Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 65 | Data di udienza: 20 Ottobre 2016

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Misure di messa in sicurezza – Proprietario dell’area – Persistente ritardo – Responsabilità propria nella contaminazione del sito.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 23 Gennaio 2017
Numero: 65
Data di udienza: 20 Ottobre 2016
Presidente: Settesoldi
Estensore: Coppari


Premassima

* INQUINAMENTO DEL SUOLO – Misure di messa in sicurezza – Proprietario dell’area – Persistente ritardo – Responsabilità propria nella contaminazione del sito.



Massima

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 23 gennaio 2017, n. 65


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Misure di messa in sicurezza – Proprietario dell’area – Persistente ritardo – Responsabilità propria nella contaminazione del sito.

Dal persistente ritardo contestato dall’Amministrazione nell’adempimento delle prescrizioni urgenti di messa in sicurezza – e dunque dalla conseguente violazione dei principi di responsabilità e di buona fede che devono ispirare i comportamenti di tutti i soggetti che hanno una relazione qualificata con il bene inquinato – può derivare anche una responsabilità “propria” del proprietario dell’area, che con la sua omissione ha contribuito all’aggravamento dei rischi per la salute e per l’inquinamento esistenti, concorrendo per ciò stesso al perdurare della contaminazione del sito.  Ed invero, la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di correzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’individuazione dell’eventuale responsabile (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544).

Pres. Settesoldi, Est. Coppari – S. s.r.l. (avv.ti Volpe e Pasti) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Avv. Stato), Regione Veneto (avv.ti Zanlucchi e Munari), Provincia di Venezia (avv.ti De Benetti e Brusegan) e altri (n.c.)
 


Allegato


Titolo Completo

TAR VENETO, Sez. 3^ – 23 gennaio 2017, n. 65

SENTENZA

 

TAR VENETO, Sez. 3^ – 23 gennaio 2017, n. 65


Pubblicato il 23/01/2017

N. 00065/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01029/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1029 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
S.I.L.O. Pagnan Srl, ora Pagnan Finanziaria S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Volpe, Benedetta Pasti, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Roma – (Rm), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distr.le di Venezia, domiciliato per legge in Venezia, San Marco, 63;
Regione Veneto – (Ve), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Zanlucchi, Tito Munari, domiciliata per legge in Venezia, Cannaregio, 23;
Ministero delle Attività Produttive – Roma – (Rm), Ministero della Salute – Roma – (Rm), Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Roma – (Rm), Comune di Venezia – (Ve) non costituiti in giudizio;
Provincia di Venezia – (Ve), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Cristina De Benetti, Roberta Brusegan, con domicilio eletto presso Roberta Brusegan in Mestre Venezia, via Forte Marghera 191;

nei confronti di

Ineos Vinyls Italia Spa non costituito in giudizio;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
Consorzio Venezia Nuova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Teresa Della Vittoria Scarpati C.F. DLLMTR84T47F839P, con domicilio eletto presso Luca Schiavon in Mestre – Venezia, via Miranese, 3;

per l’annullamento

I. quanto al ricorso principale:

– del decreto direttoriale del 7/3/2007 di approvazione della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale Venezia (Porto Marghera) del 29/12/2006;

– del verbale di conferenza di servizi del 29/12/2006 nella parte in cui viene imposto all’odierna ricorrente la realizzazione di opere di messa in sicurezza e la presentazione di un progetto di bonifica;

– dei verbali della conferenza di servizi decisoria del 27/2/2004, della conferenza di servizi istruttoria del 26/6/2006, della conferenza di servizi istruttoria del 24/7/2006, della conferenza di servizi del 20/10/2006;

II. quanto ai primi motivi aggiunti:

– del provvedimento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, ricevuto il 29/5/2007, con il quale è stato contestato l’inadempimento agli obblighi illegittimamente delineati con la conferenza servizi decisoria del 29/12/2006 e stabilito che, nel caso di mancato adempimento entro 10 giorni, l’amministrazione avrebbe proceduto alla messa in mora e all’esecuzione in danno della ricorrente degli interventi ai quali essa sarebbe, secondo l’amministrazione, tenuta;

III. quanto ai secondi motivi aggiunti;

– del decreto direttoriale del 10/12/2007 di approvazione della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale Venezia (Porto Marghera) del 10/10/2007;

– del verbale di conferenza di servizi del 10/10/2007, nella parte in cui è stata rinviata ogni decisione da assumere nei confronti della ricorrente per l’asserito inadempimento delle prescrizioni ad essa precedentemente imposte e sono stati prorogati i termini già assegnati alla medesima sino al 31/1/2008;

IV. quanto ai terzi motivi aggiunti:

– del decreto trasmesso con foglio 20/12/2010 n. 33036; atto del 21/12/2010, n. 1037/TRI/DI/b, avente ad oggetto: decreto direttoriale concernente il provvedimento finale di adozione delle determinazioni conclusive per la bonifica del sito Venezia-Marghera;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Roma – (Rm) e di Regione Veneto – (Ve) e di Provincia di Venezia – (Ve);
Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2016 la dott.ssa Silvia Coppari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società S.i.l.o. Pagnan s.r.l. [oggi Pagnan Finanziaria s.p.a. (PA.FIN s.p.a.)] premette di essere proprietaria di un’area sita nel Comune di Venezia, località Malcontenta, catastalmente identificata al foglio 6, particella 595, che ricade all’interno del sito di interesse nazionale di Venezia delimitato con decreto del Ministro dell’Ambiente del 23 febbraio 2000, e che le sarebbe stata “conferita” da Pagnan s.p.a. “con atto del 28 dicembre 2005”.

Pagnan s.p.a., a sua volta, avrebbe acquistato l’area medesima “con atto notarile del 28 luglio 1977” da Chiari e Forti s.p.a., il cui dante causa sarebbe stata Sicedison s.p.a. (“società incorporata in Edison e successivamente confluita nella Montedison s.p.a.”).

