* APPALTI –Possesso dei requisiti – Dichiarazioni sostitutive degli atti notori – Mancanza degli elementi essenziali – Inapplicabilità dell’art. 86, c. 1 d.lgs. n. 50/2016 – Testo unico sulla documentazione amministrativa e Codice dei contratti pubblici – Reciproca specialità – Bando, disciplinare di gara e capitolato speciale d’appalto – Rapporto gerarchico.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 1^
Regione: Veneto
Città: Venezia
Data di pubblicazione: 26 Gennaio 2017
Numero: 85
Data di udienza: 21 Dicembre 2016
Presidente: Nicolosi
Estensore: De Berardinis
Premassima
* APPALTI –Possesso dei requisiti – Dichiarazioni sostitutive degli atti notori – Mancanza degli elementi essenziali – Inapplicabilità dell’art. 86, c. 1 d.lgs. n. 50/2016 – Testo unico sulla documentazione amministrativa e Codice dei contratti pubblici – Reciproca specialità – Bando, disciplinare di gara e capitolato speciale d’appalto – Rapporto gerarchico.
Massima
TAR VENETO, Sez. 1^ – 26 gennaio 2017, n. 85
APPALTI –Possesso dei requisiti – Dichiarazioni sostitutive degli atti notori – Mancanza degli elementi essenziali – Inapplicabilità dell’art. 86, c. 1 d.lgs. n. 50/2016 – Testo unico sulla documentazione amministrativa e Codice dei contratti pubblici – Reciproca specialità.
Le regole in materia di dichiarazioni sostitutive degli atti notori stabilite dal d.P.R. n. 445/2000 (artt. 38 e 46) non sono state derogate dalle disposizioni del d.lgs. n. 50/2016, dovendosi ritenere che i due plessi normativi (il Testo Unico sulla documentazione amministrativa ed il nuovo Codice dei contratti pubblici) siano in rapporto di reciproca specialità: ne deriva che, in mancanza degli elementi essenziali (sottoscrizione della dichiarazione e fotocopia del documento di identità del dichiarante) per poter attribuire validità alla dichiarazione sostitutiva circa il possesso dei requisiti di gara, non può richiamarsi l’art. 86, c. 1, secondo cui gli operatori economici possono avvalersi di ogni mezzo idoneo documentale per provare che disporranno delle risorse necessarie.
APPALTI – Bando, disciplinare di gara e capitolato speciale d’appalto – Rapporto gerarchico.
I rapporti tra le varie fonti che concorrono alla disciplina delle gare pubbliche sono regolati da una gerarchia differenziata. Infatti, se è vero che bando, disciplinare di gara e capitolato speciale d’appalto – i quali nel loro complesso formano la lex specialis – hanno ciascuno un’autonomia ed una peculiare funzione nell’ambito della procedura di gara, tra essi esiste tuttavia un rapporto gerarchico, che postula la prevalenza del bando di gara (cfr., ex plurimis, T.A.R. Veneto, Sez. I, 20 ottobre 2016, n. 1163, con la giurisprudenza ivi richiamata).
Pres. Nicolosi, Est. De Berardinis – Società cooperativa I. (avv.ti Dalli Cardillo e Sartori) c. Comune di Cerea e altri (avv.ti Colombo e Zampieri)
Allegato
Titolo Completo
TAR VENETO, Sez. 1^ – 26 gennaio 2017, n. 85SENTENZA
TAR VENETO, Sez. 1^ – 26 gennaio 2017, n. 85
Pubblicato il 26/01/2017
N. 00085/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01050/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 1050 del 2016, proposto dalla
Società Cooperativa Italiana di Ristorazione (anche C.I.R. Food) S.C., in persona del Presidente pro tempore, sig.ra Chiara Nasi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Eugenio Dalli Cardillo ed Antonio Sartori e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Venezia, San Polo, n. 2988
contro
Comune di Cerea, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Colombo e Gabriella Zampieri e con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Venezia, Cannaregio, n. 1322/B
Comune di Legnago, in veste di Comune capofila della Centrale Unica di Committenza di Legnago, Cerea, Sanguinetto e Palù, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Colombo e Gabriella Zampieri e con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Venezia, Cannaregio, n. 1322/B
nei confronti di
Gemeaz Elior S.p.A., in persona dell’Amministratore delegato pro tempore, dr. Rosario Ambrosino, rappresentata e difesa dall’avv. Riccardo Anania e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giorgio Pinello, in Venezia, San Polo, n. 3080/L
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– della determinazione del Comune di Cerea n. 329 del 24 agosto 2016, comunicata alla ricorrente il 29 agosto 2016, recante aggiudicazione alla controinteressata Gemeaz Elior S.p.A. della procedura aperta per l’affidamento in concessione del servizio di ristorazione scolastica del Comune di Cerea per il periodo 1° settembre 2016 – 31 agosto 2021 (n. 60 mesi), indetta con determinazione n. 243 del 14 giugno 2016;
– del provvedimento – ad oggi ignoto – adottato dalla Centrale Unica di Committenza relativamente alle esclusioni ed alle ammissioni dei concorrenti determinate all’esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali;
– della proposta di aggiudicazione, ad oggi ignota, inviata per la necessaria approvazione al termine della valutazione delle offerte dalla Commissione di gara alla Centrale Unica di Committenza;
– dei verbali delle riunioni della Commissione di gara n. 1 del 29 luglio 2016 e n. 2 del 4 agosto 2016;
– della valutazione di congruità dell’offerta della Gemeaz Elior S.p.A. espressa con il verbale del 22 agosto 2016 dal Capo del Settore III° del Comune di Cerea;
– della nota del Capo del Settore III° del Comune di Cerea prot. n. 13390 del 22 agosto 2016, avente ad oggetto la comunicazione alla controinteressata dell’esito positivo della valutazione di congruità della sua offerta;
– della nota del Capo del Settore III° del Comune di Cerea prot. n. 12722 del 5 agosto 2016, recante richiesta alla controinteressata di spiegazioni circa l’ipotizzata anomalia della sua offerta;
– del verbale della deliberazione della Giunta del Comune di Cerea n. 40 del 19 aprile 2016, relativo all’approvazione delle linee di indirizzo per l’indizione della procedura aperta volta all’affidamento in concessione del servizio di ristorazione scolastica per il periodo 2016/2021;
– della determinazione del Capo del Settore III° del Comune di Cerea n. 243 del 14 giugno 2016, relativa all’indizione ed approvazione della documentazione disciplinante la procedura aperta volta all’affidamento in concessione del servizio di ristorazione scolastica per il periodo 2016/2021;
– della determinazione del Capo del Settore III° del Comune di Cerea n. 296 del 28 luglio 2016, concernente la nomina della Commissione giudicatrice;
– per quanto occorrer possa, del bando di gara, del disciplinare di gara, del capitolato speciale e dei relativi allegati A e B, del DUVRI e degli allegati A, B, C e C1;
– per quanto occorrer possa, della determinazione del Capo del Settore III° del Comune di Cerea n. 238 del 13 giugno 2016, concernente l’approvazione delle spese di pubblicazione e del contributo A.N.A.C. relativi alla procedura aperta di cui si discute;
– per quanto occorrer possa, della convenzione relativa alla costituzione di una Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Legnago, Cerea, Sanguinetto e Palù;
– per quanto occorrer possa, del provvedimento con il quale il Comune di Cerea ha conferito alla Centrale Unica di Committenza l’incarico di espletare la procedura aperta de qua;
– per quanto occorrer possa, degli eventuali chiarimenti sulla normativa di gara forniti dalla Centrale Unica di Committenza antecedentemente al termine di presentazione delle offerte;
– di tutti gli atti ed i provvedimenti dell’Amministrazione che hanno limitato il diritto di difesa della C.I.R. Food;
– del procedimento di verifica dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali dichiarati in gara dalla Gemeaz Elior S.p.A. e dei relativi verbali, ad oggi ignoti;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente
nonché per l’annullamento e/o decadenza e/o declaratoria
di inefficacia ex tunc – o, in subordine, ex nunc – del contratto eventualmente stipulato tra le parti anche nelle more del giudizio
per l’accertamento e la declaratoria
che la società C.I.R. Food era la legittima aggiudicataria della procedura aperta de qua
e per la declaratoria
del diritto della ricorrente a sottoscrivere il contratto o comunque a subentrare nello stesso anche se sottoscritto nelle more del giudizio
in subordine, ove non fosse possibile subentrare nel contratto, per la condanna
al risarcimento del danno per equivalente
in via ulteriormente subordinata, per l’annullamento
della procedura di gara
e per la condanna
della P.A. al risarcimento dei danni arrecati alla ricorrente dagli atti e comportamenti amministrativi impugnati.
Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati, presentata in via incidentale dalla società ricorrente;
Visti i controricorsi e la documentazione del Comune di Legnago, in veste di capofila della Centrale Unica di Committenza di Legnago, Cerea, Sanguinetto e Palù, e del Comune di Cerea;
Vista, altresì, la memoria di costituzione e difensiva della Gemeaz Elior S.p.A.;
Vista l’ordinanza n. 520/2016 del 29 settembre 2016, recante rigetto dell’istanza cautelare proposta con il ricorso originario;
Visti i motivi aggiunti depositati il 12 ottobre 2016;
Viste le memorie conclusive e le repliche della ricorrente e delle Amministrazioni resistenti;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 21 dicembre 2016 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
La ricorrente, Società Cooperativa Italiana di Ristorazione S.c. (d’ora in avanti anche C.I.R. Food), espone che con determinazione n. 243 del 14 giugno 2016 il Comune di Cerea, avvalendosi della Centrale Unica di Committenza dei Comuni di Legnago, Cerea, Sanguinetto e Palù, indiceva – ai sensi dell’art. 60 del d.lgs. n. 50/2016 – una procedura aperta per l’affidamento in concessione del servizio di ristorazione scolastica comunale con durata di sessanta mesi (dal 1° settembre 2016 al 31 agosto 2021).
La stazione appaltante fissava, quale criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, determinando, altresì, il valore complessivo dell’appalto in € 1.393.992,00 al netto dell’I.V.A., di cui € 2.000,00 per oneri della sicurezza non ribassabili.
Alla gara prendevano parte la società esponente e la controinteressata Gemeaz Elior S.p.A.. In esito alle operazioni di valutazione delle offerte tecniche ed economiche, veniva individuata quale offerta economicamente più vantaggiosa quella della citata Gemeaz Elior S.p.A. e, contestualmente, veniva disposta, nei confronti di quest’ultima, l’esecuzione delle verifiche di legge: veniva, in particolare, eseguito l’accertamento della sostenibilità economica dell’offerta, ex art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, il quale si concludeva, in data 22 agosto 2016, con esito positivo.
Le risultanze della procedura aperta venivano, infine, ratificate con la determinazione del Comune di Cerea n. 329 del 24 agosto 2016, portata a conoscenza della C.I.R. Food il successivo 29 agosto, recante aggiudicazione definitiva del servizio alla controinteressata.
L’esponente lamenta che la gara è stata aggiudicata alla Gemeaz Elior S.p.A., sebbene questa abbia proposto l’offerta economica più onerosa (€ 3,87 a pasto rispetto ad € 3,67 indicati dalla ricorrente) ed un’offerta progettuale qualitativamente inferiore rispetto alla propria.
Ciò premesso, con il ricorso indicato in epigrafe la C.I.R. Food ha impugnato – unitamente agli atti presupposti e connessi parimenti indicati in epigrafe – la succitata determinazione di aggiudicazione definitiva della gara alla società controinteressata, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, e deducendo a supporto di tale domanda, con un unico motivo, le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del disciplinare di gara, nella parte in cui aveva previsto l’attribuzione di tre punti per il criterio B2, relativamente alla presenza, nell’organico del centro di cottura, di personale con specializzazione certificata nel campo dell’alimentazione umana; eccesso di potere per ingiustizia manifesta e carenza di istruttoria; violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 50/2016; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., nonché dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa.
In sintesi, la ricorrente lamenta che illegittimamente non le è stato attribuito nessun punteggio per il criterio B2, per il quale erano previsti tre punti, la cui assegnazione le avrebbe consentito di ottenere l’aggiudicazione della gara, visto che il distacco della sua offerta, rispetto a quella della Gemeaz, è stato, alla fine, di soli 0,93 punti. Il procuratore di gara della C.I.R. Food, infatti, avrebbe attestato la presenza, nell’organico incaricato di gestire il centro di cottura, della persona con specializzazione certificata nel campo dell’alimentazione umana (la dietista dr.ssa Marini) di cui al succitato criterio B2; inoltre, la società avrebbe depositato il curriculum vitae della dr.ssa Marini e una dichiarazione sostitutiva di costei relativa al suo percorso di studi. Erroneamente, perciò, la Commissione di gara avrebbe giustificato la mancata attribuzione del punteggio con la mancata allegazione, da parte della C.I.R. Food, della documentazione a comprova del possesso del citato requisito.
La società ricorrente ha, altresì, formulato domande: a) di annullamento, decadenza o declaratoria di inefficacia ex tunc (o, in subordine, ex nunc) del contratto eventualmente stipulato tra le parti anche nelle more del giudizio; b) di accertamento che la predetta ricorrente era la legittima aggiudicataria della procedura aperta; c) di declaratoria del proprio diritto a sottoscrivere il contratto, o comunque a subentrare nello stesso, anche se sottoscritto nelle more del giudizio; d) in subordine, per l’ipotesi di impossibilità del subentro, di risarcimento del danno per equivalente, comprensivo sia del danno emergente, sia del lucro cessante, sia del cd. danno professionale o curriculare.
