art. 95, comma 4, del D.Lgs. 50/2016 e s.m.i., determinato mediante il maggior ribasso percentuale sui pezzi di ricambio e materiali di consumo e sul costo orario della manodopera (quest’ultimo stabilito in € 35,00 IVA esclusa, su cui offrire il ribasso).
Inoltre, il capitolato speciale descrittivo e prestazionale, all’art. 9, lett. b), ha previsto per ragioni di celerità, di funzionalità ed economicità, che le prestazioni dovranno essere eseguite presso uno o più centri di assistenza dell’appaltatore, purché collocati ad una distanza di percorrenza stradale non superiore a 15 chilometri dalla sede del parco auto della Città metropolitana di Venezia, sita in via Forte Marghera, 191 – Mestre, imponendo all’aggiudicatario, quindi, di indicare l’ubicazione dei locali ove avverranno le operazioni oggetto dell’appalto, prima dell’avvio del servizio.
Entro il termine di scadenza pervenivano le manifestazioni di interesse di sette operatori economici (fra i quali la ricorrente e la resistente), che venivano invitati a partecipare. Il Consorzio ricorrente ha inteso partecipare alla gara de qua; espone che, tuttavia, in data 18 ottobre 2017 si è espressamente riservato la possibilità di contestare le disposizioni della lex specialis inerenti al criterio di aggiudicazione fondato sul minor prezzo, al costo della manodopera e alla clausola di territorialità. Quindi la stazione appaltante ha invitato la parte ricorrente a partecipare alla procedura di gara. Dopo aver proceduto alla apertura dei plichi e all’esito dell’esame della documentazione, la commissione di gara comunicava l’ammissione di tutti i concorrenti, rilevando l’incompletezza della documentazione presentata dal Consorzio ricorrente; avviato il soccorso istruttorio, il Consorzio Parts & Services integrava la documentazione e veniva ammesso alla procedura di gara.
Dunque, come da verbale di gara n. 2 del 16 novembre 2017, venivano attribuiti i punteggi alle singole offerte e veniva individuato quale miglior offerente Officina Pasini Alessandro S.r.l., prevedendosi contestualmente la verifica di congruità della relativa offerta. Acquisite le giustificazioni del predetto operatore economico ed esaminate le stesse, veniva dichiarata congrua l’offerta economica dell’Officina Pasini Alessandro S.r.l.. Quindi, con determinazione n. 4293/2017 il Dirigente dell’Autoparco approvava la proposta di aggiudicazione di cui al verbale n. 2 del 16 novembre2017.
3. Il Consorzio ha quindi impugnato gli atti in epigrafe con ricorso notificato in data 11 gennaio 2018 e depositato il successivo 23 gennaio 2018.
4. Con ordinanza di questo Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione I, 22 febbraio 2018, n. 77 si è dato atto della rinuncia all’istanza cautelare, avendo parte ricorrente depositato in data 14 febbraio 2018 dichiarazione di rinuncia alla sospensione per carenza sopravvenuta di interesse all’istanza cautelare, ritualmente notificata.
5. All’udienza pubblica del 6 giugno 2018, uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza, i quali si sono riportati alle conclusioni già prese chiedendone l’accoglimento, il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio deve innanzitutto esaminare l’eccezione di rito frapposta dalla parte resistente, secondo cui l’impugnazione in questione è inammissibile per carenza di interesse, risultando a priori con certezza che anche nel caso di suo accoglimento l’impresa ricorrente (ultima in graduatoria e, precisamente, settima) non risulterebbe in ogni caso aggiudicataria.
1.1. L’eccezione è infondata.
1.2. Ben conosce il Collegio l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il ricorrente che ha legittimamente partecipato ad una pubblica gara può far valere tanto un interesse “finale” al conseguimento dell’appalto affidato al controinteressato quanto, in via alternativa e di regola subordinata, un interesse “strumentale” alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione, a condizione che sussistano, in concreto, ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità richiesta, dovendosi in ogni caso evitare la soddisfazione di aspettative meramente ipotetiche o del tutto eventuali.
Orbene, nel caso che ci occupa, alcuni dei motivi di censura – ove accolti, anche singolarmente – comporterebbero la caducazione dell’intera serie procedimentale; ciò premesso, porre a carico della parte ricorrente l’onere di dimostrare che a fronte di una diversa formulazione degli atti di gara – con particolare riguardo ai profili del criterio di aggiudicazione e della quantificazione del costo della manodopera (contestati) – egli sarebbe riuscito senz’altro a (o quanto meno avrebbe avuto una ragionevole probabilità di) collocarsi al primo posto nella graduatoria finale costituirebbe una inammissibile probatio diabolica.
Il Collegio, pertanto, procede all’esame di tutti i motivi di ricorso nell’ordine di prospettazione fissato dal ricorrente.
2. In limine litis, il Collegio dichiara l’inutilizzabilità della memoria depositata dalla parte resistente alle ore 13:57 del 21 maggio 2018 (come risulta dal sistema).
2.1. Ed invero, nel calcolo del termine ex art. 73, comma 1, c.p.a. deve farsi riferimento ai giorni “liberi” anteriori al giorno fissato per l’udienza pubblica di trattazione del merito, e, pertanto, il deposito in questione avrebbe dovuto essere effettuato al massimo in data 21 maggio 2018, entro le ore 12:00, in applicazione del combinato disposto dell’art. 4, comma 4, delle norme di attuazione c.p.a. (allegato 2 c.p.a.), come sostituito dall’art. 7, comma 2, lett. b), del decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito in legge 25 ottobre 2016, n. 197 e del cit. art. 73 del medesimo c.p.a..
La giurisprudenza ha evidenziato la tassatività del disposto dell’art. 4, comma 4, All. 2 al c.p.a., laddove considera, ai fini del computo dei termini a difesa, il deposito dopo le ore 12:00 equiparato al deposito effettuato il giorno successivo (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 6 aprile 2018, n. 99; T.A.R. Basilicata, sez. I, 30 gennaio 2018, n. 92; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 29). Sempre la giurisprudenza ha precisato che i termini fissati dall’art. 73, comma 1, c.p.a. per il deposito di memorie difensive e documenti hanno carattere perentorio in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell’ordinato lavoro del giudice (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 12 gennaio 2018, n. 221; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 20 aprile 2016, n. 245; T.A.R. Toscana, sez. III, 16 ottobre 2014, n. 1584).