1.1. S.i.l.o. Pagnan s.r.l. precisa che, malgrado l’inquinamento del sito dovesse essere imputato esclusivamente alle “attività altamente inquinanti già svolte da Sicedison s.p.a.”, la “conferente” Pagnan s.p.a. aveva, ciò nondimeno, deciso di aderire nel mese di maggio 2003 all’Atto integrativo dell’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera (approvato con d.p.c.m. del 15 novembre 2001), impegnandosi a procedere al risanamento dei propri terreni e ciò “nel limite dell’inquinamento eventualmente da essa provocato”, “in ottemperanza del principio per il quale chi inquina paga” (pag. 3 del ricorso).

1.2. A tal fine, prosegue la società esponente, Pagnan s.r.l. aveva redatto il documento “Relazione descrittiva delle attività di indagine preliminare” (contenente i risultati delle indagini svolte nel luglio 2003 e il piano di caratterizzazione dell’area ai sensi del d.m. n. 471 del 1999), nonché la “Relazione descrittiva delle opere che non pregiudicano le attività future di bonifica”.

1.3. I documenti presentati dalle imprese aderenti all’Accordo di programma suddetto erano stati quindi esaminati nell’ambito di una serie di conferenze di servizi di natura istruttoria e decisoria, indette per individuare gli interventi necessari per la bonifica del sito di interesse nazionale, all’esito delle quali venivano impartite specifiche prescrizioni rivolte anche nei confronti della stessa S.i.l.o. Pagnan s.r.l., allorché quest’ultima era subentrata nella posizione della propria “conferente” Pagnan s.p.a.

1.4. Tanto premesso, con ricorso notificato il 7 maggio 2007, S.i.l.o. Pagnan s.r.l. ha, in primo luogo, impugnato il “decreto direttoriale” datato 7 marzo 2007 con cui è stato approvato il verbale della Conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2006, nonché il verbale medesimo, nella parte in cui le ha imposto “la realizzazione di opere di messa in sicurezza e la presentazione di un progetto di bonifica”, nonché, per “quanto occorra”, i verbali delle precedenti Conferenze di servizi del 27 febbraio 2004, del 26 giugno 2006, del 24 luglio 2006 e del 20 ottobre 2006. Oltre all’annullamento degli atti impugnati, la società ha anche chiesto la condanna dell’Amministrazione “al risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo operare amministrativo”, essendo “di tutta evidenza che gli atti impugnati” porrebbero a carico della ricorrente adempimenti che non le sarebbero spettati.

1.4.1. La ricorrente ha contestato, in primo luogo, violazione e falsa applicazione degli artt. 242, 244, 245 e 257 del d.gs. n. 152/2006, oltre che della direttiva quadro in materia di rifiuti 2006/12/CE, nonché eccesso di potere per difetto di presupposti e carenza di istruttoria, in quanto nel caso di specie “il verbale della conferenza di servizi” del 29 dicembre 2007 si sarebbe “limitato ad imporre (…) all’odierna ricorrente la realizzazione delle misure di messa in sicurezza del proprio sito e la predisposizione di un progetto di bonifica di tale area”, senza che fosse stato previamente individuato il soggetto responsabile dell’inquinamento dell’area. Di qui la violazione del principio “chi inquina paga”, poiché l’intervento di bonifica verrebbe richiesto ad un soggetto estraneo all’inquinamento, e persino dopo che la vera ed esclusiva responsabile (ossia la società Montedison) sarebbe uscita di scena grazie ad un accordo transattivo raggiunto con “l’amministrazione intimata” (i.e.: Ministero dell’Ambiente), avente ad oggetto il “danno ambientale” cagionato nel sito in oggetto.

1.8. In secondo luogo, la ricorrente ha denunciato la violazione del principio di legalità e di tipicità dei provvedimenti amministrativi, degli artt. 14 e ss. della legge n. 241/1990, nonché degli artt. 244 e 252 del d.gs. n. 152/2006, oltre che eccesso di potere per omessa/insufficiente motivazione, difettando, nel caso di specie, alcuna “determinazione motivata” da parte del Ministero dell’Ambiente conclusiva del procedimento.

2. Con un primo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente S.i.l.o. Pagnan s.r.l. ha chiesto l’annullamento del successivo provvedimento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (ricevuto dall’interessata il 29 maggio 2007) “con il quale è stato contestato l’inadempimento agli obblighi individuati dalla conferenza servizi decisoria del 29 dicembre 2006 e stabilito che, nel caso di mancato adempimento entro 10 giorni, l’Amministrazione avrebbe proceduto alla messa in mora e all’esecuzione in danno della ricorrente degli interventi” medesimi.

2.1. In particolare, con tale provvedimento, il Ministero ordinava all’ odierna ricorrente “di presentare un progetto di bonifica basato o sulla realizzazione di una conterminazione dell’area di proprietà mediante interventi di marginamento e retromarginarnento relativi a tutti i lati dell’area di proprietà e della medesima tipologia cd efficacia di quelli in corso di realizzazione da parte del Magistrato delle Acque di Venezia o, in alternativa, basato sulla condivisione finanziaria dell’intervento di marginamento e retromarginamento realizzato da parte del Magistrato alle Acque di Venezia”, con l’avvertimento che, nel caso di mancato adempimento dei richiesti interventi di messa in sicurezza d’emergenza e di bonifica della falda, lo Stato avrebbe esercitato “l’azione sostitutiva attraverso il completamento del marginamento e del drenaggio da parte del Magistrato alle Acque di Venezia”.