In ulteriore subordine, l’esponente ha chiesto l’annullamento della procedura di gara, deducendo, a supporto di tale domanda, i seguenti motivi:
– violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 50/2016, indeterminatezza del soggetto rivestito del ruolo di responsabile del procedimento di gara, nonché indeterminatezza delle funzioni del responsabile del procedimento di gara, violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 97 Cost., poiché nel caso di specie la stazione appaltante avrebbe individuato erroneamente due responsabili unici del procedimento (R.U.P.) – il dr. Pozzani e la dr.ssa Ghedini – con conseguente incertezza in ordine all’individuazione del R.U.P.;
– violazione e falsa applicazione dell’art. 77 del d.lgs. n. 50/2016 sotto il profilo del cumulo degli incarichi sia di presidente, sia di R.U.P. in capo al dr. Paolo Pozzani, violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del disciplinare di gara, degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 97 Cost., giacché il dr. Pozzani avrebbe rivestito i ruoli di responsabile unico del procedimento e di presidente della Commissione di gara, in violazione dell’art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, alla cui osservanza la stazione appaltante si sarebbe autovincolata;
– violazione e falsa applicazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 30 del d.lgs. n. 267/2000, della convenzione relativa alla costituzione della Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di Legnago, Cerea, Sanguinetto e Palù, dell’art. 164 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 3 del disciplinare e dell’art. 97 Cost., poiché nel caso di specie il Comune di Cerea avrebbe eseguito tutte le operazioni di valutazione delle offerte, nonché assunto gli atti ed i provvedimenti emanati nel corso, oltre che a conclusione, della procedura aperta, inclusa la determinazione di aggiudicazione, nonostante gli atti prodromici all’espletamento della gara avessero richiamato la convenzione per la costituzione della surriferita Centrale Unica di Committenza, la quale, pertanto, sarebbe stata competente a svolgere la suddetta gara.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Cerea e la Centrale Unica di Committenza dei Comuni di Legnago, Cerea, Sanguinetto e Palù (d’ora in poi anche: Centrale Unica), depositando controricorsi con documentazione sui fatti di causa e resistendo alle domande attoree.
Si è costituita, inoltre, l’aggiudicataria Gemeaz Elior S.p.A., depositando una memoria difensiva e concludendo per la reiezione del ricorso, in quanto infondato, previa reiezione, altresì, dell’istanza cautelare.
In esito alla Camera di consiglio del 28 settembre 2016, il Tribunale – ritenuto ad un primo esame il ricorso privo di fumus boni juris – con ordinanza n. 520/2016 ha respinto la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 30 settembre 2016 e depositato il successivo 12 ottobre, la C.I.R. Food è tornata ad impugnare gli atti già gravati con il ricorso introduttivo, riproducendo le censure già con questo promosse ed avanzando le seguenti ulteriori doglianze:
– in via subordinata, per il caso di mancato accoglimento del primo motivo del ricorso introduttivo, disapplicazione/annullamento dell’art. 12 del disciplinare di gara nella parte in cui ha imposto, per l’attribuzione di tre punti per il criterio B2, la produzione, da parte dell’impresa concorrente, di una certificazione proveniente dal terzo specializzato nel campo dell’alimentazione umana, in contrasto con quanto previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 86, comma 1, e 164, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, violazione e falsa applicazione dell’art. 86, comma 1, e dell’allegato XVII del d.lgs. n. 50/2016, in quanto, ove si ritenga che il disciplinare di gara avesse prescritto la facoltà dell’impresa concorrente di dimostrare il possesso dei requisiti di capacità tecnica esclusivamente per il tramite di dichiarazione certificata resa da personale specializzato, il disciplinare stesso sarebbe in parte qua illegittimo e da disapplicare, per violazione dell’art. 86, comma 1, cit., secondo cui “gli operatori economici possono avvalersi di qualsiasi mezzo documentale per provare che essi disporranno delle risorse necessarie”: e nel caso de quo la C.I.R. Food avrebbe dichiarato tramite il suo procuratore il possesso del requisito di cui al criterio B2.
– in subordine, illegittimità della gara (con conseguente suo annullamento), in ragione dell’ora vista illegittimità da cui sarebbe affetto il disciplinare;
– violazione e falsa applicazione dell’art. I.1) del bando di gara, dell’art. 3 del capitolato speciale di appalto, degli artt. 37 e 38 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 30 del d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 164 del d.lgs. n. 50/2016, della convenzione relativa alla costituzione della Centrale Unica di Committenza, dell’art. 3 del disciplinare e dell’art. 97 Cost., nonché carenza, da parte del Comune di Cerea, della qualificazione necessaria per indire ed affidare gare di importo superiore alla soglia comunitaria ex art. 35 del d.lgs. n. 50 cit., essendo la gara illegittima e da annullare, perché: a) l’art. 3 del capitolato speciale avrebbe rimesso al Comune solo l’esecuzione del contratto, mentre il procedimento di gara sarebbe affidato alla Centrale Unica; b) il CIG della gara sarebbe stato rilasciato dall’A.N.A.C. non al Comune di Cerea (privo della necessaria qualificazione), bensì alla Centrale Unica, né il Comune avrebbe ottenuto dall’A.N.A.C. un’autorizzazione per svolgere in proprio il procedimento di gara; c) il Comune di Cerea non sarebbe indicato nel bando di gara quale amministrazione aggiudicatrice. Inoltre, sussisterebbero dubbi anche sulla qualificazione della Centrale Unica a svolgere la gara, in quanto questa non presenterebbe alcuna propria struttura organizzativa;
– illegittimità del procedimento di nomina della Commissione giudicatrice, in quanto adottato da un soggetto che, secondo il bando di gara, non è l’amministrazione aggiudicatrice, violazione e falsa applicazione dell’art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. 14 del disciplinare di gara, nonché della convenzione relativa alla costituzione della Centrale Unica di Committenza, atteso che, da un lato, sarebbe illegittima la nomina della Commissione di gara da parte del Comune di Cerea, che, in base al bando di gara, non sarebbe amministrazione aggiudicatrice; dall’altro, neppure la Centrale Unica disporrebbe del potere per nominare tale Commissione, essendo priva di una struttura organizzativa, nonché della necessaria qualificazione;
– violazione e falsa applicazione degli artt. 71 e 72, 37 e 38 del d.lgs. n. 50/2016, violazione e falsa applicazione dell’allegato XIV del d.lgs. n. 50/2016, dell’art. I.1) del bando di gara, nonché della convenzione relativa alla costituzione della Centrale Unica di Committenza, poiché il procedimento di gara sarebbe stato non solo svolto, ma anche concluso da un soggetto giuridico non legittimato, atteso che, secondo il d.lgs. n. 50/2016 ed il bando di gara, l’aggiudicazione avrebbe potuto essere adottata unicamente dalla Centrale Unica e non dal Comune di Cerea. Quest’ultimo sarebbe, inoltre, privo della necessaria qualificazione, non essendo capoluogo di Provincia.