Inoltre, per la recentissima Cons. Stato, sez. III, 24 maggio 2018, n. 3136, l’art. 4, comma 4, delle norme di attuazione c.p.a. (allegato 2 c.p.a.) va interpretato nel senso che il deposito con il processo amministrativo telematico (Pat) è possibile fino alle ore 24.00 ma se effettuato l’ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell’art. 73 c.p.a., ove avvenga oltre le ore 12 (id est, l’orario previsto per i depositi prima dell’entrata in vigore del Pat), si considera – limitatamente ai fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche – effettuato il giorno successivo, ed è dunque tardivo. In altri termini, il termine ultimo di deposito alle ore 12:00 permane, anche all’indomani dell’entrata in vigore del Pat, come termine di garanzia del contraddittorio tra le parti e della corretta organizzazione del lavoro del Collegio giudicante. Per la stessa pronuncia, effettuato un deposito fuori orario l’ultimo giorno utile, ai sensi del comma 1 dell’art. 73 c.p.a., la memoria non può essere tenuta in considerazione perché non sono rispettati i termini a difesa, salva la possibilità per la parte autrice del deposito tardivo di chiedere un rinvio della trattazione della questione e sempre che il Collegio ritenga ne sussistano i presupposti (analogo discorso vale per il deposito di documenti).
Inoltre, il deposito tardivo di memorie e documenti è ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell’estrema difficoltà di produrre l’atto nei termini di legge, siccome previsto dall’art. 54, comma 1, c.p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2017, n. 3705; Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3192; Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 916), nella formulazione attuale risultante dalla modifica apportata dall’art. 1, lett. m), del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195.
Della memoria in data 21 maggio 2018 della Città Metropolitana di Venezia (la quale non ha chiesto alcun differimento nella trattazione della causa né ha dato dimostrazione dell’estrema difficoltà di produrre l’atto nei termini di legge), dunque, il Collegio non terrà conto al fine del decidere.
2.2. Ciò posto, il Collegio ritiene che debba essere consequenzialmente espunta dal fascicolo la memoria di replica della parte ricorrente depositata in data 25 maggio 2018, in assenza di memoria di controparte cui replicare (arg. ex Cons. Stato, sez. III, 28 gennaio 2015, n. 390; Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2014, n. 3561), mentre non è desumibile dalla disciplina codicistica l’obbligo di produrre in ogni caso una memoria di conclusione quale presupposto essenziale per depositare la successiva memoria di replica (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 aprile 2017, n. 1640).
3. Con il primo motivo di gravame, il ricorrente deduce l’illegittima utilizzazione del criterio di aggiudicazione fondato sul minor prezzo ed erronea qualificazione del servizio oggetto di gara quale servizio con “caratteristiche standardizzate”: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 95, commi 2 e 4 del D.Lgs. n. 50/2016 e ss. mm. ii; violazione e/o falsa applicazione della legge 5.2.1992, n. 122; eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti, illogicità, carenza di istruttoria e difetto di motivazione. In via subordinata, istanza di c.t.u..
Dopo aver richiamato i pertinenti dati normativi, il ricorrente censura la deroga al metodo prioritario di aggiudicazione fondato sull’offerta economicamente più vantaggiosa stabilita dalla stazione appaltante con la gara in questione. In particolare, parte ricorrente afferma che le prestazioni indicate in sede di lex specialis non risultano specificate con un grado di dettaglio tanto elevato, sì da rendere “standardizzata” l’attività oggetto del servizio di affidamento ed irrilevante qualsiasi proposta di miglioria; inoltre, le complesse prestazioni sottese alla gara de qua, per loro natura, si appalesano assolutamente inidonee ad essere ricondotte nel novero di quelle “standardizzate” e aventi “condizioni predefinite dal mercato”, all’uopo richiamando le Linee guida n. 2 del 2016, approvate con delibera n. 1005 del 21 settembre 2016 dell’ANAC e la giurisprudenza formatasi sul punto.
Secondo parte ricorrente, non si può sostenere che le attività sottese all’espletamento del servizio di manutenzione degli autoveicoli della Città Metropolitana di Venezia non siano “modificabili su richiesta della stazione appaltante” e nemmeno si può affermare che esse non siano passibili di “trasformazioni” e di “miglioramenti” da parte delle imprese del settore, alla luce degli atti di gara, i quali, delimitando solo in parte e in modo del tutto generico il contenuto delle prestazioni richieste alla ditta aggiudicataria, non elidono del tutto gli spazi entro i quali risulta possibile attivare un confronto competitivo (all’uopo parte ricorrente richiama ampi stralci del capitolato speciale descrittivo e prestazionale, ed in particolare gli artt. 8 e 9, sostenendo la sussistenza di ampi margini di diversificazione del servizio a seconda delle capacità tecniche e delle scelte organizzative delle varie aziende del settore nonché margini di discrezionalità e di miglioria quanto alle concrete modalità di organizzazione per l’esecuzione del servizio di autoriparazione, rimettendo all’organizzazione e alle competenze dell’aggiudicataria lo svolgimento degli apprezzamenti necessari per l’individuazione della causa genetica dei guasti e/o malfunzionamenti e/o usura delle autovetture, e, conseguentemente, delle tipologie di intervento suscettibili di essere nel caso concreto adottate).
La parte ricorrente si duole, inoltre, dell’omessa specificazione del punto concernente la formazione professionale del personale, alla luce della legge 5 febbraio 1992, n. 22, formazione professionale la cui importanza nel servizio in questione – secondo la prospettazione del ricorrente – è dimostrata da due perizie (una del Prof. Ing. Renzo Capitani, l’altra del Perito Industriale Roberto Fanani) allegate al ricorso introduttivo del giudizio. Inoltre, parte ricorrente lamenta parimenti l’assenza di indicazioni concernenti le caratteristiche strutturali dell’officina, qualitative delle attrezzature e del complesso organizzativo della sede operativa che l’aggiudicatario deve possedere (all’uopo richiamando le perizie sopra richiamate per comprovare la tesi esposta).
In definitiva, per il ricorrente, il servizio di che trattasi non può affatto ritenersi di natura standardizzata e totalmente fallace si rivela il ragionamento operato dall’Amministrazione intimata.
Conclusivamente, il ricorrente richiama a sostegno delle proprie tesi una dichiarazione di FCA Italy s.p.a. (Fiat Chrysler Automobiles), numerosissimi annullamenti in autotutela disposti da diverse Amministrazioni aggiudicatrici in relazione a servizi totalmente identici a seguito delle contestazioni sollevate dal Consorzio ricorrente nonché la sentenza del T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 18 dicembre 2017, n. 1449. Infine, in via subordinata ed istruttoria, parte ricorrente domanda apposita consulenza tecnica al fine di accertare la non riconducibilità del servizio in questione nel novero dei servizi con “caratteristiche standardizzate”.