Ad avviso della ricorrente, oltre che per invalidità derivata, tale intimazione sarebbe illegittima anche per i seguenti vizi propri:

a) violazione dell’art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 “All. E” ed eccesso di potere poiché il Ministero dell’ambiente, malgrado la pendenza del ricorso, avrebbe deciso di procedere “in executivis” senza alcuna motivazione;

b) incompetenza del Ministero dell’ambiente, eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza del presupposto e sviamento, oltre che violazione dell’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006, in quanto tale Amministrazione “non avrebbe titolo ad intimare la realizzazione di un intervento da parte del Magistrato alle Acque di Venezia, ovvero di un organo dipendente dal Ministero per le infrastrutture e i trasporti”; inoltre il “Magistrato alle Acque di Venezia, per il tramite del concessionario Consorzio Venezia Nuova”, avrebbe “già iniziato in via del tutto autonoma i lavori di sistemazione del canale industriale sud a Porto Marghera relativamente alla sponda di proprietà della società ricorrente”, e quest’ultima avrebbe “anche ceduto in comodato una porzione della propria area al Magistrato alle Acque di Venezia, così partecipando alla realizzazione di tali opere”; peraltro “l’esiguità del termine – per di più perentorio – entro il quale viene imposto alla società di adempiere alle prescrizioni imposte dal Ministero” renderebbe sostanzialmente “impossibile” adempiervi, rendendo così evidente che sarebbe stato assunto dall’Amministrazione per “precostituirsi il suo inevitabile inadempimento”. Non sarebbe in ogni caso comprensibile come sia stato “determinato il costo unitario di realizzazione dell’intervento di messa in sicurezza” (stabilito in 12.000 €/ml).

3. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti S.i.l.o. Pagnan s.r.l. ha impugnato il “decreto direttoriale del 10 dicembre 2007 (comunicato alla ricorrente il 31 dicembre 2007) di approvazione della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale Venezia (Porto Marghera) del 10 ottobre 2007”, nonché il verbale di conferenza di servizi del 10 ottobre 2007 “nella parte in cui è stata rinviata ogni decisione da assumere nei confronti della ricorrente per l’asserito inadempimento delle prescrizioni ad essa precedente imposte e sono stati prorogati i termini già assegnati alla medesima sino al 31 gennaio 2008”.

3.1. Oltre che per invalidità derivata, gli atti in questione risulterebbero autonomamente illegittimi per violazione dell’art. l della legge n. 241/1990, dei principi di buon andamento e del giusto procedimento, in quanto la proroga di quattro mesi (cioè fino al 31 gennaio 2008) del termine per l’adempimento degli obblighi posti a carico della ricorrente, concessa nella conferenza decisoria del 10 ottobre 2007, sarebbe stata comunicata (mediante il relativo decreto di approvazione) “oltre due mesi dopo la sua emanazione” rendendo così di fatto “impossibile” il relativo rispetto.

3.2. Inoltre, tutti gli atti della serie procedimentale impugnata a partire dal ricorso introduttivo sarebbero viziati “sotto profili diversi da quelli ivi dedotti”, di cui la ricorrente avrebbe avuto contezza solo a seguito del giudizio civile istaurato dal Ministero dell’Ambiente contro Pagnan s.p.a. (propria dante causa) volto all’accertamento della responsabilità di quest’ultima dell’inquinamento dell’area. In tale sede processuale, infatti, sarebbe stata prodotta dal “terzo chiamato da Pagnan” – ossia da Edison s.p.a. (nella quale è poi confluita la dante causa di Pagnan) – la transazione del danno ambientale intervenuta tra Montedison e Ministero dell’Ambiente per l’inquinamento di Porto Marghera.

Dalla conoscenza di tale atto transattivo emergerebbero quindi gli ulteriori profili di eccesso di potere per difetto e falsità del presupposto e per sviamento, poiché, con la transazione in questione, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell’Ambiente avrebbero formalmente rinunciato, “irrevocabilmente e incondizionatamente”, “a ogni pretesa, richiesta, ragione od azione di danno, di indennizzo e/o ripristinatoria di qualsiasi natura e per qualunque diritto, causale o titolo in dipendenza o in connessione con o semplicemente riferibile a la proprietà, la conduzione o la gestione di stabilimenti o impianti industriali o frazioni di essi compresi nell’area del cosiddetto Petrolchimico di Porto Marghera” (cfr. art. 6), cosicché risulterebbe “per tabulas” il radicale difetto di presupposto degli atti assunti dal Ministero nei confronti dell’odierna ricorrente (che di Montedison sarebbe, in sostanza, un’avente causa).

4. Con un terzo e ultimo ricorso per motivi aggiunti, la società S.i.l.o. Pagnan s.r.l. ha impugnato, per quanto d’interesse, il “decreto direttoriale concernente il provvedimento finale di adozione delle determinazioni conclusive per la bonifica del sito Venezia Marghera” (trasmesso con foglio 20 dicembre 2010 n. 33036), chiedendone l’annullamento, previa sospensiva dell’efficacia, nonché la “condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per provvedimento emulativo ed illecito”.

4.1. In particolare, il provvedimento impugnato, con cui sono state dichiarate definitive le prescrizioni stabilite nel verbale della Conferenza di servizi decisoria del 29 novembre 2010 con riguardo alle obbligazioni di bonifica poste a carico della società ricorrente, risulterebbe viziato da eccesso di potere sotto molteplici profili:

a) carenza di istruttoria, in quanto la conferenza sarebbe durata troppo poco (una sola ora) tenuto conto della complessità dell’oggetto trattato;

b) travisamento della fattispecie, “per avere trasfuso nel decreto impugnato quanto … chiesto in sede civile e che … era stato negato per la preclusione derivante dalla transazione tombale”, così cercando di “ottenere per via autoritativa quanto era stato negato dal giudice civile” (pag. 9 del ricorso);

c) carenza di motivazione, poiché “anche ammesso … che dopo la soccombenza nel processo civile… residuasse all’Amministrazione il potere di statuire sulla fattispecie”, sarebbe stato in ogni caso necessario “spiegare il titolo dell’intervento post sententiam”;

d) insussistenza del presupposto, in quanto sarebbero stati impartiti alla società attività e adempimenti che la Relazione ministeriale “Interventi di salvaguardia ambientale della laguna”, datata 30 giugno 2010 dichiarava già effettuati, inoltre imponendo ad un soggetto privato (la ricorrente) il concorso al disinquinamento della Laguna di Marghera (area demaniale) “soltanto perché lo Stato” avrebbe “omesso di custodirla e difenderla da così plateali attentati”, tollerando fino al 2000 “che la sua laguna diventasse una pattumiera pubblica di città ed industrie” (pag. 13 del terzo ricorso per motivi aggiunti). Peraltro, nel merito, la società ricorrente eccepisce di aver “già pagato quanto le spetta”, avendo acquistato il terreno senza “poter nemmeno lontanamente né sapere né sospettare” il grado di inquinamento del sito (pag. 14 del terzo ricorso per motivi aggiunti).

