Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Numero: | Data di udienza: 19 Febbraio 2019

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Esistenza di un precedente giudicato assolutorio – Principio di autonomia dei giudizi – Progresso edificatorio – Fatto nuovo – Fattispecie – Reato di violazione dei sigilli connesso alla prosecuzione della costruzione abusiva – Computo della prescrizione – Regime probatorio.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ penale
Regione: Sicilia
Città: Palermo
Data di pubblicazione:
Numero:
Data di udienza: 19 Febbraio 2019
Presidente: Petruzzella
Estensore:


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Esistenza di un precedente giudicato assolutorio – Principio di autonomia dei giudizi – Progresso edificatorio – Fatto nuovo – Fattispecie – Reato di violazione dei sigilli connesso alla prosecuzione della costruzione abusiva – Computo della prescrizione – Regime probatorio.



Massima

 

TRIBUNALE DI PALERMO, Sezione 3^ penale – 19 febbraio 2019


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Lottizzazione abusiva – Esistenza di un precedente giudicato assolutorio – Principio di autonomia dei giudizi – Progresso edificatorio – Fatto nuovo – Fattispecie.

In tema di lottizzazione abusiva, l’esistenza di un precedente  giudicato assolutorio non interdice nè condiziona le valutazioni che in un diverso successivo processo il giudice deve compiere relativamente allo stesso tipo di reato riferito alla stessa area, quando per effetto  della costruzione di altri fabbricati e di nuove opere di urbanizzazione abusiva i medesimi luoghi abbiano subito una trasformazione ulteriore  rispetto allo stato che costituiva l’oggetto  del precedente giudizio.  Infatti quando ciò accade, indipendentemente dal principio di autonomia dei giudizi, ‘‘il progresso edificatorio“ e degli interventi di urbanizzazione abusivi nella stessa area, da un punto di vista processuale configura un fatto nuovo (fattispecie relativa  ad un’area di campagna che a partire dagli anni ’90 al 2013, attraverso una serie inarrestata di lottizzazioni cartolari  e materiali, in poco tempo aveva di fatto trasformato la destinazione urbanistica a verde agricolo, impressa dal PRG,  in residenziale, con tanto di impianti  e di opere di urbanizzazione al servizio  delle abitazioni e di nuova toponomastica. Una precedente sentenza, che aveva ad oggetto lo stato dei luoghi nel 2005, non aveva riconosciuto la sussistenza di una lottizzazione abusiva).
 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reato di violazione dei sigilli connesso alla prosecuzione della costruzione abusiva – Computo della prescrizione – Regime probatorio.

 Ai fini del computo della prescrizione  del reato di violazione dei sigilli connesso alla prosecuzione della costruzione abusiva vale il medesimo regime probatorio; è pacifico,  secondo la giurisprudenza  della Corte di Cassazione, che grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell’opera incriminata. Tale onere probatorio, peraltro, non può ritenersi assolto attraverso fonti dichiarative ma presuppone la dimostrazione attraverso elementi di prova documentali -fatture di acquisto di materiali edili; rilievi fotografici attestanti lo stato dei luoghi alla data della asserita retrodatazione; etc.-  che consentano di supportare la prospettazione difensiva in ordine all’epoca di consumazione del reato in data antecedente a quella risultante dalla contestazione mossa dal PM.

Giudice Petruzzella


Allegato


Titolo Completo

TRIBUNALE DI PALERMO, Sezione 3^ penale – 19 febbraio 2019

SENTENZA

 

TRIBUNALE DI PALERMO, Sezione 3^ penale – 19 febbraio 2019

N.    2903/2015 RGT-N. 12050/2013  RGNR

TRIBUNALE DI PALERMO
SEZIONE III PENALE

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

SENTENZA

Il Giudice, dott.ssa Marina Petruzzella; all’udienza del 19.2.2019, ha emesso                                                                                                                                                                                                            .                                                    
nei confronti di  XXX nato a Palermo , libero assente e  XXX, libera assente;
difesi di fiducia dall’avv.to XXX;
 

IMPUTATI

A)
del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 44 lett. b DPR 380/2001, perché, nella qualità di proprietari e committenti,  eseguivano i seguenti lavori in assenza di permesso di costruire in un immobile sito in Palermo Via Bruno Pontecorvo particella 4313 foglio 39 Nuovo Catasto Terreni in violazione dei sigilli apposti in data 17 febbraio 2005 dalla polizia municipale di Palermo:
    1. ampliamento della preesistente strutture murarie per ulteriori metri 5 × 4 circa, il tutto definito, con gli impianti idrico ed elettrico funzionanti;
    2. realizzazione di una copertura a spiovente in legno lateralmente aperta antistante l’ingresso della costruzione;
    3. sostituzione della recinzione retrostante alla struttura da muro e rete metallica a solo muro; Accertato a Palermo il 21 maggio 2013
B)
del reato di cui agli articoli 110 codice penale 95 d.p.r. 380 2001 in relazione all’articolo 93 d.p.r. 380 2001, perché nelle suddette qualità iniziavano la realizzazione delle opere indicate al capo A in zone a rischio sismico senza averne dato preventivo avviso al competente ufficio del Genio civile.  Accertato a Palermo il 21 maggio 2013
C)
del reato di cui agli artt. 110 c.p. 95 DPR 380/2001 in relazione all’articolo 93 DPR 380/2001, perché nelle suddette qualità iniziavano la realizzazione delle opere indicate al capo A in zone a rischio sismico senza essere munito della preventiva autorizzazione del competente ufficio del genio civile.
Accertato a Palermo il 21 maggio 2013
E)
 del reato di cui agli artt. 61 n. 2 e 349 cpv c.p., per avere violato i sigilli apposti dalla Polizia municipale di Palermo il 17 febbraio 2005 ai sensi dell’arti.321 c.p.p., al fine di assicurare la prosecuzione delle opere abusivamente realizzate, definendo il fabbricato.
Con l’aggravante per il XXX di avere commesso il fatto nella qualità di custode. Accertato a Palermo il 21 maggio 2013.