3.1. La censura è priva di base.
3.2. Giova premettere, sul piano normativo, che l’art. 95 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sui criteri di aggiudicazione al comma 2 stabilisce la regola generale secondo cui le stazioni appaltanti (“fatte salvele disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici”) “procedono all’aggiudicazione […] sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all’articolo 96”; al comma 3 il cit. art. 95 individua alcune categorie di contratti aggiudicabili “esclusivamente”sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapportoqualità/prezzo; al comma 4, inoltre, elenca i casi di possibile utilizzo (“può essere utilizzato […]”) del criterio del “minor prezzo”.
3.3. Ciò premesso, come ritenuto dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 6 marzo 2018, nn. 2527 e 2528; T.A.R. Toscana, sez. II, 9 gennaio 2018, n. 28; T.A.R. Toscana, sez. II, 22 dicembre 2017, n. 1667; T.A.R. Marche, sez. I, 15 gennaio 2018, n. 45), si può ritenere che gli interventi di riparazione, manutenzione e revisione periodica degli automezzi abbiano la caratteristica della standardizzazione, rispetto alla quale gli elementi della manodopera e dell’aspetto tecnologico, indubbiamente presenti nello svolgimento del servizio, si pongono comunque quali voci inferiori, essendo l’elemento prevalente e determinante rappresentato, come nell’appalto in questione, dal costo dei pezzi di ricambio, aventi caratteristiche fisse e standard con prezzi conosciuti e fissati da tariffari di mercato (tanto rende prive di rilevanza le argomentazioni circa l’importanza della formazione professionale del personale, delle caratteristiche dell’officina e della qualità degli strumenti).
Tale caratteristica di standardizzazione è senz’altro riscontrabile nel caso in esame alla luce delle stringenti previsioni racchiuse nell’art. 8 del capitolato speciale descrittivo e prestazionale che fa rientrare nel servizio di manutenzione e riparazione degli autoveicoli la “riparazione e manutenzione delle parti meccaniche, elettriche ed elettroniche dei veicoli” (intense come il complesso degli interventi necessari a mantenere in efficienza il veicolo, inclusi rabbocchi e sostituzioni di liquidi, ivi compreso l’impianto di condizionamento aria – con la sola esclusione del carburante – che si dovessero rendere necessari in seguito ad usura, difetti, guasti, incidenti o a seguito della percorrenza, quali ad esempio filtri olio, filtri gasolio, filtri aria e antipolline, cinghie di trasmissione, pastiglie dei freni, tergicristalli, lampade fari ed indicatori di direzione, spie); il “complesso degli interventi necessari alla effettuazione di registrazioni e controlli periodici secondo quanto indicato dalle singole case costruttrici o comunque con frequenze tali da garantire l’efficienza dei veicoli in ogni momento (cd. “tagliando”)”; l’”esecuzione di revisioni e collaudi degli autoveicoli, da effettuarsi secondo norma di legge, da eseguirsi presso la MTC, ovvero presso la propria officina se all’uopo debitamente autorizzata, ovvero presso altra officina autorizzata”.
Si tratta, all’evidenza, di operazioni definite in modo puntuale – sul piano della tempistica, dei prezzi e dei tempi di lavorazione – dalle stesse case produttrici degli autoveicoli, tanto che, dalla lettura dei documenti di gara, si trae il convincimento che la stazione appaltante abbia voluto sollecitare il confronto concorrenziale sugli aspetti (economici) concernenti i pezzi di ricambio, i materiali di consumo e il costo orario della manodopera, in difetto radicale di (rilevanti) profili qualitativi da apprezzare.
Ritiene il Collegio, in altri termini, che l’affidatario del servizio in esame assuma una “obbligazione di risultato” (alla luce di quanto stabilisce il citato art. 8 del capitolato speciale), con significativa assenza di una differenziazione della prestazione finale (ed in ciò riposa la “standardizzazione”), atteso che il veicolo deve essere, a seconda dei casi, mantenuto in efficienza ovvero riportato all’ordinaria funzionalità senza qualsivoglia “miglioramento” di tipo tecnico, estetico o prestazionale. Tanto è vero che l’art. 1 dello stesso capitolato stabilisce che ove si verifichi la necessità di un intervento riparativo a seguito di sinistro, per il quale vi sia il coinvolgimento di una compagnia assicuratrice, l’ente non è vincolato in via esclusiva con la ditta aggiudicataria e potrà liberamente rivolgersi ad altro operatore.
3.4. Inoltre, è stato condivisibilmente affermato che se è vero che attualmente i meccanici e gli altri tecnici addetti alle officine utilizzano in via massiccia strumenti di diagnostica elettronica e sono quindi obbligati a possedere determinate abilitazioni/specializzazioni, questo non modifica la natura delle prestazioni; né rileva il fatto che in casi particolari l’individuazione del guasto richieda una valutazione più approfondita, perché questo attiene alla complessità degli apparati presenti sull’automezzo e non alla natura dell’attività svolta dal tecnico (cit. T.A.R. Marche, sez. I, 15 gennaio 2018, n. 45).
3.5. Il Collegio è ben consapevole del diverso indirizzo interpretativo seguito da una parte della giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 20 aprile 2018, n. 434; Id., 18 dicembre 2017, n. 1449; T.A.R. Toscana, sez. I, 8 marzo 2018, n. 356), che tuttavia non risulta applicabile alla vicenda controversa sia per ragioni legate alla fisiologica diversità che connota, specie sul piano fattuale, ciascuna vicenda contenziosa, sia perché il Collegio – alla luce di quanto sopra argomentato – non ravvisa nel caso in esame la sussistenza di ambiti di scelta ovvero di discrezionalità di particolare rilevanza che consentano di escludere la standardizzazione del servizio in questione. Può anzi affermarsi che l’esperienza del settore meccanico e industriale evidenzia come sia proprio il ricorso sempre maggiore all’informatica ed alle macchine ad aumentare il grado di standardizzazione anche delle attività artigianali ed operaie, così delineando un processo che è l’esatto opposto della prospettazione di parte ricorrente (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 9 gennaio 2018, n. 28).