La ricorrente ha reiterato, altresì, la domanda di risarcimento già proposta con l’atto introduttivo del giudizio.
Sia il Comune di Cerea, sia la Centrale Unica di Committenza – e per questa il capofila Comune di Legnago – hanno controdedotto ai motivi aggiunti, eccependone in via preliminare l’inammissibilità ed improponibilità, nonché, nel merito, l’infondatezza.
La ricorrente ha depositato memoria conclusiva e memoria di replica, ribattendo alle eccezioni delle controparti (in specie, a quelle di inammissibilità/improponibilità dei motivi aggiunti) ed insistendo per l’accoglimento del gravame.
Il Comune di Cerea e la Centrale Unica hanno depositato a loro volta memorie di replica, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
All’udienza pubblica del 21 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La C.I.R. Food impugna, sia con il ricorso originario, sia con i motivi aggiunti, il provvedimento di aggiudicazione alla Gemeaz Elior S.p.A. della procedura per l’affidamento in concessione, per n. 60 mesi, del servizio di ristorazione scolastica del Comune di Cerea, unitamente agli atti presupposti e connessi indicati in epigrafe, chiedendo l’annullamento di tali atti e chiedendo l’aggiudicazione del servizio, o il subentro nel relativo contratto, ove già stipulato dal Comune con la controinteressata, previa declaratoria di inefficacia di quest’ultimo.
In subordine, chiede l’annullamento dell’intera procedura di gara.
Avanza, poi, in via subordinata rispetto alla domanda di risarcimento in forma specifica, domanda di risarcimento del danno per equivalente, nonché analoga domanda risarcitoria in connessione alla domanda di annullamento della procedura di gara.
Il Collegio ritiene di dover trattare prioritariamente l’eccezione di inammissibilità o improponibilità del ricorso per motivi aggiunti, sollevata dalle difese del Comune di Cerea e della Centrale Unica di Committenza, in quanto i ridetti motivi aggiunti, per una parte, costituiscono semplici sviluppi delle censure già formulate dalla C.I.R. Food con il ricorso introduttivo, per l’altra sono inestricabilmente collegati ai motivi del medesimo ricorso introduttivo, tanto che ne se rende necessaria la trattazione congiunta.
L’eccezione si articola su un duplice ordine di argomentazioni:
– da un lato, l’applicabilità alla fattispecie del ben noto principio, per cui sono inammissibili i motivi aggiunti non giustificati da nuove produzioni documentali o dalla successiva conoscenza di vizi del provvedimento impugnato che non sia stato possibile acquisire con la normale diligenza al tempo della proposizione del ricorso originario. Nel caso de quo tale giustificazione mancherebbe, poiché la ricorrente afferma di essere venuta a conoscenza solo nella Camera di consiglio del 28 settembre 2016 del fatto che la Centrale Unica di Committenza è priva di una struttura organizzativa, la quale le consenta di indire gare pubbliche, ma detta affermazione è smentita dalla circostanza che è stata la stessa C.I.R. Food a produrre in giudizio (come all. 19 al ricorso) la convenzione istitutiva della ridetta Centrale Unica, il cui contenuto, quindi, le era perfettamente noto. Per questo verso, dunque, i motivi aggiunti sono inammissibili, perché attengono a profili deducibili con l’atto introduttivo del giudizio;
– dall’altro, la ricorrente non ha impugnato né l’art. 1 del disciplinare di gara (secondo cui il d.lgs. n. 50/2016 si intende applicabile alla gara “limitatamente alle disposizioni normative di cui viene fatta esplicita menzione nel bando, nel capitolato speciale e nel presente disciplinare”), né l’art. 3 dello stesso disciplinare di gara: quest’ultimo, non richiamando l’art. 37 del d.lgs. n. 50/2016 (recante la disciplina sulle centrali di committenza), esclude, visto il precedente art. 1, che l’ora vista disciplina si applichi alla procedura di scelta del concessionario per cui è causa.
La suesposta eccezione non è suscettibile di condivisione.
Invero, a confutazione della prima argomentazione, è agevole replicare, con la ricorrente, che i citati motivi aggiunti sono stati notificati il 30 settembre 2016 e, quindi, entro il termine decadenziale di impugnazione di trenta giorni ex art. 120 c.p.a..
L’aggiudicazione definitiva impugnata risulta, infatti, emessa il 24 agosto 2016, nonché comunicata alla C.I.R. Food, secondo quanto quest’ultima afferma, il 29 agosto 2016. Per tale società, perciò, il termine di impugnazione di trenta giorni è decorso dal 1° settembre 2016, in base alle nuove regole sulla sospensione feriale dei termini (dal 1° al 31 agosto di ogni anno) introdotte dall’art. 16 del d.l. settembre 2014, n. 132, conv. con l. 10 novembre 2014, n. 162, che ha modificato sul punto l’art. 1 della l. n. 742/1969. Se ne evince che, dovendosi fissare al 31 agosto 2016 il dies a quo (che non si computa) per il decorso del succitato termine, ed essendo il 1° settembre 2016 il primo giorno utile da calcolare (cfr. Cass. pen., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 5624), i motivi aggiunti risultano proposti – al pari del ricorso introduttivo – entro il termine decadenziale ex art. 120 c.p.a.: perciò, è del tutto irrilevante che essi rechino doglianze che avrebbero dovuto essere proposte con il ricorso originario, poiché tali doglianze sono state, comunque, tempestivamente dedotte.
Quanto, poi, alla seconda argomentazione addotta a sostegno dell’eccezione in esame, a ben vedere anch’essa è priva di fondamento, poiché la ricorrente non aveva alcun onere di gravarsi avverso gli artt. 1 e 3 del disciplinare di gara, avendo – come meglio si dirà infra – basato le proprie doglianze sull’interpretazione della convenzione istitutiva della Centrale Unica di Committenza, più in specie sui compiti che tale convenzione assegna, rispettivamente, alla ridetta Centrale Unica ed ai Comuni associati: donde l’irrilevanza del mancato richiamo, da parte della lex specialis, all’art. 37 del d.lgs. n. 50/2016.
Da quanto esposto si ricava, dunque, che l’eccezione di inammissibilità/improponibilità dei motivi aggiunti è nel suo complesso infondata e da respingere.