Conclusioni 
  Pm  : mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa, per ciascuno gli imputati;   
Difensore: per il reato di cui al capo E (violazione dei sigilli) minimo della pena e  benefici di legge. Per i reati di cui ai capi A, B e C non doversi procedere in quanto si sono estinti per prescrizione.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Pm presso il tribunale di Palermo con decreto del 7 aprile 2014 citava a giudizio da XXX e la moglie XXX, per rispondere delle accuse come esattamente riportate in epigrafe.
Dopo una serie di rinvii delle udienze dovuti a ragione di riorganizzazione dell’ufficio, all’udienza del 7 ottobre 2015 il giudice dichiarava gli imputati assenti. All’udienza del 16 febbraio 2016 veniva aperto il dibattimento, il giudice provvedeva sulle istanze istruttorie delle parti. All’udienza del 17 maggio 2016 davanti al giudice da ultimo designato venivano escussi i testi geometra Altomare, del Genio civile, Ing. Mario Cusimano dell’ufficio tecnico del comune di Palermo.
All’udienza del 22 novembre 2016, alla quale presenziava l’imputato, veniva esaminato il teste della Polizia municipale Matteo Principe, ed altresì acquisiti la richiesta del Pm e il verbale di esecuzione del decreto di sequestro nel 2005 (relativo alla lottizzazione abusiva), cui aveva fatto riferimento il teste, e documenti prodotti dal difensore. Gli imputati non rendevano l’esame.
All’udienza del 5.12.2017 veniva dichiarata la chiusura dibattimento e l’utilizzabilità di tutti gli atti acquisti e le parti rassegnavano le loro conclusioni; il giudice interrompendo la discussione disponeva l’acquisizione della sentenza del Tribunale di Palermo del 6.7.2013 con l’attestato di definitività, cui aveva pure fatto riferimento il teste di Pg nel corso della sua audizione, e del titolo di proprietà dell’immobile degli imputati (richiamato anche nella sentenza citata dal teste). Seguivano diversi rinvii, a causa della mancata trasmissione e produzione della documentazione di cui sopra. 
Infine all’udienza del 19 febbraio 2019, il Pm e il difensore dichiaravano di non avere repliche e di riportarsi alle conclusioni come già rassegnate all’udienza del 5 dicembre 2017 (riportate in epigrafe), e il giudice, all’esito della camera di consiglio, emetteva la sentenza di cui al dispositivo in atti.


MOTIVI DELLA DECISIONE

 

I.
Premessa sul contesto urbanistico.

L’istruttoria dibattimentale ha reso evidente la responsabilità degli imputati per tutti i reati loro ascritti ed inoltre ha portato alla luce che essi sono stati consumati in un contesto di lottizzazioni abusive, vaste e di allarmante gravità. Anche gli imputati con tanti altri hanno concorso alla lottizzazione abusiva del lotto di terreno originario (art. 30 DPR 380/2001), attraverso la fasi progressive dell’atto notarile di compravendita di un  lotto già frazionato di circa 855 mq, che smembrava a scopo edificatorio la proprietà del lotto più ampio, e la fase prettamente materiale della edificazione abusiva, iniziata con una costruzione di circa 35 mq con un tetto a una falda, e proseguita a distanza di tempo con un ampliamento di circa 20 mq, un nuovo tetto allungato le altre opere descritte nei capi d’accusa, accertate nel 2013 (v. l’atto del Pm del 25.1.2005, di richiesta al Gip di decreto  di sequestro preventivo, che riporta  anche i dati catastali e le dimensioni dei lotti frazionati -v. in particolare pag.4-, e verbale di esecuzione  del decreto poi emesso dal Gip, acquisti su accordo delle parti).  
E’ emerso attraverso le rappresentazioni del teste di Polizia giudiziaria e la documentazione giudiziaria in atti che l’area in cui sorge il fabbricato abusivo degli imputati fa parte della campagna della borgata Cruillas, del territorio del comune di Palermo, da più di un decennio interessata appunto dal fenomeno di lottizzazioni abusive a catena, di fatto incontrastato, nonostante abbia dato adito a diversi procedimenti penali (non risultano vi siano stati interventi del Comune, dell’Assessorato regionale al territorio e del Genio civile; va notato  che il teste dell’UTC, ing. XXX, ha dichiarato di non avere trovato agli atti del suo ufficio  alcuna  segnalazione o alcun atto relativo agli abusi  contestati agli imputati, specificando di avere cercato solo  riferendosi al nome XXX). L’area è classificata urbanisticamente dal PRG come zona tecnica omogenea E e pertanto per le Norme Tecniche di Attuazione dello stesso PRG del Comune di Palermo, approvato dalla Regione nel 2002, vi è interdetta ogni possibilità di edificazione a scopo residenziale e ammessi solo fabbricati agricoli e con una densità massima dello 0,03 mq/mc (v. NTA cit. e D.M. 1444/1968;
In base ad alcune tra le definizioni del Consiglio di Stato la lottizzazione abusiva è sotto il profilo eminentemente amministrativo un illecito permanente e insanabile perché produce una deviazione degli scopi stabiliti per la pianificazione urbanistica  che è essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia di governo del territorio.  Ha dunque una potenzialità lesiva più grave di quella dei singoli abusi perché incide sull’interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio -CdS 12 febbraio 2013 n.834; CdS  2010 n. 6870-. In dottrina è stato osservato anche che la violazione tipica della lottizzazione abusiva determina  un danno alle condizioni dell’esistenza della popolazione residente, alterandone le condizioni soggettive e oggettive di vita la cui protezione è determinata dall’art. 9 della Costituzione. I casi più tipici, in cui ciò si mostra in tutta la sua evidenza sono quello dei quartieri  periferici, in cui si edifica in zona agricola e  non dotati delle infrastrutture minime di legge e degli standard urbanistici, rapportati al numero ed alle esigente concrete degli abitanti,  e quello delle zone di pregio ambientale attaccate  da “edificazioni puntiformi realizzate in sfregio al PRG e in assenza di  pianificazione,  che  stravolgono le caratteristiche dei luoghi (cnfr.  decreto  regionale del 2002 che ha approvato il PRG del Comune di Palermo. E’ concetto consolidato presso la Suprema Corte  ed le giurisdizioni amministrative che la lottizzazione abusiva costituisce la forma più estrema  di abusivismo e di aggressione arbitraria del territorio poiché, per giunta in modo scientificamente pianificato, è diretta a travolgere l’assetto del territorio preesistente attraverso un nuovo insediamento abitativo che paralizza e rende impraticabile la futura attività di programmazione del territorio -Consiglio di Stato sez IV 8 maggio 2003 n. 2455, CdS 1 giugno 2010 n 3475, CdS 4 dicembre 2008 n. 6570 “Qualunque intervento costruzione non autorizzato pur se compiuto in tempi diversi che sia idoneo a stravolgere l’assetto del territorio rendendolo impraticabile integra la lottizzazione abusiva,  anche la apposizione in  una strada di un cancello comportandone un mutamento dell’uso dei luoghi costituisce opera urbanistica che necessita di un titolo abilitativo tanto più qualora essa sia destinata a permettere il transito da  e verso singoli lotti-).
 