4.2. L’atto impugnato integrerebbe inoltre un “grave illecito, causativo di danno civico esistenziale” (pag. 15 del terzo ricorso per motivi aggiunti) per il suo carattere “temerario” che emergerebbe dal “raccordo” fra l’attività amministrativa oggetto di impugnazione con la “precedente azione civile, specie nella emendatio libelli nel passaggio dal I al II grado”, nonché dall’analisi delle componenti del danno ambientale oggetto di transazione fra lo Stato e la società Montedison (pag. 22-23 del terzo ricorso per motivi aggiunti). Circa un terzo della somma di “750 milioni di euro” pagata da Montedison sarebbe stata infatti utilizzata “proprio nel marginamento dell’isola entro cui ricade l’area della Pagnan”. Sicché lo Stato “dopo essersi accontentato di incassare dall’inquinatore principale circa il 2%” del danno effettivamente patito cercherebbe di recuperare il restante “97/98% dai singoli co-inquinatori, come singoli, senz’aver mai … approntato un piano definitivo ed organico di totale disinquinamento” (pag. 24 del terzo ricorso per motivi aggiunti).

5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare contestando la prospettazione della ricorrente sia perché “la comprovata dispersione di inquinanti nel suolo con superamento dei parametri limite e la loro trasmigrazione dal terreno alle falde sottostanti” costituirebbe “evento imputabile alla responsabilità della società ricorrente ex art. 2051 c.c.”, sia perché in forza dell’adesione all’atto integrativo dell’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera” quest’ultima sarebbe tenuta agli obblighi di messa in sicurezza non solo per fatto proprio ma “anche in via negoziale” (cfr. memoria della resistente datata 3 agosto 2007, pp. 2, 3 e 4). Peraltro anche il richiamo alla transazione intercorsa fra lo Stato e Montedison sarebbe del tutto ininfluente, non essendo la ricorrente un’avente causa di quest’ultima.

5.1. In relazione ai motivi aggiunti la resistente, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità dei “motivi di illegittimità derivata” in quanto non reiterati ma solo richiamati. Il terzo ricorso per motivi aggiunti (proposto contro il decreto direttoriale del 20 dicembre 2010) sarebbe, inoltre, inammissibile per “omessa impugnazione degli atti presupposti e omessa notifica agli altri soggetti che hanno adottato il provvedimento presupposto”, segnatamente non sarebbe stato impugnato il verbale del 29 novembre 2010 “il cui contenuto” costituirebbe “parte integrante ed essenziale del provvedimento impugnato”.

5.2. La resistente contesta, in ogni caso, la fondatezza nel merito di tutte le censure svolte con i tre ricorsi per motivi aggiunti.

5.3. Quanto, poi, alla richiesta di risarcimento, la domanda sarebbe nulla per indeterminatezza del danno lamentato.

6. Si è costituita anche la Regione Veneto chiedendo il rigetto del ricorso, malgrado la propria sostanziale estraneità ai fatti, considerato che tutti gli atti impugnati sono stati adottati dal Ministero resistente e che “dalla data di entrata in vigore della quarta parte del Codice dell’ambiente (cfr. art. 252, comma 4), la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale è attribuita al Ministero medesimo”.

7. Anche la Provincia di Venezia si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

8. All’udienza camerale del 24 marzo 2011 fissata per la trattazione della domanda cautelare, la difesa della ricorrente, in relazione all’ eccezione di inammissibilità del terzo ricorso per motivi aggiunti sollevata “in limine dall’Amministrazione resistente”, ha rilevato “come il ricorso sia stato notificato sia alle Amministrazioni conferenti sia a tutte le altre parti precedentemente notificate, donde la palese temerarietà dell’eccezione, alla quale specificatamente” ha esteso domanda di condanna ex. art. 96 c.p.c.” (cfr. verbale d’udienza del 24 marzo 2011).

9. Il Collegio, con ordinanza n. 256 del 2011, depositata il 25 marzo 2011, respingeva la domanda cautelare ritenendo prevalente “il rilevatissimo interesse ambientale che viene in rilievo nella vicenda in esame”.

10. Con successiva ordinanza collegiale n. 1690 del 2011, adottata alla camera di consiglio del 20 ottobre 2011, il Collegio, ritenendo che la soluzione della “questione sostanziale” dedotta dalla ricorrente (“e cioè se la società ricorrente sia tenuta o meno a sopportare le spese relative agli interventi necessari a rimediare al danno ambientale conseguente alla supposta contaminazione dell’area di proprietà della società stessa”), già oggetto della “sentenza del Tribunale Civile di Venezia n. 304 del 4 febbraio 2010”, fosse pregiudiziale alla decisione degli odierni ricorsi, sospendeva il giudizio ai sensi dell’articolo 295 del c.p.c. in attesa dell’esito del giudizio di appello promosso dall’Amministrazione statale avverso la citata pronuncia di primo grado.

11. In data 30 settembre 2013 la società S.i.l.o. Pagnan s.r.l. veniva cancellata dal registro delle imprese a seguito di liquidazione (cfr. nota del liquidatore della società S.i.l.o Pagnan depositata l’8 settembre 2016 dalla Città Metropolitana di Venezia, già Provincia di Venezia).