3.6. Infine, non può ammettersi la consulenza tecnica d’ufficio, in quanto strumento istruttorio utilizzabile nel sindacato di provvedimenti che sono espressione di discrezionalità tecnica, solo nel rispetto del limite del sindacato giurisdizionale su detti atti, vale a dire solo se ed in quanto il provvedimento impugnato appaia già prima facie affetto da vizi logici o di travisamento o da errore di fatto (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 27 giugno 2017, n. 735; T.A.R. Sardegna, sez. I, 12 settembre 2011, n. 923), vizi non ravvisabili nella fattispecie in esame. Inoltre, il Collegio ritiene insussistenti, per le ragioni prima indicate, elementi che necessitino di un approfondimento di natura tecnica sul metodo di valutazione delle prestazioni richieste dalla lex specialis di gara.
4. Con il secondo motivo di censura il ricorrente deduce l’illegittima utilizzazione del criterio di aggiudicazione fondato sul minor prezzo ed impossibilità di qualificare il servizio oggetto di gara quale servizio “ad elevata ripetitività”: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 95, commi 2 e 4, del D.Lgs. n. 50/2016 e ss. mm. ii.; violazione e/o falsa applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 122; eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti, illogicità, carenza di istruttoria e difetto di motivazione. In via subordinata, istanza di c.t.u..
Il ricorrente sostiene che il servizio di manutenzione in oggetto nemmeno può essere ascritto nel novero dei servizi “ripetitivi” di cui all’art. 95, comma 4, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016, in ragione dei numerosi, diversi, complessi ed imprevedibili interventi che possono caratterizzare l’attività di autoriparazione dei numerosi veicoli facenti parte del parco auto della Città Metropolitana di Venezia. A sostegno di tale tesi il ricorrente richiama le perizie del Prof. Ing. Renzo Capitani e del Perito Industriale Roberto Fanani (circa la ascrivibilità del servizio in questione nella categoria dei servizi “di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo”) e la citata sentenza del T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 18 dicembre 2017, n. 1449. In via subordinata ed istruttoria, il ricorrente formula istanza di consulenza tecnica al fine di accertare la non riconducibilità del servizio sub iudice nel novero dei servizi “ad elevata ripetitività”, ovvero la sua ascrivibilità nei servizi “di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo”.
4.1. La censura è inammissibile per carenza di interesse.
4.2. Come lo stesso ricorrente afferma, la “ripetitività” <<non è stata in alcun modo invocata dall’Amministrazione resistente>> (cfr. pag. 25 del ricorso). Ne discende che non avendo la stazione appaltante basato la scelta di adottare per la gara de qua il criterio del minor prezzo facendo leva sulla previsione ex art. 95, comma 4, lett. c), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (<<[…] per i servizi e le forniture di importo pari o superiore a 40.000 euro e sino alla soglia di cui all’articolo 35 solo se caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo>>), nessuna utilità potrebbe conseguire il ricorrente (in termini di caducazione degli atti impugnati).
4.3. Il Collegio ritiene di dover, comunque, evidenziare che l’orientamento giurisprudenziale attualmente prevalente – che il Collegio condivide – ritiene che gli “interventi di manutenzione e revisione periodica degli automezzi” hanno la caratteristica della ripetitività (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 6 marzo 2018, nn. 2527 e 2528; T.A.R. Marche, sez. I, 15 gennaio 2018, n. 45); parimenti, secondo altri arresti giurisprudenziali, anche questi condivisi, hanno la caratteristica di tendenziale ripetitività le “prestazioni di manutenzione” dei veicoli (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 31 maggio 2018, n. 1378), nonché di “manutenzione e riparazione” degli autoveicoli (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 13 novembre 2017, n. 1025).
Nonostante l’impiego di strumentazione informatica per lo svolgimento del servizio, specie nella diagnosi dei guasti e nella scelta dei soluzioni, in uno con l’esistenza di protocolli d’azione approvati dalle case produttrici dei veicoli, poi, il Collegio non ravvisa nel servizio in questione il profilo del “notevole contenuto tecnologico”ed il carattere “innovativo” (attinenti tipicamente a prestazioni di contenuto evolutivo: cfr. Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609), perché il contenuto tecnologico riguarda propriamente gli apparati presenti sull’automezzo e la strumentazione informatica per la diagnostica (oggetto di evoluzione e, dunque, di innovazione, da parte dei rispettivi produttori), ma non il servizio (la “prestazione”) di riparazione, manutenzione e revisione in sé.
4.4. Non può neppure ammettersi la consulenza tecnica d’ufficio per le stesse ragioni indicate al punto 3.6..
5. Con il terzo motivo di gravame il ricorrente deduce l’illegittima utilizzazione del criterio di aggiudicazione fondato sul minor prezzo e mancata qualificazione del servizio oggetto di gara quale servizio “di natura tecnica” e/o ad “alta intensità di manodopera”: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 95, commi 2, 3 e 4 e dell’articolo 50 del D.Lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii; violazione e/o falsa applicazione della legge 5.2.1992, n. 122. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti, illogicità, carenza di istruttoria e difetto di motivazione. In via subordinata, istanza di c.t.u..
Il ricorrente sostiene che, anche a voler qualificare il servizio oggetto dell’affidamento in questione come servizio con “caratteristiche standardizzate” e/o “ad elevata ripetitività”, ai sensi dell’art. 95, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 si imporrebbe comunque il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per i servizi “ad alta intensità di manodopera” e per i servizi “di natura tecnica” quale criterio speciale e inderogabile, anche all’astratto ricorrere delle ipotesi di cui al successivo comma 4. Per il ricorrente, non è seriamente revocabile in dubbio che il servizio oggetto dell’affidamento in questione sia annoverabile nel genus dei servizi “di natura tecnica”, di cui al succitato art. 95, comma 3, lett. b), come emerge dalla pertinente normativa di settore, e in particolare dalla legge 5 febbraio 1992 n. 122, dalle perizie prodotte e come riconosciuto in giurisprudenza.