Venendo ora all’esame del ricorso originario, rispetto al quale né le controparti sollevano eccezioni, né il Collegio rileva ex officio questioni, di natura processuale, si deve premettere che la domanda principale di annullamento dell’aggiudicazione è supportata dal primo motivo del gravame, mentre gli altri motivi supportano, invece, la domanda di annullamento della procedura di gara, proposta in via subordinata.
Ciò premesso, e cominciando, perciò, l’analisi dal ridetto primo motivo, osserva il Collegio che lo stesso non è suscettibile di positivo apprezzamento, per le medesime ragioni già accennate in sede cautelare, da cui, anche al più approfondito esame proprio della fase di merito del giudizio, non si ravvisano elementi per discostarsi.
Invero, l’art. 14 del disciplinare di gara (cfr. all. 1 al ricorso) ha previsto, nell’ambito del criterio B2 (“organizzazione del personale e trasporto pasti”), in relazione al quale è stato stabilito un massimo di n. 10 punti, l’attribuzione di tre punti per la presenza, nell’organico deputato a gestire il centro di cottura e con funzioni nella preparazione dei pasti, di personale con specializzazione certificata nel campo dell’alimentazione umana, precisando che: a) avrebbe dovuto essere almeno una persona; b) la figura avrebbe potuto coincidere con le funzioni di cuoco; c) a comprova del requisito, l’offerente avrebbe dovuto “allegare documentazione”.
Orbene, la C.I.R. Food sostiene di avere dimostrato all’Amministrazione il possesso del requisito in parola, perché: 1) il proprio procuratore di gara ha attestato, assumendosi la responsabilità in ordine alla veridicità dell’attestazione, la presenza, nell’organico deputato a gestire il centro di cottura, di una figura (la dietista dr.ssa Marini) rispondente al citato criterio B2 (persona con specializzazione certificata nel campo dell’alimentazione umana); 2) la società ha allegato al progetto, quale parte di esso, sia il curriculum vitae della dr.ssa Marini, sia una dichiarazione sostitutiva di certificazione di quest’ultima, relativa al suo percorso studi; 3) tutti i ridetti documenti sono stati sottoscritti in calce, in ogni loro pagina, dal procuratore di gara della C.I.R. Food, che ne ha certificato la veridicità del contenuto, in quanto incorporati nell’offerta progettuale, cosicché non vi era alcuna necessità che i documenti stessi fossero sottoscritti anche dalla dr.ssa Marini; 4) la società, nella propria offerta, ha riprodotto digitalmente il codice PA e la matricola della dr.ssa Marini, mettendo così in condizione la stazione appaltante di verificare la veridicità delle suddette dichiarazioni.
L’assunto della ricorrente non può essere condiviso, atteso che – come rilevato dalla Commissione di gara nel verbale del 29 luglio 2016 (cfr. all. 2 al ricorso) – la C.I.R. Food si è limitata ad allegare all’offerta due documenti (il curriculum vitae della dr.ssa Marini ed una dichiarazione sostitutiva di costei relativa al suo percorso scolastico), ambedue privi di firma e senza unirvi alcun documento di identità della dichiarante (cfr. all.ti 17 e 18 al ricorso).
Correttamente, pertanto, la Commissione di gara ha ritenuto che mancassero gli elementi essenziali (sottoscrizione della dichiarazione e fotocopia del documento di identità del dichiarante) per poter attribuire validità alla predetta dichiarazione sostitutiva (cfr. gli artt. 47, comma 1, e 38, comma 3, del d.P.R. n. 445/2000).
Sul punto si richiama la giurisprudenza consolidata, secondo cui nelle procedure amministrative l’allegazione della copia fotostatica del documento del sottoscrittore della dichiarazione sostitutiva, prevista dall’art. 38, comma 3, del d.P.R. n. 445/2000, è adempimento inderogabile atto a conferire, in virtù della sua introduzione come forma di semplificazione, legale autenticità alla sottoscrizione apposta in calce alla dichiarazione e giuridica esistenza ed efficacia all’autocertificazione; si tratta quindi di un elemento integrante della fattispecie normativa, rivolto a stabilire, data l’unità della fotocopia sostitutiva del documento di identità e della dichiarazione sostitutiva, un collegamento tra la dichiarazione ed il documento ed a comprovare, oltre alle generalità del dichiarante, la soggettiva imputabilità della dichiarazione al soggetto che la presta (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 26 marzo 2012, n. 1739; T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 15 luglio 2014, n. 347; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 19 ottobre 2012, n. 1008).
Per quanto riguarda, poi, la mancanza della sottoscrizione, si ricorda che è la combinazione della sottoscrizione autografa e della copia del documento di identità (quale modalità di autenticazione della sottoscrizione) a rendere incontestabile sino a querela di falso la paternità dell’atto, garantendo la certezza di cui si ha bisogno per la genuinità della dichiarazione, presidiata dall’art. 76 del d.P.R. n. 445 cit. con sanzioni penali (v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 2 luglio 2007, n. 6422, secondo cui, pertanto, la presentazione della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà non può essere validamente sostituita dalla produzione di una dichiarazione in fotocopia, priva della sottoscrizione autografa).
Né l’assenza della sottoscrizione e della fotocopia del documento di identità della dichiarante dr.ssa Marini possono essere in alcun modo sostituite dalla dichiarazione resa dal procuratore di gara della C.I.R. Food, o dalla sottoscrizione ad opera dello stesso procuratore, in ogni pagina, del curriculum vitae della predetta dietista e della dichiarazione sostitutiva che quest’ultima ha reso senza apporvi la sua – indispensabile, come detto – sottoscrizione.
Da un lato, infatti, la firma del procuratore della società in ogni pagina dell’offerta tecnica, inclusi i documenti di cui si discute, non assolve al fine di attestare la veridicità del contenuto degli stessi, riferibili ad un soggetto terzo, la già citata dr.ssa Veronica Marini, ma piuttosto – come giustamente osserva la Gemeaz – serve a garantire la provenienza dell’offerta dal concorrente: la sottoscrizione dell’offerta ex art. 74 del d.lgs. n. 163/2006, infatti, si configura come lo strumento tramite il quale l’autore fa propria la dichiarazione contenuta nel documento, serve a renderne nota la paternità ed a vincolare l’autore alla manifestazione di volontà in esso contenuta (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 9 novembre 2016, n. 11092).
Nel caso di specie, peraltro, non si tratta nemmeno della firma, ma soltanto del timbro e della sigla apposte dal citato procuratore ai sensi dell’art. 11 del disciplinare di gara e non certo dell’art. 46 del d.P.R. n. 445/2000: quest’ultima disposizione, peraltro, prevede che la dichiarazione sostitutiva di certificazione, comprovante taluni stati, qualità personali e fatti, venga sottoscritta dall’interessato, e non certo da un terzo. È ovvio, del resto, come eccepiscono il Comune di Cerea e la Centrale Unica di Committenza, che il procuratore della società nulla potesse legittimamente dichiarare in ordine al titolo di studio conseguito da un diverso soggetto.