12. La società Pagnan Finanziaria s.p.a., “in qualità di successore della originaria ricorrente società” S.i.l.o. Pagnan s.rl., si costituiva in giudizio con memoria depositata il 26 febbraio 2015, facendo proprie “tutte le ragioni e le difese svolte in nome e per conto dell’originaria ricorrente”.

12.1. Con successiva istanza ex art. 80 c.p.a., depositata il 4 febbraio 2016, Pagnan Finanziaria s.p.a. chiedeva la fissazione dell’udienza pubblica per la definizione del giudizio, allegando l’intervenuta sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 976 del 14 aprile 2015 e il relativo passaggio in giudicato, a far data “dal 14 novembre 2015”, in conseguenza del mancato ricorso per cassazione.

13. Con atto notificato il 25 gennaio 2016 a tutte le parti costituite, è intervenuto ad adiuvandum il Consorzio Venezia Nuova, affermando di avere interesse a prendere parte al presente giudizio per aver acquistato la titolarità dell’area, a seguito del contratto di compravendita stipulato con S.i.l.o. Pagnan s.r.l. in data 17 aprile del 2012.

14. In vista della discussione del merito, la parte ricorrente ha depositato una memoria conclusiva, con la quale ha sottolineato, da un lato, come la “questione sostanziale” indicata nell’ordinanza di sospensione ex art. 295 c.p.c. di questo Tribunale fosse stata definitivamente risolta “con il rigetto delle pretese dei Ministeri attorei e dunque con l’esclusione di un obbligo di tal fatta in capo alla odierna ricorrente” (cfr. memoria depositata il 19 settembre 2016, pag. 3), dall’altro, che gli approdi più recenti dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato avrebbero ulteriormente corroborato la censura relativa alla pretesa violazione del principio del “chi inquina paga”, in merito agli obblighi che incombono sul proprietario non responsabile della contaminazione.

15. All’udienza pubblica del 20 ottobre 2016 la causa veniva quindi trattenuta in decisione.
 

DIRITTO

1. Con il ricorso integrato dai tre gravami per motivi aggiunti S.i.l.o. Pagnan s.r.l., oggi Pagnan Finanziaria s.p.a., ha contestato la serie procedimentale costituita dai seguenti atti: a) decreto direttoriale del 7 marzo 2007 di approvazione della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale Venezia (Porto Marghera) del 29 dicembre 2006, unitamente al verbale di quest’ultima conferenza, nella parte in cui è stata imposta a S.i.l.o. Pagnan s.r.l. la realizzazione di opere di messa in sicurezza e la presentazione di un progetto di bonifica (ricorso introduttivo); b) provvedimento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, ricevuto il 29 maggio 2007, con il quale è stato contestato l’inadempimento agli obblighi delineati con la conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2006 e stabilito che, nel caso di mancato adempimento entro 10 giorni, l’Amministrazione avrebbe proceduto alla messa in mora e all’esecuzione in danno della ricorrente degli interventi medesimi (primo ricorso per motivi aggiunti); c) decreto direttoriale del 10 dicembre 2007 di approvazione della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale Venezia (Porto Marghera) del 10 ottobre 2007 unitamente al verbale di quest’ultima conferenza di servizi nella parte in cui è stata rinviata ogni decisione da assumere nei confronti della ricorrente per l’asserito inadempimento delle prescrizioni ad essa precedentemente imposte e sono stati prorogati i termini già assegnati alla medesima al 31 gennaio 2008; d) decreto direttoriale del 21 dicembre 2010, n. 1037/TRI/DI/b, contenente le determinazioni conclusive della conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di “Venezia (Porto Marghera)” del 29 novembre 2010, nella parte in cui impartiva definitivamente le misure da adottare.

2. Il Collegio ritiene di potersi esimere dallo scrutinio delle eccezioni sollevate in via preliminare in considerazione dell’infondatezza nel merito delle censure sollevate.

3. Può quindi passarsi all’esame del merito.

3.1. Con le censure svolte con il primo motivo del ricorso introduttivo, con il primo ricorso per motivi aggiunti, con il secondo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti e con il terzo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente contesta la carenza dei presupposti del potere in concreto esercitato, sotto tre distinti profili:

a) innanzitutto per la violazione del principio “chi inquina paga”, posto che né alla dante causa Pagnan s.p.a., né alla avente causa S.i.l.o. Pagnan s.r.l., potrebbe essere imputata alcuna attività inquinante, che sarebbe invece addebitabile esclusivamente o comunque principalmente alla società Montedison (dante causa di Pagnan); e che non sussisterebbero nemmeno i presupposti per una responsabilità ex art. 2051 c.c.;

b) in secondo luogo, perché la responsabilità diretta ed esclusiva (o quantomeno principale) della società Montedison sarebbe stata anche oggetto di una transazione “tombale” intervenuta fra quest’ultima e lo Stato per il risarcimento del danno ambientale prodotto nell’area di Porto Marghera, in forza della quale sarebbe stata espressamente preclusa all’Amministrazione statale qualsiasi azione futura nei confronti di tutti i successivi aventi causa; e che tale tesi sarebbe stata riconosciuta anche dal Giudice civile ;

c) in terzo luogo, poiché dalla Relazione ministeriale “Interventi di salvaguardia ambientale della laguna” datata 30 giugno 2010 proprio il Ministero avrebbe riconosciuto che il marginamento dell’area della ditta Pagnan sarebbe stato attuato con i proventi della transazione (cfr. pag. 23 del terzo ricorso per motivi aggiunti), sicché, tenuto anche conto dell’avvenuta bonifica del sito in oggetto, difetterebbe anche sotto questo profilo il “titolo di responsabilità” fatto valere con gli atti impugnati.

3.2. Orbene, la prospettata carenza dei presupposti non può essere accolta sotto alcuno dei profili sollevati, in quanto frutto di un errato inquadramento della fattispecie e della natura degli obblighi oggetto delle prescrizioni impugnate.