Inoltre, il servizio in questione è ascrivibile – sempre secondo la prospettazione del ricorrente – anche ai servizi ad alta intensità di manodopera contemplati dalla lettera a) del comma 3 in argomento, richiedendo un elevato impiego di manodopera, determinante un’incidenza pari ad almeno il 50% dell’importo totale del contratto (essendo l’incidenza complessiva dei costi della manodopera sull’importo globale dell’appalto del 25% fissata dalla stazione appaltante inficiata da una macroscopica erroneità e da una grave carenza di istruttoria, fondandosi su un’erronea ed irrisoria quantificazione del costo orario della manodopera in appena 35 Euro/h). Secondo il ricorrente, il costo del lavoro per lo svolgimento del servizio ammonta ad almeno Euro 45/h per un’incidenza complessiva superiore al 50%; dall’altro, l’asserita incidenza di appena il 25% appare del tutto approssimativa anche alla luce dell’assenza di un’esatta quantificazione globale del costo della manodopera rispetto all’importo complessivo posto a base di gara, foriera di illegittime distorsioni della concorrenza. Quindi il ricorrente ha proposto domanda, in via subordinata ed istruttoria, di apposita consulenza tecnica al fine di accertare la riconducibilità del servizio in questione nel novero dei servizi “di natura tecnica” e/o “ad alta intensità di manodopera”.
5.1. In relazione alla censura concernente la qualificazione del servizio in esame quale servizio “di natura tecnica” il motivo è infondato.
5.2. Premesso che la disciplina recata dall’art. 95, comma 3, lett. b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in relazione agli “altri servizi di natura tecnica e intellettuale”, pare richiedere ai fini dell’applicazione della norma (attraverso la congiunzione “e”) che i servizi in questione abbiano sia natura tecnica sia natura intellettuale (cumulativamente), il Collegio ritiene impropria ed eccessiva la prospettata assimilazione della riparazione e manutenzione dei veicoli ai servizi di natura tecnica e intellettuale riportati dalla previsione dell’art. 95, comma 3, lett. b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ai fini dell’applicazione esclusiva del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. In termini più generali, la tesi di parte ricorrente appare fuorviata da una non condivisibile impostazione che tende ad individuare nel sempre maggiore ricorso a sistemi informatici di diagnosi delle anomalie e di gestione dei ricambi, ampiamente presenti nel settore in questione, l’effetto di trasformare in attività intellettuale e di alta specializzazione un’attività in precedenza considerata di natura meccanica e non altamente specialistica; né appare utile il riferimento alla legge 5 febbraio 1992, n. 122 che, nel prevedere requisiti maggiormente professionalizzanti per chi eserciti l’attività in questione, non ne ha certo importato la trasformazione in attività di natura intellettuale e ad alta specializzazione.
5.3. Quanto all’ascrizione – nella prospettazione della parte ricorrente – del servizio in questione nella categoria dei servizi ad alta intensità di manodopera (art. 95, comma 3, lett. a), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), determinante un’incidenza pari ad almeno il 50% dell’importo totale del contratto (essendo la misura del 25% fissata dalla stazione appaltante inficiata da una macroscopica erroneità e da una grave carenza di istruttoria, fondandosi su un’erronea ed irrisoria quantificazione del costo orario della manodopera in appena 35 Euro/h, mentre dovrebbe ammontare ad almeno Euro 45/h, e apparendo la misura del 25% del tutto approssimativa anche alla luce dell’assenza di un’esatta quantificazione globale del costo della manodopera rispetto all’importo complessivo posto a base di gara), si rinvia all’esame del quinto motivo di gravame la trattazione del profilo di censura in questione.
5.4. Va comunque osservato, e ciò è sufficiente ai fini del rigetto anche di tale ultimo profilo di censura, che la tipologia di cui all’art. 95, comma 4, lett. b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato) attiene ad un ipotesi ontologicamente del tutto differente dall’appalto “ad alta intensità di manodopera” di cui all’art. 95, comma 3, lett. a), del medesimo testo normativo, che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili, ma anche da quelli caratterizzati da “notevole contenuto tecnologico” o di “carattere innovativo” di cui all’art 95, comma n. 4, lett. c), del codice dei contratti, attinenti tipicamente a prestazioni di contenuto evolutivo. Per i contratti con caratteristiche standardizzate – caratteristica ricorrente nel caso in esame, alla luce di quanto detto nell’esame del primo motivo di ricorso – non vi è alcuna ragione né utilità di far luogo ad un’autonoma valutazione e valorizzazione degli elementi non meramente economici delle offerte, perché queste, proprio perché strettamente assoggettati allo standard, devono assolutamente coincidere tra le varie imprese (cfr. Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609).
5.5. Quanto alla richiesta istruttoria, essa va respinta per le stesse ragioni indicate al precedente punto 3.6.
6. Con il quarto motivo di gravame il ricorrente censura la mancata motivazione dell’utilizzo del criterio di aggiudicazione basato sul minor prezzo: violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 95, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 50/2016; eccesso di potere per difetto e/o insufficienza di motivazione.
La parte ricorrente, dopo aver riportato il comma 5 dell’art. 95 del codice degli appalti, alla stregua del quale “Le stazioni appaltanti che dispongono l’aggiudicazione ai sensi del comma 4 ne danno adeguata motivazione e indicano nel bando di gara il criterio applicato per selezionare la migliore offerta”, richiamando le Linee Guida ANAC n. 2/2016 (di attuazione del D.Lgs. 18.4.2016 n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1005 del 21 settembre 2016) nonché ampi stralci della sentenza T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 18 dicembre 2017, n. 1449, censura, in particolare, il difetto di motivazione in argomento, che risulterebbe per tabulas da una mera lettura dei documenti di gara, i quali si limitano ad operare un generico ed apodittico richiamo ai servizi standardizzati ex art. 95, D.Lgs. n. 50/2016.
6.1. La censura è infondata.
6.2. Deve premettersi, in via generale, che la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo, come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza, è quella di consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico-giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un atto, al fine di controllare il corretto esercizio del potere, onde far valere, eventualmente, le proprie ragioni; occorre, in altri termini, che l’autorità emanante ponga il destinatario dell’atto amministrativo in condizione di conoscere le ragioni ad esso sottese. Inoltre, l’assolvimento del predetto obbligo è un aspetto dell’atto amministrativo che va valutato caso per caso, nel senso che non è possibile definire uno schema rigido, fisso ed immutabile, adottando il quale può dirsi assolto da parte dell’Amministrazione l’onere della motivazione, atteso che la profondità dell’impianto motivazionale varia in ragione del variare degli effetti dell’atto, dei suoi destinatari, dell’incidenza dell’interesse pubblico perseguito sugli interessi privati et similia. Tuttavia, ciò che si richiede perché l’atto sia posto al riparo da censure concernenti la parte motiva è che siano palesate le ragioni giustificatrici della decisione racchiusa nel provvedimento impugnato, non potendo la motivazione esaurirsi in mere enunciazioni generiche.