II.

a) Capi A, B e C (artt. 44 e 95 e 93 t.u.ed.)
Va anticipato, per quanto riguarda i reati contesti al XXX e alla XXX, specificamente contestati nel presente processo, che le contravvenzioni ex art. 44 lett. B e 93 e 95 DPR 380/2001 risultano prescritte posto che sono state accertate nel 2013 (e pur tenendo conto delle sospensioni nel corso del processo) e che non risulta se da quel momento ci sia stata una prosecuzione con ulteriori abusi.  Non è invece decorso il termine di prescrizione prorogata relativo al delitto di violazione dei sigilli ex art. art. 349 c.p., pari a sette anni e mezzo, e di cui oltre.  
La natura platealmente abusive delle opere descritte nel capo d’accusa e pure la violazione dei sigilli, di cui ha riferito il teste di Pg Matteo Principe all’udienza del 22 novembre 2016, e la loro riferibilità agli imputati  -in qualità di committenti delle opere e proprietari del lotto-  risultano del tutto pacifiche, in quanto non sono state mai messe in discussione nemmeno dal difensore. Non è stata prodotta dagli imputati alcuna documentazione relativa a progetti dell’edificio, con relazioni tecniche, redatti da professionista abilitato e o alla trasmissione ai competenti uffici tecnici del Comune e del Genio Civile, né alcuna istanza tendente alla regolarizzazione, e nemmeno il titolo di proprietà (nonostante il giudice ne avesse chiesto la produzione). La difesa ha invece puntato con riguardo alle contravvenzioni dei capi A, B e C sulla dimostrazione dell’avvenuta prescrizione (attraverso produzioni di documenti provenienti e sottoscritti dal XXX, riguardanti la tassa sui rifiuti per la costruzione abusiva  in discorso;  se ne  riferirà meglio più avanti) e ha chiesto di considerare non grave la violazione dei sigillli, applicando agli imputati una pena lieve.  
Va ancora riferito per completezza che il teste del Genio civile, Altomare, posto che tutto il territorio della Sicilia è gravato da vincolo sismico di secondo grado, ha dichiarato che non sono mai state presentate al suo ufficio progetti e o istanza per opere da realizzare nella particella di terreno degli imputati, avendo egli effettuato, ha specificato, la verifica sia nominativa che in base ai dati identificativi del terreno.
Sicchè, osserva il giudice, la casa abusiva degli imputati risulta non essere mai stata verificata nemmeno da un punto di vista della sicurezza strutturale e sismica e dei suoli ed adeguatezza delle infrastrutture basilari (fogne, strade, impianti idraulici ed elettrici etc..).
                      