3.3. Ed invero, il compendio immobiliare di Pagnan s.p.a., dante causa dell’odierna ricorrente (recte: “conferente”) si collocava e si colloca tuttora all’interno dell’area di interesse nazionale “Venezia (Porto Marghera)” di cui all’art. 1, comma 4, lettera a), della legge 9 dicembre 1998, n. 426 (Nuovi interventi in campo ambientale).

3.4. Ciò posto, ai fini della soluzione delle questioni sollevate, risulta dirimente il fatto che, con atto datato 12 maggio 2003 (pervenuto al Presidente del Comitato di Sorveglianza dell’accordo in questione il successivo 20 maggio 2003), Pagnan s.p.a. abbia chiesto spontaneamente di aderire all’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera (di cui al D.P.C.M. 15 novembre 2001), impegnandosi così espressamente, “entro tre mesi” dall’accettazione della richiesta stessa, «a procedere ad una indagine sistematica dello stato di inquinamento dei suoli e della falde (secondo la “maglia” che sarebbe stata comunicata dall’Amministrazione comunale), nonché a “procedere al risanamento dei terreni secondo le direttive indicate dal Master Plan delle bonifiche”» (cfr. doc. 6 dell’Amministrazione resistente).

3.5. Gli impegni così assunti dalla società Pagnan costituivano, peraltro, le ineludibili condizioni dettate dall’«Atto Integrativo dell’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera» (cfr. deliberazione della Giunta Regionale 8 febbraio 2002, n. 242) per consentire ad un’ “azienda terza”, “compresa nel perimetro del sito di interesse nazionale” suddetto, che ne facesse domanda, di aderire all’Accordo di Programma in questione, e di poter conseguentemente beneficiare degli specifici “contributi pubblici, ai sensi dell’art. 426/1998, nella misura massima prevista dall’art. 17, comma 6 bis, del d.lgs. n. 22/97” stanziati per “gli interventi di messa in sicurezza e/o bonifica” che fossero stati presentati e approvati secondo le procedure disciplinate dall’art. 2 del medesimo “Atto integrativo” (cfr. artt. 1 e 2 dell’Atto Integrativo dell’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera, in atti).

3.6. L’adesione della società Pagnan, quindi, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non era affatto circoscritta “nel limite dell’inquinamento eventualmente da essa provocato”, “in ottemperanza del principio per il quale chi inquina paga” (pag. 3 del ricorso), ma impegnava l’aderente al rispetto delle azioni di risanamento, messa in sicurezza e bonifica individuate dalle Autorità competenti decise nell’ambito delle procedure da adottarsi con l’Accordo di programma per la bonifica dell’area industriale in questione, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dell’inquinamento.

3.7. Peraltro, al momento dell’adesione in questione (mese di maggio del 2003), era già noto da tempo lo stato di gravissima contaminazione dell’area rientrante nell’area di Porto Marghera, sicché non è nemmeno ipotizzabile che tale condizione non sia stata considerata nel calcolo economico-finanziario dell’aderente, così come di tutti i successivi acquirenti e/o conferitari del medesimo compendio immobiliare.

3.8. Ebbene, a seguito di tale adesione, è scaturita la seguente sequenza procedimentale:

– Pagnan s.p.a. redigeva a) la “Relazione descrittiva delle attività di indagine preliminare”, nonché b) la “Relazione descrittiva delle opere che non pregiudicano le attività future di bonifica” (entrambe acquisite agli atti del Ministero dell’Ambiente in data 21 ottobre 2003);

– la Conferenza di servizi decisoria del 27 febbraio del 2004, in relazione al documento sub a), chiedeva a Pagnan s.p.a. la presentazione di un piano di caratterizzazione riformulato alla luce delle prescrizioni formulate nella conferenza istruttoria del 15 dicembre 2003 e basato su una “maglia 50X50 m”, nonché di presentare gli accertamenti analitici unitamente al progetto preliminare di bonifica entro 60 giorni dall’approvazione del Piano di caratterizzazione integrativo; inoltre, veniva chiesta l’adozione di misure di sicurezza d’emergenza secondo i criteri elaborati dalla Conferenza medesima (con obbligo di presentazione entro venti giorni dell’elaborato progettuale medesimo);

– la medesima Conferenza di servizi, in relazione al documento sub b), formulava una serie di prescrizioni ed osservava che l’intervento proposto dalla società in questione richiedeva la preliminare approvazione di un progetto di bonifica;

– la Conferenza di servizi istruttoria del 26 giugno 2006 esaminava quindi il “Piano della caratterizzazione – Relazione delle attività di caratterizzazione” successivamente redatto da Pagnan s.p.a., formulando alcune osservazioni, e prescrivendo al contempo, visto lo stato di contaminazione dei suoli e delle acque della falda, l’immediata adozione di interventi di messi di sicurezza d’emergenza con sistemi di emungimento e l’avvio di una conterminazione dell’area mediante marginamenti della stessa tipologia adottati dal MAV (Magistrato alle Acque di Venezia); nella stessa conferenza veniva anche esaminato il documento “Pagnam s.p.a.- m.i.s.e. del settore C29”, richiedendo al riguardo una relazione tecnica più dettagliata dell’intervento proposto;

– la Conferenza di servizi istruttoria del 24 luglio 2006 ribadiva la necessità di adottare interventi di m.i.s.e. (messa in sicurezza di emergenza) della falda nell’area di competenza Pagnan s.p.a.;

– S.i.l.o. Pagnan s.r.l., subentrata nel procedimento a Pagnan s.p.a., trasmetteva il 31 luglio 2006 la “Relazione delle attività di monitoraggio idrogeologico ed idrochimico delle acque sotterranee dello stabilimento S.i.l.o. Pagnan – Colacem Stabilimento di Malcontenta” (acquista dal Ministero il 7 agosto 2006);