6.3. Ciò premesso, la lettura dell’art. 8 (Criterio di aggiudicazione) del disciplinare di gara (<<Viene individuato quale criterio di aggiudicazione quello indicato dell’art. 95,c. 4 del D.Lgs. 50/2016 e s.m.i. (prezzo più basso) determinato mediante il maggior ribasso percentuale sui pezzi di ricambio e materiali di consumo e sul costo orario della manodopera posto a base di gara (€ 35,00 IVA esclusa), per le seguenti motivazioni: a) il servizio si configura senza alta intensità di manodopera, valutata il 25% dell’importo a base di gara (dato calcolato sulle fatture liquidate dall’ente per il servizio oggetto di questo appalto nel corso dell’ultimo biennio); b) trattasi di appalto non complesso, con prestazioni già dettagliate nei documenti di gara e pertanto senza la presenza di aspetti qualitativi del servizio poiché il parco auto è gestito da un apposito software che, per ogni veicolo, fornisce i dati necessari al controllo delle scadenze manutentive (dandone tempestivo avviso) e segnala la necessità di interventi su componenti usurati; c) il servizio presenta quindi caratteristiche standardizzate (le operazione di manutenzione e riparazione sono ben definite dalle istruzioni delle case produttrici e risultano le medesime indipendentemente dall’operatore, in quanto non modificabili dalla stazione appaltante e che rispondono a determinate norme nazionali, europee o internazionali sulla sicurezza)>> consente di affermare che l’Amministrazione ha congruamente motivato le ragioni che hanno indotto alla previsione del criterio del minor prezzo.
6.4. Ritiene il Collegio, inoltre, che non rilevano le Linee guida n. 2/2016 dell’ANAC, in quanto, in disparte il fatto che l’art. 95 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 non prevede un onere motivazionale “rafforzato” in capo alla stazione appaltante, nella specie non è stato dedotto in ricorso alcun elemento specifico da cui si possa dedurre che attraverso il criterio del minor prezzo la stazione appaltante abbia voluto avvantaggiare un determinato operatore economico (cfr. T.A.R. Marche, sez. I, 15 gennaio 2018, n. 45).
6.5. Inoltre, e conclusivamente sul punto, ben diverso era il caso esaminato e deciso con la predetta sentenza T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, n. 1449/2017, che ha accolto il censurato difetto di motivazione a fronte di una previsione di bando – riportata nel ricorso introduttivo – che recitava: <<L’aggiudicazione avverrà con il criterio del minor prezzo in quanto il servizio risulta essere con caratteristiche standardizzate e le condizioni sono definite dal mercato>>.
Ognun vede la profonda differenza fra il panneggio motivazionale recato dall’art. 8 del disciplinare di gara in esame e quello scrutinato con la predetta sentenza del T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, n. 1449/2017, differenza che sorregge il diverso esito processuale.
7. Con il quinto motivo di gravame il ricorrente censura l’erronea quantificazione del costo orario della manodopera e la mancata quantificazione complessiva della predetta voce di costo rispetto all’importo globale dell’importo posto a base d’asta: violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 23, comma 16, dell’articolo 95, comma 10 e dell’articolo 97 comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016; eccesso di potere per travisamento dei fatti e, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, perplessità, illogicità, ingiustizia manifesta, sviamento.
In sintesi, parte ricorrente lamenta – richiamando una serie di fonti – l’irrisorietà del costo orario della manodopera e l’omessa quantificazione dell’importo complessivo del costo della manodopera rispetto all’importo posto a base d’asta, evidenziandone le conseguenze negative specie sul piano della concorrenza e della tutela dei lavoratori.
7.1. Si precisa che nell’esaminare la censura in questione si tratterà anche il profilo di doglianza indicato al precedente punto 5.3..
7.2. La censura è priva di base.
7.3. L’art. 8 del disciplinare di gara indica il costo orario della manodopera posto a base di gara nella misura di € 35,00, IVA esclusa, soggetto a ribasso; si tratta di previsione in linea con l’obbligo di utilizzo delle tabelle sul costo del lavoro determinate annualmente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali <<sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale>>, previsto dall’art. 23, comma 16, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. La semplice lettura del D.M. 4 marzo 2015 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (ovvero dell’unica fonte di determinazione del costo del lavoro applicabile alla fattispecie, non potendo attribuirsi valore alle determinazioni di diversa fonte richiamate ovvero depositate dalla parte ricorrente) evidenzia come la retribuzione oraria prevista in bando rientri nei valori previsti dal detto D.M..
7.4. In ordine alla omessa quantificazione dell’importo complessivo del costo della manodopera rispetto all’importo posto a base d’asta, è pacifico che la legge di gara non indica tale dato.
Tuttavia, è altrettanto pacifico che la mancanza in questione non ha impedito né alla parte ricorrente né agli altri concorrenti di presentare le rispettive offerte.
Parimenti pacifico è che la predetta carenza non ha impedito di graduare le offerte economiche presentate dai concorrenti; ed invero, l’art. 8 del disciplinare di gara stabilisce che <<All’offerta economica saranno attribuiti i seguenti punteggi: a) fino a punti 75 per il ribasso offerto sui ricambi e i materiali di consumo; b) fino a punti 25 per il ribasso offerto sul costo orario della manodopera. Verranno attribuiti punti 75 al concorrente che avrà offerto il maggior ribasso sul costo dei ricambi e materiali di consumo e 25 punti al concorrente che avrà offerto il maggior ribasso sul costo della manodopera e proporzionalmente agli altri concorrenti, secondo la formula:
R1 = (Ri/Rmax) * 75
R2 = (Ri/Rmax) * 25
Dove R1 è il punteggio relativo al ribasso offerto sui ricambi e materiali di consumo e R2 è il punteggio relativo al ribasso offerto sul costo della manodopera; Ri è il ribasso dell’offerta presa in esame Rmax è il maggior ribasso fra tutte le offerte.
Il punteggio relativo all’offerta economica sarà dato dalla somma dei punti ottenuti dal ribasso sui ricambi e materiali di consumo e di quelli ottenuti dal ribasso sul costo della manodopera>>.