b) Ancora  sui luoghi, sulla loro destinazione urbanistica e
sulla natura delle  opere abusive e sugli elementi della lottizzazione abusiva.
Dal menzionato teste di Pg e dagli atti acquisiti in conseguenza  della sua deposizione si è appreso, si ripete, che l’abuso edilizio nella presente sede contestato ai coniugi XXX, accertato dalla Polizia municipale di Palermo il 21 maggio 2013, ricade in un’area della contrada del quartiere Cruillas, classificata dalle  NTA del PRG Zona Tecnica Omogenea E1, destinata cioè esclusivamente all’agricoltura e per cui è previsto un coefficiente di edificazione  pari allo 0,03 mq/mc (cnfr. DM 1444/1968 e NTA del PRG del Comune di Palermo). Va ribadito che la destinazione urbanistica già da sola impedirebbe in radice la possibilità di ogni costruzione a fine residenziale e quindi ogni ipotesi di accertamento ai fini di una istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 t.u. edilizia (che richiede il requisito della conformità alla legge ed allo strumento urbanistico dell’edificio sia all’epoca della costruzione che al momento della richiesta).  
Ma vi è di più. Dal teste si è appreso in particolare che l’abuso di cui è ora processo costituisce la prosecuzione di un iniziale abuso edilizio, che era stato accertato dal medesimo organismo di Pg nel 2005. Nel 2005, ha rappresentato il teste, l’opera abusiva dei coniugi La Rosa, che  aveva una superfice di circa 30 mq,  era stata sequestrata su provvedimento dell’autorità giudiziaria del 17 febbraio 2005 non singolarmente ma nell’ambito del procedimento penale n. 13885/2003 NR per lottizzazione abusiva, che  coinvolgeva quindi la più vasta intera particella originaria, ovverossia tutti i numerosi sotto lotti derivanti dal frazionamento abusivo di tale particella, con gli immobili  abusivi già costruiti al loro interno da diverse parti “acquirenti”.
Si tratta del procedimento 13885/2003 NR a carico di Prestigiacomo Rosaria + 25, come è dato anche rilevare dalla richiesta del PM di sequestro preventivo e dal decreto di accoglimento del Gip notificato agli odierni imputati il 17.2.2005, ed anche  dalla sentenza, nello stesso procedimento, del Tribunale di Palermo del 6 luglio 2013, di cui meglio più avanti, atti, da cui, va notato, si traggono i seguenti dati :
la particella del terreno acquistato dagli attuali imputati è la n. 4313 fogl. 39 NCET ed è estesa di mq 855 circa, con destinazione urbanistica a verde agricolo, e che la stessa derivava dal frazionamento della p.lla 4213 di mq 1934, che a sua volta era derivata dal frazionamento di quella originaria, la n. 98 di mq 7722, in quattro subparticelle -nn.4210, 4211, 4212 e n.4213-, operata nel 2001 da Gargano Mattea che aveva acquisito quel terreno di mq 7722 nel 1954.   
Il teste ha anche riferito che all’atto del suo intervento sui luoghi, il 21 maggio 2013, nel confrontare quanto risultava dagli atti in ordine a quell’originario abuso col nuovo stato dei luoghi constatava l’ampliamento abusivo dell’edificio sul lotto degli imputati, che veniva calcolato in circa 20 mq, comunicanti con la porzione preesistente, un nuovo tetto più ampio ed un muro perimetrale del lotto, come descritti nel capo d’accusa.
Da tale constatazione scaturirono l’imputazione del reato di violazione dei sigilli che erano stati apposti al momento della esecuzione del sequestro del 2005 (e che era stata necessaria al compimento di quegli ulteriori  abusi) e  delle contravvenzioni   in esame.  
Si ripete che a seguito della escussione del teste sono stati acquisti la richiesta del Pm  di decreto di sequestro datata 25 gennaio 2005 (in cui si riferiscono le destinazioni urbanistiche dell’area, appunto E1), la notifiche alla XXX e al XXX del decreto di sequestro emesso dal Gip, entrambe del 17 febbraio 2005, e l’atto di nomina come custode giudiziario di XXX del 9 novembre 2005.
E’ a seguito della deposizione  di questo teste che, su disposizione del giudice, è  stata pure  acquista la sentenza del Tribunale di Palermo  del 6 luglio 2012 : infatti il teste  ha  spiegato  che il 21 maggio 2013 si era recato sui luoghi non per accertare eventuali altri abusi, bensì per eseguire la citata  sentenza, che nell’assolvere tutti i coimputati dal reato di lottizzazione abusiva e pure dalle altre violazioni loro imputate, aveva ordinato il dissequestro dei lotto e delle opere e la restituzione “agli aventi diritto” (v. capi d’accusa riportati nella sentenza citata e dispositivo).    

 c) Sentenza del Tribunale di Palermo del 6 luglio 2012.