– in merito al suddetto documento, la Conferenza di servizi istruttoria del 20 ottobre 2006 formulava una serie di osservazioni/prescrizioni (successivamente recepite nella conferenza decisoria del 29 dicembre 2006), ribadendo la necessità di integrare gli interventi di m.i.s.e. già richiesti;

– la Conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2006 (il cui verbale veniva approvato con decreto direttoriale del 7 marzo 2007) richiedeva quindi di attivare una serie di misure di sicurezza in emergenza entro dieci giorni dalla data di ricevimento del verbale, nonché di trasmettere entro trenta giorni un progetto di bonifica della falda dell’intera area di competenza anche ai fini della tutela;

– il 29 maggio 2007, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio contestava a S.i.l.o. Pagnan s.r.l l’inadempimento agli obblighi delineati con la conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2006, stabilendo che, nel caso di mancato adempimento entro 10 giorni, l’Amministrazione avrebbe proceduto alla messa in mora e all’esecuzione in danno della ricorrente degli interventi medesimi;

– la Conferenza di servizi decisoria del 10 ottobre 2007 (il cui verbale veniva approvato con decreto direttoriale del 10 dicembre 2007) si limitava a “rinviare ogni decisione nei confronti” dell’odierna ricorrente, “concedendo termine per comunicare le proprie determinazioni assunte a seguito degli incontri di chiarimento sino al 31 gennaio 2008, da intendersi anche come proroga dei termini già assegnati”;

– la Conferenza di servizi del 29 novembre 2010 (il cui verbale veniva approvato e considerato definitivo con decreto direttoriale del 21 dicembre 2010) imponeva definitivamente a S.i.l.o. Pagnan s.r.l. specifiche prescrizioni per la “messa in sicurezza d’emergenza e per la tutela igienico/sanitaria nei confronti dei soggetti che operano sull’area”; per la “messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda”; e per la “bonifica dei suoli insaturi a fronte dei risultati della caratterizzazione eseguita sull’area in esame”, richiedendo infine di trasmettere, entro 60 giorni (dal ricevimento del verbale della conferenza 29 novembre 2010), il “progetto di bonifica dei suoli”, che tenesse conto delle “prescrizioni formulate in merito ai risultati della caratterizzazione dell’area di competenza”. La società veniva inoltre diffidata “dal realizzare qualsiasi intervento” che interferisse “con le matrici ambientali (suolo, sottosuolo e acque di falda) contaminate e/o potenzialmente tali fino all’approvazione dei progetti di bonifica delle matrici ambientali risultate contaminate” (cfr. verbale della conferenza di servizi del 29 novembre 2010, da pag. 83 a pag. 98). Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio avvertiva, infine, che in caso di inadempimento avrebbe attivato “i poteri sostituitivi in danno del medesimo soggetto inadempiente ai sensi dell’art.252, comma 5, Titolo V-Parte Quarta del d.lgs 152/2006”, e che aveva già provveduto a richiedere “all’Avvocatura dello Stato di Venezia (…) di attivare ogni iniziativa ritenuta opportuna a tutelare la pretesa erariale dell’Amministrazione, comprensiva del risarcimento del danno derivato dalla fuoriuscita di inquinanti dai terreni e dalle falde sottostanti l’area in custodia”.

4. Così ricostruita la fattispecie, risulta evidente che la scansione procedimentale delle conferenze istruttorie e decisorie e dei decreti direttoriali sopra riportata si colloca in un alveo procedimentale amministrativo unitario, scaturito dall’atto volontario di adesione di Pagnan s.p.a., quale società avente titolo alla partecipazione all’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera, e culminato con l’adozione delle prescrizioni conclusive nei confronti dell’odierna ricorrente, subentrata nella titolarità della medesima area e conseguentemente nella medesima posizione procedimentale del proprio predecessore.

4.1. Il Ministero ha infatti proseguito il medesimo iter avviato nei confronti di Pagnan anche nei confronti del successivo titolare dell’area in questione (S.i.l.o. Pagnan s.r.l.), il quale ha accettato di interloquire nel procedimento nella medesima posizione del proprio dante causa e, dunque, nella stessa situazione di obbligo e di credito derivante dall’adesione all’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera (D.P.C.M. 15 novembre 2001).

4.2. Pertanto, in primo luogo, i relativi sub-procedimenti, cui fanno capo le singole conferenze di servizi decisorie oggi impugnate, non sono suscettibili di una considerazione frazionata e atomistica, ma vanno necessariamente considerati nella loro concatenazione logica, a partire dall’atto iniziale di adesione del soggetto privato; di talché, un’eventuale contestazione di esse non potrebbe prescindere dalla contestazione o comunque dalla rimessa in discussione anche di quest’ultimo, che invece nel caso in esame risulta pacificamente accettato anche dall’odierna ricorrente.

4.3. In secondo luogo, la fonte delle prescrizioni di risanamento, di messa in sicurezza e di bonifica dei siti, via via impartite nel corso del procedimento oggetto dell’odierna impugnazione ha chiaramente natura negoziale, ancorché, per quanto concerne le modalità di intervento ed i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee, si sia fatto riferimento alla disciplina normativa vigente al momento dell’adozione delle singole prescrizioni. In tale logica si colloca, del resto, l’atto di diffida adottato infine dal Ministero nei confronti dell’odierna ricorrente, che presuppone per l’appunto l’accertato inadempimento agli obblighi individuati nel corso della sequenza procedimentale sopra riportata, così come di quelli di correttezza e serietà procedimentale derivanti dall’adesione al rapporto procedimentale medesimo. Conseguentemente, deve escludersi che gli atti impugnati abbiano addossato al soggetto non responsabile dell’inquinamento gli oneri correlati al relativo risanamento al di fuori di un titolo legittimo, venendo al contrario in considerazione l’esecuzione di un preciso accordo negoziale condiviso anche dalla odierna ricorrente.