Con riguardo, poi, alla dichiarazione presentata dal procuratore di gara della C.I.R. Food, che per la predetta società varrebbe quale attestazione/certificazione della presenza, nell’organico incaricato di gestire il centro di cottura, della figura (la dr.ssa Marini) con specializzazione certificata nel campo dell’alimentazione umana, essa non può valere come dichiarazione sostitutiva, tale da comprovare il possesso in capo alla società del requisito in esame.
Infatti, sebbene tale dichiarazione risulti a prima vista diretta a provare un requisito della società (e, quindi, del soggetto nel cui nome la dichiarazione stessa è stata fatta), essa a ben vedere concerne una qualità (il possesso di una specializzazione certificata nel campo dell’alimentazione umana) di un terzo soggetto, la dr.ssa Marini, cosicché, ai sensi dell’art. 46 del d.P.R. n. 445/2000, era costei – e non altri – a doverla rendere.
Relativamente, infine, all’indicazione, nell’offerta della ricorrente, del codice PA e della matricola della dr.ssa Marini, che avrebbero messo in grado la stazione appaltante di appurare la veridicità di quanto dichiarato nell’offerta stessa, il Collegio condivide l’obiezione mossa sul punto dalla difesa della Gemeaz. Quest’ultima ha, invero, osservato come tali dati, contenuti nella dichiarazione circa il percorso formativo della dr.ssa Marini da costei non firmata (all. 18 al ricorso), siano stati inseriti – secondo quanto recita la dichiarazione stessa – perché fosse “possibile verificare la veridicità della presente dichiarazione tramite il codice PA riportato ad inizio stampa”. Nel caso di specie, tuttavia, l’assenza della sottoscrizione e della fotocopia del documento di identità della dichiarante portano ad escludere, come si è già esposto, che ci si trovi dinanzi ad una dichiarazione ex art. 46 del d.P.R. n. 445/2000, validamente presentata dall’interessata: nessun obbligo, perciò, poteva scattare in capo alla stazione appaltante di verificare la veridicità della dichiarazione stessa (non essendovi in realtà nessuna dichiarazione in senso tecnico).
C’è ancora da aggiungere, in proposito, che lo stesso modulo di dichiarazione utilizzato dalla dr.ssa Marini è precostituito affinché il medesimo sia sottoscritto dal dichiarante (cfr. terza pagina dell’all. 18 al ricorso): ciò a conferma dell’insuperabilità del vizio della surriferita dichiarazione consistente nella sua mancata sottoscrizione.
In definitiva, pertanto, il primo motivo del ricorso originario è nel suo complesso infondato e deve, per conseguenza, essere respinto.
Analogamente, va respinto il primo motivo aggiunto – rubricato dalla C.I.R. Food come V.A) –, le cui doglianze costituiscono, a ben vedere, uno sviluppo delle censure formulate con il primo motivo del ricorso introduttivo.
Nessuna illegittimità è, invero, rinvenibile nell’art. 12 del disciplinare di gara (in particolare, lì dove prevede l’allegazione, da parte delle offerenti, di documentazione a comprova del requisito per cui il criterio B2 prevede l’assegnazione di tre punti). Nello specifico, il dedotto contrasto con l’art. 86, comma 1, e con l’allegato XVII del d.lgs. n. 50/2016 (secondo cui gli operatori economici possono avvalersi di ogni mezzo idoneo documentale per provare che disporranno delle risorse necessarie) è, in realtà, del tutto insussistente. La Commissione di gara, infatti, si è limitata a richiamare le regole in materia di dichiarazioni sostitutive degli atti notori stabilite dal d.P.R. n. 445/2000 (artt. 38 e 46): regole che, certamente, non sono state derogate dalle suindicate disposizioni del d.lgs. n. 50/2016, dovendosi ritenere che i due plessi normativi (il Testo Unico sulla documentazione amministrativa ed il nuovo Codice dei contratti pubblici) siano in rapporto di reciproca specialità.
In conclusione, il ricorso originario e i motivi aggiunti sono infondati e da respingere relativamente alla domanda principale con essi presentata (di annullamento dell’aggiudicazione e degli altri atti gravati). Per conseguenza, sono infondate e da respingere le altre domande con questa connesse, ed in specie: la domanda di annullamento, decadenza o declaratoria di inefficacia ex tunc (o ex nunc) del contratto eventualmente stipulato tra le parti nelle more del giudizio, quella di accertamento che la ricorrente era la legittima aggiudicataria della procedura e quella di declaratoria del suo diritto a sottoscrivere il contratto, o a subentrare in questo, se già firmato (ovvero ad ottenere il risarcimento per equivalente, nell’ipotesi di impossibilità del subentro).
Occorre a questo punto passare alla domanda, proposta in via subordinata dalla ricorrente, volta ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura di gara, analizzando i motivi del ricorso originario ed i motivi aggiunti che risultano addotti a sostegno di tale domanda.
È, anzitutto, infondato il secondo motivo aggiunto, la cui trattazione viene qui anticipata, in quanto esso rappresenta la riproposizione (in subordine) del primo motivo aggiunto, al fine, stavolta, di supportare non già la domanda di annullamento dell’aggiudicazione, bensì quella di annullamento dell’intera gara. Vale anche per esso, perciò, quanto sopra detto circa l’assenza di ogni contrasto tra l’art. 12 del disciplinare di gara (in riferimento alla documentazione a comprova del criterio B2) e l’art. 86, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016.
Parimenti, sono infondati il secondo ed il terzo motivo del ricorso introduttivo, che debbono essere trattati congiuntamente, perché imperniati ambedue su una presunta commistione dei ruoli di R.U.P. e presidente della Commissione di gara che si sarebbe verificata nel caso di specie.
In realtà, i suddetti motivi nascono da un equivoco, ossia che il disciplinare di gara abbia nominato due diversi soggetti per il ruolo di R.U.P., cioè il sig. Paolo Pozzani all’art. 18 e la sig.ra Annamaria Ghedini all’art. 19.
A ben vedere, però, la nomina del sig. Pozzani quale R.U.P. è il frutto di un mero errore materiale contenuto nella lex specialis, atteso che la sig.ra Ghedini, oltre ad essere indicata nel ruolo di R.U.P. dal citato art. 19 del disciplinare e ad avere sottoscritto il disciplinare stesso in veste di “Incaricata delle funzioni di coordinamento per il 3° Settore” del Comune di Cerea e “Responsabile Unico del Procedimento”, è menzionata con tale ruolo anche nel parag. VI.3) “Informazioni complementari” del bando di gara.