Fermo restando l’autonomia del presente processo dal processo conclusosi con la sentenza del 6 luglio 2012 di cui sopra, va comunque messo in evidenza che nella presente sede si procede per fatti diversi e successivi, per la violazione dei sigilli e  successive violazioni della normativa urbanistico edilizie e di sicurezza strutturale e sismica, accertate nel 2013, vale a dire in un contesto fattuale dei luoghi di otto anni successivo ed evidentemente diverso e maggiormente  stravolto rispetto alla benefica descrizione che ne fece il giudice della  sentenza del 6 luglio 2012, ché  (giudicando fatti accertati fino al 19 e 21 dicembre del 2004; v. capi d’accusa riportati nella stessa sentenza)  non  riconobbe nei frazionamenti catastali  operati dai proprietari delle aree e nemmeno negli atti notarili di compravendita che smembravano i terreni agricoli, pur passati in rassegna, intenti lottizzatori a scopo edificatorio,  e  che non riconobbe neanche nelle opere edili di recinzione in muratura e nei fabbricati, realizzate nei lotti dopo le suddivisioni e le vendite, abusi edilizi di un qualche rilievo o sintomatici di lottizzazione  abusiva (v. motivazioni della sentenza cit.).
Tra l’altro va notato che dalla lettura del testo della sentenza del Tribunale del 6 luglio 2012 si constata che i capi d’accusa formulati dal Pm nei confronti del La Rosa e alla Scrementi erano due, il capo D riguardante la lottizzazione abusiva, contestata ai sensi degli artt. 110 c.p. e  30  e 44 lett. c dpr 380/2001, e il capo Q riguardante abusi edilizi, cemento armato e sismicità, ai sensi dell’art. 44 dpr lett. b,  in cui  si descrive pure un   fabbricato in costruzione di circa 250 mq (“in assenza del permesso di costruire lavori edilizi consistenti nella realizzazione di una recinzione in muratura in cemento armato, blocchi di pomice mento e pilastri edificati in corrispondenza dei varchi d’accesso, nonché di una struttura in muratura di metri quadri 254 circa con muri di compagno è copertura”),  ma che nella motivazione della assoluzione, pure sul capo Q,  non si dà contezza  degli elementi di fatto su cui si dovrebbe desumere l’inesattezza del dato dei mq 250 del fabbricato abusivo, contenuto nella richiesta del decreto di citazione a giudizio del Pm.       
In ogni caso, osserva questo giudice, i dati di fatto riportati in quella sentenza nella loro mera oggettività consentono con immediatezza di constatare che gli abusi accertati nel 2013, di cui è qui processo, si inseriscono nell’ambito di una lottizzazione abusiva che questi stessi reati hanno fatto progredire.
In particolare non può farsi a meno di osservare che nella sentenza del Tribunale del 6 luglio 2012 si afferma che :
“da quanto emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale, si evince che il terreno in contestazione, ubicato in Palermo alla via C 1 della borgata Cruillas veniva più volte suddiviso, attraverso differenti atti traslativi alcuni mortis causa ed altri inter vivos”.
In sostanza, rileva questo giudice, in tale sentenza si descrivono gli elementi strutturali oggettivi e soggettivi della contravvenzione di lottizzazione abusiva come previsto e punito dall’art. 30 t.u. edil., e tra l’altro vi si enumera la successione di atti notarili che hanno continuato ad operare progressivamente frazionamenti  su frazionamenti del lotto originario (che lo stesso art. 30 definisce vietati e nulli). A proposito della posizione la XXX e della XXX, nella stessa sentenza si afferma tra l’altro
“medesime situazione avveniva per le particelle contrassegnate ai numeri 4212 4213, che sempre in seguito alla successione ereditaria menzionata veniva a confluire nel patrimonio di la XXX  e XXX, particelle queste ultime mani modificate e sulle quali è stato escluso lo scopo edificatorio, trattandosi di terreni coltivati acquistati con regolare atto di compravendita dagli eredi della signora XG. In ordine alla posizione di XP, rileva lo scrivente che nessun elemento soggettivo oggettivo emerge al fine di evidenziare una volontà lottizzatoria della stessa, alla quale provvedeva in concorso con XXGa ad effettuare regolari vendite di parti del terreno non avendo altra finalità se non quella della alienazione e a nulla rilevando circa l’intento lottizzatorio il fatto che successivamente realizzava  di opere abusive, essendo stata giudicata separatamente per tali abusi. Relativamente agli imputati XXX e XXX non si ritiene parimenti essere realizzato il reato contestato , trattandosi di terreni coltivati acquistati con regolare atto di compravendita delle dagli eredi della signora XG. Dalla ricostruzione effettuata dei testi si evincere che sui luoghi non venivano rinvenuti scavi ma soltanto un piccolo magazzino adibito a deposito di attrezzi”