4.4. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, dunque, sebbene l’inquinamento rilevato sia verosimilmente derivante in via principale dall’attività altamente inquinante svolta nel corso degli anni dalla società Montedison, la transazione “tombale” intervenuta per il danno ambientale prodotto da quest’ultima sull’area di Porto Marghera non è in alcun modo idonea a sollevare l’odierna ricorrente dagli obblighi di bonifica sorti sulla base dello specifico Accordo di programma sopra richiamato, trattandosi di situazioni giuridiche aventi titolo diverso e in nessun modo sovrapponibili.

4.5. La transazione con Montedison e l’Accordo di Programma per la Chimica di Porto Marghera hanno costituito, semmai, due diversi strumenti giuridici parimenti finalizzati ad avviare il processo di risanamento del sito in questione.

4.6. Pertanto, re melius perpensa rispetto a quanto statuito con l’ordinanza n. 1690/2011 di questa Sezione, deve escludersi che sia configurabile propriamente un rapporto di presupposizione logico-giuridica fra l’accertamento svoltosi in sede civile e definito con la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 976 del 14 aprile 2015 (che ha valorizzato la transazione suddetta per escludere la responsabilità “ex art. 2051 c.c. art. 17 d.lgs. 22/97 e art. 18 legge 349/1986” di Pagnan s.p.a.), da un lato, e gli obblighi di bonifica e di messa in sicurezza impartiti nell’ambito del procedimento sorto dall’Accordo di programma suddetto, dall’altro.

4.7. Di conseguenza, è del tutto inconferente in questa sede accertare se, ed eventualmente in quali termini, il marginamento dell’area originariamente in proprietà della ditta Pagnan sarebbe stato attuato con i proventi della transazione, atteso che i differenti titoli fondanti gli obblighi in questione, per i motivi appena esposti, non sono in alcun modo sovrapponibili.

4.8. Peraltro, dal persistente ritardo contestato dall’Amministrazione nell’adempimento delle prescrizioni urgenti di messa in sicurezza – e dunque dalla conseguente violazione dei principi di responsabilità e di buona fede che devono ispirare i comportamenti di tutti i soggetti che hanno una relazione qualificata con il bene inquinato – è derivata anche una responsabilità “propria” del proprietario dell’area, poiché con la sua omissione ha contribuito senz’altro all’aggravamento dei rischi per la salute e per l’inquinamento esistenti, concorrendo per ciò stesso al perdurare della contaminazione del sito.

4.9. Ed invero, come condivisibilmente ritenuto in giurisprudenza, «la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di correzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’individuazione dell’eventuale responsabile» (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544).

5. Infine, anche le ulteriori censure svolte con il ricorso introduttivo e con il primo ricorso per motivi aggiunti sono infondate.

5.1. Infatti, quanto al secondo motivo del ricorso introduttivo, non è rilevabile alcuna violazione del principio di legalità e di tipicità del procedimento, né alcun difetto di motivazione, atteso che il decreto direttoriale datato 7 marzo 2007 deve considerarsi integrato, per relationem, dal verbale della conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2006, giacché ne ha approvato espressamente le determinazioni conclusive ai sensi dell’art. 14-ter, commi 6-bis e 9, della legge n. 241/1990, nel testo vigente al momento dell’adozione dell’atto. Risulta, pertanto, agevolmente ricostruibile l’iter logico del ragionamento posto a fondamento dell’approvazione medesima.

5.2. Per quanto concerne il primo ricorso per motivi aggiunti, la pretesa violazione dell’art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 “All. E” e la doglianza di eccesso di potere sono manifestamente infondate, trattandosi di atto meramente esecutivo delle prescrizioni contenute nel verbale della Conferenza di servizi decisoria del 29 dicembre 2006, avente carattere di esecutività in assenza di provvedimento di sospensione in via cautelare da parte di questo Tribunale.

5.3. Quanto, poi, all’asserito vizio di incompetenza, è sufficiente osservare che nell’ambito dell’intervento sostitutivo, che spetta senz’altro alla competenza del Ministero ai sensi dell’art. 252, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006, ben poteva realizzarsi un coordinamento con il Magistrato delle Acque di Venezia, tenuto conto della specifica collocazione dell’area.

5.4. Quanto, infine, alla previsione del termine perentorio per provvedere alla messa in sicurezza e alla bonifica, deve rilevarsi che, considerata l’intrinseca natura di urgenza che caratterizza tali adempimenti, la ricorrente non ha dimostrato che il tempo in concreto assegnato fosse impossibile da rispettare. Ciò è tanto più vero se si considera che esso è stato imposto a valle di una serie di reiterati ritardi nell’adempimento e che non è stato dimostrato nemmeno un inizio di adempimento rispetto alle ultime prescrizioni.

6. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso, così come integrato dai motivi aggiunti, deve pertanto essere respinto sotto tutti i profili sollevati.

6.1. Inoltre, il mancato accertamento di un comportamento illegittimo da parte dell’Amministrazione procedente, così come l’assoluta genericità in ordine al pregiudizio in tesi subito, comportano la reiezione anche della domanda di risarcimento del danno, per assenza dell’elemento oggettivo della fattispecie di responsabilità ex art. 2043 c.c.

6.2. Tenuto conto dell’esito del giudizio, difettano infine i presupposti per valutare la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c.

7. Nondimeno, quanto alle spese di lite, in ragione dell’assoluta novità e della oggettiva complessità delle questioni oggetto di decisione, si ritiene che sussistano eccezionali motivi per disporne l’integrale compensazione fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così come integrato dai motivi aggiunti, lo respinge sotto tutti i profili sollevati.

Rigetta la domanda di risarcimento del danno.

Compensa integralmente le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente
Silvia Coppari, Primo Referendario, Estensore
Marco Rinaldi, Referendario

L’ESTENSORE
Silvia Coppari
        
IL PRESIDENTE
Oria Settesoldi
        
        
IL SEGRETARIO
 

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