In altri termini, la lex specialis non ha previsto per la voce “costo della manodopera” l’assegnazione del maggior subpunteggio per il maggior ribasso rispetto alla base d’asta, bensì il subpunteggio massimo per il costo della manodopera più basso in termini assoluti (punti 25, nella fattispecie assegnato al concorrente Autoservice Venezia, che ha offerto un ribasso percentuale sul costo della manodopera del 31,40%) e subpunteggi proporzionalmente ridotti per le altre offerte (e così, la controinteressata Pasini Alessandro S.r.l., a fronte di un ribasso percentuale offerto sul costo della manodopera del 26%, ha ottenuto punti 20,70, mentre la ricorrente Consorzio Parts & Services, a fronte di un ribasso percentuale offerto sul costo della manodopera dello 0,10%, ha ottenuto punti 0,08).
Pertanto, la mancata indicazione nella lex specialis del costo della manodopera non ha impedito lo svolgimento della competizione e non può, in via conseguenziale, inficiare la legittimità degli esiti della stessa.
Peraltro, non può non evidenziarsi la genericità della doglianza (cfr. il precedente punto 5.3.) circa il fatto che la misura del 25% appare del tutto approssimativa anche alla luce dell’assenza di un’esatta quantificazione globale del costo della manodopera rispetto all’importo complessivo posto a base di gara, atteso che nel giudizio amministrativo non è sufficiente la mera deduzione di un vizio dell’atto impugnato, ma occorre che sia precisato in concreto il profilo sotto il quale il vizio viene dedotto, indicando tutte le circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussista (Cons. Stato, sez. VI, 1 settembre 2017, n. 4158; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, 9 marzo 2017, n. 3272), mentre nel caso in esame il ricorrente non ha fatto seguire all’affermazione in questione alcuna circostanza a supporto della stessa.
8. Con l’ultimo motivo di ricorso, parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità della clausola territoriale prevista dalla lex specialis: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 30 e 36 del D.Lgs. n. 50/2016; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 45, comma 2, 17 lett. b), del D.Lgs. n. 50/2016; violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 83, comma 8, D.Lgs. n. 50/2016; violazione dei principi di libera concorrenza, libertà di stabilimento, libera prestazione dei servizi e parità di trattamento; violazione degli artt. 3 e 97 Costituzione; violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e ss.mm.ii. per difetto (e, in ogni caso, erroneità) della motivazione; eccesso di potere per illogicità manifesta, sproporzionalità e disparità di trattamento.
Con la predetta censura il ricorrente deduce l’illegittimità del bando di gara, laddove presenta al suo interno una condizione di partecipazione irragionevole, sproporzionata e non prevista dal codice degli appalti e pertanto violativa del principio di tassatività delle cause di esclusione, nonché del principio generale di non discriminazione. Il ricorrente evidenzia, invero, che secondo la lex specialis, le prestazioni “dovranno essere eseguite presso uno o più centri di assistenza dell’appaltatore, purchè collocati ad una distanza di percorrenza stradale non superiore a 15 chilometri dalla sede del parco auto della Città metropolitana di Venezia, sita in via Forte Marghera, 191- Mestre”. Il ricorrente richiama, inoltre, il nuovo codice degli appalti che, nelle procedure quali quella in esame (ed indette, quindi, ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. n. 50/2016), dispone che l’affidamento debba avvenire “in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese” e richiama altresì i principi sanciti all’art. 30 del ripetuto D.Lgs. n. 50/2016, fra i quali quello secondo cui le stazioni appaltanti “non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici” (comma 2 art. 30 cit.). Sennonché, nel caso in esame, il ricorrente assume di essere assolutamente svantaggiato in favore di alcune officine locali insistenti in zona di Venezia – Mestre, limitrofe dunque alla sede di terraferma della stazione appaltante in Via Forte Marghera.
Parte ricorrente cita, a sostegno della propria tesi, numerosi pareri e deliberazioni dell’Autorità di settore (A.V.C.P., poi ANAC) nonchè il comunicato A.V.C.P. 20 ottobre 2010 che stigmatizzano le cc.dd. “limitazioni di carattere territoriale” racchiuse nei documenti di gara e ricorda, inoltre, che le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando in ordine alle dichiarazioni cui è tenuta l’impresa partecipante alla gara sono di stretta interpretazione e, in tale materia, le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., oltre che dai Trattati comunitari; quindi la ricorrente insiste per la illegittimità e l’espunzione della ripetuta clausola territoriale.
8.1. Prima di procedere all’esame della censura, va evidenziato che parte ricorrente – come rappresentato da parte resistente – nella domanda di partecipazione ha depennato dalla dichiarazione del punto 6) la seguente dicitura: “impegnarsi ad acquisire la piena disponibilità, entro l’inizio del servizio, di un’officina collocata ad una distanza di percorrenza stradale non superiore a 15 km dalla sede del parco auto della Città Metropolitana di Venezia” (pag. 6 della domanda).
Si legge nel capitolato speciale descrittivo e prestazionale (art. 9, lett. b)) che per ragioni di celerità, di funzionalità ed economicità, le prestazioni dovranno essere eseguite presso uno o più centri di assistenza dell’appaltatore, purché collocati ad una distanza di percorrenza stradale non superiore a 15 chilometri dalla sede del parco auto della Città metropolitana di Venezia, sita in via Forte Marghera, 191 – Mestre. L’aggiudicatario dovrà quindi indicare l’ubicazione dei locali ove avverranno le operazioni oggetto del presente appalto, prima dell’avvio del servizio.
8.2. Il Collegio, prioritariamente, deve farsi carico di qualificare la clausola de qua, anche in ragione del fatto che le parti sostengono tesi irriducibilmente contrapposte sulla relativa natura (affermando, parte ricorrente, che trattasi di una – illegittima – clausola recante un requisito di partecipazione, mentre parte resistente è dell’avviso che trattasi di clausola che racchiude un requisito o condizione di esecuzione del servizio).
Orbene, ritiene il Collegio che la clausola in questione non contempli affatto un “requisito di partecipazione” (la cui assenza determinerebbe la doverosa e vincolata esclusione del partecipante privo del requisito in questione) alla luce di due concorrenti ragioni, una empirica e l’altra ermeneutica.