In ogni caso, indipendentemente dalle  conclusioni tratte in quella sentenza del 2012, ribadisce questo giudice che attraverso la visone più ampia e prospettica  consentita dall’esame congiunto  delle informazioni di fatto che si traggono dai menzionati pregressi atti giudiziari, nel procedimento 13885/2003 RGNR, e dalle informazioni ricevute dal teste di Pg in udienza, relativamente allo stato dei luoghi da lui verificato nel 2013, non vi è dubbio che in tale successiva epoca (maggio 2013) la condizione dei luoghi presentava tutte le caratteristiche di una lottizzazione abusiva, che a partire dagli anni ‘90 da cartolare si era malamente evoluta in una lottizzazione materiale via via aggravatasi, che in poco tempo ha di fatto trasformato la destinazione urbanistica a verde agricolo, impressa alla zona dal PRG,  in residenziale, con tanto di impianti  e di opere di urbanizzazione al servizio  delle abitazioni e di nuova toponomastica attribuita dal Comune (la via fu dapprima denominata via C1 e poi battezzata via Pontecorvo)1.

1  Attraverso la criminalizzazione della condotte di lottizzazione abusiva previste e punite dall’art. 30 DPR 380/2001, la situazione a presupposto che il legislatore vuole impedire sono tutte  quelle  che portano alla frantumazione dei terreni non autorizzata dal Comune attraverso il compimento di attività e od opere che ledano la potestà pubblica di pianificazione. Pertanto la condotta   di lottizzazione abusiva può consistere, prima ancora che in  atti materiali sui luoghi, in atti giuridici che preludano ad una modificazione edilizia od urbanistica dei terreni, in una zona non adeguatamente urbanizzata.
Quanto alle responsabilità individuali, di venditori , notai, responsabili  degli uffici tecnici che hanno  rilasciato  autorizzazioni o pareri inutili e forvianti, nella direzione  favorevole alla operazione lottizzatoria, la Cassazione penale ravvisa la configurabilità oltre che ovviamente  della cooperazione dolosa anche della cooperazione colposa. Infatti il reato di lottizzazione abusiva punito come contravvenzione ricade nella regola generale dell’art. 42 comma quattro c.p., e quindi la cooperazione colposa è configurabile ai sensi dell’articolo 113 codice penale.
La giurisprudenza osserva che la legge impone a chi acquista un fondo per edificare massima cautela, di informarsi delle previsioni urbanistiche di pianificazione, diversamente si pone in un atteggiamento non corretto e fornisce un contributo causale all’attività illecita delle venditore, del notaio, del funzionario pubblico colluso e di tutti coloro che nella catena anteriormente ha gettato le basi   dando un proprio contributo al verificarsi della lottizzazione.
La condotta dell’acquirente, dal punto di vista  del venditore, del  costruttore, del direttore dei lavori, del notaio, i quali che hanno contribuito a conferire all’operazione una facciata di legalità (e quindi alla sua più agevole realizzazione)  non è un evento per loro imprevedibile ma è proprio l’evento voluto, inserendosi in modo determinante nell’attuazione del disegno criminoso. 
Di seguito una veloce rassegna  giurisprudenziale.
Cass. III  Sez. 3, Sentenza n. 48346 del 20/09/2017 “ Il momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva "mista" si individua, per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato, nel compimento dell’ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell’esecuzione di opere di urbanizzazione o nell’ultimazione dei manufatti che compongono l’insediamento; ne consegue che, ai fini del calcolo del tempo necessario per la prescrizione, per il concorrente non è rilevante il momento in cui è stata tenuta la condotta di partecipazione, ma quello di consumazione del reato, che può intervenire anche a notevole distanza di tempo”; Cass. III del 28/02/2012 “La contravvenzione di lottizzazione abusiva è reato a forma libera progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o alle opere già eseguite, non esaurendo tali iniziali attività il percorso criminoso e protraendosi quest’ultimo attraverso gli interventi successivi incidenti sull’assetto urbanistico; Cass. III, n. 14053 del 20/02/2018. Cass. III n. 3911 del 05/07/2016 : nel caso di lottizzazione abusiva c.d. mista, trattandosi di reato progressivo al quale si applica la disciplina del reato permanente, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dopo la ultimazione sia dell’attività negoziale, sia dell’attività di edificazione, e cioè, in quest’ultima ipotesi, dopo il completamento dei manufatti realizzati sui singoli lotti oggetto del frazionamento.;  Cass. III n. 35968 del 14/07/2010 est. Fiale “Il momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva "mista" si individua, per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato, nel compimento dell’ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell’esecuzione di opere di urbanizzazione o nell’ultimazione dei manufatti che compongono l’insediamento”. Cass. Sez. III n.24985.del.16.giugno : In materia urbanistica, la contravvenzione di lottizzazione abusiva configura un reato progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o ad opere già eseguite, atteso che tali iniziali attività, pur integrando la configurazione del reato, non esauriscono il percorso criminoso che si protrae con gli interventi successivi, incidenti sull’assetto urbanistico, in quanto la esecuzione di urbanizzazione primaria e secondaria compromette ulteriormente le scelte di destinazione e di uso del territorio, riservate alla competenza pubblica -Cass. S.U.24/4/1992,Fogliani- Cass. 11/5/2005, n. 36940; Cass. 28/2/2012, n. 12772-. Ne consegue che l’illecito lottizzatorio si realizza allorquando sia al completo dei requisiti necessari e sufficienti per la integrazione della fattispecie incriminatrice e il momento consumativo perdura nel tempo fino a quando l’offesa tipica raggiunge, attraverso un passaggio graduale da uno stadio determinato ad un altro ad esso successivo, una sempre maggiore gravità; in ciò la lottizzazione, quale reato progressivo nell’evento, partecipa alla medesima disciplina del reato permanente, anche mutandone ricadute giuridiche, e del quale ha in comune la struttura unitaria, la instaurazione di uno stato antigiuridico ed il suo mantenimento, ma ha in aggiunta un progressivo approfondimento dell’illecito attraverso condotte successive, dirette ad aggravare l’evento del reato. Nella ipotesi di lottizzazione mista la permanenza del reato si protrae finché dura l’attività negoziale o di edificazione, e cioè, in tale ultima ipotesi, fino al completamento dei manufatti realizzati sui singoli lotti, oggetto del frazionamento -Cass. 13/6/2014, n. 25182.
Cass. III n. 15981 del 28/02/2013 La buona fede del terzo acquirente di immobile abusivamente lottizzato, quale presupposto di esclusione di operatività della confisca, non può farsi discendere dal solo fatto dell’avvenuta stipulazione di atto pubblico notarile, essendo indispensabile, per affermare l’esistenza della stessa, l’esame specifico dell’atto traslativo e della documentazione ad essa allegata in una corretta prospettiva di verifica dell’esistenza di un’aspettativa di esattezza giuridica dei provvedimenti amministrativi su cui il privato possa fare affidamento. -In motivazione la Corte ha precisato comunque che incombe sul notaio rogante, che non è esonerato da responsabilità per il solo fatto della trasmissione al Comune dell’atto "sospetto", l’onere di verificare il rispetto delle prescrizioni legislative e di piano-.  Cass. III n. 41479 del 24/09/2013 Nel reato di lottizzazione abusiva assumono rilievo non solo le condotte consistenti nella realizzazione di interventi edilizi additivi o che, comunque, aggravino lo stravolgimento dell’assetto attribuito al territorio dagli strumenti urbanistici, ma anche ogni altra condotta che tenda a consolidare le trasformazioni già attuate mediante modifiche, migliorie o integrazioni del preesistente, posto che l’aggressione alla sistemazione del suolo si protrae finché perdurano comportamenti che compromettono la scelta di destinazione e di uso riservata alla competenza pubblica. Cass. III n. 38001 del 16/05/2013 Integra il reato di lottizzazione abusiva anche il frazionamento di edifici già costruiti, quando lo stesso si pone in contrasto con le scelte programmatiche sull’uso del territorio compiute dalle competenti autorità locali.. Cass.  n. 48924 del 21/10/2009 Integra un contributo causale alla illecita condotta del venditore di un immobile o di un terreno abusivamente lottizzato il comportamento dell’acquirente che ometta di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell’acquisto, così ponendosi colposamente in una situazione di inconsapevolezza. Cass. 17865 del 17/03/2009 Nel reato di lottizzazione abusiva cosiddetta negoziale, avente ordinariamente natura plurisoggettiva e la cui struttura unitaria è caratterizzata dall’intimo nesso causale che lega le condotte dei vari partecipi, l’acquirente del lotto frazionato non può considerarsi, solo per tale qualità, terzo estraneo, potendo tuttavia il medesimo dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto, cioè, di partecipare ad un’operazione di illecita lottizzazione e, in tal modo, di contribuire causalmente alla concreta attuazione del disegno criminoso dell’alienante -conf. Sez. III, n. 17866 del 2009, non massimata-. 
Cass. III n. 37472 del 26/06/2008  In materia edilizia, è configurabile la responsabilità dell’acquirente di un terreno abusivamente lottizzato a fini edificatori ove questi non acquisisca elementi circa le previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona, in quanto con tale imprudente e negligente condotta egli si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che apporta un determinante contributo causale all’attività illecita del venditore.