Si richiama, sul punto, l’insegnamento giurisprudenziale, secondo cui i rapporti tra le varie fonti che concorrono alla disciplina delle gare pubbliche sono regolati da una gerarchia differenziata. Infatti, se è vero che bando, disciplinare di gara e capitolato speciale d’appalto – i quali nel loro complesso formano la lex specialis – hanno ciascuno un’autonomia ed una peculiare funzione nell’ambito della procedura di gara, tra essi esiste tuttavia un rapporto gerarchico, che postula la prevalenza del bando di gara (cfr., ex plurimis, T.A.R. Veneto, Sez. I, 20 ottobre 2016, n. 1163, con la giurisprudenza ivi richiamata). Dunque, nella fattispecie ora all’esame, la previsione del parag. VI.3) del bando deve ritenersi prevalente.
Per di più, in tutti gli atti di gara il sig. Pozzani è indicato non già quale R.U.P., ma come presidente della Commissione di gara, e risulta averne svolto le funzioni (cfr. i verbali della Commissione n. 1 del 29 luglio 2016 e n. 2 del 4 agosto 2016: all.ti 2 e 3 al ricorso). Donde la palese infondatezza dei motivi di ricorso ora analizzati.
Passando al quarto motivo del ricorso originario, osserva il Collegio che lo stesso va, a sua volta, trattato congiuntamente con il terzo, il quarto ed il quinto motivo aggiunto, rubricati dalla C.I.R. Food sub VI), VII), e VIII), attesa la strettissima connessione tra essi esistente.
Ed invero, in sede cautelare la censura ivi dedotta – di violazione delle competenze attribuite nella materia in esame alla Centrale Unica di Committenza dei Comuni di Legnago, Cerea, Sanguinetto e Palù – è stata respinta, in quanto considerata non sufficientemente sviluppata nel ricorso, ad es. per quanto riguarda la lesione che ne sarebbe derivata alla ricorrente.
Con la formulazione dei citati terzo, quarto e quinto motivo aggiunto, la ricorrente ha, nondimeno, colmato l’ora vista lacuna, sviluppando in maniera più adeguata la censura in discorso e precisando i profili di interesse ad agire che l’assistono nella proposizione di detta censura, cioè la lesione che l’operato della P.A. arreca ai suoi interessi sotto il profilo in esame.
In particolare, la C.I.R. Food, quale partecipante alla gara, aveva interesse a che la sua offerta fosse valutata da un soggetto qualificato secondo la legge, al fine di avere garanzie circa l’apprezzamento della sua proposta, nonché circa la correttezza del procedimento. Il suo interesse ad agire è presente anche nell’ipotesi subordinata – ora all’esame – di demolizione della gara, onde avere la possibilità di poter nuovamente concorrere per l’affidamento della concessione.
Nel merito, la censura di violazione delle competenze spettanti alla Centrale Unica di Committenza è fondata e da accogliere.
Invero, la convenzione costitutiva della suddetta Centrale Unica, stipulata tra i Comuni di Legnago (capofila), Cerea, Sanguinetto e Palù (all. 19 al ricorso) ed avente ad oggetto “la gestione in forma associata dei compiti e delle attività connesse in materia di gara per l’affidamento dei lavori e per le acquisizioni di beni e servizi di competenza dei Comuni associati”, prevede che la Centrale Unica “svolge le funzioni di amministrazione aggiudicatrice e provvede ad aggiudicare appalti di lavori, forniture e servizi richiesti e destinati ai comuni aderenti ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 50/2016” (cfr. art. 1, commi 1 e 4). Per il perseguimento dei fini della gestione associata, elencati dal comma 5 dell’art. 1, “viene costituito un ufficio comune per l’esercizio associato delle funzioni, attività e servizi denominato Centrale Unica di Committenza (C.U.C.)”.
L’art. 2 della convenzione provvede a specificare l’ambito in cui si esplica l’attività della Centrale, individuandolo nelle procedure ad evidenza pubblica per importi a base d’asta sopra soglia e sotto soglia comunitaria, ex artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 50/2016. La disposizione elenca inoltre – e si reputa che l’elenco abbia carattere tassativo – i settori esclusi dalla competenza della Centrale (per es. gli affidamenti di lavori di valore inferiore ad € 150.000,00 e le acquisizioni di beni e servizi di valore inferiore ad € 40.000,00).
Particolarmente significativa, ai fini che qui interessano, è la disciplina dettata dall’art. 3 della citata convenzione, che elenca le attività svolte, nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica, dalla C.U.C., e quelle che rimangono, invece, di competenza dei Comuni associati. Nello specifico, oltre ad una serie di attività prodromiche (dall’individuazione della procedura di scelta del contraente alla collaborazione con i Comuni associati per l’individuazione dei contenuti dello schema di contratto, alla predisposizione e adozione della modulistica), la Centrale gestisce tutto il procedimento di gara sino all’aggiudicazione provvisoria, alla redazione dei verbali di gara ed alla verifica dell’anomalia dell’offerta (v. la lett. g) dell’art. 3, comma 1). Essa provvede, altresì, a pubblicare l’aggiudicazione definitiva (lett. i) dell’art. 3, comma 1). I Comuni associati restano competenti a svolgere una serie di attività, tra cui l’assunzione della determinazione di aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto, oltre a quelle attinenti alla fase esecutiva di questo.
La durata della convenzione è stabilita dall’art. 4 in tre anni dalla data di sottoscrizione. Il sito web istituzionale del capofila Comune di Legnago precisa (all. 20 al ricorso) che la convenzione de qua è stata approvata con deliberazioni dei Consigli comunali dei Comuni associati n. 36 del 3 maggio 2016 (Legnago), n. 9 del 28 aprile 2016 (Cerea), n. 12 del 29 aprile 2016 (Sanguineto) e n. 11 del 7 aprile 2016 (Palù): deve, perciò, ritenersi che la convenzione stessa fosse già in vigore alla data di indizione della procedura di gara per cui è causa (indetta con determinazione n. 243 del 14 giugno 2016 del Comune di Cerea): del resto, il bando di gara indica come amministrazione aggiudicatrice, più volte, la ridetta Centrale Unica.
In sede di discussione del ricorso le Amministrazioni intimate hanno obiettato che il completamento dell’iter della convenzione in esame sarebbe avvenuto il 5 luglio 2016, cosicché è solo da detta data che la convenzione stessa avrebbe acquistato efficacia. Tuttavia, anche qualora tale obiezione fosse meritevole di condivisione, ne deriverebbe ugualmente l’applicabilità della ridetta convenzione alla gara per cui è causa, alla stregua del principio “tempus regit actum”, in forza del quale gli atti ed i provvedimenti amministrativi sono disciplinati dalle norme vigenti all’epoca della loro emanazione, da rinvenirsi nel momento conclusivo della fase costitutiva (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 1° aprile 2016, n. 203; T.A.R. Marche, Sez. I, 13 novembre 2012, n. 729).