Sul piano empirico, parte ricorrente ha preso parte alla procedura sino ad ottenere la classificazione in graduatoria (sebbene all’ultimo posto); ove la clausola in questione avesse veicolato un requisito di partecipazione (carente in capo alla medesima ricorrente) la stazione appaltante avrebbe dovuto – come già detto – escluderla. Il Collegio ritiene di dover chiarire, inoltre, che in presenza di clausola della lex specialis recante un requisito di partecipazione prescritto ai fini della ammissione alla procedura di gara sussiste un preciso onere del concorrente di immediata impugnazione giurisdizionale della clausola medesima (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 29 gennaio 2003, n. 1, i cui principi sono stati di recente ripresi da Cons. Stato, Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4), e ciò anche dopo l’ingresso nell’ordinamento dei contratti pubblici del principio di tassatività delle cause di esclusione (cfr. gli artt. artt. 46, comma 1 bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e 83, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50). In altri termini, se viziate, le prescrizioni inerenti i requisiti di partecipazione richiesti in concreto ai concorrenti determinano l’annullabilità della legge di gara, e non la sua nullità, con quel che ne consegue in punto di immediata impugnazione della lex specialis (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 20 luglio 2017, n. 3883; T.A.R. Toscana, sez. I, 27 giugno 2017, n. 881).
Sul piano ermeneutico, depone in favore della natura di clausola che reca un requisito di stipulazione del contratto l’espressione racchiusa nell’art. 9, lett. b), del capitolato speciale descrittivo e prestazionale, sopra richiamato, alla luce del quale appare evidente come i concorrenti non dovessero dichiarare (e men che mai dimostrare) – all’atto della partecipazione alla gara – di avere (già) la disponibilità di uno o più centri di assistenza entro la distanza chilometrica indicata, ponendosi solo a carico dell’”aggiudicatario” (e, quindi, del solo soggetto prescelto all’esito della procedura ad evidenza pubblica quale futuro partner contrattuale) di <<indicare l’ubicazione dei locali ove avverranno le operazioni oggetto del presente appalto, prima dell’avvio del servizio>>.
8.3. Così qualificata la prescrizione in esame, la censura è inammissibile per difetto di interesse, essendo evidente che nessuna utilità potrebbe conseguire la parte ricorrente (classificatasi ultima in graduatoria) dall’annullamento della clausola in questione, alla luce del consolidato principio giurisprudenziale secondo cui deve essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione di un’aggiudicazione, non afferente ad aspetti sostanziali o formali miranti alla rinnovazione della gara, se da una verifica a priori (c.d. prova di resistenza) non risulti con certezza che l’accoglimento della stessa determina l’aggiudicazione in favore della ricorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2017, n. 2900).
8.4. Il Collegio ritiene, comunque, di scrutinare nel merito le censure formulate dalla parte ricorrente, statuendo che la clausola in questione è esente dai vizi denunciati, in quanto la previsione della indicazione dell’ubicazione dei locali (e, quindi, della relativa disponibilità) ove eseguire le prestazioni contrattuali oggetto dell’appalto, prima dell’avvio del servizio, entro una predeterminata distanza dalla sede del parco auto della stazione appaltante, è legittima alla luce della previsione del medesimo capitolato speciale descrittivo e prestazionale (art. 9, lett. g)) che espressamente stabilisce <<sarà cura della Città Metropolitana consegnare e ritirare i mezzi nei locali della ditta affidataria>> (nonché dell’art. 1.2. del disciplinare di gara secondo cui <<Gli interventi di riparazione saranno eseguiti presso l’officina indicata dall’appaltatore>>).
In altri termini, nel caso in esame la stazione appaltante – sulla scorta di valutazioni e ponderazioni che impingono la sfera di merito dell’azione amministrativa e che resistono al sindacato esogeno di legittimità sui vizi denunciati – ha introdotto la prescrizione in esame alla luce di ragioni positivamente apprezzabili in quanto supportata da obiettivi di contenimento dei costi a carico della medesima stazione appaltante, di celerità e di funzionalità del servizio (<<per ragioni di celerità, di funzionalità ed economicità […]>>). Ragion per cui, la contestata previsione resiste alle censure di illegittimità anche dal punto di vista dei principi generali, non essendo restrittiva della platea dei potenziali concorrenti né discriminatoria sul piano territoriale (ben potendo qualunque operatore economico, una volta aggiudicatasi la gara, reperire un immobile nel raggio chilometrico fissato nel capitolato).
La doglianza della parte ricorrente, peraltro, nella sua assolutezza, non offre alcun minimo fondamento che permetta una favorevole delibazione; in altri termini, il Collegio non è posto nelle condizioni di apprezzare il motivo di censura proprio perché formulato in termini di assolutezza (mentre una diversa valutazione si sarebbe potuta ipotizzare ove parte ricorrente avesse indicato una distanza chilometrica – ritenuta dalla stessa parte ricorrente “accettabile” – diversa da quella indicata negli atti di gara).
8.5. Il Collegio ritiene di dover ulteriormente precisare che, in via radicale, l’orientamento espresso in sede giurisprudenziale (nonché dall’Autorità di settore) in ordine alla illegittimità delle cc.dd. clausole territoriali discriminatorie è impropriamente richiamato dalla parte ricorrente nella fattispecie in esame.
Ed invero, sono da considerarsi illegittime (in quanto rappresentano una violazione dei principi di uguaglianza, non discriminazione, parità di trattamento e concorrenza, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci) quelle prescrizioni racchiuse nella lex specialis che prevedono requisiti soggettivi dei concorrenti legati ad elementi di localizzazione territoriale, con effetti escludenti dalle gare pubbliche ovvero con valore discriminante in sede di valutazione delle offerte, e non attinenti alle reali esigenze di esecuzione del contratto ma esclusivamente ai requisiti tecnico-organizzativi delle imprese.
Nel caso in esame, come già detto, non è stato previsto – con riguardo alla clausola contestata – un requisito di partecipazione, né è stata introdotta una discriminazione dei concorrenti ratione loci in sede di valutazione delle offerte, ma solo una previsione concernente un profilo di esecuzione del contratto che si sottrae ai vizi denunciati.
9. Il mancato accoglimento della domanda di annullamento degli atti impugnati determina, in via conseguenziale, il rigetto della domanda di declaratoria di inefficacia del contratto (che postula l’annullamento dell’aggiudicazione: cfr. artt. 121 e 122 c.p.a.), nonchè il rigetto della domanda di risarcimento in forma specifica (parimenti in ragione del difetto di caducazione dell’aggiudicazione) e per equivalente monetario (atteso che in assenza di declaratoria di illegittimità degli atti gravati, si palesa priva del requisito imprescindibile dell’antigiuridicità del fatto ritenuto foriero di danno).
10. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte resistente delle spese di giudizio che liquida in Euro 3.000,00 (€. tremila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Pietro De Berardinis, Consigliere
Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
Giovanni Giuseppe Antonio Dato
IL PRESIDENTE
Maurizio Nicolosi
IL SEGRETARIO