 

III
Violazione dei sigilli (capo E). 
Prova della decorrenza  del termine di prescrizione

Sulla contestazione di cui al capo E si è già rilevato ché  risulta pacifico che i sigilli siano stati rimossi da entrambi gli imputati ed a entrambi in funzione  della realizzazione del nuovo abuso (Cass. III n. 2283 del 24/11/2017, in cui tra l’altro è stata ritenuta  immune da censure la sentenza di merito che ha riconosciuto, ai sensi dell’art. 59, comma secondo, cod. pen., la responsabilità per il reato di violazione dei sigilli in questione della moglie del custode di opera edilizia sequestrata, in quanto comproprietaria dell’opera dove per lungo tempo si erano protratti i lavori abusivi, nonchè coniuge convivente di quest’ultimo).
Ne discende che anche con riferimento alla collocazione nel tempo la data  della violazione dei sigilli (su cui  invero non è stato eccepito dagli imputati alcunché) deve connettersi a quella   dell’abuso  edilizio, e quindi al relativo regime probatorio.  
Orbene come è noto, secondo l’orientamento univoco della Suprema Corte    grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell’opera incriminata. Possono tra le molteplici ricordarsi :
Cass. III n. 11463 del 14 marzo 2019, Pres. Andreazza, Est. Scarcella: “Anche in materia edilizia, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva della prescrizione, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione ed in particolare, trattandosi di reato edilizio, la data di esecuzione dell’opera incriminata. Tale onere probatorio, peraltro, non può ritenersi assolto attraverso fonti dichiarative ma presuppone la dimostrazione attraverso elementi di prova documentali -fatture di acquisto di materiali edili; rilievi fotografici attestanti lo stato dei luoghi alla data della asserita retrodatazione; etc.-  che consentano di supportare la prospettazione difensiva in ordine all’epoca di consumazione del reato in data antecedente a quella risultante dalla contestazione mossa dal PM. :
Cass. III, n. 10562 del 17/04/2000 :“In caso di procedimento per violazione dell’art. 20 legge 28 febbraio 1985 n. 47, sempre restando a carico dell’accusa l’onere della prova della data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell’imputato a fare ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l’incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio "in dubio pro reo", atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell’opera incriminata. 
Nella fattispecie non consta in atti alcun elemento che consenta di presumere che l’edificazione abusiva fosse stata definita non di recente rispetto a quando, nel maggio 2013, venne accertato dalla polizia giudiziaria. Né gli imputati hanno fornito una qualche documentazione che possa assumere un valore probatorio  riguardo  alla data di ultimazione  dell’opera, come  -fatture di acquisto di materiali edili, rilievi fotografici attestanti lo stato dei luoghi alla data della asserita retrodatazione etc..
     Va puntualizzato che il difensore ha prodotto fotocopie di una autocertificazione allegata ad una istanza relativa ad una richiesta di sgravio della tassa sui rifiuti (TARSU), datata 11.7.2011, in cui a nome del figlio Gio XXX dichiara la nuova superfice complessiva della costruzione  abusiva di cui è processo, aumentata a mq 57, in luogo dei 130 mq considerati, allegando una piantina dell’immobile su cui è apposta la sottoscrizione  di un architetto X  XXX, priva di data. Si tratta, osserva il giudice, di documenti sulla autenticità dei cui contenuti non vi è alcuna prova e ben lungi dal poter dimostrare l’avvenuto compimento a quell’epoca di quelle opere abusive, così graficamente rappresentate dall’architetto, e dal poter provare in breve che nel 2011 l’ampliamento e gli altri interventi abusi fossero stati realizzati e portati a compimento, nei termini di cui si trovavano al momento dell’accertamento avvenuto nel maggio 2013 (v. la già citata Cass. III. 14.3.2019.. Tale onere probatorio, peraltro, non può ritenersi assolto attraverso fonti dichiarative ma presuppone la dimostrazione attraverso elementi di prova documentali -fatture di acquisto di materiali edili; rilievi fotografici attestanti lo stato dei luoghi alla data della asserita retrodatazione; etc.-  che consentano di supportare la prospettazione difensiva in ordine all’epoca di consumazione del reato in data antecedente a quella risultante dalla contestazione mossa dal PM).     
Sussiste l’aggravante di cui al comma secondo dell’art. 349 c.p. che il Pm ha contestato al La Rosa, in qualità di custode nominato dell’opera in sequestro, con l’atto più volte citato notificatogli il 9 novembre 2005. Può notarsi che sebbene il Pm non abbia  contestato tale aggravante pure alla XXX, appare incontrovertibile che la stessa, in quanto moglie dell’imputato coacquirente del lotto  e compartecipe dei ripetuti abusi edilizi,  abbia concorso nella violazione dei  sigilli insieme al marito  (v. Cass. III n. 2283 del 24/11/2017 : “In tema di violazione di sigilli, la circostanza aggravante della qualità di custode, di cui al comma secondo dell’art. 349 cod. pen., si comunica ai concorrenti nel reato che siano a conoscenza o ignorino colpevolmente tale qualità, non rientrando la stessa tra quelle circostanze soggettive da valutarsi soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono. -Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che ha riconosciuto, ai sensi dell’art. 59, comma secondo, cod. pen., la responsabilità per il reato in questione della moglie del custode di opera edilizia sequestrata, in quanto comproprietaria dell’opera dove per lungo tempo si erano protratti i lavori abusivi, nonchè coniuge convivente di quest’ultimo-).    