Si consideri, al riguardo, che la nomina della Commissione di gara è avvenuta con atto del 28 luglio 2016, cioè ben dopo “il completamento dell’iter” della convenzione istitutiva della Centrale Unica e lo stesso deve dirsi per le sedute in cui la Commissione di gara ha proceduto alla valutazione delle offerte (svoltesi il 29 luglio 2016 e il 4 agosto 2016).
Se ne evince la sostanziale irrilevanza della surriferita obiezione.
Orbene, alla luce della convenzione de qua, risulta fondata la doglianza della ricorrente, secondo cui la procedura di gara avrebbe dovuto essere svolta dalla Centrale Unica e non – com’è invece in concreto avvenuto – dal Comune di Cerea: in particolare, la nomina della Commissione di gara, che ha svolto la valutazione delle offerte tecniche e delle offerte economiche delle partecipanti, sarebbe stata di competenza della Centrale Unica. Ed invero, il carattere generale ed onnicomprensivo della formulazione dell’art. 3 della convenzione, che limita a tassative ipotesi gli affidamenti esclusi dal suo ambito applicativo, induce a ritenere che rientri nel ridetto ambito anche la procedura per cui è causa, pur avendo la stessa ad oggetto una concessione, e non già un appalto, di servizi (cfr. subito infra).
Non convincono le obiezioni sollevate sul punto dalle difese del Comune e della Centrale Unica – di tenore curiosamente identico, pur a fronte della divergente ed anzi opposta posizione sostanziale –, secondo cui, dal fatto che la procedura avesse ad oggetto l’affidamento della concessione, e non dell’appalto, del servizio di refezione scolastica, deriverebbe l’inapplicabilità alla fattispecie de qua della disciplina in materia di centrali uniche di committenza, ed in particolare dell’art. 37 del d.lgs. n. 50/2016, stante il mancato richiamo a tale disposizione da parte della lex specialis di gara (che si è limitata a richiamare l’art. 166 del d.lgs. n. 50 cit.).
In contrario, tuttavia, il Collegio ritiene che il Comune di Cerea si sia autovincolato al rispetto della disciplina sulle centrali uniche di committenza, stipulando la convenzione istitutiva della C.U.C., la quale, come appena detto, ha carattere generale e si deve, pertanto, giudicare applicabile anche alle gare che abbiano ad oggetto le concessioni di servizi.
Ad opinare diversamente, del resto, potrebbero aversi conseguenze aberranti e cioè che i Comuni associati, mediante la strutturazione del servizio in termini di concessione, anziché di appalto (come ben potrebbe accadere, attese le affinità e distinzioni tra le due figure: cfr., ex plurimis, Corte Giust. CE, 13 ottobre 2005, n. 458, “Parking Brixen GmbH AG”; T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 5 maggio 2006, n. 310), eludano il vincolo a cui si sono sottoposti con la convenzione istitutiva della Centrale Unica e, soprattutto, si sottraggano all’applicazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 50/2016: ciò che appare grave nel caso ora all’esame, tenuto conto che il Comune di Cerea non è capoluogo di provincia e non sembra disporre dei requisiti di qualificazione per indire autonomamente la procedura di gara di cui trattasi.
Né vale l’obiezione che la Centrale Unica era sfornita di un proprio apparato organizzativo, poiché in base all’art. 8 della convenzione sussiste un preciso obbligo dei Comuni associati di dotarla di un simile apparato: anche per questo verso, è evidente la facilità con cui sarebbe eluso il vincolo a cui i predetti Comuni si sono assoggettati, ove si consentisse agli stessi di lasciare “sulla carta” la ridetta Centrale Unica, senza supportarla con un idonea struttura organizzativa.
Donde, in definitiva, l’illegittimità della procedura di gara, che va, perciò, annullata, tenendo conto del principio di conservazione e, pertanto, a partire dal primo atto di gara compiuto dal Comune di Cerea e che avrebbe dovuto, invece, essere effettuato dalla Centrale Unica.
La giurisprudenza ha, infatti, precisato che, in omaggio ai principi di economicità, conservazione e buona amministrazione, non può ritenersi “a priori” preclusa la rinnovazione del solo segmento procedimentale viziato, anche al fine di evitare il nocumento eventualmente apprezzabile nel porre nel nulla l’intera procedura (cfr. C.d.S., Sez. V, 12 giugno 2007, n. 3136; T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 27 giugno 2016, n. 235).
Peraltro, nel caso all’esame l’unica attività ascrivibile alla Centrale Unica risulta essere l’adozione del bando di gara, mentre già il disciplinare ed il capitolato speciale d’appalto risultano redatti dal Comune di Cerea, laddove, invece, la convenzione istitutiva della C.U.C. ha espressamente previsto – all’art. 3, comma 1, lett. e) – la competenza della ridetta Centrale alla redazione del disciplinare di gara.
Nei limiti suesposti il ricorso originario ed i motivi aggiunti, nella loro parte impugnatoria, risultano fondati, con conseguente accoglimento della domanda subordinata di annullamento della procedura di gara. Non può essere, invece, accolta, la domanda di risarcimento dei danni che accompagna la ridetta domanda di annullamento, essendo la stessa rimasta sfornita di qualsiasi supporto probatorio, in violazione della regola, secondo cui l’onere della prova grava sulla parte che formula domanda di risarcimento del danno da illegittimo esercizio del potere amministrativo (v., da ultimo, C.d.S., Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con l’avvertenza che esse sono comprensive altresì della rifusione delle spese addossate alla ricorrente nella fase cautelare del giudizio e che i profili di accoglimento del gravame prevalgono sul rigetto delle ulteriori domande di parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto – Sezione Prima (I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, accoglie la domanda di annullamento ivi formulata in subordine e, per l’effetto, annulla la procedura di gara a decorrere dal primo atto compiuto dal Comune di Cerea, anziché dalla C.U.C., secondo quanto si è precisato in motivazione, respingendo tutte le altre domande della ricorrente.
Condanna in solido le Amministrazioni resistenti e la controinteressata al pagamento in favore della ricorrente delle spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in € 3.000,00 (tremila/00), comprensive della rifusione delle spese (€ 1.500,00) addossate alla ricorrente in sede cautelare, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2016, con l’intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore
Nicola Fenicia, Primo Referendario
L’ESTENSORE
Pietro De Berardinis
IL PRESIDENTE
Maurizio Nicolosi
IL SEGRETARIO