                                                     
IV

Altre aspetti degli abusi rilevati 

Indipendentemente dall’aspetto squisitamente penalistico (cui tra l’altro afferisce l’istituto della prescrizione dei reati consumati) i plurimi abusi che l’intervento  da parte degli imputati ha comportato costituiscono prima ancora che condotte di rilievo penalistico violazioni della disciplina amministrativa di regolamentazione urbanistica ed edilizia come tali non assoggettate ad alcun termine di  prescrizione, nemmeno in via giurisprudenziale, ed a cui, nota il giudice, corrispondono puntuali e permanenti obblighi di intervento preventivo e ripristinatorio delle diverse autorità amministrative preposte per legge ad assicurarne il rispetto. Tali poteri-doveri della pubbliche amministrazioni competenti non sono suscettibili di alcuna elusione e, per di più, nell’impianto ordinamentale precedono funzionalmente e logicamente l’intervento giudiziario.
Nel novembre del 2014 il legislatore, proprio a rimarcare quest’ultimo assunto, per le omissioni di cui si rendano responsabili gli organi degli uffici tecnici competenti alle procedure di remissione in pristino, facendo testualmente  salve le loro responsabilità penali, ha previsto un sistema sanzionatorio  amministrativo della medesime omissioni o ritardi,  introducendo il comma 4-bis all’art. 31 del DPR 380\2001,  secondo cui “la mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”. 
Non può non rilevarsi che il legislatore, facendo così salve le responsabilità penali dei dirigenti e dei funzionari inadempienti delle procedure ripristinatorie dei luoghi, conferma che detto tipo di omissioni delle procedure sanzionatorie  degli abusi edilizi e dei vincoli ambientali possano, secondo le normativa penale ordinaria, ove ingiustificati, configurare ipotesi di responsabilità penale (il comma 4-ter pure introdotto ad interpolazione dell’art. 31 del DPR 380\2001 prevede inoltre che i proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico).2
Al stesso proposito non devono ingannare l’uso strumentale del processo penale, cui si assiste di frequente e le dilaganti pratiche processuali dilatorie, miranti alla pronuncia di prescrizione dei reati in materia urbanistica e ambientale. Troppo spesso infatti nella pratica quotidiana in modo distorto e forviante viene attribuito alla sentenza di prescrizione degli aspetti  penali  dell’abuso urbanistico ed ambientale un valore purgante dell’illecito tout court (laddove in realtà l’illecito amministrativo permane fin tanto che non vi sia un intervento ripristinatorio che ne elimini gli effetti), come se la prescrizione penale conferisse anzi all’abuso un crisma di raggiunta legalità ed intangibilità dell’illecito e come se valesse di conseguenza ad esentare le autorità amministrative preposte dai loro  permanenti e pregnanti obblighi repressivi degli abusi e ripristinatori dell’integrità del territorio, assegnati dalla legge in funzione della tutela dei fondamentali valori costituzionali della sicurezza pubblica e privata, della  salubrità e vivibilità dell’ambiente anche urbano.    
La Corte Suprema ribadisce che prima ancora che sull’apparato della giustizia penale l’obbligo di vigilare, prevenire e far rimuovere le opere abusive e lesive dei vincoli compete agli uffici amministrativi preposti (cnfr. tra le tante Cass. III del 15.12.2015 n. 49331,  per un interessante excursus su caratteristiche e natura dell’ordine di rimessione in pristino a carico della p.a., e in cui tra l’altro si ribadisce che : “la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno quest’ultimo l’autore.dell’abuso).   

 V.
Trattamento sanzionatorio  

Sono state passata in rassegna le ragioni per cui la responsabilità penale degli imputati per il reato di violazione dei sigilli risulta accertata, anche con riferimento anche all’aggravante del comma secondo dell’art. 349 c.p. contestata dal Pm al solo XXX (e sono anche state esposte le ragioni per cui invece i reati dei capi A, B e C si sono prescritti).  Appare equa -in considerazione di tutte le situazioni rappresentate e del persistente atteggiamento di sfregio delle regole da loro dimostrato, e in ragione della entità del danno urbanistico e ambientale provocato dalla loro condotta, per il XXX la pena di anni tre di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, cui segue la pronuncia della interdizione ai sensi dell’art. 29 c.p., e per la XXX ( alla quale non è contestata l’aggravante del comma 2 dell’art. 349 c.p.) la pena di anni due di reclusione ed euro 2.000,00 di multa.   Segue la condanna alle spese del giudizio.  

***

La non semplicità delle questioni che il processo implica, uno dei molteplici impegni dei ruoli del giudice, ha comportato la fissazione del termine di 90 giorni per il deposito della motivazione.  


Trasmissione della sentenza

Viene disposto l’invio della sentenza innanzitutto al Genio civile, per i provvedimenti di sua competenza (art. 100 e precedenti e segg. DPR 380/2001), in quanto si tratta di costruzioni mai asseverate da un punto di vista della staticità e del rischio sismico. 
Al riguardo va pure considerato che gli abusi oggetto del presente processo si inseriscono nel contesto di una zona che il PRG destina a verde agricolo intensamente interessata dal fenomeno delle lottizzazioni e dell’edificazione abusive, al di fuori di ogni regola urbanistica e di coordinati concreti interventi da parte delle diverse autorità amministrative preposte. Per le stesse ragioni e in relazione alle loro rispettive competenze, ai sensi degli artt. 27 e segg. DPR 380/2001, deve essere disposto l’invio della sentenza anche all’ufficio tecnico del Comune di Palermo all’Assesorato regionale Territorio e Ambiente .  Gli atti vanno altresì inviati al Pm per quanto emerso in ordine alla lottizzazione abusiva (v. premessa posta all’inizio della presente motivazione).
 

PQM

Visti gli artt. di cui al capo d’imputazione e gli articoli 533 e 535 cp.p.;
Dichiara gli imputati responsabili del reato loro ascritto al capo E (violazione dei sigilli) e condanna XXX alla pena della reclusione di anni tre ed euro 3000,00 di multa e XXX alla pena della reclusione di anni due ed euro 2000,00 di multa, oltre che al pagamento spese del giudizio.
Visto l’art. 29 c.p.;
dichiara XXX interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque;
Visto l’art. 531 c.p.p.;
dichiara non dovessi procedere in ordine ai reati di cui ai capi A B e C, in quanto si sono estinti per prescrizione.
Giorni 90 per la motivazione.
Visti gli artt.i 27 e segg. e 100 e prec. DPR 380/2001;
dispone la trasmissione della presente sentenza al Genio civile di Palermo, all’Ufficio Tecnico del comune di Palermo e all’Assessorato regionale territorio ambiente, per gli urgenti provvedimenti di loro rispettiva competenza.
Dispone altresì la trasmissione della sentenza al Pm, in ordine alle condotte di lottizzazione abusiva emerse e insite nella fattispecie.
Palermo 19 febbraio 2019

 

Il Giudice
dott.ssa Marina Petruzzella
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di Ambientediritto.it e QuotidianoLegale.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!